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Autore: DrkRaven    18/06/2022    4 recensioni
MATCHABLOSSOM | (dal testo) Cherry Blossom aveva avuto un incidente, ma era Kaoru che lottava tra la vita e la morte in ospedale. Kojiro promise a sé stesso che, se Kaoru non fosse sopravvissuto, anche lui avrebbe per sempre dismesso i panni di Joe. | Questa storia partecipa al concorso “La genesi del tuo colore” del profilo Wattpad @WattpadFanfictionIT.
“Una delle cose che richiede più impegno nella vita è scoprire sé stessi e imparare ad accettarsi per quello che si è, riconoscendo il proprio colore e il suo potenziale.
Per rappresentare la sua identità di genere e/o orientamento, associate un colore al vostro personaggio fandom. Raccontateci la sua esperienza attraverso le sfumature che lo definiscono e che danno origine al suo colore.” | ⚠ BOY X BOY ⚠ | Parole: 2.907 |
⚠Questa storia è frutto della mia fantasia⚠
⚠Qualunque riferimento a trama, personaggi o eventi narrati in altre fan fiction di altri autori è assolutamente e del tutto casuale, ma vi prego di segnalarmelo se doveste riscontrare tale similitudine⚠
⚠E' assolutamente vietato copiare e riprodurre quanto riportato in questa storia⚠
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kaoru Sakurayashiki, Kojiro Nanjo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Era ormai notte fonda quando Joe montò in auto come un automa, guidato solo dal bisogno di andarsene dall’ospedale e dimenticare, almeno per qualche ora, quello che era successo.

Strinse forte la sommità del volante con entrambe le mani, e vi appoggiò la fronte. Solo per un istante, si disse. Ma i singhiozzi che scossero con violenza le sue spalle possenti, durarono ben di più.

Immagini di Cherry privo di conoscenza, i suoi capelli rosa sparsi sullo sterrato attorno al viso pallido, continuavano a tormentarlo. Adam ci era andato giù pesante, scorretto e crudele come non lo avevano mai visto.

Per la prima volta si rese conto di quanto illusoria fosse la protezione data dagli alter ego che utilizzavano alla “S”, la gara di skateboard senza regole alla vecchia miniera; potevano anche preservare la loro identità ma di certo non la loro incolumità.
Cherry Blossom aveva avuto un incidente, ma era Kaoru che lottava tra la vita e la morte in ospedale.
Kojiro promise a sé stesso che, se Kaoru non fosse sopravvissuto, anche lui avrebbe per sempre dismesso i panni di Joe.

Quando fermò l’auto sorrise mesto, rendendosi conto di avere guidato sino al ristorante senza nemmeno accorgersene; ma tutto sommato era meglio tenersi occupato in qualche modo in attesa che lo chiamassero dall’ospedale.

Un basso ronzio gli ricordò che Carla, lo skateboard di Cherry integrato con l’Intelligenza Artificiale da lui stesso sviluppata, giaceva ancora sul sedile posteriore.

Il display segnava il 2% di batteria quando Joe lo attaccò alla corrente, nell’angolo dove era solito caricarlo Kaoru quando si recava al ristorante. Non appena collegò la carica, Carla si illuminò e riprese a comunicare con la sua voce morbida seppur lievemente metallica.

Riavvio in corso.

- Oh, merda! – Joe non si aspettava che Carla si riavviasse da sola. Aveva preso a brillare emettendo fasci di led rosa in tutte le direzioni.

Traccia vocale riconosciuta.
Ciao Joe.
Cherry, per cortesia, se vuoi bloccare la I.C.E. Procedure, devi pronunciare la password. Altrimenti si attiverà tra dieci secondi.

- Ciao Carla. Cherry non è qui… – rispose Joe, anche se si sentiva un po’ stupido a parlare con una AI, per quanto tecnologicamente avanzata e decisamente convincente come Carla.

Senza la password di Cherry, la Modalità Emergenza si attiverà tra tre… due… uno…


“Ciao Kojiro.”


Joe sussultò. Si guardò attorno per un istante, cercando di capire da dove arrivasse la voce di Kaoru. Si rese conto con un attimo di ritardo che proveniva da Carla.

Si accasciò sulla sedia più vicina, chiedendosi se avrebbe dovuto rispondere, ma Carla proseguì a riprodurre la voce calda e profonda di Cherry.


“Spero che non ascolterai mai questa registrazione, perché vorrà dire che è andato tutto bene, e ti potrò dire di persona tutto quanto dopo la gara.

Ma se invece mi stai ascoltando, vuol dire che qualcosa è andato storto con Adam. Avevo paura che succedesse, perciò ho programmato Carla con la I.C.E. Procedure ad attivazione sonora collegata alla tua voce.”


Calde lacrime ripresero a scendere dagli occhi di Joe.

Non voleva ascoltare, tutta la faccenda aveva il sapore amaro di un addio. Ma Kaoru non era ancora morto. Non sarebbe morto, ne era sicuro. Avrebbe dovuto bloccare Carla, interrompere la riproduzione.

Ma era più forte di lui, voleva sentire ancora, forse per l’ultima volta, il timbro pacato e rassicurante della voce di Kaoru.


“Ci sono tante cose che vorrei dirti, cose che non ti ho mai detto.

So che è stupido, ma ritrovarmi qui, nel cuore della notte, ad affidare a Carla le mie ultime parole per te, mi fa rimettere in prospettiva tutto quanto.

E se non sono più lì con te, voglio almeno che tu sappia che sei stato la persona più importante per me, l’unica che sia mai stata davvero in grado di capirmi e di accettarmi per quello che ero, anche quando io stesso non ci riuscivo.”


Ci fu un istante di silenzio, e poi Cherry continuò a parlare mentre le luci rosa che uscivano da Carla vibravano sommessamente.


“Non potrò mai perdonarmi di essere scappato quella sera, dopo che avevamo fatto l’amore.

Ma non ero ancora pronto, né a vivere quell’amore, né a spiegarti il motivo.

Lo farò adesso, anche se so che ormai è tardi.

Dovrai avere un po’ di pazienza perché devo tornare alla mia infanzia, o meglio, a prima ancora che io nascessi.

E devo cominciare da mio padre, unico erede della famiglia Sakurayashiki, che durante uno dei suoi viaggi in Inghilterra si innamorò di una donna bellissima, la sposò, e la portò a vivere con sé nella casa di famiglia.

Mia madre adorava quella casa, e ancora di più il parco secolare di ciliegi che la circonda e da cui deriva il kanji del nostro cognome.
I miei genitori trascorsero i primi mesi dopo il matrimonio in quel paradiso. Erano innamorati e totalmente concentrati su loro stessi, senza preoccuparsi di nient’altro; passeggiavano ogni giorno tra i ciliegi che, come sempre in primavera, tingevano di rosa ogni cosa e inebriavano i sensi con il loro profumo delicato.
Ma quando l’Hanami* terminò, l’entusiasmo di mio padre lentamente si spense, e dopo pochi mesi ripartì.

Il giorno successivo mia madre scoprì di essere incinta.

Aveva sempre voluto una femmina, ed era talmente sicura di quella gravidanza, da appendere un fiocco rosa sul cancello del parco prima ancora che io nascessi.

Non ti dico la soddisfazione di mia nonna quando invece nacqui io. Lei vedeva in me l’erede della famiglia, il primogenito maschio, da far crescere forte e deciso per potergli affidare, un giorno, la guida della famiglia.

Sostituì il fiocco con uno azzurro, e gettò quello rosa tra le fiamme del camino.

Mia madre cadde in uno stato di profonda depressione e di negazione della realtà. Da subito si ostinò a credere che io fossi comunque una bambina, o forse lo desiderava con una disperazione così malsana da non importarle se lo fossi davvero.

Cominciò a crescermi ed educarmi come una femmina. La nonna, d’altro canto, mi circondava di maestri privati per ogni disciplina che riteneva mi sarebbe servita per affermare la mia autorità patriarcale.

Era cominciata una guerra tra le due donne più importanti della mia vita; uno stillicidio silenzioso, fatto di regali e lusinghe, di ammonimenti e insegnamenti, con l’unico scopo di plasmare la mia identità in base a quello che loro desideravano, e con l’ovvio ed evidente risultato di confondermi e mortificarmi.

Mi resi conto molto presto che chiunque io fossi, qualunque cosa facessi, una di loro era sempre scontenta e amareggiata. Che sviluppassi l’amore per la calligrafia, o una forte inclinazione per l’informatica, vedevo nei loro volti la soddisfazione e la delusione in egual misura; l’amore che l’una provava per me veniva bilanciato dal dispiacere dell’altra, come attraverso uno specchio deformante.

E come potevo amarmi io stesso se anche loro mi amavano solo a metà?

Per mia fortuna, uno dei tutor mi insegnò ad andare sullo skateboard, e mi ci rifugiai per sfuggire a quella situazione che si faceva sempre più pesante man mano che crescevo.

Era il mio unico sfogo.

Scendevo come un pazzo dalla collina nel parco, per dimenticare, almeno per un po’, il mio conflitto interiore.
La mia pista era bianca d’inverno, quando neve e ghiaccio ricoprivano il sentiero. Era rossa, in autunno, ammantata di foglie croccanti. Era verde e rigogliosa in estate. Ma come avrai già immaginato, il momento che preferivo era la primavera, quando i petali dei ciliegi creavano un tappeto soffice e delicato di tutte le sfumature del rosa, ed il loro profumo mi riempiva le narici ed il cuore.”


Ci fu un lungo istante di silenzio. Joe guardò Carla con apprensione.


“Scusa…”


Kaoru riprese a parlare; Kojiro sospirò e si accomodò contro lo schienale della sedia.


“Avevo bisogno di riordinare le idee.

Stavo per compiere sedici anni quando mia madre morì. La seppellimmo nel cimitero di famiglia. Restai per due giorni ad osservare la terra fresca sulla sua tomba che veniva lentamente ricoperta da una soffice neve rosa. Quando anche l’ultimo petalo si posò ondeggiando, mi sentii solo come non mai.

Lei se n’era andata. E quello scossone mi fece perdere del tutto la presa sull’equilibrio instabile nel quale ero vissuto sino ad allora.

Come un’altalena impazzita, cominciai ad oscillare tra le mie due metà senza sapere chi fossi né cosa volessi.

Per la prima volta pensai di dover fare una scelta. Dovevo abbracciare un lato di me e soffocare l’altro.

In fondo ero un uomo. Forse aveva ragione la nonna. Avrei dovuto dimenticare l’amore di mia madre per quella mia parte femminile, così sensibile e delicata, che lei aveva portato alla superficie della mia coscienza col suo malsano ma sincero amore.

Tinsi i capelli di rosa come ultimo omaggio a mia madre e mi imposi con la nonna per frequentare il liceo, e prendere finalmente in mano la mia vita.

Fu allora che ti conobbi, ricordi?

Mi hai sfidato a quella stupida gara per dimostrare da subito che eri il più forte. Eri già un giovane, adorabile gorilla…”


La risata di Kaoru attraversò come una stilettata il petto di Kojiro, che sorrise suo malgrado tra le lacrime.


“Non ti importava che fossi l’erede dei Sakurayashiki, né che avessi un aspetto bizzarro, con i capelli rosa o il piercing al labbro.

Mi guardavi e mi valutavi solo per le mie abilità sullo skateboard. Non ti interessava se ero flessuoso come una ragazza o resistente come un ragazzo. Ti accorgevi solo che ero bravo, abbastanza bravo da metterti in difficoltà, e questa cosa ti faceva arrabbiare e ti stimolava in egual misura.

Diventammo inseparabili.

Per la prima volta mi sentivo accettato per quello che ero, senza dover nascondere o accentuare fragilità e sensibilità, tanto quanto forza e determinazione.

Per la prima volta, avevo smesso di preoccuparmi di dover essere qualcosa di ben definito, e potevo semplicemente essere me.

Credo di essermi innamorato di te un po’ per volta, giorno dopo giorno. E più capivo di amarti, e più riuscivo ad amare me stesso almeno un po’.

Ed è stato allora che tu hai cominciato ad interessarti alle ragazze.”


- Non è così, Kaoru! – sbottò Joe, picchiando forte la mano sul tavolo – Erano loro che… - ma si interruppe per non perdersi le parole successive della registrazione. Glielo avrebbe detto di persona, che in realtà erano le ragazze ad interessarsi a lui, e che se anche a volte le assecondava, era proprio per cercare di togliersi dalla mente quei capelli rosa e quegli occhi dorati.


“Per me è stato un altro trauma, ma ormai ero cresciuto, e avevo capito a mie spese che le cose nella vita non vanno mai come desideri. E così mi sono buttato nello studio, nel progetto di integrazione dell’Intelligenza Artificiale con gli altri aspetti della vita, ed ho aperto la mia attività; Calligrafia con Intelligenza Artificiale.

Ero riuscito ad fondere due realtà così profondamente diverse in un progetto armonioso e soddisfacente. Forse ci sarei riuscito anche con la mia vita privata.

Perché comunque mi ero stabilizzato nel nuovo equilibrio tra noi due, la nostra amicizia era per me preziosa più di ogni altra cosa e mi ero convinto che mi bastasse.

Doveva bastarmi.

Tu eri sempre circondato da ragazze bellissime che ti cercavano e facevano a gara per ottenere le tue attenzioni, ed il ristorante che avevi aperto era un catalizzatore potentissimo.

Io dovevo farmi da parte.

Per quello, non me lo aspettavo proprio, quella sera, quando mi hai baciato.

Non ero preparato.

Eravamo ubriachi, è vero, quel vino rosé mi aveva di certo reso languido e fragile, e non sono riuscito a tirarmi indietro. Ero troppo innamorato di te, e la rimozione dei freni inibitori causata dall’alcol ha fatto il resto.

Ma ti dirò una cosa.

Non mi sono mai pentito di aver fatto l’amore con te, né che sia successo al ristorante, per terra, distesi sopra ad una tovaglia rosa.

Non mi sono pentito che tu sia stato la mia prima volta.

Mi sono pentito di essere scappato.

Ma avevo paura. Paura di crederci per davvero. Paura di essere finalmente felice per la prima volta nella mia vita. Paura di venire annientato poi da un tuo ripensamento.

E quando il giorno dopo sei passato al negozio scusandoti e dicendo che era stato un errore, ho avuto la conferma di aver fatto la cosa giusta. Ho inghiottito il mio amore insieme all’orgoglio, e ho cercato di dimenticarti.

Ma non ce l’ho fatta. Non ci riesco. E forse a questo punto non ha più importanza. Sicuramente non ne ha, se sei qui ad ascoltare questa registrazione.

Ma non scorderò mai le tue mani sul mio corpo, il modo in cui i tuoi occhi guardavano le mie spalle nude, il mio torace asciutto e muscoloso. Ho visto l’amore nei tuoi occhi, ho visto il desiderio e la passione, ed erano rivolti a me. Al mio corpo virile. Al mio animo fragile e tormentato.
Non mi capacito ancora di essermi sbagliato nel leggere i tuoi occhi, e porterò sempre con me la sensazione meravigliosa che il tuo sguardo ammirato mi ha regalato.

Mi hai fatto sentire “giusto”, “perfetto”, quando prima di quel momento mi ero sentito sempre e solo “sbagliato”.

Per la prima volta ero riuscito a guardarmi con occhi diversi dai miei, e a vedermi bellissimo e desiderabile.

TU mi guardavi come se fossi la più incredibile delle meraviglie.

Ricordo che mi hai sciolto la coda, hai preso i miei capelli tra le mani e ci hai affondato il viso…”


- Sì, sapevano davvero di ciliegie… - sussurrò Joe tra le lacrime, il volto stravolto da una sofferenza indicibile.


“Sentirti dentro di me mi ha fatto sentire completo, come se quelle due parti di me che da sempre vivevano separate, spaccate, si fossero finalmente ricongiunte.

E di questo ti sarò sempre grato.

Anche se per te è stato un errore, anche se è stato solo un momento di debolezza.

Per me, Joe, è stato il momento più meraviglioso della mia vita. E mi dispiace davvero che finisca così. Che non sia nemmeno iniziato, in realtà.

Perché in fondo ci speravo, che prima o poi tu tornassi sui tuoi passi, che mi dicessi che anche tu mi ami tanto quanto io ti amo…

Anche se sono un’accozzaglia incoerente di forza e fragilità.

Anche se io per primo non riesco ad amarmi.

Anche se sono un uomo e amo un uomo.

Perché in fondo sono anche una donna, e non so dirti se la parte che ti ama è la mia parte maschile o la mia parte femminile. Forse entrambe. Forse non c’è distinzione, sono due facce della stessa medaglia.

Sono semplicemente io.

Sono Kaoru.

E ti amo più di ogni altra cosa al mondo.”


La registrazione è terminata.

Joe si riscosse dopo qualche istante, il silenzio che rimbombava nelle sue orecchie e gli stritolava i timpani per l’assenza del morbido timbro della voce di Cherry di cui sentiva già la mancanza in maniera straziante.

- Grazie Carla… - sussurrò.

Sento una nota di dolore nella tua voce, Joe. Posso fare qualcosa per aiutarti?

- No, grazie, Carla. Cherry ti ha programmata davvero bene… - sorrise con amarezza.

Ti ringrazio Joe. Allora torno in stand-by.

Modalità Emergenza terminata.

La luce rosa che fuoriusciva dalle giunture di Carla si spense lasciando il locale nella penombra, rischiarato solo dai fari delle macchine che di tanto in tanto passavano in strada.

Joe si sentì per la prima volta nella vita davvero disperato.

Vuoto e solo.

Inutile e fragile come mai si era sentito prima.

Gettò la testa sulle sue stesse braccia incrociate sul tavolo e riprese a piangere sommessamente, ormai svuotato di ogni energia e incapace di fare qualsiasi altra cosa.


❀˜°•°˜❀


Doveva essersi addormentato perché stava ormai albeggiando quando la vibrazione del suo cellulare nella tasca lo riscosse.

Era un messaggio dall’ospedale. Kaoru si era svegliato e aveva chiesto di lui.

Con il cuore in gola, Joe staccò Carla dalla carica, e corse alla macchina. Percorse il tragitto fino all’ospedale senza rendersi conto di quello che faceva; non si accorse nemmeno dei primi raggi del sole che lentamente dipingevano di rosa le nuvole sul mare.

Si precipitò su per le scale con Carla sotto al braccio e spalancò la porta con poca grazia prima di gettarsi in ginocchio accanto al letto di Cherry.

Kaoru aprì lentamente gli occhi al tocco di Joe sulla sua mano livida, fasciata dai cerotti che tenevano ferma la flebo.

- Kojiro… - sussurrò.

- Come ti senti? – chiese Joe, sorridendogli con calore.

- Uno schifo… - disse piano Kaoru.

Joe lo guardò con intensità mentre i raggi del sole cominciavano ad entrare dalla finestra, rubando bagliori ramati alle poche ciocche che fuoriuscivano dalla fasciatura.

- Sei bellissimo – gli disse con gli occhi inondati di lacrime – e io ti amo. -

Kaoru assunse un’espressione stupita, poi vide Carla sul pavimento accanto alla porta e in un istante capì ogni cosa.

Sorrise e strinse le dita di Kojiro tra le sue, mentre una lacrima silenziosa scivolava fino al mento. Joe la raccolse passando delicatamente il pollice sulla sua guancia esangue.

Il sole si stava alzando lentamente sopra l’orizzonte, e riempiva la stanza di una luce soffusa e rosata.

E roseo si preannunciava anche il loro futuro; finalmente insieme, superando le paure e i pregiudizi, liberandosi dalle definizioni e dagli stereotipi.

Semplicemente loro due. Kaoru e Kojiro.

Perché si amavano. E l’amore non conosce identità, non conosce genere, non conosce limiti.

L’amore conosce solo l’amore.

❀˜°•°˜❀


* Hanami – è il periodo di fioritura dei ciliegi. A Okinawa è anticipato rispetto al resto del Giappone, e va da metà gennaio a fine febbraio.


❀˜°•°˜❀


Ti ringrazio di cuore per aver letto la mia storia. Spero che ti sia piaciuta e che vorrai lasciarmi le tue impressioni.

   
 
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