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Autore: Robin Stylinson    17/06/2022    0 recensioni
Venerdì 31 gennaio 2020, Rivermountain, Wyoming.
Elisabeth viene assassinata nella sua farmacia e il colpevole sembra aver sistemato malamente la stanza per inscenare una rapina andata male. Il detective Christian Wood si ritrova ad indagare sui segreti di una piccola cittadina sperduta in mezzo alla campagna. Nessuno sembra essere colpevole ma tutti hanno un segreto da nascondere che li collega alla vittima. Si uccide per amore, per soldi e per vendetta, ma Elisabeth per cosa è morta? Forse il passato è tornato a bussare alla porta e la vittima non ha potuto fare altro che aprirgli e pagare il suo debito.
Genere: Mistero, Noir, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wood aveva passato tutto il pomeriggio a dormire per via del jet lag e di tutte le cose che lo avevano disturbato durante il volo. Si svegliò quasi per miracolo attorno alle sei del pomeriggio e si disse che forse era meglio darsi una sistemata, o almeno cambiarsi la t-shirt che puzzava di sudore. 
Una volta tornato presentabile, prese il portafoglio che aveva appoggiato nel borsone ancora da disfare: suo padre doveva avere una piccola Jeep e avrebbe raggiunto la casa dei Doe con quella. Cercò le chiavi ovunque finché non le trovò attaccate a un chiodo in camera, non voleva sapere che cosa ci facessero le chiavi lì, gli importava solo di riuscire ad arrivare alla cena in tempo.
Wood uscì di casa e si diresse sul retro della baita quando si accorse che non vi era nessun’auto ma, bensì, una moto da cross. Suo padre aveva una moto? Non gli importava nemmeno quello e, dopo essersi infilato il casco che aveva trovato sulla sella, vi salì a cavalcioni e provò a farla partire. Gli ci vollero diversi minuti, la moto era ferma da molto tempo, ma alla fine partì. 
Rivermountain era una cittadina piuttosto piccola, la sua baita era lontana da tutte le altre abitazioni ed era immersa nel verde, ma era sempre parte del paese. Wood percorse le strade sterrate in alcuni minuti per poi incontrare l’asfalto: era arrivato alla civiltà. La casa dei Doe era vicina al fiume, un corso d’acqua che divideva Rivermountain da una grande prateria oltre la quale si trovava Blawind. 
L’uomo era leggermente in anticipo e per strada si accorse di non avere nulla con sé, neanche una bottiglia di whiskey da offrire al padrone di casa. Era stato stupido a non pensarci ma, sulla destra della carreggiata, vide lo spaccio di Don ancora aperto e decise di fermarsi per cercare almeno una bottiglia di buon vino. Wood accostò, le strade erano deserte, la gente in città si aggirava principalmente a piedi, così nessuno si sarebbe opposto se per qualche minuto la moto da cross rimaneva ferma a ridosso del marciapiede e si accorse di come le cose lì erano diverse, più semplici, forse, rispetto all’Italia e alla grande città di Bergamo. Per un momento quel pensiero lo fece sorridere e si rallegrò al pensiero che a Rivermountain nessuno gli avrebbe fatto una multa per sosta vietata.
Wood entrò nello spaccio e vide Don al bancone: aveva circa la stessa età dello sceriffo ma era più paffuto, la barba rasata, capelli spazzolati all’indietro e impomatati, portava dei pantaloni cachi molto giovanili con delle enormi tasche sui lati all’altezza delle ginocchia e una t-shirt bianca a maniche lunghe che aderiva al petto. Era il tipico uomo che non voleva invecchiare e, nonostante portasse molto bene la sua età, si vedeva perfettamente che ormai non era più così giovane come voleva far credere. 
«Christian Wood?» chiese sorpreso Don appena vide il giovane nel negozio. 
«Si» rispose lui. 
«Quindi eri tu stamattina nel taxi! Ci avrei giurato!» 
Wood si infastidì sentendo le parole del commerciante, avrebbe voluto andarsene al più presto ma non voleva nemmeno sembrare maleducato. In fondo Don l’aveva visto crescere, come la maggior parte delle persone della cittadina, ma lui era cambiato. 
Tutti loro erano cambiati. 
Tutto era cambiato e non si poteva tornare indietro.
«Starei cercando una bottiglia di un buon vino» tagliò corto Wood per cercare di svignarsela il prima possibile. Avrebbe voluto chiedere anche del whiskey ma si trattenne. 
«Ci penso io» rispose Don sparendo per qualche secondo nel retrobottega per poi ricomparire con una bellissima, e forse anche buona, bottiglia di vino rosso. 
Wood ringraziò Don per la cortesia e gli passò una banconota da cinquanta dollari ma il commerciante non la prese. 
«Offre la casa» concluse il commerciante. 
Wood lo ringraziò nuovamente e gli augurò una buona serata quando, prima di uscire, incrociò lo sguardo di una donna bionda ritratta in una fotografia, non ricordava chi fosse ma sapeva di conoscerla. La fissò per qualche istante ma poi uscì dallo spaccio per andare a casa dei Doe. 
La donna vista in foto gli ricordava Aurora, la sua ex ragazza. Con lei era tutto perfetto, Wood toccava il cielo con un dito tutte le volte che passava del tempo con lei ma poi le cose cambiarono: l’uomo aveva iniziato a passare più tempo in compagnia delle sue bottiglie di alcolici che con lei, lo stipendio non gli bastava più e tutte le volte che si presentava a casa di Aurora, appestava l’aria con l’odore di fumo che ormai si era impregnato persino nella sua anima. I litigi erano all’ordine del giorno ma Wood le aveva promesso di cambiare, di mettere la testa a posto e le aveva anche giurato che l’avrebbe sposata. Lo voleva davvero, desiderava passare il resto della vita con lei ma qualcosa non era andato per il verso giusto e nel giro di pochi mesi venne a galla una scomoda verità che mandò Wood in pezzi. Aveva cercato di tenere duro il più possibile ma qualcosa dentro di lui si era rotto e, immancabilmente ubriaco, aveva fatto la cosa più stupida del mondo: si era fatto licenziare perché non sapeva tenere a freno l’animale che era nato dentro di lui. 
  
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