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Autore: Nao Yoshikawa    20/06/2022    6 recensioni
«Questa canzone mi piace, però non mi fa venire sonno» disse Saitama ad un certo punto.
«Se vuoi posso cantarti una ninna nanna, maestro.»
La cosa più assurda era che Genos lo avrebbe fatto per davvero.
«Ti prego, no» disse Saitama serio, per poi sospirare. «È solo che la notte non mi piace. Non c'è niente da fare e poi uno comincia a pensare.»
Genos sorrise. Il buio e quella chiacchierata notturna aveva qualcosa di intimo.
«Fosse solo la notte, il problema. Io penso sempre.»
«Davvero? A cosa?»
Avrebbe dovuto dirgli che pensava a lui soprattutto? A come renderlo felice, a suo agio, a come dimostrargli l'affetto, la devozione e l'ammirazione?
«A… cose…» sussurrò.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Genos, Saitama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Something just like this

I've been reading books of old
The legends and the myths
Achilles and his gold
Hercules and his gifts
Spiderman's control
And Batman with his fists
And clearly I don't see myself upon that list
 
Che cos'era il cuore? 
In senso letterale, qualcosa che Genos aveva perso. In senso figurato, qualcosa che Genos aveva conservato assieme alla sua umanità. Se non avesse avuto un cuore, non avrebbe avuto dei sentimenti, né avrebbe sentito nulla. Lui invece sentiva ogni cosa. Il dolore, l'angoscia, la tristezza. La felicità. L'odio e l'amore, che al contrario di ciò che molti credevano, non erano l'uno l'opposto dell'altro. Per odio, ad esempio, si potevano compiere follie proprio come per l'amore. Ecco perché il contrario di quest'ultimo era l'indifferenza. 
Genos, infatti, avrebbe sofferto molto se Saitama un giorno gli si sarebbe mostrato indifferente. Anche se lui in realtà si dimostrava indifferente a tante cose, ma Genos oramai lo conosceva abbastanza da sapere che, almeno un pochino, a lui ci teneva. 
Vivevano insieme, come allievo e maestro (almeno Genos li considerava così da sempre), come amici, coinquilini. E poi? Oramai si conoscevano meglio di chiunque altro. Genos di Saitama aveva imparato tutto, aveva imparato a memoria perfino il suono del suo respiro. Perché la notte rimaneva ad ascoltarlo, osservarlo (stando attento a non farsi beccare o Saitama per lo spavento lo avrebbe fatto a pezzi con un pugno). Anche Saitama oramai aveva imparato tutto e poteva affermare che Genos fosse la persona (o cyborg) che preferiva, il che non era una cosa da poco. Certo, a volte il cyborg era pedante, gli girava sempre intorno, era protettivo in modo non necessario. E lo adorava nemmeno fosse stato l'eroe più forte al mondo (cosa che almeno non era ufficialmente, per l'Associazione eroi). Questo però, doveva ammetterlo, non gli dispiaceva poi troppo. E poi Genos si assicurava che si nutrisse in modo decente, il che era piuttosto importante. 
Si era, infine, affezionato a lui. Per gli altri era Demone Cyborg, potente, carismatico. Per lui era Genos, altrettanto potente, ma spesso impacciato, a volte perfino fastidiosamente servizievole. 
Tutto, ad ogni modo, cambiò una sera. Il futon per Saitama non era mai stato così scomodo. Di solito non soffriva mai d'insonnia, tutto il contrario. Invece, ora si rigirava in continuazione. 
Fino a quando, stufo, non aveva calciato via la coperta. 
«Ma che diamine! Perché non riesco a dormire? Forse dovrei uscire e comprare qualcosa che mi aiuti. Ma che ore sono?» si lamentò Saitama, guardando poi la sveglia che segnava le due e mezza. Genos non si trovava accanto a lui nel futon. Il cyborg nel vederlo così agitato, si era spostato per evitare di arrecargli fastidio. E invece ora eccolo lì, in piedi nel buio, quasi terrificante. 
«Maestro. È tardi, dovresti dormire almeno otto ore per sonno.»
Saitama si lamentò di nuovo. 
«Dimmi qualcosa che già non so. Tu invece non dovresti startene lì, è inquietante. Adesso mi alzo e vado a comprare qualcosa.»
«Forse un po' di musica potrebbe aiutarti.»
«Musica?» 
Saitama si era accorto solo in quel momento che Genos aveva gli auricolari alle orecchie, che ora si era avvicinato, porgendogliene una. E poiché lo stava fissando come se fosse pazzo, Genos distolse lo sguardo, in imbarazzo. 
«Era per passare il tempo…» 
In effetti a Saitama scocciava uscire di casa a quell'ora, quindi accettò il suo suggerimento. Non aveva chiesto a Genos di stendersi accanto a lui, né di condividere con lui gli auricolari. Ma Genos come al solito faceva un po' di testa sua, ma sempre in modo rispettoso e senza dargli fastidio. Così ora erano lì, stesi l'uno accanto a fissare il soffitto, ascoltando una canzone che Genos aveva confidato piacergli molto. Gli veniva automatico ricollegarla a loro, a lui e Saitama. 
«Questa canzone mi piace, però non mi fa venire sonno» disse Saitama ad un certo punto. 
«Se vuoi posso cantarti una ninna nanna, maestro.»
La cosa più assurda era che Genos lo avrebbe fatto per davvero. 
«Ti prego, no» disse Saitama serio, per poi sospirare. «È solo che la notte non mi piace. Non c'è niente da fare e poi uno comincia a pensare.»
Genos sorrise. Il buio e quella chiacchierata notturna aveva qualcosa di intimo. 
«Fosse solo la notte, il problema. Io penso sempre.»
«Davvero? A cosa?» 
Avrebbe dovuto dirgli che pensava a lui soprattutto? A come renderlo felice, a suo agio, a come dimostrargli l'affetto, la devozione e l'ammirazione? 
«A… cose…» sussurrò. 
«Magnifico. Anche io penso a cose. Ah a proposito. Guarda che lo so benissimo che la notte mi fissi, sono solo troppo assonnato per chiederti di smetterla.»
Genos avrebbe tanto voluto sprofondare nel futon. Oh, il maestro era sempre un passo avanti, non gli sfuggiva mai sempre. 
«Sono costernato.»
«Ah, non te la prendere. Dico solo che non pensavo ti piacesse tanto guardarmi.»
Saitama si era voltato da un lato. E allora anche Genos aveva fatto lo stesso. Per essere un cyborg, in quel momento si stava lasciando molto andare ai sentimenti, complice il buio e quell'atmosfera. 
«Mi piace guardarti sempre». 
Si guardavano senza vedersi veramente. Al contempo non ce n'era bisogno. Saitama assunse un'espressione da idiota. 
«Eh? A me? Perché?» 
Saitama non doveva essere molto sveglio sulle questioni di cuore. 
Non aveva mai avuto intenzione di dichiararsi. Eppure ora stava esprimendo tutto con facilità, senza pensare più alle conseguenze. 
«Perché… mi piace guardare ciò che amo, immagino.»
Seguì il silenzio, durò almeno per un minuto e ad una certa Genos temette di avergli causato uno shock. Saitama in effetti era rimasto scioccato in un primo momento. Poi era arrossito, aveva sentito caldo e si era messo seduto all'improvviso, facendo cadere l'auricolare. 
«Eheh, ma dai Genos, che dici? Tu non puoi… non puoi amare me.»
Ne era sicuro. Genos lo ammirava, magari ne era anche infatuato. Doveva aver confuso quel sentimento di profonda stima per amore. 
«Non posso? Ma… lo sto già facendo. E poi perché non potrei?» 
Il cyborg si mise seduto. Ora erano l'uno davanti all'altro, grazie alla luce della luna potevano vedersi in viso. Saitama non era solito a spaventarsi. Aveva affrontato di tutto, mostri, alieni, creature spaventose. Ma l'idea di essere da lui amato, la sensazione che stava provando, quelli sì che lo terrorizzavano. E come tutti, aveva il suo modo di esorcizzare la paura. 
«Perché? Andiamo, sono io!» disse indicandosi. «Io, Saitama. Non sono esattamente affascinante, non ho nemmeno i capelli. E poi sono disordinato e indolente. E non mi piace molto circondarmi di persone. Tu invece sei tu.»
Saitama si schermiva. Genos lo ascoltava. Saitama non aveva detto di non volerlo o di non ricambiare i suoi sentimenti. Glielo avrebbe detto subito e senza problemi, invece stava parlando a vanvera. Non lo aveva mai visto così, era una versione del maestro inedita. 
«Sì, io sono io. E tu sei tu. Maestro… Saitama. Lo sai che ti ho sempre ammirato e seguito. Il resto non lo avevo messo in conto. Non so perché l'ho detto, ma se vuoi cacciarmi via, lo capiró» e su questo era sincero. Avrebbe capito. Saitama cercò una posizione comoda, non trovandola. Certo, ora tutto aveva più senso. Gli sguardi e le attenzioni particolari di Genos. Ma lui di quei sentimenti ne capivo poco e niente. 
«Tu ami me. Ma io sono un uomo.»
«È davvero questo il problema?» 
Saitama sospirò. 
«No. In realtà di questo non me ne importa, uomo o donna fa lo stesso. Ma perché non me lo hai mai detto?» 
Genos fece spallucce, in imbarazzo. 
«Perché temevo la tua reazione. Quindi ho preferito rimanere accanto a te in questo modo.»
A Saitama stava scoppiando la testa. Gli batteva forte il cuore, era agitato e non riusciva a starsene del tutto fermo. Così si piegò verso Genos. 
«Quindi ami proprio me. Non qualcun altro, ma me. Guardami in faccia e assicurati che sia vero.»
Per Genos sarebbe stato difficile guardarlo senza ridere, perché l'espressione di Saitama era concentrata, seria, contratta. Talmente tanto da essere buffa. 
«Sì, maestro. Cioè… Saitama. Ma davvero non lo avevi mai sospettato?» 
«Ma cosa avrei dovuto sospettare? Io di certe cose non ci capisco niente. E ora?» 
Saitama si lasciò cadere di nuovo con la testa sul cuscino. Gli sarebbe piaciuto fare finta di niente, voltarsi dall’altro lato e fingere di dormire. Con qualsiasi altra persona sarebbe stato facile, con Genos decisamente no.
«Posso spostarmi, se vuoi…»
Non avrebbe mai fatto nulla per infastidirlo o dispiacergli. Quello che Genos non aveva compreso, era che Saitama non voleva che si spostasse. Voleva solo trovare un modo per tornare a respirare, per non sentirsi terrorizzato come uno stupido da quello che stava sentendo. Era perché anche lui provava qualcosa per Genos? E come faceva ad esserne certo.
«No. No, vieni qui, piuttosto» disse, apparentemente annoiato. Genos non capì cosa intendesse con qui, ma si avvicinò comunque, allungò una mano perché non sapeva dove fosse il viso di Saiatama.
E fu Saitama stesso a coglierlo di sorpresa. Lo spinse con la schiena contro il futon con una forza tale che, se Genos fosse stato un essere umano qualsiasi, gli avrebbe fatto provare dolore. Invece gli aveva fatto provare solo una grande confusione.
«Ma…»
«Devo capire una cosa, permettimi.»
Saitama era sopra di lui, lo aveva bloccato, poteva sentire il suo respiro irregolare, poteva percepirne le intenzioni. Non riuscì a muoversi, né ad allontanarlo, perché non voleva allontanarlo. Gli avrebbe permesso qualsiasi cosa. In modo un po’ impacciato e tenero Saitama gli posò una mano sul viso, come a dargli una carezza. Poi si fiondò sulle sue labbra e il primo pensiero che formulò fu ma ho mai baciato qualcuno?
Il pensiero però sfumò via in fretta. Genos, dapprima rigido sotto di lui, si rilassò subito, godendo dello splendore e della dolcezza del suo primo bacio. Sentì le labbra di Saitama, morbide contro le sue e poi lo sentì aprire la bocca. Genos lo imitò e prima che se ne accorgesse il loro bacio divenne passionale, intimo, quasi erotico. Saitama era forte e delicato al contempo, mentre gli stringeva i polsi e gli teneva ferme le mani. Baciandolo, assaggiandolo, sentendolo, capì ciò che già in realtà sapeva. Che non si limitava a tollerare o a trovare simpatico Genos, ma che probabilmente per lui avrebbe ucciso qualcuno, se fosse stato necessario. Nel momento in cui lo accettò, ne ebbe meno paura.
«Saitama» ansimò Genos, una volta che se lo trovò a pochi centimetri dal viso. Avevano entrambi il fiato corto, l’espressione stralunata, intontita.
«Adesso ho capito» disse Saitama, reggendosi sulle braccia. «Sentiamo le stesse cose. Ma tu sei più coraggioso di me e sai dirle ad alta voce.»
Genos non era abituato ai complimenti da parte sua. Avrebbe voluto dirgli che non era coraggioso, era solo sentimentale. Ma era così felice da non avere nemmeno il coraggio di schermirsi. E soprattutto, Saitama gli aveva appena dato un’importante conferma: sentivano le stesse cose. Ma anche l’eroe più grande al mondo poteva avere paura di fronte la vastità e complessità di un sentimento come l’amore. Saitama adesso stava sorridendo, non si sarebbe tolto quell’espressione intontita dalla faccia per un po’.
«Non sapevo che un cyborg potesse andare in shock.»
«Sto… sto bene. Solo che… quello era il mio primo bacio.»
«Che coincidenza, anche per me. Deve essere per forza così, eventi così importanti non si scordano.»
Poi Saitama rotolò accanto a lui. Sembrava a suo agio come al solito, pensò Genos. O forse era solo bravo a fingere, magari dentro di lui c’era una tempesta. Saitama recuperò l’auricolare e lo mise all’orecchio.
«Sai, io non capisco l’inglese nemmeno un po’, però questa canzone mi piace. Non so perché, ma sembra che parli di noi. La possiamo riascoltare?»
Genos non si limitò a sorridere. Ma rise e Saitama lo guardò stranito, perché in fondo di divertente non aveva detto niente.
«Certo, possiamo» confermò. E allora rimasero a fissare il soffitto. Saitama non avrebbe dormito, oramai ogni traccia di sonno era sparita. Piuttosto avrebbe stretto la mano di Genos alla sua, con naturalezza come se lo facesse da sempre. Fino all’alba avrebbero parlato di ciò ce sentivano, Genos in modo serio e sentito, Saitama in modo impacciato e buffo.
Il resto sarebbe venuto da sé.

 
Where'd you wanna go?
How much you wanna risk?
I'm not looking for somebody with some superhuman gifts
Some superhero
Some fairytale bliss
Just something I can turn to
Somebody I can kiss
[Coldplay, The Chainsmokers]

 
Nota dell'autrice
Ho iniziato a scrivere questa storia ieri a mezzanotte passata a causa della canzone che, appunto, dà il titolo alla storia. Conoscevo Something just like this, ma non mi ero mai soffermata ad ascoltarla e appena ho sentito e poi letto il testo, ho deciso che sarebbe stata la colonna sonora dei SaiGenos (canzone che tra l'altro ascolto a ripetizione da ieri sera, ma dettagli). Il mio animo grida angst, ma le mie mani scrivono fluff introspettivo. Che io mi stia rammollendo? No, credo di no, prima o poi il dramma arriverà, ma non è questo il giorno. Comunque non avevo un'idea precisa, sapevo solo che volevo scrivere dal punto di vista di entrambi e che doveva esserci un bacio. E per me sì, Saitama e Genos si sono dati il primo bacio a vicenda perché Genos me lo vedo molto timido e Saitama semplicemente lo vedo disinteressato verso qualsiasi altr* che non sia Genos, appunto lol
Spero vi sia piaciuta.
Nao

 
 
 
   
 
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