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Autore: Kim WinterNight    17/06/2022    1 recensioni
[Scritta per il compleanno di evelyn80]
Evelyn era sfinita dopo la lunga giornata di lavoro, così si abbandonò contro il materasso e affondò con la nuca nel cuscino. Chiuse gli occhi e la sua mente cominciò a vagare lontano, rifugiandosi in quel luogo in cui riusciva a trovare la pace.
Dietro le sue palpebre si dipinsero le immagini di mille idee da trascrivere nero su bianco, di personaggi suoi e della band che più amava al mondo.
Le sarebbe davvero piaciuto poter viaggiare nel tempo e nello spazio per trascorrere un solo giorno con loro, i Chicago, quei ragazzoni che l’avevano colpita fin nel profondo e su cui non sapeva far a meno di fantasticare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Robert Lamm, Terry Kath, Walter Parazaider
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Leave me to dream
 
 
 
 
 
 
Evelyn era sfinita dopo la lunga giornata di lavoro, così si abbandonò contro il materasso e affondò con la nuca nel cuscino. Chiuse gli occhi e la sua mente cominciò a vagare lontano, rifugiandosi in quel luogo in cui riusciva a trovare la pace.
Dietro le sue palpebre si dipinsero le immagini di mille idee da trascrivere nero su bianco, di personaggi suoi e della band che più amava al mondo.
Le sarebbe davvero piaciuto poter viaggiare nel tempo e nello spazio per trascorrere un solo giorno con loro, i Chicago, quei ragazzoni che l’avevano colpita fin nel profondo e su cui non sapeva far a meno di fantasticare.
Quegli uomini che non conosceva di persona, ma che considerava un po’ come una famiglia.
Strinse forte le dita sul bordo della coperta e la tirò fin sotto il mento, desiderando ardentemente di potersi alzare per scrivere una nuova storia sui suoi adorati musicisti.
Avrebbe dovuto aspettare fino a lunedì, intanto sperava soltanto di poterli sognare.
Si addormentò prima di rendersene conto, mentre sulle sue labbra si dipingeva un lieve sorriso.
 
 
Si sentiva strana, non era qualcosa che avesse mai provato prima, era come se il suo corpo non le appartenesse del tutto.
Le pareva quasi di fluttuare.
Di fronte a lei si estendeva un silenzioso corridoio, sul quale si affacciavano diverse finestre dalle ante socchiuse. Dovette reprimere una risata nell’immaginarsi un po’ come Alice nel Paese delle Meraviglie circondata da infinite porte chiuse.
Fece un timido passo avanti, ma le piante dei suoi piedi scalzi non incontrarono il pavimento; riuscì comunque a procedere, nonostante stesse provando una sensazione strana e inspiegabile.
Si aggrappò al primo davanzale che le capitò a tiro, alla sua sinistra, temendo di poter cadere nel vuoto da un momento all’altro.
Incuriosita, schiuse piano l’anta della finestra e sbirciò all’esterno, ma quello che scorse la lasciò letteralmente senza fiato. Sbatté più volte le palpebre, il cuore in subbuglio e il corpo improvvisamente inondato di calore.
Di fronte ai suoi occhi increduli si stava svolgendo una scena che aveva immaginato così tante volte, ed era talmente vicina da sentirsi quasi di troppo nell’osservarla.
Una camera immersa nella penombra, rischiarata soltanto da un timido raggio di sole che filtrava attraverso una pesante tenda arancione smossa dal vento. La portafinestra era socchiusa e lasciava entrare soltanto rumori ovattati dall’esterno – auto lontane, voci indistinte, l’abbaiare di un cane.
Al centro della stanza troneggiava un letto matrimoniale, sul quale due uomini completamente nudi erano abbandonati.
Uno moro e uno biondo.
Evelyn li conosceva fin troppo bene e non poteva credere che fossero proprio lì, sotto il suo sguardo improvvisamente imbarazzato.
Erano Robert e Peter, avvinghiati in un abbraccio e intenti a baciarsi con passione.
Robert era adagiato sul corpo di Peter e faceva sfregare il petto villoso contro il suo, mentre lo inchiodava al materasso e tirava piano le ciocche chiare dei suoi capelli per inclinare maggiormente il suo capo all’indietro.
Evelyn fremette dall’emozione: erano bellissimi.
Nonostante ciò, si sentì ancora una volta di troppo a violare in quel modo la loro privacy; eppure si prese ancora qualche istante per ammirarli, in fondo voleva imprimere nella memoria quel momento magico e descriverlo al meglio nella sua prossima storia.
Chissà se loro si erano accorti di lei, se potevano vederla o udire la sua voce.
Avrebbe potuto disturbarli, ma la verità era che non se la sentiva, non le pareva proprio il caso di interromperli sul più bello.
Allora si limitò a scorrere con lo sguardo sui loro corpi, cercando di memorizzare il modo in cui si toccavano e si baciavano, le espressioni estasiate sui loro volti e il suono dei loro sospiri di piacere che permeava l’aria circostante.
Vide Robert inginocchiarsi tra le cosce di Peter, guardarlo dritto in viso e stringere la sua eccitazione nella mano destra.
Evelyn si sentì arrossire e distolse gli occhi, decidendo che era giunto il momento di lasciarli in pace – era bizzarro quanto si sentisse inadeguata in quel momento, anche se scrivere di loro in intimità non le faceva lo stesso effetto.
Erano così reali oltre quella finestra, in qualche modo faceva tutto un altro effetto.
L’ultima cosa che udì prima di allontanarsi definitivamente fu un acuto gemito sgorgare dalle labbra di Peter – l’avrebbe ricordato per sempre.
 
 
Si affacciò al davanzale di fronte, sperando di ritrovarsi di fronte a qualcosa di più soft, aveva decisamente bisogno di riprendere fiato e calmare i battiti impazziti del suo cuore.
La stanza che si presentò ai suoi occhi era decisamente più luminosa della precedente: si trattava di una cucina completamente in disordine, arredata in modo semplice e quasi completamente occupata da un grosso tavolo rettangolare.
Su alcune sedie erano stravaccati due uomini piuttosto giovani, Evelyn li riconobbe subito e un enorme sorriso si dipinse sulle sue labbra: Terry e Danny sorseggiavano una birra ghiacciata e chiacchieravano tra loro, sghignazzando come due ragazzini.
Danny aveva ancora i capelli al proprio posto e il vocione di Terry le vibrò nel petto, facendole provare una miriade di emozioni che non riuscì a categorizzare appieno.
Non sapeva perché, ma era consapevole che la stanza in cui si trovavano Robert e Peter era nella stessa casa, così si domandò se qualcuno si sarebbe accorto di bassista e tastierista che si amavano segretamente.
Si concentrò sul viso di Terry e le venne quasi da piangere, perché lui era così reale nonostante fosse morto da tanti anni: il sorriso equino che tanto adorava, i suoi occhi genuini, i capelli sempre in disordine… era stupendo, Evelyn desiderò soltanto di poterlo abbracciare.
Allora decise che poteva provare ad attirare la loro attenzione, quella era un’occasione da non sprecare, talmente rara e preziosa che nella sua mente prese la forma di una gemma che brillava sotto il sole d’estate.
Si sporse maggiormente oltre il davanzale e pronunciò timidamente prima il nome di Terry, poi quello di Danny, ma nessuno dei due si voltò nella sua direzione né diede segno di essersi accorto di lei.
Evelyn avvertì una punta di delusione invaderle il cuore, poi realizzò che forse anche in quel bizzarro universo funzionava come nell’aldilà che aveva creato per tenere in vita la memoria di Terry: era permesso affacciarsi a quelle finestre, ma non si poteva intervenire né modificare il corso degli eventi che si svolgevano nell’aldiquà.
Davvero era stata lei ad architettare un meccanismo tanto complesso?
Con un sospiro frustrato, dovette accontentarsi di osservare e ascoltare i due amici che scherzavano tra loro proprio come li aveva sempre immaginati.
«Le donne non possono resistermi, lo sai» stava dicendo Danny, dandosi un sacco di arie.
«Veramente ti cercano solo per arrivare a me! Le pollastre sanno perfettamente riconoscere un vero stallone» sbottò il chitarrista, battendo con forza la mano destra sull’enorme petto.
«Come no. Amico, non vogliono davvero stare né con te, né con me» esalò il batterista sconsolato.
«Non sono d’accordo» bofonchiò Terry e, dopo aver sorseggiato un altro po’ di birra, lasciò andare un potente rutto.
Il suo amico gli lanciò un’occhiataccia. «Certo che se ti comporti così di fronte a una donna, la fai scappare di sicuro!»
Evelyn scoppiò a ridere, era davvero esilarante assistere ai battibecchi di quei due, tutto ciò le stava facendo venire una voglia matta di scrivere.
«Invece mi vogliono proprio perché sono un uomo rude e virile!» si pavoneggiò ancora Terry.
«Piantala. Loro vogliono sono Peter» sibilò Danny, sbattendo il bicchiere vuoto sul tavolo.
«Ma chi, Belli Capelli? Quello è solo un figurino senza palle!» minimizzò il chitarrista, per poi esplodere in una fragorosa risata che contagiò anche Danny.
Evelyn socchiuse le palpebre e cercò di imprimere a fondo nelle orecchie il suono delle loro voci allegre e spensierate, poi portò le dita alle labbra e lanciò a entrambi un lieve bacio.
Infine, curiosa di scoprire cos’altro la attendesse oltre le altre finestre, si scostò e tornò a procedere lungo il corridoio.
 
 
Sbirciò oltre la terza finestra, quella accanto alla cucina, e i suoi occhi misero a fuoco una figura solitaria.
Il corpo magro e allampanato di Lee era adagiato su un’amaca sospesa tra due maestosi alberi, tutt’attorno la quiete del pomeriggio inoltrato era interrotta soltanto dal cinguettio degli uccellini.
Evelyn lo osservò meglio e lo trovò immerso nei propri pensieri, taccuino alla mano e sopracciglia aggrottate per la concentrazione.
Indossava una felpa leggera e dei jeans strappati, le gambe si muovevano avanti e indietro al ritmo di una musica che solo lui conosceva.
Lee scribacchiava qualcosa di tanto in tanto, i capelli chiari gli ricadevano sul viso nonostante tentasse spesso di ricacciarli in continuazione.
Se ne stava lì, da solo, a lavorare per quella che riteneva la sua famiglia, la cosa più cara che avesse.
Evelyn riusciva quasi a leggergli nella mente, ma i suoi pensieri erano confusi e sfuggevoli, proprio come la sua personalità che per lei sarebbe sempre stata un mistero.
Lo scrutò per un po’: il profilo del suo viso si stagliava contro il tramonto che pian piano tingeva di viola e arancio il cielo che lo sovrastava.
Percepì un sospiro abbandonare le sue labbra e quel piccolo suono le mozzò per un attimo il respiro – sembrava un’anima tormentata, la sua.
Nonostante con Lee non sentisse una grande affinità, Evelyn sapeva che lui era la vera anima della band, colui che l’aveva tenuta in piedi per tutti quegli anni. Senza il trombettista probabilmente i Chicago si sarebbero disintegrati subito dopo la morte di Terry.
I suoi occhi si inumidirono appena e fu costretta a distoglierli da Lee, asciugandoli con il dorso della mano.
Quando li sollevò nuovamente, notò un uomo avvicinarsi a Lee e affinò la vista, riconoscendo immediatamente la figura di Laudir.
Il percussionista brasiliano si fermò accanto al compagno di band e lo guardò dall’alto in basso. «Che fai, amigo
«Sto componendo, non vedi?» replicò acido Lee.
Evelyn alzò gli occhi al cielo e sorrise, riconoscendo quel modo brusco e poco amichevole che aveva sempre associato al trombettista.
«Posso vedere?»
Lee arricciò il naso e strinse il taccuino al petto. «Non ho ancora finito, saprai tutto a tempo debito.»
Laudir scosse il capo e si passò le mani tra i capelli. «Non farla tanto lunga, andiamo!»
«Ho detto di no.»
Evelyn si godette il sorriso bonario che illuminò il viso di Laudir e provò una sensazione di pace e tranquillità, rendendosi conto che anche il percussionista sembrava dannatamente reale.
Si concesse qualche altro istante per star loro accanto, ascoltando le proteste di Lee mentre Laudir tentava di strappargli il taccuino dalle mani.
Con una risatina diede le spalle alla finestra e si immerse nuovamente nel corridoio.
Rimaneva soltanto un ultimo varco a cui affacciarsi.
 
 
Un’altra camera da letto si presentò ai suoi occhi, ma stavolta l’atmosfera era decisamente diversa: il sole del tardo pomeriggio la inondava completamente, rendendola calda e accogliente.
Sul letto giacevano Walter e James, distesi l’uno di fianco all’altro, entrambi indossavano dei boxer e una t-shirt spiegazzata, proprio come le lenzuola che si attorcigliavano alle loro caviglie intrecciate.
James teneva il capo abbandonato sul petto glabro di Walter e si lasciava abbracciare e accarezzare i capelli.
Era una scena talmente tenera e dolce che a Evelyn si sciolse il cuore, gli occhi tornarono a pungere di lacrime e le gambe parvero voler cedere da un momento all’altro.
Tutto in loro sprigionava amore puro e profondo rispetto, bastava anche solo sfiorarli con gli occhi per capire quanto si appartenessero.
Walter cullava James con una delicatezza incredibile, come se temesse di fargli del male o di ferirlo, nonostante il trombonista fosse tutt’altro che fragile.
Evelyn tornò a provare imbarazzo, ma stavolta la sensazione fu ancora più forte e impetuosa: c’era qualcosa di davvero intimo in quell’abbraccio innocente, qualcosa che le suggeriva di farsi da parte e lasciarli soli.
Poco importava che non potessero vederla né accorgersi di lei.
Erano proprio come li aveva sempre immaginati, così uniti da poter superare insieme qualsiasi avversità o difficoltà, così innamorati da non riuscire a separarsi né a fare a meno l’uno dell’altro.
Erano sempre stati diversi da Robert e Peter, il loro amore non era mai stato in dubbio e niente era stato capace di incrinarlo davvero.
Walter e James erano semplicemente anime gemelle.
Evelyn si commosse per l’ennesima volta e scoppiò a piangere, incapace di trattenere ancora le emozioni che la stavano sopraffacendo da quando era entrata in quel bizzarro universo.
Si accasciò contro il davanzale e singhiozzò senza ritegno, grata che nessuno potesse sentirla o scoprire quanto fosse debole.
Bastava davvero poco a ridurla in quelle condizioni.
Il suo pianto si intensificò quando udì la voce di James rompere il quieto silenzio che regnava nella stanza.
«Wally» sussurrò.
«Che c’è?»
«Cazzo, non sai quanto ti amo» disse il trombonista.
Evelyn sollevò il capo proprio nel momento in cui i due si unirono in un bacio lento e delicato, le dita di Walter a tracciare la schiena di James.
Il suo cuore fece una capriola e gli occhi si appannarono ancora di più.
Doveva andarsene, non c’era più niente che potesse davvero interessarle.
Le bastava avere impresse nella mente le immagini che aveva visto e nelle orecchie le voci che aveva udito.
Si tirò indietro e si ritrovò in piedi al centro del corridoio.
Di fronte a lei si stagliava quella che sembrava un’uscita.
Era giunto il momento di raggiungerla.
 
 
Una volta sulla soglia, Evelyn sentì un lieve tocco sul viso e sobbalzò.
Sollevò lo sguardo e mise faticosamente a fuoco una figura evanescente che pian piano stava assumendo dei contorni più definiti.
Ebbe un mancamento quando gli occhi caldi di Terry si immersero nei suoi e le sue grandi mani le circondarono le guance.
Non seppe cosa fare e non riuscì a parlare, riprese soltanto a piangere.
Stavolta le dita di Terry furono pronte a raccogliere delicatamente ogni sua lacrima, mentre la sua voce profonda sussurrava piano il suo nome.
«Terry…»
«Volevo solo renderti felice» spiegò lui.
Evelyn singhiozzò più forte e fece per gettarsi tra le sue braccia, ma in un attimo si ritrovò nuovamente da sola.
Non ebbe neanche il tempo di cedere alla disperazione che i suoi occhi si spalancarono e il suo corpo ebbe un profondo sobbalzo.
Impiegò alcuni secondi a rendersi conto che si trovava sul proprio letto, il respiro corto e il cuore completamente fuori controllo.
Si mise a sedere e apprese di essere sudata fradicia e in lacrime.
Era stato un sogno talmente vivido…
Era sicura che non lo avrebbe mai dimenticato.
Poi ripensò a Terry alla fine del corridoio e tornò ad abbandonarsi contro il materasso, un sorriso a incresparle spontaneo le labbra.
Forse era un pensiero stupido, probabilmente era qualcosa di impossibile, ma le piaceva credere che il chitarrista che tanto amava le avesse realmente fatto un regalo dall’aldilà.
 
 
 
 
 
 
♥ ♥ ♥
 
TANTISSIMI AUGURI EVELYYYYN!!!! *__________*
Sorella mia, sei sempre nel mio cuore e nemmeno quest’anno potevo evitare di scrivere qualcosa per festeggiare il tuo compleanno!
Ho avuto questa bizzarra idea rifacendomi proprio alla tua serie Voci dall’aldilà, in modo da poter inserire quel pizzico di sovrannaturale che mi permettesse di regalare al tuo alter ego un bel viaggetto nel tempo e nello spazio, per godersi dei bei momenti come questi :3
Non potevo certo perdermi la ghiotta occasione di inserire la Lammetera e la Parazankow, anche perché sei stata proprio tu a farmi amare e conoscere queste stupende coppie!
Spero di aver reso giustizia al personaggio che in teoria dovrebbe rappresentarti e ai ragazzoni dei Chicago, e spero anche che questa piccola storia ti sia piaciuta e sia stato un regalo degno di questo nome :D
Lettori, vi consiglio vivamente di recuperare le storie che Eve ha scritto su questa band, sono degli autentici capolavori e io non la ringrazierò mai abbastanza per avermi insegnato ad apprezzarli come personaggi, con le loro peculiarità ben definite, i loro pregi, difetti e intrecci amorosi/d’amicizia!
GRAZIE DAVVERO SORELLA, TI AUGURO IL PIÙ FELICE DEI COMPLEANNI, TI MANDO UN ABBRACCIO FORTISSIMO ♥
  
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