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Autore: Cattive Stelle    13/06/2022    0 recensioni
[I Bastardi di Pizzofalcone 3 - ep 3x06 - Verità]
Dopo il matrimonio di Alex, i Bastardi di Pizzofalcone si danno alla ricerca di Lojacono, di cui si sono perse le tracce.
Palma, rimasto in commissariato per fare da base alla squadra, si scontra con l'agonia di quell'attesa e la dolcezza di una notte di primavera che lo riporta a una dolcezza a lungo interrotta.
(*) Disclaimer: questa storia è scritta senza alcuno scopo di lucro. Questi personaggi non mi appartengono ma sono proprietà dei relativi detentori di copyright. Ogni riferimento a fatti, persone, luoghi o eventi realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luigi Palma
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Contesto: I Bastardi di Pizzofalcone 3 – post 3x06 Verità

 

Poetica (Cesare Cremonini)

 

 

*****

 

 

Poetica

 

Di primavere in anticipo e maledettissime attese

 

 

 

 

 

 

Quella notte, dalla finestra lasciata socchiusa filtrava l'aria piacevolmente dispettosa di una giornata di sole sfumata e il profumo dolce di quell'aprile già caldo.
La sensazione era bella, riempiva la sala agenti e rendeva tutto terribilmente leggero a dispetto del macigno che bisognava affrontare, portandoselo sulle spalle.

Da quando era arrivata quella telefonata la mattina stessa, durante il matrimonio di Alex, non c'era più stata pace.
Inutile dire che, spose a parte, i Bastardi non avevano potuto godere affatto di quel giorno di festa.
Da subito erano, infatti, partite delle concitate ricerche a cui si erano uniti immediatamente, ma, almeno fino a quel punto, senza alcuna novità.

Così, alla luce pallida di un paio di lampade, Palma se ne stava lì, steso sul divano scomodo di pelle nera della malandata sala agenti del commissariato di Pizzofalcone, con la schiena contro il bracciolo, le ginocchia leggermente piegate e i piedi nudi affondati nei cuscini.
Aragona e Romano erano ancora fuori; il suo pensiero per un istante andò a loro e a quel maledetto telefono che non voleva saperne di suonare.
Per un istante solo però, perché subito dopo il commissario venne distratto da un sospiro e la sua attenzione tornò in quella stanza.
Alla pelle ambrata di Ottavia che se ne stava lì tra le sue braccia, seduta tra le sue gambe, la schiena contro il suo petto.
Tornò al profumo di lei che quella sera era riuscito ad allontanarlo almeno per un po' dall'angoscia di non sapere che cazzo di fine avesse fatto Lojacono.

Era arrivata lì da un po', dopo essere passata da casa a cambiarsi.
E poi l'aveva sentita entrare, mentre fissava il nulla fuori dalla finestra accartocciando tra le mani un bicchierino di plastica senza nemmeno accorgersene.
Gli aveva chiesto se c'erano novità.
Palma le aveva risposto di no e le aveva domandato, per contro, perché fosse tornata, dove avesse lasciato Riccardo.

Perché, in quel momento più che mai, ne aveva bisogno come l'aria.
Aveva bisogno di conforto, di un calore che lo guidasse come un lume sulla strada di casa, per non sentirsi perso.

E poi la aspettava da quella mattina, quando gli eventi avevano lasciato quel matrimonio quasi interrotto.
Come interrotti erano loro da un po'.
E proprio questo stavano cercando di fare nell'ultimo periodo: ritrovarsi, dopo essersi interrotti per quei pochi mesi che, però, a loro erano parsi un secolo.

Ottavia non era lì per caso.
Era lì perché lo aveva cercato, perché non sapeva starsene con le mani in mano, perché era inquieta. Perché le mancava lui e perché al di là di quello che era successo, era una giornata intera che sentiva un fortissimo desiderio di averlo vicino.
I matrimoni, in fondo, le avevano sempre fatto un certo effetto, non poteva negarlo.
Alla fine si tratta pur sempre di due vite che decidono di unirsi, per sempre (o almeno così si spera).
E al di là della giornata interminabile, dei vestiti eleganti e dei tacchi scomodi, pensava fosse inevitabile che anche chi vi assisteva soltanto finisse poi per mettere in dubbio tutta la propria vita, le proprie decisioni, gli sbagli fatti.
Tra l'altro, era innegabile che, in quel momento così particolare, un evento del genere potesse rivelarsi uno sgambetto alquanto beffardo... Tutta quella felicità tutta insieme.
E, soprattutto, prendere atto che qualcuno ce l'aveva fatta.
Nonostante tutto, nonostante tutti.
Sempre a patto che l'amore fosse più forte di quel tutto e quei tutti.

E lei, per tutta risposta, in quella mattina di sole, aveva incontrato di nuovo quegli occhi, che per un periodo sembravano essersi appannati, perdendosi per sempre.
Ma che ora erano tornati, forse più belli di prima, e la guardavano ancora.

Poi, all'improvviso, quella telefonata aveva infranto in mille pezzi quello specchio di serenità stonata per i Bastardi che, come noto a tutti, non ne erano affatto abituati e l'incantesimo di quella primavera conciliante si era spezzato, lasciando dietro di sé confusione, angoscia e poco altro.

Arrivata la sera, con il cielo che iniziava a ombrarsi e la temperatura ormai meno calda, Ottavia aveva, però, comunque deciso di fuggire di nuovo dalla gabbia dalla quale si stava inconsciamente e a piccoli passi allontanando sempre di più.
Si era abbandonata a quelle braccia, al respiro dell'uomo che in quel momento le stava scoprendo le spalle facendo scivolare lentamente sulla pelle nuda la camicia appena sbottonata.

A quel tocco, la sua mente tornò subito a qualche notte prima, alla stanza buia di lui. Ricordò il corpo dell'uomo che si muoveva nuovamente con il suo, seppur senza vederlo, le braccia tese a cui ci si poteva reggere.
Le sembrava di risentire addirittura il suo respiro, lo stesso che nell'ombra aveva deciso di seguire senza indugiare, come se fosse un ritmo inviolabile.
Dopo tanto tempo, aveva finalmente ritrovato l'odore della sua pelle, che sperava restasse impregnato in profondità nella sua per non rischiare di scordarlo, per continuare a tenerlo con sé.

In quegli attimi fuori dal tempo alla luce fioca che scaldava la sala agenti, la vista della schiena di lei aveva invece riportato Palma alla luce, a quel mattino che era seguito alla notte che riecheggiava nella testa di Ottavia. A quando, svegliandosi, l'aveva trovata dove l'aveva lasciata l'amore.
Gli pareva di rivedere nitidamente il suo corpo in penombra, i giochi di luce del sole capriccioso che tentava imperterrito di filtrare dalle persiane e disegnava distrattamente sulla sua pelle.
Il quel momento percepì fortissimo nel sangue lo stesso eco di desiderio che in quell'alba l'aveva spinto a cercarla subito, appena sveglio, ad avvicinarsi alle sue spalle per amarla così...
Come se fosse l'ultima cosa da fare nel giorno che se ne era andato e la prima del giorno nuovo che stava nascendo davanti ai loro occhi, dietro le finestre.

Riemergendo da quell'immagine in cui si era perso, per rendere quel distacco meno duro, il commissario le sfiorò il collo percorrendo la schiena di lei con la punta delle dita fino scapole.
Soffiò piano sulla sua pelle su cui comparvero presto i brividi.
Ottavia sorrise appena, lasciando poi cadere la testa all'indietro nell'incavo del suo collo.

"Che c'è?" - chiese lui, mentre baciava la pelle scoperta della sua spalla.
"Hai voglia di fare l'amore" - sospirò la donna, poggiandogli poi la fronte sulla guancia.
"E come lo sai?" - ribatté lentamente, lasciando scivolare sul braccio una spallina del sottogiacca di raso beige che aveva indosso.
"Lo capisco sempre, da come mi tocchi" - disse con un mezzo sorriso.
"Ah sì?" - le lasciò un ultimo bacio sulla nuca.
La sovraintendente annuì restando voltata, la testa a tre quarti sulla sua spalla.
"Guardami..." - gli sussurrò lui mentre le sollevava il mento per arrivare a guardarla.
"Sai da cosa lo capisco io, invece?" - chiese allora Palma serio.
Ottavia fece cenno di no con la testa.
"Dai tuoi occhi" - disse piano.
"E che ti dicono mo'?" - domandò Ottavia guardandolo, rivolta verso di lui solo per metà.
"Che ne hai voglia pure tu" - aggiunse con malinconia - "Ma che non è il momento..."
Ottavia gli baciò appena le labbra.
"Sai di caffè" - sorrise staccandosi lentamente dalla sua bocca.
"Ne avrò presi almeno sei da quando sono qua" - disse lui con gli occhi appesantiti dalla stanchezza.
"Non so nemmeno in cosa sperare" - proseguì mentre la stringeva ancora di più a sé circondandola con le braccia, posandole le mani sui fianchi.
"Nessuna buona, buona nuova... O almeno così si dice, no?" - continuò lei.
"Non lo so... L'unica cosa di cui sono certo è che Lojacono è in gamba e sa quello che fa" - cercò di autoconvincersi Palma, dandole un ultimo bacio distratto sulla tempia.

Ottavia stette in silenzio per un po', cercando di godere di quella brezza leggerissima che entrava dalle finestre, un vago profumo di fiori che stanno per sbocciare.
"Lo sai cos'ho pensato mentre tornavo qua?" - trovò il coraggio di dire tutto d'un fiato.
Palma rimase in ascolto senza parlare, mentre tracciava con la mano destra un cammino da sopra la stoffa della canotta di raso partendo dal fianco all'ombelico fin su al seno.
"Pensavo a te" - si fermò un secondo - "A cosa sarebbe successo se al posto di Lojacono ci fossi stato tu"
Nel silenzio, arrivato in cima, il commissario strinse con tenerezza la sua spalla sinistra con la mano destra, il braccio contro al sottogiacca morbido per tenerla ancora più vicina.
"...e ho avuto paura" - concluse allora piano la vice-sovraintendente, inclinando leggermente la testa verso di lui, pur rimanendo di schiena.
"Dobbiamo accettarlo, Ottà" - sospirò Palma, guardando verso la finestra - "È la vita che ci siamo scelti io, te, Lojacono..."
"E ho paura anche io, sai? Per tutti. Per cosa rischia Aragona quando esce e fa fesserie, per Giorgio che nonostante l'esperienza riesce sempre a cacciarsi in qualche guaio, per il fatto che Alex e Romano non siano invincibili, per la fragilità nascosta della Martini e di Lojacono che a volte li rende vulnerabili" - continuò mentre lei gli dava un bacio sull'avambraccio lasciato scoperto dalle maniche rimboccate di quella sua camicia bianca ormai stazzonata.
"E per te. Sempre, dalla prima volta che mi hai sorriso." - gli disse all'orecchio - "Ho paura, sì. Una paura fottuta. Come tutte le volte che ti tengo qua, tra queste quattro mura e decido di mandare fuori un altro al posto tuo. Perché mi illudo di riuscire a proteggerti con 'ste cazzate da tutto ciò che può farti del male... Anche se tu non ne hai bisogno."

A quelle parole, la donna si voltò verso di lui e avvicinò il viso al suo sempre di più finché il capo non iniziò finalmente a baciarla.
In quel momento, con gli occhi chiusi e il rumore della notte che veniva da fuori, Ottavia si abbandonò alla speranza più profonda che aveva.
E pensò a quanto avrebbe desiderato poter sempre trovare rifugio tra quelle braccia che la stringevano forte.
Pensò solo a quello.

"Uà, lo aspettavo da stamattina" - sorrise lui, staccandosi un po' controvoglia ed intrecciando le dita di entrambe le mani alle sue.
Ottavia abbozzò un sorriso, verso di lui giusto per metà.
"Mi prometti una cosa?" - gli chiese, sfiorandogli una guancia.
Palma annuì d'istinto.
"Abbracciami forte mentre aspettiamo"
Lei poggiò la testa contro la sua spalla e lui mantenne la promessa, mentre in quella notte così leggera fuori e pesante dentro, tra quelle mura, la accarezzava senza stancarsi.

Ma quella tenerezza non era comunque riuscita a lavare via tutta l'amarezza di quella giornata. Il tempo che seguì, sembrò eterno e passava senza parole.
A momenti alterni, il commissario sperò che il telefono suonasse per poi convincersi subito dopo che fosse meglio di no, che non succedesse.
Quella tarantella di pensieri contraddittori e inarrestabili andò avanti per ore, mentre l'aria che filtrava nella stanza diventava sempre meno mite e il silenzio sulla strada ogni minuto più denso e profondo.

A quel punto, Palma guardò distrattamente il cellulare che teneva affianco a sé.
Erano solo (o già) le tre e nessuno si era ancora fatto sentire.
Così abbassò lo sguardo su di lei, che si era addormentata tra le sue braccia, e chiuse gli occhi poggiando la testa contro la sua, non sapendo se augurarsi oppure no che quella dolcissima, maledetta notte finalmente finisse.

 

 

 

 

 

   
 
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