Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Doppiakappa    16/06/2022    0 recensioni
Roy Steinberg, sedicenne figlio dello scienziato più influente del 2085, si ritrova vittima di un particolare incidente che lo porta al contatto con una misteriosa sostanza extraterrestre. A sua insaputa, si ritroverà coinvolto in una serie di eventi che lo porteranno a dover salvare il mondo da un'enorme minaccia.
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Queen City, Pub Austin’s, lunedì, ore 19:30.
 
Simon e Aiden sedevano al tavolo al quale erano soliti sedere da giovani, sorseggiando una delle migliori Strong Ales di Queen City. Aiden aveva sempre adorato quel forte sapore maltato: amaro ma con un retrogusto quasi dolce, un sapore simile a quello di castagna. Faceva roteare il bicchiere, lui, osservando con estrema curiosità la luce che veniva rifratta in quella torbida bevanda ambrata.

- Vedo che non hai perso la tua passione, Aiden… - disse Simon, sorridendo.

- Scherzi?! Lo sai che per me la birra è come l’aria.

- Se penso a tutte le volte che ti ho trovato sbronzo sul divano, con il soggiorno tappezzato di lattine vuote…

- Oh, suvvia, ero solo un giovane ragazzo tedesco che si godeva i sabato sera come un normale studente. – cercò di giustificarsi il biondo.

- Quattro litri di birra, da solo, non mi sembrava tanto da “normale studente”.

- È colpa tua che non tiravi mai la corda, sempre con la paura di esagerare…

- Però non sono mai finito nei casini, a differenza tua. – ribatté il castano.

- Sì, certo, eri un cagasotto…

- Ma sentilo…

- Piuttosto, non sei ancora riuscito a capire cosa sia successo ieri ai tuoi edifici? – chiese il biondo, tentando di racimolare qualche informazione sull’Ægis.

- Nulla di nulla, la polizia non ha voluto riferirmi niente di più di un semplice “Stiamo ancora cercando analizzare l’accaduto.”. Io però ho deciso di muovermi e di fare appello ai miei concittadini, solo così riuscirò a smuovere qualcosa! – finse Simon, mascherando totalmente un sorriso dietro la sua espressione addolorata.

- Non è la prima volta che ti attaccano però, non è così?

- No, mi hanno già attaccato più volte in passato… Ægis, si fanno chiamare…

- Ægis?! Sono gli stessi bastardi che hanno preso d’assalto il mio laboratorio!

- Coincidenza spiacevole, cosa hanno cercato di sottrarti? – chiese il castano, muovendo nella sua mente un alfiere accanto a una delle pedine dello scienziato.

- Materiale di ricerca vario, soprattutto sui nuovi dispositivi prostetici e i macchinari medici di ultima generazione… tutto materiale prezioso. A te cosa hanno rubato?

- Armamenti, esoscheletri, veicoli, mi hanno prosciugato anche un caveau… sono stati scaltri, i sistemi di sicurezza sono stati neutralizzati prima che potessero fare qualcosa.

- Abbiamo di fronte una minaccia davvero enorme, Simon. Se combinano le mie tecnologie con le tue armi…

- Sarebbe un grande casino… come hai sempre cercato di ammonirmi tu, ma io non ti ho mai voluto dare ascolto… - finse nuovamente il castano, cercando di sembrare il più sincero possibile.

- Quel che è passato è passato, Simon. Abbiamo intrapreso strade diverse e abbiamo entrambi raggiunto il successo nel nostro piccolo. Diciamo che siamo diventati quello che siamo a causa del nostro egoismo.

- Forse hai ragione… e non riesco a decidere se ciò sia stato un bene o un male…

- Se adesso siamo di nuovo qua a bere assieme, forse è stato veramente un bene…

- Piuttosto, come sta la tua famiglia? Saranno secoli che non sento Erica.

- Stanno bene, d’altronde la vita in Europa è migliore di quella in America. Erica è impegnata più che mai: la Eisenhauer ha raggiunto il picco più alto di richieste e finanziamenti mai registrato, stiamo lavorando a mille progetti e lei si sta facendo in quattro per gestire ogni cosa. – Aiden sorseggiò un po’ di quel dolce liquido amaro dal bicchiere.

- È sempre stata una persona con le idee chiare, testarda come pochi individui al mondo, sono sicuro che sta svolgendo il lavoro alla perfezione. – disse Simon, questa volta con estrema sincerità.

- D’altronde era la studentessa migliore del tuo corso, no?

- Precisamente. – il castano si fece scappare una risata. – I tuoi ragazzi, invece, come stanno? – chiese poi, cercando di limare il discorso.

- Roy si è trovato la ragazza… mi sono distratto un solo secondo, ed eccolo così cresciuto da non riconoscerlo. Emil anche sta diventando un ometto, assomiglia in tutto e per tutto alla madre… Grazie al cielo ha la compagnia dei miei suoceri, almeno per tenerlo d’occhio…

- Sai, Aiden… - il castano sospirò. – Ti invidio. Hai una famiglia stupenda, e riesci a tenerla insieme nonostante la distanza fra voi… - disse sincero, gustando il retrogusto sciroppato della sua scurissima Porter canadese, la sua preferita.

-  Simon, non dirlo nemmeno. Quello che è successo ad Ashley è stato una tragedia, e non devi sentirti in colpa se non sei riuscito a superare quel trauma. Non voglio in alcun modo che tu ti senta inferiore a me, non dopo quello che hai passato.

- Grazie… lo apprezzo molto, lo sai… - la sincerità aveva preso il sopravvento fra i sentimenti del castano.

- Figurati. Sono sempre stato la tua spalla, Simon, ricorda che lo sono ancora.

- Vorrei chiederti una cosa: com’è essere un padre? – chiese con una lieve curiosità, mascherata quasi totalmente dalla serietà del suo tono.

- Essere padre significa dover costantemente pensare al futuro, pensare a come renderlo migliore per i propri figli. Significa fare dei sacrifici sapendo però che non saranno vani. Significa mettere te stesso in gioco, crescendo i tuoi figli in modo da non fargli commettere i tuoi stessi errori…

Quel discorso colpì profondamente Simon, che in quel momento aveva deciso di accantonare totalmente il suo obbiettivo, spinto dalla forte nostalgia di quel rapporto d’amicizia durato anni. In fondo anche lui era un padre, a modo suo.

I due andarono avanti a parlare per un’ora abbondante, riesumando ricordi piacevoli o meno, finendo col bere due bicchieri in più del previsto.
Simon accompagnò l’amico a casa, giocando col motore della sua Lamborghini come erano soliti fare da giovani. Tirò poi dritto verso la base, spingendo sull’acceleratore dopo essere stato messo al corrente dello stato d’avanzamento dell’Infecta, facendogli comparire un sorriso sul volto, sorriso che affogò tutte le emozioni precedentemente provate, riconcentrando la sua mente sull’unica sua ossessione.
 
 


Queen City, casa di Ethel, tre giorni più tardi, ore 20:00.
 
Ethel correva avanti e indietro, sistemando di volta in volta un elemento della tavola accuratamente apparecchiata per l’occasione: Roy e Aiden sarebbero arrivati a momenti, invitati qualche giorno prima dal padre di lei.
Anche la famiglia di Blaze avrebbe partecipato alla cena, sfruttando l’occasione per instaurare il tipico rapporto d’amicizia fra genitori. Il castano era lì, impegnato a osservare con un’espressione divertita la sorella.

- Ed eccola di nuovo ad agitarsi come una ritardata per il nulla… - commentò ad alta voce, nel tentativo di fomentare il nervoso alla rossa, riuscendoci perfettamente.

- Blaze, chiudi quella cazzo di bocca o giuro che ti rompo qualcosa in testa! – sbraitò lei, guardandosi attorno nel tentativo di scovare cosa ancora sulla tavola non fosse stato messo al posto giusto.

- Possibile che diventi una psicopatica ogni volta che hai un appuntamento? Cristo, ormai lo conosci, Roy: sai che non glie ne frega un cazzo se la tavola non è perfetta.

- Non è per Roy, testina di cazzo, è per suo padre!

- Bah! Tu sei tutta scema… - sbuffò lui, alzando gli occhi al cielo.

- Sei qua solo per rompermi i coglioni?! – chiese furiosa Ethel. – Se non hai di meglio da fare, vai ad aiutare i nostri genitori in cucina, cazzone! – gli gridò poi, tirandogli un calcio in culo.

- Ahia! Che cazzo di schizzata… vado, vado! – rispose seccato Blaze, lasciando la ragazza da sola.
 
Il castano non fece in tempo ad aprire il portone che il campanello suonò, cogliendolo alla sprovvista e facendolo sobbalzare.

- Aah…! E che cazzo… - esclamò, alzando la cornetta e aprendo il cancello all’amico.

Gli Steinberg vennero così accolti dal ragazzo, che prese loro le giacche e le appese sull’appendiabiti all’ingresso dell’appartamento di Ethel. Il castano fece accomodare padre e figlio nella moderna sala da pranzo, accuratamente allestita in vista della cena, attendendo lì l’arrivo dei genitori. Questi arrivarono pochi istanti dopo, scambiando il saluto con i due ospiti e portando nella sala la solita atmosfera allegra delle due famiglie.

- Vado a prendere i cestini del pane. – disse Ethel, facendo per alzarsi.

- Ti accompagno! – disse Roy, alzandosi a sua volta e seguendo la rossa nella cucina, sotto lo sguardo fiero dell’amico.

Una volta soli, Ethel si gettò fra le braccia di Roy, strappandogli poi un bacio dalle labbra.
Il biondo si godette ogni singolo istante di quel bacio: dal sapore di fragola delle labbra di lei, alla sensazione di calore che rapida gli aveva pervaso il corpo.

- Spero vada tutto bene stasera… - disse la ragazza, dondolandosi fra le braccia di lui.

- Sei agitata? – chiese Roy.

- Un po’… d’altronde è la prima volta che vi presento veramente ai miei…

- Tranquilla, mio padre non ha mai avuto problemi a fare nuove conoscenze, mamma mi raccontava che da giovane era un animale da festa… - il biondo riuscì a strappare una risata alla rossa, alleviando l’ansia che la pervadeva.

- Dovremmo andare di là… stanno aspettando noi… - disse lei, strappando un altro bacio al ragazzo.

- Già… dovremmo… - sorrise, rubando un altro bacio ancora e seguendo Ethel verso la sala da pranzo.

Una volta tornati a tavola, i due presero posto accanto a Blaze, che ne approfittò per tirare un colpetto col gomito all’amico. Bastò uno sguardo fra i due per intendersi, portando il sorriso sul volto di entrambi.
I presenti terminarono gli antipasti, iniziando a chiacchierare del più e del meno nell’attesa che i primi finissero di cuocere.

- Ora che ci penso, noi ci siamo già conosciuti in passato, Aiden… Sono Walker, ti ricordi? - disse il padre di Ethel, Abraham Walker, lisciandosi la barba hipster.

- Walker… oddio! Il Walker della festa al Green Hills di Queen City!? – esclamò Aiden. – Come ho fatto a non riconoscerti!?

- È passata un’eternità, che forza il destino, eh? – rise l’uomo.

- Cosa ci dovete raccontare, papà? – chiese curiosa Ethel, punzecchiando il padre.

- Esatto, cosa ci dovete raccontare? – fece pressione anche Roy.

- Che vi raccontiamo… beh… io e Abraham ci siamo conosciuti a una festa universitaria, in una delle più grandi discoteche di Queen City e… - cominciò a raccontare Aiden.

- E diciamo che la serata è finita in un modo curioso… - l’uomo trattenne una risata.

- Che è successo, dai! – lo incitò la rossa, pendendo dalle sue labbra.

- Quel che è successo al Green Hills, rimane al Green Hills. – disse Aiden, sorridendo e tirando una pacca sulla spalla del vecchio amico.

- E dai, papà! – si lamentò il biondo, scoppiando poi a ridere assieme agli altri.

La serata filò liscia fra racconti vari e chiacchiere, facendo volare impercettibilmente il tempo. Finito di mangiare, i tre ragazzi si ritirarono nella camera di Ethel, lasciando gli adulti a rinfrescarsi con qualche bicchierino post-cena.
Una volta chiusa la porta della stanza, Blaze guardò gli altri due con una particolare espressione: un misto fra confusione, disappunto e curiosità.

- Vedo che siete riusciti a superare la vostra demenza e vi siete messi assieme velocemente, huh? – li provocò il castano, sedendosi sul morbido pouf al centro della stanza. – Giusto per farvelo sapere: siete disgustosi con tutte quelle sdolcinatezze. – scherzò poi.

- E dai, scemo! – esclamò Ethel, lanciandogli un cuscino.

- Sì, proprio da vomito! - continuò lui, facendo scoppiare a ridere i due. – Scherzi a parte, Roy, che cazzo è successo quel giorno? Non me ne hai voluto parlare per messaggio…

- Un casino, ecco cosa è successo. Quelli dell’Asset hanno organizzato un raid contro delle presunte basi dell’Ægis, ma si è rivelata un’imboscata e in pratica si sono trovati contro un’orda di zombie con gli stessi poteri che aveva Clint…

- E tu come cazzo ci sei finito là in mezzo?!

- Abbiamo sentito un’esplosione ed era proprio nel luogo in cui il mio smartwatch mi indicava la posizione del Generale Klein, se non fossi arrivato io probabilmente sarebbero morti.

- Blaze, quel giorno Roy ha salvato non solo le vite dei soldati del Signor Klein, ma anche le vite degli innocenti che stavano per essere coinvolti in quel disastro. Roy ha dovuto uccidere quelle… cose… - disse Ethel, prendendo per mano il biondo.

- Roy, hai dovuto cosa?! – esclamò il ragazzo, cambiando totalmente espressione.

- Ho dovuto uccidere quelle persone, anche se ormai erano già morte…

- Porca puttana… p-perché non me lo hai detto subito? Roy… ci stai ancora male, vero?

- Sì… ma è colpa mia, sono stato egoista a pensare di non dovertelo dire, quando tu sei il primo che mi viene a parlare quando ha un problema… - il tono di Roy era carico di un senso di colpa opprimente, che il castano percepì subito.

- Ehi, ehi… è tutto a posto, bro, tranquillo. L’importante è che ora stai bene.

- Grazie, Blaze…

- Ehi, perché non giochiamo a qualcosa per distrarci e smorzare un po’ questa atmosfera? – propose Ethel, alzandosi dal letto e avvicinandosi alla sua scrivania.

- Ethel ha ragione, non pensiamoci. Fatti rompere il culo a Mario Kart, piuttosto!

Sul volto di Roy comparve un sorriso, sincero, genuino, per lui liberatorio. – Certo, Mr. Banana, come vuoi! – controbatté poi, sedendosi vicino alla rossa.

- Intanto chi è che vi ha asfaltato la scorsa volta? – disse Ethel, porgendo i controller ai due ragazzi.

- Tu conosci le scorciatoie, giochi sporco! – si lamentò Blaze.

- Senza quelle non vinceresti… - la provocò anche Roy, vedendola gonfiare le guance: adorava quell’espressione sul volto della sua ragazza.

- Va bene allora, niente scorciatoie, se volete farvi asfaltare il culo in modo normale…
 
 


Queen City, base Ægis, laboratorio del professor Gunnarson, la stessa sera.
 
Aren era disteso su di un lettino, collegato a una macchina tramite elettrodi, disposti ordinatamente su tutto il suo petto. Nel braccio aveva una flebo, anch’essa collegata alla stessa macchina. Il battito del ragazzo era normale, nonostante la tensione fosse decisamente alta, come alta era la curiosità verso quel potere che stava per ricevere.

- Sei pronto, ragazzo? – chiese Niklas, alzando lo sguardo dal monitor, in cerca di una risposta visiva oltre a quella verbale.

- Sì, professore, proceda pure. – rispose il castano, stringendo la mano di Diana, che nel frattempo si era avvicinata a lui.

- Andrà tutto bene, Aren. – disse la donna, guardandolo dolcemente.

- Puoi stare tranquillo, Aren, te la taglio io la terza gamba, se ti cresce… - lo stuzzicò invece Drake, ghignando come un bambino.

- Se sto coso funziona veramente, giuro che ti fulmino il culo. – rispose seccato il ragazzo, sbuffando e voltandosi verso Simon.

- Inizio procedura di innesto in tre, due, uno… procedura avviata. – disse Niklas, attivando il macchinario.

Un rumore infernale iniziò a pervadere il laboratorio: la macchina iniziò a iniettare l’Infecta nelle vene del ragazzo, senza provocare in lui nessuna apparente reazione. La procedura durò una decina di minuti, che una volta terminati fecero calare nuovamente il silenzio nella sala. Passarono cinque minuti prima che Niklas decidesse di avvicinarsi al ragazzo.

- Come ti senti, Aren? – chiese, tenendo sotto controllo i suoi parametri vitali.

- Non lo so… sento un qualcosa di diverso, ma non… - la voce del ragazzo si bloccò, strozzata da un lancinante dolore improvviso.

Sullo schermo del visualizzatore olografico di Niklas apparvero diversi segnali di emergenza, seguiti dalle grida atroci del castano.

- Aaaaaaargh! – urlò Aren, crollando a terra in preda a violenti spasmi, mentre il suo corpo si contorceva come se fosse mosso da qualcosa al suo interno.

La scena era raccapricciante agli occhi dei due compagni del ragazzo, che subito si precipitarono accanto a lui.

- Aren! Aren, amore mio, che ti sta succedendo?! – gridò allarmata Diana, chinandosi precipitosamente su di lui e cercando di placare gli spasmi.

- Che cazzo gli sta succedendo, Gunnarson?! – domandò Drake, avvicinandosi minacciosamente al professore, che tuttavia non sembrò minimamente spaventato.

- Calmatevi entrambi, ero preparato a una reazione come questa. Il corpo del ragazzo sta solamente accettando la presenza dell’Infecta, deve crearsi la simbiosi totale perché Aren possa usufruire dei poteri di quella sostanza. – spiegò, con un tono apatico e totalmente risoluto, che gelò il sangue nelle vene dei due soldati.

- Quanto dovrebbe durare questo adattamento? – chiese Simon, senza nascondere la sua preoccupazione verso il ragazzo.

- Potrebbero volerci diversi minuti, ore, per quanto ne sappia. La durata dell’adattamento dipende unicamente dalle caratteristiche del corpo ospitante, l’unica cosa che possiamo fare è attendere.

- Spero per Lei che quello che dica sia vero, Gunnarson, altrimenti… - tentò di minacciarlo Drake.

- Altrimenti? – chiese di tutta risposta Niklas, avvicinandosi al Marine e fissandolo negli occhi. Il soldato arretrò di un passo, colto da un improvviso timore. – Aren era a conoscenza dei possibili effetti collaterali, mi sono preso il tempo di informarlo nei minimi dettagli, per accertarmi della sua decisione. Ha accettato di sottoporsi a questo esperimento, sapendo a cosa andasse incontro. E poi Niklas Gunnarson non fallisce mai, ricordatelo bene. – disse poi, voltandosi verso il ragazzo e monitorando nuovamente i suoi parametri. – I valori stanno tornando stabili. – informò i presenti, senza perdere di vista il corpo del castano.

Gli spasmi si placarono, lasciando il corpo del ragazzo immobile sul pavimento in un inquietante silenzio. Su tutto il suo corpo si erano andate a formare delle linee nere che creavano motivi irregolari, contorti. Improvvisamente, il battito cardiaco di Aren aumentò in modo preoccupante, facendo spiccare il grafico sul visualizzatore del professore. Al contempo, Niklas rilevò un potenziale elettrico in aumento in tutta l’area circostante il ragazzo.

- Diana, Drake, allontanatevi da lui! – ordinò ai due, vedendo crearsi una serie di scintille elettriche tutt’attorno al ragazzo. – Tutti a terra! – gridò poi, gettandosi dietro uno dei suoi macchinari.

Drake prese Diana e si buttò a terra, facendole da scudo col proprio corpo, mentre Simon si protesse gettandosi dietro uno dei vari mobili.
Una scarica di fulmini iniziò a liberarsi dal corpo di Aren, distruggendo ciò che trovava sul suo cammino. Il ragazzo pareva levitare in una sfera elettrica, mentre le linee nere sul suo corpo erano ora di una colorazione blu-elettrica.
Quell’inferno cessò improvvisamente, riportando la quiete in quell’ormai devastato laboratorio.
Aren era nuovamente disteso a terra, stavolta con gli occhi aperti: era tornato cosciente. Il castano si alzò lentamente, sotto lo sguardo incredulo e incuriosito dei presenti,  tastandosi il corpo mentre si sentiva pervaso da un’energia incontenibile.

- Aren! Ehi, stai bene?! – chiese allarmata Diana, cercando lo sguardo del suo amato.

- Sì… ma non avvicinarti… - disse, facendole cenno di arrestarsi. - Professore…

- Ragazzo, guardami. – disse Niklas, incitando il castano ad alzare lo sguardo. Quando il ragazzo decise di mostrare il suo sguardo, al professore mancò l’aria.
Una follia di emozioni scoppiò nella testa dello scienziato: gioia, stupore, realizzazione, arroganza, onnipotenza. Niklas Gunnarson ce l’aveva fatta, aveva riprodotto artificialmente quell’assurdo e impossibile materiale, lo aveva riprodotto e innestato con successo in un corpo umano. – Ok, ragazzo, cosa senti in questo momento? – chiese poi, avvicinandosi lentamente. 

- Sento una quantità di energia assurda in tutto il mio corpo, e adrenalina, mi sento come se stessi per buttarmi da un aereo senza il paracadute…

- Mira quel muro, concentra l’energia che senti nelle tue braccia e prova a scaricarla. – ordinò, portandosi di nuovo a distanza da lui.

Aren annuì, voltandosi verso la parete e inspirando lentamente.
Chiuse gli occhi, riuscendo a percepire ogni singola cellula del proprio corpo, una sensazione surreale che mai avrebbe potuto immaginare di provare. Sentiva il flusso di energia nelle sue vene, nelle ossa, sulla pelle. Attorno alle sue braccia iniziarono a crearsi delle scintille uguali a quelle precedentemente formatesi quando era incosciente, le sue mani iniziarono a tremare, canalizzando il flusso di energia nel suo palmo.
Improvvisamente aprì gli occhi, gettando in avanti le braccia e scaricando la tensione verso l’obbiettivo, accompagnando il gesto da un urlo di dolore. La scarica elettrica che uscì dai suoi palmi fu di dimensioni titaniche, producendo un boato che ruppe gli schermi e i vetri di tutti i macchinari presenti in quel laboratorio sotterraneo. Il muro venne fatto a pezzi, come a pezzi erano le braccia del castano, che subito crollò a terra in un mare di sangue e in preda a un dolore atroce.

- Aren! – gridò Diana in lacrime, cercando di superare le macerie del muro per raggiungere il ragazzo.

Aren provò un dolore così intenso da fargli sanguinare naso e occhi, sentendo poi l’energia nuovamente fluirgli nelle braccia. Cercò di girarsi sul fianco, potendo così vedere coi suoi occhi, le proprie braccia rigenerarsi. In appena dieci minuti le braccia erano tornate quelle di prima, senza la minima cicatrice, con le linee nuovamente nere che coprivano entrambi gli arti. Quel dolore disumano era ormai solo un ricordo.

- C-Che… che cazzo è successo… - chiese ansimante, mentre veniva alzato in piedi e sorretto da Diana e Drake.

- È… straordinario! – esclamò Niklas, avvicinandosi al ragazzo. – Il tuo corpo non è ancora in grado di manipolare tutta quell’energia in un colpo solo, e non penso per come sia configurato ora ZEUS che tu riesca comunque a dosare l’energia. Tuttavia, il fattore rigenerativo è totalmente funzionante, anzi, sembra migliore della mia speculazione analitica… - spiegò poi, tastando le braccia del ragazzo ancora incredulo.

- É stato spaventoso, Niklas, ma posso dire che sei riuscito a stupirmi ancora una volta! – disse soddisfatto Simon, avvicinandosi ad Aren e posandogli una mano sulla spalla. – Ho avuto paura, Aren… come ti senti adesso? – chiese al ragazzo.

- Ora sto bene… - rispose ancora ansimante. – Spero voi non dobbiate mai provare una cosa del genere… - disse poi, sorridendo.

- Ho avuto modo di registrare tutti i dati necessari e sono riuscito a creare una speculazione di quanto mi ci vorrà per rendere perfetto il mio piccolo ZEUS…

- Di quanto tempo avrai bisogno? – chiese Simon, sulle spine.

- Dati le miriadi di fattori che vanno presi in considerazione, e dati i danni che il mio laboratorio ha subito… beh… non meno di due anni. – rispose il professore, non generando alcun cambio d’espressione sul volto del comandante dell’Ægis.

- Due anni?! – esclamarono i tre soldati all’unisono.

- È un sacco di tempo… è veramente sicuro, professore? – chiese Drake.

- Sì, se vogliamo che Aren possa padroneggiare questo potere alla perfezione, devo potermi prendere tutto il tempo per evitare errori potenzialmente fatali.

- E cosa farà l’Ægis in questi due anni. – chiese perplessa Diana, voltandosi verso Simon, che ancora non aveva proferito parola.

L’uomo si avvicinò all’enorme stendardo appeso sulla porta d’ingresso, guardandolo in tutta la sua imponenza e dando le spalle ai presenti.

- E sia, Niklas, entro domani avrai un laboratorio totalmente nuovo e un’equipe di supporto. Per quanto riguarda l’Ægis… approfitteremo di questi due anni per studiare l’Anonymous Asset, scopriremo i loro punti deboli e rinvigoriremo le fila del Progetto Legion. – disse, sorridendo allo scienziato; si voltò poi verso i suoi tre soldati. – Non importa quanto dovremo aspettare per poter raggiungere il futuro che sogniamo, abbiate pazienza, figli miei, e tutto volgerà in nostro favore. – disse infine, abbandonando il laboratorio.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Doppiakappa