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Autore: leti_0907    19/06/2022    1 recensioni
Identità. È qualcosa che nessuno può perdere, qualcosa intrinseco all’essere umano sin dal primo vagito che fa all’ultimo respiro che emette; nella vita e nella morte, l’identità resta come memoria di ciò che l’uomo e la donna erano, sono e saranno sempre.
L’identità è essere chi si è davvero, ma attenzione: è anche qualcosa che può essere nascosta, come la merendina al cioccolato di cui si va pazzi rinchiusa nello scaffale durante un periodo di dieta ferrea in previsione delle vacanze estive.
Così si sentiva Marinette Dupain-Cheng, o, per meglio dire, l’eroina di Parigi, Ladybug. Seduta sul cornicione di un edificio e contemplante il Notre Dames de Paris, pensava a come per tanti anni era stata capace di tenere segreta la sua identità alle persone che più amava, e ne soffriva. Certo, ne aveva parlato con Alya, la sua migliore amica, ma i suoi amici, i suoi genitori non sapevano niente di quel lato di lei.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Identité

Identità. È qualcosa che nessuno può perdere, qualcosa intrinseco all’essere umano sin dal primo vagito che fa all’ultimo respiro che emette; nella vita e nella morte, l’identità resta come memoria di ciò che l’uomo e la donna erano, sono e saranno sempre.

L’identità è essere chi si è davvero, ma attenzione: è anche qualcosa che può essere nascosta, come la merendina al cioccolato di cui  si va pazzi rinchiusa nello scaffale durante un periodo di dieta ferrea in previsione delle vacanze estive.

Così si sentiva Marinette Dupain-Cheng, o, per meglio dire, l’eroina di Parigi, Ladybug. Seduta sul cornicione di un edificio e contemplante il Notre Dames de Paris, pensava a come per tanti anni era stata capace di tenere segreta la sua identità alle persone che più amava, e ne soffriva. Certo, ne aveva parlato con Alya, la sua migliore amica, ma i suoi amici, i suoi genitori non sapevano niente di quel lato di lei.

Cinque anni in quelle vesti, nei panni di una ragazza determinata e coraggiosa, intraprendente e senza paura; anche come Marinette, lei era così, e l’unica cosa che la differenziava dal suo alter ego era la sua capacità di gestire le emozioni. Ladybug metteva sempre al primo posto la salvaguardia della sua città natia, la bellissima e romantica Parigi, e quella dei suoi concittadini, poi se stessa. Non pensava mai a quello che sentiva davvero, non fino a quando non pronunciava le fatidiche parole “Tikki, ritrasformami!” e tornava la semplice figlia del panettiere che si preparava ad entrare nella più prestigiosa accademia di moda della città. Solo allora si permetteva di sfogare le sue emozioni, quali che fossero: lo sconforto per non poter dire a nessun altro di lei, il senso di colpa per le bugie che raccontava, il dolore che solo l’amore poteva provocarle.

Mentre per la dolce ragazza dagli occhi blu oceano essere Ladybug significava nascondersi, per il figlio del famoso stilista di Parigi vestire i panni di Chat Noir significava rivelarsi.

Mentre saltava per i tetti, compiendo salti mortali nella sua felicità di raggiungere la sua lady per la ronda notturna, Adrien Agreste esultava. Ogni giorno doveva dimostrare di essere un ragazzo pacato, gentile con tutti, galante ed accondiscendente; non significava fingere, perché lui era così, ma era anche Chat Noir, il ragazzo dal pessimo umorismo, della presunzione cosmica e energetico come nessun altro. Tagliare quella parte di sé nella sua quotidianità non gli era facile, ma almeno poteva essere se stesso solo quando era con la sua collega, di cui vedeva già il profilo assorto e pensieroso.

Con una delle sue strampalate acrobazie, atterrò a piedi uniti sul cornicione, e con pochi passi raggiunse la sua collega eroe. «Milady, buonasera.» la salutò mentre si sedeva al suo fianco.

«Ciao, chaton.» nel ricambiare il saluto, alla ragazza parve naturale guardarlo con un sorriso. Era innamorata di Adrien, suo compagno dal primo anno di liceo, ma rimanere impassibile ad un compagno di squadra così affascinante -nonostante l’umorismo scadente e l’insistenza- per cinque anni le era stato impossibile. D’altronde, con lei era sempre stato molto premuroso e le aveva sempre fatto capire quanto ci teneva a lei. «Chat Noir, posso farti una domanda?» interruppe il silenzio in cui erano piombati dopo i convenevoli.

«Sempre, milady.»

Lei sospirò, prendendo il tempo necessario per tirare fuori il coraggio che stranamente quella sera sembrava aver trovato rifugio nella tana del Bianconiglio. «Tu come affronti tutto questo? Come riesci a far combaciare la tua quotidianità con il suo essere un supereroe?»

Al biondino scappò una risata leggera, non di scherno. «Mi aspettavo una domanda più complicata. Non pensavo che dopo cinque anni di attività dell’agenzia Ladybug, Chat Noir & Co. avessi dei dubbi su come conciliare le nostre situazioni.»

«Non si tratta di insicurezza, minou. Se lo fossi, non avrei mai mentito a testa alta alle persone che più mi stanno a cuore per così tanto tempo.»

«Hai ragione, ma ho come la sensazione che tu non sia più tanto certa di tutto questo.» Chat Noir alzò il braccio verso la torre Eiffel. «Ti senti in colpa nel nascondere le nostre identità e non sai come gestire due vite. Ma la verità è, mia signora, che non devi far incastrare la tua vita con quella della ragazza che sei ogni giorno. Sei entrambe, ed è normale che con una maschera magica emergano dei lati di te che non conoscevi, come è giusto -anche se secondo me dovresti farlo di meno- che pensi prima agli altri che a te stessa. E per quanto riguarda la questione del nascondere la tua vita da supereroina, sono sicuro che le persone che ti amano capirebbero che lo fai solo per proteggerle. Sei la salvatrice di Parigi, e se tante persone sapessero chi sei, potrebbero essere in pericolo ogni secondo della loro vita.»

Le sue parole la tranquillizzarono notevolmente, e lo capì dall’enorme peso che aveva sul cuore che sembrava essere scivolato via. «Non sembra la prima volta che tu dica una cosa del genere.»

«Me lo sono ripetuto per tanti anni, nelle notti più buie in cui il senso di colpa non mi permetteva di respirare.» negli occhi da gatto del suo collega, Ladybug vide un guizzo di tristezza che conosceva molto bene anche lei. «Non sono così sicuro come sembro, ma lo sono abbastanza per poter proteggere la mia città, la mia famiglia ed i miei amici.»

Lei gli sorrise con dolcezza, ammorbidita dalle sue parole, poi decise di sganciare la bomba. Era qualcosa che aveva in mente da un po’, e forse era arrivato il momento di parlargliene. «Chaton, stavo pensando che, siccome Papillon è stato sconfitto, potremmo…» deglutì. Era così difficile discuterne dopo così tanto tempo passato assieme, come era anche possibile che in tutto quel tempo Chat Noir non volesse più sapere chi fosse sotto quella maschera. «Potremmo sapere qualcosa in più l’uno sull’altro.»

«Intendi rivelare la nostra identità?» Chat Noir aveva perso il suo sorriso malizioso e malandrino, era diventato serio come non l’aveva mai visto. «Hai sempre detto che persino a me e te era proibito sapere l’una dell’altro.»

«Lo so, e l’ho sempre detto con le migliori intenzioni, ma oramai Papillon è stato sconfitto, e noi vegliamo sulla città da tempo. Di pericoli veri e propri non ce ne sono da parecchio tempo, e penso che non correremmo pericoli adesso; con le akuma era possibile, ma con il Miraculous della Farfalla salvo nella Miracle Box, siamo più liberi.» si alzò in piedi e guardò il collega in nero. «Potremmo anche vederci con gli altri supereroi e scoprire le identità di ognuno. È giusto che almeno loro lo sappiano. Ed è giusto che tu sappia chi sono io.»

Chat Noir non nascose il sorriso che stava nascendo sul suo volto. Si mise in piedi anche lui, e la guardò con gli occhi brillanti mentre si lanciava da un tetto all’altro, senza aver ricevuto la sua risposta.

Tanto, non ne aveva bisogno. La sua risposta a quella domanda era “sì” dal primo giorno in cui l’aveva incontrata.

 

Davanti ai due supereroi, Volpe Rossa, Carapace, Vesperia, Viperion, Ryuko, Minotauro, Pegasus, Polimouse, Monkey King, Bunnix, Miss Segugio, Caprikid, Rooster Bold, Pigella e Tigre Viola avevano appena avviato il processo di ritrasformazione.

Quando si guardarono negli occhi, dalle bocche di Alya, Nino, Zoe, Luka, Katami, Ivan, Max, Mylène, Kim, Alix, Sabrina, Nathaniel, Mark, Rose e Juleka si levò un coro di esclamazioni, felici di scoprire le facce di amici e compagni di scuola sotto le maschere di supereroi, mentre Alya stava guardando la portatrice del kwami della creazione. Sapeva che Marinette doveva averci pensato molto per arrivare a fare una cosa del genere, e confidava sul fatto che sarebbero stati molto cauti in futuro, ma nonostante quello era felice di non dover nascondersi dai suoi amici.

Quando tutti i ragazzi si ammutolirono, si voltarono verso di loro. Ladybug fece per parlare, ma Chat Noir la anticipò. «Vi sareste chiesti come mai, all’improvviso, Ladybug vi abbia chiesto di incontrarci sotto la Torre Eiffel quando non c’è nessun Sentimostro o akumizzato da salvare da quasi quattro mesi. Ora lo sapete, lo avete saputo nel momento in cui la nostra coccinella vi ha consigliato di ritrasformarvi, e presto saprete chi siamo io e milady. Ma prima, volevo ringraziarvi, ringraziarvi per aver corso pericoli e situazioni gravi al nostro fianco, affidandovi a quelli che per voi erano dei perfetti sconosciuti arrivati dal nulla per proteggervi. Non so cosa avremmo potuto fare senza di voi a supportarci, a sostenerci, quindi come Chat Noir…» fece una pausa, in cui si ritrasformò in Adrien, lasciando tutti senza parole. «e come Adrien, grazie per aver protetto Parigi. Spero di poter combattere ancora al vostro fianco in futuro.»

Mentre veniva abbracciato dai loro amici, Marinette si ritrovò gli occhi bagnati di lacrime. Non si era nemmeno accorta di essere scoppiata a piangere come un rubinetto danneggiato, ma ritrovarsi davanti agli occhi Adrien Agreste, la sua cotta da sempre, al posto di Chat Noir la scioccò. Non si assomigliavano per niente, eppure rivedeva l’uno negli occhi dell’altro. Ora tutti i pezzi del puzzle combaciavano: le risposte vaghe che Adrien le dava quando lei aspettava che Chat Noir arrivasse ad aiutarla, le improvvise sparizioni del primo con il conseguente arrivo del secondo.

Il rossore sulle guance di lui quando Ladybug arrivava a salvarlo.

Si rese conto di ciò solo in quel momento. Se Adrien era Chat Noir, eterno dichiarato innamorato dell’eroina dalla tuta rossa a pois neri, significava che Adrien era innamorato di lei.

La felicità che aveva iniziato a sgorgarle dal centro del petto come una fontana si arrestò all’improvviso. E se fosse rimasto deluso nel scoprire che era lei Ladybug? Lo avrebbe perso?

Scosse la testa. Oramai toccava a lei, e come Ladybug avrebbe affrontato a mento alto e spalle dritte quali fossero state le conseguenze della sua azione, come aveva sempre fatto. «Condivido ogni parola che Chat Noir vi ha appena detto, ragazzi.» attirò così l’attenzione dei suoi compagni di avventura  su di sé, avvicinandosi al gruppo. «Non avremmo potuto mai sapere cosa fare se voi non ci foste stati. Come guardiana, non avrei potuto nemmeno scegliere alleati migliori di voi, ed è per questo motivo che meritavate di scoprire chi fossimo e che, da oggi in poi, vi affiderò i Miraculous permanentemente. Mi fido di voi, so che ne farete buon uso.»

Sorrise loro riconoscente, e, mentre veniva ricambiata dai suoi amici, Alya sbottò con un sorriso: «Forse è il caso di sciogliere la trasformazione, migliore amica. Non vorrai che i nostri compagni di classe rimangano a bocca asciutta.»

L’altra scoppiò a ridere, mentre tutti, in particolare un paio di occhi verde speranza, la fissavano con il fiato sospeso. Tutti sapevano benissimo chi fosse la migliore amica di Alya, ma avevano bisogno di una prova per esserne sicuri, e Marinette questo lo sapeva. «Oh, hai ragione, migliore amica. Tikki, ritrasformami!»

Quando, come a rallentatore, le vesti di Ladybug lasciarono il posto a quelle della goffa ed imbranata Marinette Dupain-Cheng, il gruppo quasi ci lasciò le penne. Soprattutto il biondino preferito da Marinette.

 

 

Il fruscio alle sue spalle avrebbe spaventato chiunque, ma non lei. «Mi aspettavo mi avresti raggiunta appena fossi rincasata. Invece ho dovuto aspettare ben due ore al freddo per te, Chaton.»

«Dovevo riprendermi dallo shock iniziale, insettina. Ma devo dire che avrei dovuto aspettarmelo.»

Quando Marinette di girò, sul terrazzino della sua camera c’era Adrien, ed al suo fianco il suo kwami Plagg, ben presto raggiunto da Tikki. «Sei rimasto deluso, vero? Insomma, non sono certo la prima persona che ti verrebbe in mente pensando a Ladybug.» esordì lei, quando i due kwami scomparvero sotto la botola.

«Non hai idea di quanto ti sbagli, Milady.» il biondo le si mise affianco scuotendo la testa. «C’è un motivo per il quale ti ho definito come “Ladybug di tutti i giorni”. Non te ne accorgi perché ti sminuisci, ma sei lei ogni giorno senza che tu te ne accorga. Non puoi dividerti in Marinette e Ladybug, perché lei è te e tu sei lei. E poi, come potrei essere deluso quando ho scoperto che la donna che amo da cinque anni è anche la mia migliore amica?»

Marinette divenne bordeaux quando lui le afferrò una mano, facendo scorrere le dita tra le sue per intrecciarle. «E tu? Sei rimasta delusa?» le chiese Adrien, l’incertezza e la paura vere nella voce.

«Spero tu stia scherzando, Adrien.» la corvina lo guardò sgomenta. «Sono innamorata di te da quando avevo quattordici anni! L’unica cosa che mi lascia senza fiato è scoprire che eri Chat Noir, ma non in senso negativo: nelle sue vesti sei spigliato, fai battute pessime, sei impulsivo e testardo.»

«Come ti ho detto tante volte, essere Chat Noir vuol dire essere me stesso, sono contento che sia stata tu a scoprire come sono davvero.»

I due si sorrisero, avvicinandosi l’uno all’altra senza accorgersene. Ora che conoscevano le loro identità, nulla li avrebbe più separati.

   
 
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