Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: lolloshima    21/06/2022    1 recensioni
"Certo, a lui piacevano, le ragazze, era ovvio! Era pur sempre un maschio, no?
E ai maschi piacevano - dovevano, per forza, piacere - le ragazze.
Possibilmente bellissime e con le tette molto grandi. Ecco, quelle piacevano a lui!
Ai maschi non piacciono gli altri maschi! Punto."
* *
E' difficile farsi accettare per quello che si è veramente e, a volte, ancora più difficile è accettare se stessi. e il proprio colore, in tutte le sue sfumature.
Sarà sufficiente la forza di un amore sincero e libero a superare tutti i pregiudizi?
* *
Questa storia partecipa al concorso "La genesi del tuo colore" del profilo @wattpadfanfictionIt.
Colore scelto: GIALLO
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aomine se ne stava disteso nel punto più alto della scuola.

Non gli era bastato arrivare fino alla terrazza in cima all’edificio, cosa già di per sé vietata dalle regole dell'istituto, ma si era anche arrampicato sul tetto del piccolo ripostiglio in muratura collocato al centro del lastrico solare, utilizzando la scaletta di metallo posta su un lato.

Il più lontano possibile da tutto e da tutti.

Nessuno lo avrebbe trovato lì. Sempre che qualcuno lo avesse cercato.

Aveva posato a terra la giacca della divisa scolastica e la borsa dell'allenamento, intonsa, e se ne stava disteso sulla schiena, le gambe divaricate, le braccia piegate all’altezza della testa e le mani intrecciate dietro la nuca.

La cravatta era allentata e la camicia aperta di alcuni bottoni.

Lo sguardo era perso nel cielo azzurro intenso, macchiato qua e là da poche nuvolette soffici e candide. L'aria era limpida e cristallina.

Eppure, Aomine intorno a sè vedeva solo nebbia. Un grigiore che gli impediva di distinguere i colori brillanti della primavera, e che diventava sempre più fitto man mano che si perdeva nei suoi pensieri.

Anche quel pomeriggio aveva saltato l'allenamento. Del resto sarebbe stato del tutto inutile. Non aveva alcun bisogno di allenarsi. Non c'era niente che lui potesse imparare, non c'era modo di migliorare.

Le sue prestazioni erano già perfette, il suo gioco insuperabile. Lui era semplicemente infallibile.

“L'unico che può battermi sono io” si ripetè mentalmente.

Ormai giocare a basket non lo divertiva più, non ci trovava più alcuno stimolo. Avrebbe comunque, sempre, vinto lui. Anche se avesse affrontato gli avversari tutto solo.

Nessuno poteva stare al suo livello.

Quindi, era solo tempo sprecato allenarsi per diventare migliore... di se stesso!

Meglio starsene lì a non far nulla, limitandosi, al massimo, a guardare il cielo.

Peccato che quello che considerava inizialmente un pacchia, ora era diventato il simbolo di tutta la sua vita: un niente, fatto in solitudine.

La nebbia che avvolgeva i suoi pensieri si tinse di un grigio più scuro, offuscando qualsiasi colore, qualsiasi bagliore una volta presente nella sua vita.

Dov'era finita quella luce che lui, attraverso il suo nome1, faceva brillare intorno a sé ogni volte che teneva un pallone da basket in mano? O quando si divertiva con i suoi amici? Quando aveva dei sogni, degli obiettivi da raggiungere?

Un tempo lui era la luce del campo, adesso non era che un'ombra informe e senza scopo.

Tanto per cominciare, a scuola era un disastro,.

Non gli piaceva per niente studiare, e i professori non prendevano di buon occhio il suo atteggiamento strafottente e arrogante. E poi, perchè spaccarsi la schiena sui libri, quando i suoi compagni di squadra erano disposti a fare i compiti al posto suo, pur di fargli raggiungere una media sufficiente a consentirgli di partecipare alle partite?

E poi, per lo studio poteva sempre contare su Momoi, anche se frequentavano classi diverse.

Non c'era alcuna necessità di fare fatica.

Il pensiero di Momoi lo mise di fronte ad un altro capitolo della sua vita avvolto dall'oscurità. Le amicizie.

Momoi stava crescendo, il loro rapporto non era più quello dell'infanzia. Lei ormai era una giovane donna, non poteva più perdersi dietro ai suoi problemi. Era giunto il momento che pensasse a se stessa e che seguisse il suo cuore, il suo Tetsuya.

E anche Kuroko, l'unico che lui potesse definire un amico alle medie, dopo l’inizio del liceo si era per forza di cose allontanato, per dedicarsi alla nuova scuola, ai nuovi compagni e al nuovo club.

Quanto agli altri membri della Generazione dei Miracoli... beh, non si poteva certo dire che fossero mai stati amici. Non erano altro che un gruppo di fenomeni invincibili, molto individualisti, ciascuno concentrato a valorizzare il proprio talento.

Qualcuno sosteneva che una vita senza amici fosse una vita triste. Per molto tempo lui aveva pensato che non fosse il suo caso, perchè lui aveva sempre il basket.

Ma adesso? Anche sul basket, da tempo, erano scese le tenebre.

Lo sport che era stata tutta la sua vita, semplicemente non gli dava più alcuno stimolo, alcun appagamento, tanto lo aveva padroneggiato e perfezionato.

All'inizio si divertiva ad umiliare gli altri. Ma con il tempo anche quella sensazione aveva perso il fascino iniziale, e le sue schiaccianti vittorie avevano avuto solo l'effetto di allontanare non solo gli avversari, ma anche i suoi stessi compagni di squadra.

Nessun successo scolastico, niente amici, basta basket... Un bilancio a dir poco deprimente!

Per non parlare della zona più buia e opprimente della sua vita, ovvero l'amore.

Non si era mai innamorato, e non avena nessuna intenzione di farlo.

Avrebbe potuto avere tutte le ragazze che voleva, a scuola era parecchio popolare e, diciamo la verità, non era niente male. Ma lui non voleva legarsi a nessuna, e non le lasciava neppure avvicinare.

Nonostante la sua fama da play boy, lui non aveva mai avuto una ragazza, e non ci aveva neppure mai provato.

Non aveva il tempo per sciocchezze come il corteggiamento o l'amore. Fino a qualche tempo fa, doveva dare la precedenza agli allenamenti e al basket, e adesso... semplicemente non voleva pensarci.

Amare significava essere deboli, e lui non lo era. Per niente!

Certo, a lui piacevano, le ragazze, era ovvio! Era pur sempre un maschio, no?

E ai maschi piacevano - dovevano, per forza, piacere - le ragazze.

Possibilmente bellissime e con le tette molto grandi. Ecco, quelle piacevano a lui!

Fortunatamente, aveva capito che a lui non servivano le ragazze vere. Gli bastava collezionare le immagini di Horikita Maki, la idol più affascinante e provocante di tutto il panorama giapponese, ovviamente con delle tette grandissime, per togliesi il fastidio di doversi innamorare per davvero. E per consolidare agli occhi di tutti la sua mascolinità.

Eppure, neanche quella stupenda idol era in grado di disperdere l'ombra sempre più fitta che gli attanagliava l'anima.

Perchè c’era lui.

Si era nascosto dietro l’adorazione per un personaggio di fantasia per non dover affrontare i propri sentimenti e per non dover chiarire con se stesso quali fossero le proprie vere inclinazioni.

Non voleva - non poteva! - ammettere che le ragazze, anche se avevano il seno prosperoso, non gli creavano lo stesso, fortissimo, stimolo che invece provava quando incrociava lo sguardo di quel giocatore biondo.

Non c’erano dubbi sul fatto che lui, il grande Aomina Daichi, fosse un maschio! Un super maschio! Un maschio imbattibile a basket! E ai maschi non piacciono gli altri maschi! Punto.

Non aveva alcuna importanza il fatto che, in molteplici occasioni, aveva sentito il desiderio fortissimo di baciare quel maleddetto Kise.

La colpa era tutta del biondo, che lo guardava con quegli occhi così limpidi e sinceri, e poi aveva quel visto talmente bello, ed era così attraente, e luminoso...

Ma era un maschio, maledizione!

Aomine sapeva quanto Kise lo ammirasse. Lui non aveva mai nascosto i suoi sentimenti e le sue preferenze sessuali. Era una stella libera e splendente, che brillava in un mondo buio, un astro che sprigionava i migliori sentimenti, compresa la sincerità.

Lui era costretto ad allontanarlo, a evitare di stagli vicino, altrimenti tutta quella luce gli avrebbe sconvolto i pensieri e la confusione nella testa lo avrebbe fatto scoppiare. Se gli stava vicino sentiva l’irrefrenabile voglia di baciarlo, di toccarlo, di respirare il suo odore, di crogiolarsi nella sua luce... non poteva permetterlo.

Per fortuna nessuno se ne era accorto, e comunque nessuno lo avrebbe saputo, soprattutto Kise!

Non poteva certo permettere che la sua reputazione venisse rovinata da un momento di debolezza.

Eppure, quando gli stava lontano non riusciva a togliersi quella sensazione di trovarsi intrappolato in un tunnel senza uscita, in una notte senza lune a senza stelle, circondato solo dall'oscurità. Senza l'attesa di un'alba.

Un peso opprimente gli premeva sul petto, appesantendogli il cuore.

Si rannicchiò su in fianco, abbracciandosi le ginocchia con le braccia.

Se solo fossi capace di piangere” pensò mentre gli si inumidivano gli occhi.

Nessuno doveva vederlo in quello stato. Nessuno lo avrebbe trovato. Nessuno lo avrebbe cercato.

Un buio denso e impenetrabile lo avvolse completamente. Chiuse gli occhi e si lasciò risucchiare dalla notte scura e senza fine che sentiva dentro di sé.

- Aominecciiii??? -

Nella totale oscurità, Aomine intravide un flebile bagliore lontano. Socchiuse gli occhi, e si concentrò verso l'origine di quel chiarore, sforzandosi di mettere a fuoco lo sguardo annacquato dalle lacrime.

- Aominecci, sei qui, ti ho trovato!

Quella piccola fiammella gialla prese corpo e diventò una luce reale.

Era la testa bionda di Kise che spuntava dalla scaletta della torretta.

Come il sole che sbuca all'orizzonte alle prime ore del giorno, il bagliore giallo2 di Kise diventava sempre più grande e luminoso man mano che il ragazzo scavalcava l'ultimo piolo della scala e si avvicinava a lui. Quando lo raggiunse, gli si sedette accanto.

In mano aveva un pallone da basket.

- Sapevo di trovarti qui, Daiki-chan.-

- Che vuoi? Vattene, lasciami solo – ringhiò Aomine.

- Facciamo due tiri? -

Il volto di Kise era come sempre splendido, il suo sorriso raggiante. Diffondeva intorno a sé una luce dorata che inondava ogni cosa e diradò la nebbia intorno ad Aomine.

Lui si ricompose in fretta. Non voleva far vedere le sue debolezze a Kise, che comunque non fece intendere di aver notato le sue lacrime.

Lo ringraziò silenziosamente, e si rese conto, una volta di più, di quale strano effetto gli facesse la sola presenza di quella persona.

Non importava quanto lui fosse sarcastico, offensivo, brusco, quanto volesse allontanarlo. Kise era sempre lì per lui, con quel sorriso sexy e quella luce abbagliante che il suo corpo emanava.

Una vera stella.

Una stella che gli stava provocando un imprevedibile effetto sulle parti basse, che doveva assolutamente celare alla vista del biondino. Allungò un braccio e prese la giacca, che portò subito all’inguine per nascondere la sua improvvisa erezione.

- Non voglio giocare, anzi, voglio stare da solo, E poi, cosa ci fai qui? - disse brusco, più che altro per distogliere l'attenzione dal suo imbarazzo.

- Passavo da queste parti... -

- Non mi risulta che la Too sia di strada rispetto alla Kaijio. E poi, niente scuola oggi, sapientone? -

- In realtà ho appena finito un servizio fotografico qui vicino. E ne ho approfittato per venire a salutare un amico -

Amico. Che bella parola. Com'è solare, pronunciata dalla sua bocca.

- E non occorre che ti spieghi come ho fatto a convincere la bidella a farmi passare - Kise concluse la frase con una risatina leggera, gli occhi socchiusi e la pelle diafana leggermente arrossata.

Aomine non riusciva a distogliere gli occhi da quel viso, e i brividi che sentiva all'inguine si diffusero lungo tutta la schiena.

- Non stare a terra, Aominecci, o sgualcirai la divisa. Dai, tirati su. Andiamo a giocare. -

Dannata fonte di luce! Non ti arrendi mai, eh?

Ubbidiente, Aomine si tirò in piedi, guardando di sbieco il compagno. Voleva evitare a tutti i costi che lui lo aiutasse ad alzarsi, temendo gli effetti che il suo tocco gli avrebbe provocato.

Gli era riconoscente per averlo distolto dalla sua spirale di depressione. La sua bocca si piegò in una smorfia simile a un sorriso, ma fu ben attento che Ryota non lo notasse.

- Vuoi subìre l'ennesima sconfitta, biondino? E' inutile sfidarmi, lo sai - lo schernì sarcastico.

- Giochiamo un'ultima volta. E questa volta ti batterò, lo sento! - rise Kise. Glielo diceva ogni volta. Ed ogni volta mentiva.

Aomine fu investito dalla luminosità di quella risata.

- Ma perchè non vai a rompere a qualcun altro? - si sforzò di rispondere, rabbioso.

- Andiamo, campione! Devi farmi vedere – di nuovo – un paio di passaggi che non sono ancora riuscito ad imitare perfettamente... -

Kise continuava a parlare e a ridere, mentre si avviava al bordo della torretta, facendo roteare il pallone in equilibrio sul dito indice della mano destra.

Aomine raccolse la giacca e la borsa, si passò una mano tra i capelli e guardò le spalle del ragazzo.

Fu costretto a sentire il suo cuore che batteva più forte nel petto, mentre lo seguiva verso la scaletta.

La luce accecante di Kise era penetrata anche nella sua anima, illuminando gli spazi più bui e reconditi del suo essere.

Kise scese per primo, lungo la scaletta di ferro. Aomine era deciso a non seguirlo, doveva evitarlo, tenerlo lontano. Ma era impossibile, la sua luce costituiva una forza irresistibile che lo catturava, e lo attirava verso di lui, come una falena.

Mentre scendeva a sua volta, si accorse che Kise, già arrivato in fondo, gli stava fissando il sedere.

Si aspettò di andare su tutte le furie, invece fu invaso da un sentimento di gratificazione che sfiorava l’eccitazione.

Non capiva cosa gli capitasse. Per colpa di Kise si sentiva strano, e diverso. E sbagliato.

Lui era un maschio, e doveva, doveva, essere attratto dalle ragazze, non certo da un suo ex compagno di squadra, maschio!

E allora, perchè diavolo si sentiva così, in presenza di Ryota?. Quando gli stava vicino, non capiva più niente, tutte le sue convinzioni andavano in malora, si sentiva solo inondato da tutto quel bagliore stellare.

E si sentiva invaso, finalmente, da qualcosa di molto vicino alla felicità.

Alla base della scala, gli si fermò davanti, i visi uno di fronte all’altro. Aomine si sentiva in trance.

Sei così bello, Kise Ryota...

- Daiki-chan, che c'è? -

...vorrei avvolgere tra le dita quei ciuffi biondi che ricadono sulla tua fronte...

- Va tutto bene? -

...e con la lingua vorrei giocare con il tuo orecchino...

- Hai fame? Vuoi mangiare qualcosa? -

...muoio dalla voglia di mordere quelle labbra carnose...

- Mi spaventi, perchè mi fissi in quel modo? -

...non avevo mai notato le pagliuzze smeraldo all'interno delle tue iridi dorate...

Il sorriso di Kise era incerto, ma avrebbe sciolto un ghiacciaio.

...tu sei un maschio...

Attraverso le lunghe ciglia, lo sguardo d'oro di Ryota trafisse definitivamente il petto di Aomine.

...e credo di essermi innamorato di te!

Si avvicinò. Come una calamita, appoggiò le labbra su quelle di Kise.

- Ehi, Aominecci, che fai? - gli disse l’altro staccandosi sorpreso.

- Chiamami per nome - sussurrò Aomine riprendendo il bacio e andando più a fondo con la lingua.

Sentì qualcosa scoppiargli nel petto, ormai invaso dal bagliore di quella stella luminosa.

- Daiki-san... -

Aomine lo fece indietreggiare fino a farlo appoggiare alla parete del ripostiglio e gli si appoggiò addosso con tutto il corpo.

- Daiki, ti prego… -. Kise puntò entrambe le mani sul petto di Aomine, e lo spinse via con forza.

Aomine fece due passi indietro. Aveva sentito una specie di scossa nei punti in cui Kise lo aveva toccato, e anche a distanza continuava a sentirne il bruciore.

Kise abbassò lo sguardo.

- Daiki-chan, tu conosci i miei sentimenti - riprese dopo alcuni lunghissimi istanti di silenzio - e io conosco i tuoi. Ti prego, non prenderti gioco di me. -

Aomine rimase di sasso. Abbassò a sua volta lo sguardo e strinse i pugni. Stava sudando, eppure non aveva caldo, anzi. Il suo corpo era attraversato da brividi freddi e il suo stomaco era un groviglio di sensazioni, che gli bloccava il respiro.

Si accorse che la luce abbagliante che percepiva intorno non proveniva solo da Kise. La vedeva attraverso i suoi stessi occhi, la sentiva dentro di sé.

All'improvviso, finalmente, capì.

Capì cosa voleva fare.

Capì chi voleva essere.

Capì che desiderava, che amava, quel ragazzo biondo e bellissimo in piedi davanti a lui.

Non aveva mai provato quella sensazione.

Rialzò lo sguardo, fino a fissare gli occhi in quelli gialli di Ryota, che si stavano riempiendo di lacrime.

Tornò a fare un passo verso di lui, lentamente.

Kise, ancora addossato alla parete, aveva portato una mano alle labbra, mentre l'altra era abbandonata lungo il corpo.

Piano, Aomine appoggiò una mano sul muro, di fianco al viso di Kise.

Non voleva forzare le cose, non voleva che Kise lo respingesse ancora, non poteva perderlo. Non adesso, che finalmente sapeva cosa voleva e non aveva più alcuna paura.

Portò l'altra mano ad accarezzare il viso di Kise, e accorciò le distanze tra il loro volti. Con le dita iniziò a stuzzicare il piccolo anellino infilato nel lobo del suo orecchio. La mano abbronzata di Aomine spiccava sulla pelle diafana di Ryota.

- La tua luce mi acceca, Kise -

- Come? Scusa, io... quale luce? -

- Lascia stare... - Aomine per un attimo abbassò lo sguardo, come a raccogliere i pensieri.

- Quanto a noi… - Non riuscì a finire la frase. Per nascondere l’imbarazzo, distolse lo sguardo e si guardò intorno, come se cercasse una via di fuga.

- Daiki, lasciami… - Kise cercò di liberarsi dal tocco di Aomine, girando il volto di lato. - Tu sai cosa provo per te, lo sai che mi piaci. E io so che tu hai altri gusti. L'ho capito e lo rispetto. Però non posso accettare che tu mi prenda in giro. Non voglio illudermi, sapendo cosa provi veramente, e che potresti vergognarti di me -

- Ryota, no, non hai capito. Non lo avevo capito neppure io, fino ad ora. Ma la tua stella polare mi ha illuminato, mi ha guidato e... finalmente è tutto chiaro! -

- Non per me... -.

- Senti, tu... tu mi.... - Aomine aveva un nodo in gola, che gli impediva di far uscire qualsiasi parola.

- Ti ho fatto qualcosa? -

- No, anzi sì, ma... in verità tu mi... -

- Ti ho offeso in qualche modo? -

- Ma no...Tu mi... -

- Ti ho messo in imbara- -

- TU MI PIACI, KISE! - urlò Aomine tutto d'un fiato. - Tanto... - aggiunse sottovoce, sorridendo nel modo più dolce di cui era capace.

Kise arrossì violentemente e spalancò la bocca.

- Finalmente sono riuscito a lasciarti senza parole. E adesso, per favore, baciami -.

Si scambiarono un bacio profondo e dolcissimo. Aomine avvolse le braccia intorno al corpo del compagno e lo strinse con tutta la forza che sentiva nascere da quel sentimento così nuovo per lui.

-Aominecci, tu mi...- sospirò Kise.

- Ti piaccio anch'io, lo so! -

- No, tu mi... mi stai stritolando! -

Aomine allentò la presa, senza tuttavia liberare il corpo di Kise e lo fissò con gli occhi pieni di desiderio.

- Ryota, voglio andarci piano con te. Non voglio farti pensare che mi voglia approfittare di te. E, per la cronaca, non mi vergogno affatto, mi sta bene che tutti ci vedano insieme. Sempre che lo voglia anche tu. Ma se vedo un'altra ragazza che ti gira intorno... faccio una strage! -

- Sull'andarci piano... lo vedremo. - Ryota gli prese una mano. Con quella libera aprì la porta del ripostiglio, e lo trascinò dentro.

L'interno del locale era buio, fiocamente illuminato solo dalla luce che filtrava dalla porta aperta.

Ma la fiamma che emanava dai due ragazzi era sufficiente ad illuminare quell'amore appena nato.

Aomine sentiva l'eccitazione crescere sempre più potente, ma non aveva la minima idea di cosa fare. Non aveva esperienze dirette, e i filmetti che aveva guardato insieme agli amici non avevano mai come protagonisti due ragazzi.

Come se gli avesse letto nel pensiero, Kise prese l'iniziativa.

- Campione, è giunto il momento di ricambiare le tue lezioni di basket... lascia fare a me -.

Si baciarono con passione. Kise iniziò lentamente a sbottonare la camicia di Aomine, lasciando scoperti i pettorali scolpiti, e scese alla cintura dei pantaloni.

La porta fu chiusa alle loro spalle.

Mentre Kise conduceva Aomine alla scoperta di quel nuovo amore, l’intenso bagliore sprigionato dai loro corpi uniti filtrava come una lama dalla fessura sotto la porta, accecante anche in pieno giorno.

* * *

NOTE

1Il kanji 青 (Ao) nel suo nome significa blu, un riferimento al colore dei suoi capelli ed occhi, mentre il kanji 峰 (mine) significa picco, riferimento al fatto che il suo talento ha raggiunto un altissimo livello. Il suo nome, formato dai kanji 大 (dai) e 輝 (ki), significa grandioso bagliore/luce.

2Il Kanji del cognome di Kise significa luce gialla: il kanji 黄 (Ki) significa giallo, riferimento al colore dei suoi capelli, mentre il kanji 瀬 (Se) sta per corrente

   
 
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