Era
l’alba di un nuovo
giorno quando tre piccole imbarcazioni raggiunsero la spiaggia dorata
sotto il
promontorio dove si trovava il giovane Reafly. Era un ragazzo di appena
tredici
anni, i capelli rossi incorniciavano un volto delicato sostenuto da
penetranti
occhi verdi e uno sguardo vivace di chi è in cerca di
rivalsa. Era di carattere
irrequieto e impulsivo. Quella notte, come era solito fare quando la
madre gli
proibiva qualcosa, era sgattaiolato fuori dalla sua stanza e, superate
le porte
cittadine, aveva preso la strada per raggiungere la costa. Doveva
osservare la
stella cometa che da qualche giorno era apparsa nei cieli e, secondo il
suo
parere, il promontorio era il punto migliore dove poterla ammirare in
pace e
tranquillità. L’evento aveva suscitato paura e
timore trai grandi ma Reafly non
era dello stesso parere.
Nella
tiepida notte
stellata aveva atteso fino alla comparsa dei primi raggi di sole,
quando la
cometa iniziò a sbiadire. Solo allora si rese conto che non
sarebbe mai riuscito
a tornare a casa prima che la madre si svegliasse. A quel punto
soffermarsi un
po' di più e vedere i passeggeri di quelle imbarcazioni non
poteva fargli fare più
tardi di quanto lo fosse.
Le
vele raccolte sugli
alberi erano state messe a riposo e gli scafi, sospinti delicatamente
dal mare,
solcarono la sabbia bagnata e si arrestarono nel fragore delle onde che
continuavano
ad abbattersi sul bagnasciuga.
Il
legno con cui erano
state costruite era di un bianco brillante che non apparteneva a nessun
albero conosciuto,
osservò il ragazzo mentre la luce del mattino ne rivelava la
superficie liscia
e priva di difetti.
Per
i primi minuti tutto
tacque, nessun cenno di vita sembrava provenire da quelle imbarcazioni;
era come
se fossero state abbandonate a se stesse e portate lì solo
dalla forza del
mare.
La
curiosità di Reafly
si trasformò presto in stupore quando le due sagome, che
inizialmente gli erano
sembrati due uccelli, apparvero sfrecciando lungo la spiaggia in tutta
la loro
grandezza. Erano due grandi esseri volanti, simili in tutto a lucertole
e
coperti da scaglie imbricate. Uno di loro era rosso cremisi,
l’altro era di un
inteso blu zaffiro. Anche
se Reafly non ne
aveva mai visto uno, sapeva con certezza che quelle creature erano
Draghi.
Il
ragazzo ne aveva
sentito parlare centinaia di volte. Erano leggende raccontate ai
bambini, storie
a cui crescendo nessun prestava più attenzione e anche
Reafly da tempo aveva
smesso di crederci. Almeno fino a qual momento.
Ancora
pieno di
eccitazione lo sguardo del ragazzo tornò ancora una volta
alle barche. L’arrivo
delle due creature aveva chiamato fuori i suoi passeggeri. Erano sei in
tutto ma
i loro volti erano celati dai cappucci. Al di sotto dei mantelli Reafly
poté
solo intravedere lo svolazzare di vesti preziose. Dovevano essere di
nobile
origine, immaginò nella sua mente di fanciullo, e il loro
portamento era altero
ed elegante.
Una
cosa però non
tornava, le storie raccontavano dei draghi come di bestie feroci, senza
alcun controllo,
indomiti esseri mostruosi che distruggevano e devastavano ogni cosa al
loro
passaggio. Ciò che stava vedendo non corrispondeva affatto a
quelle storie e
gli uomini sembravano stare in armonia con i due animali.
Si
fermò ancora a
guardare quelle creature e rimase affascinato dai loro colori brillanti
che
risplendevano alla pallida luce del mattino, la grazia del loro volo
era quasi
ipnotico.
Reafly
scosse la testa
con risolutezza. Doveva ritornare in città a dare la
notizia.
Raccolse
lo zaino che
aveva portato con sé e iniziò la discesa del
promontorio ma a metà strada si
fermò. Un pensiero gli si insinuò
all’improvviso: nessuno avrebbe creduto alla
sua storia. Neanche lui lo avrebbe fatto, se non fosse che aveva visto
i due
draghi con i propri occhi.
Non
poteva andare in
città così. Doveva scendere alla spiaggia e una
volta lì doveva convincere
quelle persone a seguirlo.
Ma
come? L’idea gli
sarebbe venuta durante il tragitto e, con quel pensiero,
deviò la strada a
destra per prendere il sentiero che lo avrebbe riportato giù
alla spiaggia.
Per
tutto il tempo Reafly
continuò a pensare a ciò che aveva appena visto.
Nella sua testa ripeteva la
stessa tiritera: Io Colleman Reafly ho avvistato dei draghi! Io
Colleman Reafly
ho avvistato dei draghi!
Più
lo ripeteva e più
l’intensità della sua affermazione aumentava.
Io
Colleman
Reafly ho avvistato dei draghi!
Giunto
finalmente in
prossimità della spiaggia tornò a guardare verso
le imbarcazioni. Si
intravedevano appena gli alberi da dietro alcune dune ricoperte di
giunchi.
Era
tutto vero. Si
disse con un sospiro. In un momento di titubanza, infatti, il ragazzo
aveva
aumentato il passo, fino a correre, spinto dal timore crescente di
scoprire che
era stato tutto frutto della sua immaginazione.
Si
rimise ad osservare ma
si accorse subito che le navi attraccate non erano più tre.
Una di loro si era allontanata
a vele spiegate e sulla spiaggia erano rimaste solo due persone e i due
draghi.
Il
suo sguardo si
concentrò sulla riva, gli stranieri stavano scaricando
alcune casse. Una in
particolare, osservò Reafly, aveva l’aspetto
d’essere molto preziosa. Gli
uomini la stavano maneggiando con molta cura prima di adagiarla al
suolo,
Reafly non riusciva a capire cosa contenesse.
Percorse
a carponi la distanza
che lo separava dalla spiaggia e stette in attesa di
un’occasione per farsi
avanti. Quando ecco che gli si para davanti l’enorme testa
cremisi di uno dei
due draghi. La creatura era planata proprio davanti al ragazzo, mentre
quello dalle
scaglie blu, appena dietro di lui, lo guardò con i suoi
penetranti occhi
zaffiro.
Il
cuore gli si fermò
mentre il suo sguardo passavano dall’uno all’altro
drago. Era immobilizzato
dalla paura. Poi qualcosa di sottile s’insinuò
nella sua mente, e una voce
rimbombò in testa:
“Chi sei?” chiese una voce bassa
e gutturale
“Castigo così lo spaventi!”
intervenne una seconda voce, diversa
dalla prima, decisamente femminile.
“Il mio nome è Saphira e lui, come avrai
capito è Castigo. Qual è il
tuo?”
Reafly
non poteva
credere alle proprie orecchie
-Voi
due parlate? - riuscì
solo a dire con un filo di voce. Aveva a mala pena sentito la domanda
della
dragonessa e i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dalle due creature.
“Certo che parliamo!” rispose la
dragonessa con una certa
irritazione nella voce mentre Castigo avvertiva il suo cavaliere che la
presenza che avevano avvertito era solo quella di un ragazzo. E non dei
soldati
che avevano avvistato qualche minuto fa.
“Fatelo avvicinare, parleremo noi con lui”
***
Il
drago annuì mentalmente
quindi fece un passo di lato mostrando al ragazzo la spiaggia e
invitandolo a
uscire dal suo nascondiglio. Reafly guardò titubante il
sentiero di fronte a
lui, poi con un colpo di spalla si sistemò meglio lo zaino
sulla schiena e facendosi
coraggio si avviò verso la spiaggia. I due stranieri gli
vennero incontro e
Reafly si rese conto che quelli che aveva creduto degli uomini erano
dei
ragazzi poco più grandi di lui. Uno era moro e
l’atro biondo, dovevano essere
dei guerrieri di alto rango perché alle cinture pendevano
delle spade e incastonate
sull’elsa c’erano delle pietre preziose.
-
Vediamo cosa abbiamo
qu i- disse il moro con voce gioviale.
-
Io sono Murtagh e lui
è Eragon – non appena il biondo si
avvicinò gli occhi di Reafly si allargarono di
paura e timore. Le orecchie del ragazzo finivano con una live punta e
il
profilo del volto era delineato da due zigomi appena pronunciati che
non dava
adito a dubbi: lo straniero era di razza elfica ma non sembrava
dimostrare la
stessa ferocia e perfidia con cui tutti gli adulti descrivevano quella
popolazione di barbari. Reafly indietreggiò di un passo.
Eragon si accorse
della reazione e guardò accigliato Murtagh che gli fece
cenno di fermarsi.
-
Qual è il tuo nome
ragazzo e come si chiama questa terra? - continuò Murtagh,
questa volta senza troppi
preamboli. Reafly fu lieto di rivolgere lo sguardo all’altro
straniero.
-
Mi chiamo Reafly
Colleman- disse con fierezza - e voi vi trovate sul suolo di
Zàkhara-
-
Ora faccio una
domanda io, perché fingi di non conoscerci? –
chiese, la voce ora carica di emozioni
che si accavallavano indistinte. Reafly rivolse quella domanda
guardando solo Eragon.
Sulle
prime i due
ragazzi sorrisero appena a quell’accusa e si scambiarono uno
sguardo divertito.
Quella situazione non aveva alcun senso per loro ma
l’espressione seria del
ragazzo li fece capire che la sua paura era reale. Dovevano capire il
motivo di
tanta rabbia. Dopo uno sguardo di intesa Murtagh lasciò
parlare Eragon.
-
Non sto fingendo, non
ho mai sentito parlare di questa terra prima d’ora.
– Eragon aveva parlato con
calma scandendo bene ogni parola – Perché dovrei
conoscervi? – chiese alla
fine. Reafly vide il suo volto sincero e rimase interdetto.
-
Tu sei uno di loro,
sei identico a un Elfo oscuro. Quelli come te sono capaci solo di
uccidere e
distruggere. - rispose con enfasi ma questa volta con meno convinzione
di
prima. Era ancora indeciso se fidarsi delle parole dello straniero.
-
Io ed Eragon siamo
fratelli e non sappiamo chi siano questi Elfi Oscuri. Devi crederci
Reafly – intervenne
Murtagh.
-
Davvero? siete
fratelli? – chiese Reafly aggrottando appena le sopracciglia,
voleva credergli.
-
Le vostre armi, sono
molto belle. Siete dei principi? - chiese subito dopo. La rabbia e la
paura avevano
lasciato il posto alla curiosità.
Murtagh
ed Eragon scossero
la testa divertiti - No non siamo principi, Siamo Cavalieri dei Draghi
-
Reafly
sgranò gli occhi
dallo stupore poi riprese a chiacchierare con più sicurezza.
- Non ho mai visto
le armi di un cavaliere. E quelle pietre. Il loro colore è
quello dei vostri
draghi, è così? - chiese con gli occhi che gli
brillavano di curiosità.
-
Proprio così. Qui
abbiamo un ragazzo davvero sveglio Eragon - disse Murtagh con un
sorriso,
rivolgendosi al fratello. – Abbiamo una tregua? - chiese porgendogli la mano
in segno di pace.
Reafly guardò la mano tesa del ragazzo per alcuni istanti
prima di prendere la
decisione di stringerla.
In
quello stesso
momento Castigo e Saphira fecero un sonoro sbuffo e si alzarono in volo.
“I soldati che hanno avvistato Arya e Jill sono
vicini” dissero entrando
nella mente dei loro cavalieri. Mentre stavano parlando una fila di
soldati si era
avvicinata al campo a passo sostenuto.
“Sono una dozzina e sono armati”
continuarono i due draghi.
“A quanto distano?” Chiese
Murtagh.
“Vi raggiungeranno a momenti”
Reafly
guardò i ragazzi fermarsi per alcuni secondi.
Avevano entrambi gli occhi socchiusi, come se stessero ascoltando
qualcosa.
Quando li aprirono nuovamente Murtagh posò pronto una mano
sull’elsa della sua
spada ma Eragon scosse deciso la testa e indicando con lo sguardo in
direzione
di Reafly e fece capire al fratello che non voleva usare subito le
armi.
Sulle
prime Murtagh lo guardò contrariato, il suo primo
istinto era quello di difendersi. Poi anche lui si convinse che era
meglio
provare a parlare con loro prima e levò la mano da
Zar’roc.
I
soldati li circondarono con rapidità mentre i due
cavalieri non mossero un dito, limitandosi a sondarne le menti per
capirne
intenzioni.
-
Fermi siete circondati - tuonò la voce di un uomo
corpulento che doveva essere il loro capitano
-
I nostri migliori arcieri stanno puntando le loro
frecce su di voi. – Il volto dell’uomo era pieno di
cicatrice che il tempo
aveva mischiato in una maschera dura e impassibile. Reafly da dietro
Murtagh lo
riconobbe subito.
-
Capitano! - Gridò e si parò davanti ai due
cavalieri come
a volergli proteggerli.
La
sorpresa negli occhi dell’uomo era evidente ma il resto
del corpo rimase immobile. Alzò solo un braccio per
comunicare agli uomini della
retroguardia di abbassare gli archi.
-
Ragazzo non dovresti essere qui ma a casa con tua madre
- disse torvo – vieni qui, prima che qualcuno si faccia male
- Reafly sospirò e
corse da lui.
Intanto
Eragon e Murtagh avevano sondato le menti di quei
soldati e avevano percepito in loro molta paura. Ma, andando
più in profondità,
trovarono che c’era anche una sorta di timore che potessero
rappresentare una
minaccia. Avevano paura che fossero degli alleati del loro nemico. Il
nome
degli Elfi Oscuri risuonò ancora una volta nelle loro menti
senza riuscire a
percepire qualcosa su chi erano o cosa avevano fatto per essere tanto
odiati.
Eragon
si rivolse direttamente al capitano - Non abbiamo
intenzioni di fare del male a nessuno, hai la nostra parola - disse con
le
braccia e le mani aperte in segno di pace.
-
Capitano, ascoltali… - iniziò a parlare Reafly ma
l’uomo lo ammonì con lo sguardo, gli
passò una mano sulla guancia e gli arruffò
i capelli sulla testa - Sei stato molto coraggioso ma ora lascia che
siano i
grandi a parlare - lo rassicurò il capitano con un sorriso
forzato. Uno sguardo
più attento agli stranieri gli fece notare che dovevano
avere solo qualche anno
più anni di Reafly. Nonostante la giovane età,
era evidente che le armi che
portavano non erano d’ornamento e l’uomo
intuì che erano avvezzi ad usarle.
-Ci
seguirete a palazzo. La nostra signora ha chiesto di
parlare con voi. Sarà lei ad ascoltare cosa avete da dire.
Siete arrivati in un
momento poco propizio stranieri. Il vostro arrivo è stato
accompagnato dalla
comparsa di una stella cometa, un presagio di sventura per il nostro
popolo -
A
quelle parole i due draghi ruggirono minacciosi. Il capitano
li guardò titubante ma, nonostante il timore che balenava
nei suoi occhi,
rimase fermo nella sua posizione.
Non
fate nulla
disse Eragon a Saphira. Non ci faranno del
male, a meno che non gli diamo motivo. Faremo quello
che ci chiedono per ora disse rivolgendosi mentalmente a
Murtagh
Va
bene Eragon, per il momento faremo a modo tuo
acconsentì suo malgrado.
-
Vi seguiremo, ma lasciateci qualche minuto per
preparaci -
Sollevato
dalla risposta dei cavalieri il capitano
rilassò i muscoli del viso e fece cenno di sì con
testa. Iniziò a dare poche e
concisi ordini ai suoi uomini poi la sua attenzione si rivolse tutta
sul
giovane Reafly. – Hai di nuovo violato il coprifuoco
– lo ammonì con uno
sguardo serio. Reafly era cresciuto solo con la madre e la sorella. Il
capitano,
un vecchio amico di famiglia era ciò che di più
vicino poteva considerare un
padre.
-
Lo so capitano - rispose Reafly abbassando lo sguardo e
incrociando le dite dietro la schiena
-
Lasciami indovinare, dovevi guardare la cometa - lo
anticipò l’uomo addolcendo per la prima volta la
voce – tua madre sarà su tutte
le furie, spero che questa avventura ne sia valsa la pena -
Il
pensiero della ramanzina che avrebbe ricevuto una
volta tornati in città lo fece appena sobbalzare ma, alzando
lo sguardo verso
gli stranieri, accennò comunque a un sorriso.
-
Ho conosciuto dei Cavalieri dei Draghi - disse con un
tono orgoglioso.
-
Sono stati loro a dirtelo? - chiese il capitano tornano
a guardare gli stranieri.
-
Sì signore. Hanno detto di essere fratelli. Mi fido di
loro - disse infine con voce risoluta. Il capitano sorrise a quelle
parole
piene di innocenza e annuì.
-
Questo dovrà deciderlo la Regina - aggiunse. I due
stranieri erano stati fin troppo inclini ad accettare le loro
richieste. La
calma che stavano mostrando dava all’uomo
l’impressione che, nonostante fosse lui
al comando, non aveva tutto il controllo che credeva.
Murtagh
ed Eragon utilizzarono il tempo che li era stato concesso
per raggiungere mentalmente gli altri due membri della compagnia che si
erano
allontanati per una perlustrazione della zona.
Murtagh
spiegò loro brevemente la situazione.
Ritornate
il prima possibile al campo. Qualcuno deve proteggere le uova
Non
mi piace questa storia, mi sembrano molto spaventati e la paura
può far fare
cose stupide
disse Jill. Fate molta attenzione
concluse.
Anche
l’altra, come i cavalieri, aveva sondato le menti
di quei soldati. Non ci faranno del male
ma nel loro cuore regna la superstizione, una parola detta in maniera
sbagliata
potrebbe toccare la loro sensibilità. Come ha detto Jill
dovete stare molto
attenti. I due cavalieri si limitarono ad annuirono alle due
donne.
Staremo
attente Arya, Saphira e Castigo saranno con noi.
Disse
Eragon accennando un lieve sorriso. Poi i due cavalieri fecero segno al
capitano di essere pronti a seguirli.
I
soldati già pronti si schierarono in posizione compatta
dietro di loro mentre i due draghi seguivano la fila
dell’alto.
Dopo
un paio di ore di cammino raggiunsero infine una grande
città. L’abitato era circondato da piccoli
appezzamenti di terra, il coloro
diverso della colture scandivano il paesaggio con lotti regolari. La
città era protetta
da alte mura al cui centro si ergeva una piccola cittadella cinta a sua
volta
da un altro cerchio di mura turrite. Un piccolo gruppo di curiosi si
era
riversato sulla strada principale per assistere al rientro dei soldati.
Grida
di stupore si levarono al passaggio in cielo dei due draghi costretti
ad ampie
planate per restare al passo con gli uomini a terra.
–
Reafly! Reafly! – gridò una donna da dietro una
fila di
astanti. Alcuni di loro si scansarono per farla passare. Il capitano
riconobbe
la donna e prese per mano il ragazzo che già si era
preparato al rimprovero
della madre. Reafly rimase immobile con il capo chino mentre la donna
lo
fulminava lo sguardo
-
Cosa ti è saltato in mente di rimanere fuori tutta la
notte. Mi farai venire i capelli bianchi! – disse infine con
i pugni puntati ai
fianchi e lo sguardo accigliato.
-
Mamma oramai ho quasi quattordici anni, so badare a me
stesso- rispose con orgoglio il ragazzo.
-
Serena non c’è motivo di preoccuparsi oltre. Tuo
figlio
è stato molto coraggioso - lo difese il capitano
strizzandogli l’occhio in
segno di intesa. – devi essere fiera di lui. - Serena li
guardò sospirando rassegnata.
-
Coraggioso o no, ora torniamo a casa. Tua sorella ci
sta aspettando - Reafly lanciò di sfuggita
un’occhiata ai due stranieri. – Ma
mamma, io voglio rimanere- supplicò rivolto verso il
capitano ma l’uomo scosse
la testa.
-
Mi dispiace Reafly. Queste sono questioni da grandi. Va
con tua madre -
Reafly
guardò con deluso l’uomo e la madre in breve
successione poi abbassò lo sguardo rassegnato.
Il
capitano di ritorno dai suoi uomini fece cenno al
gruppo di proseguire. Attraversarono una serie di strade larghe
popolate qua e là
di persone che iniziavano adesso i loro affari in città.
Presto raggiusero le mura
della cittadella. Il piazzale antistate al portale di ingresso era
abbastanza
ampio da permettere ai due draghi di atterrare.
-
Loro dovranno aspettare qui – disse il capitano guardando
in direzione dei due draghi.
Saphira
e Castigo acconsentirono a malincuore a rimanere.
Ma che sia l’ultima volta. Non hanno
idea
di chi hanno di fronte. Quella gente stava trattando i due
draghi alla
stregua di qualsiasi altro animale. Eragon e Murtagh riuscirono a
malapena a
frenare la collera che traspariva dal loro legame ed anche a loro non
piaceva
l’idea di lasciarli indietro. Lo
sappiamo,
ma non possiamo fare altro per ora. Aggiunsero i due
cavalieri prima di
sparire dietro le porte del palazzo.
***
Intorno
ai due draghi, intanto, si era iniziata a creare
una piccola folla di curiosi. Due soldati della pattuglia che li aveva
scortati
erano stati lasciati a guardia anche se era evidente a tutti che non
avrebbero
potuto fare molto contro le due creature se solo avessero voluto
attaccare.
La
paura era il sentimento più forte che i due draghi
riuscivano a percepire.
Nonostante tutto la gente continuava a riversarsi curiosa. Spazientiti
dalla
confusione della gente si andava accalcando sempre più
stretta, dalle loro narici
iniziarono ad uscire leggere nuvole di fumo bianco e caldo.
L’evento suscitò improvvise
grida di stupore e il cerchio intorno ai due draghi si
allargò quel tanto da
permettere loro di far oscillare almeno le code.
***
Nel
frattempo, Murtagh ed Eragon vennero condotti
all’interno del palazzo. Dalla grande sala
d’ingresso due ampie scale laterali
convergevano al piano superiore e ad un lungo corridoio. Salirono le
scale e
percorsero tutto il vano. In fondo si ergeva un grande portale
sormontato da un
arco ad ogiva e sorretto da colonne trilobate su entrambi i lati. Il
soffitto ligneo
era riccamente decorato da motivi geometrici e floreali in rilievo.
-
La nostra regina vi attende - annunciò il capitano una
volta raggiunto il portale bronzeo.
Fa
parlare me, sembra che assomigliare ad un elfo qui non sia di moda.
gli
disse mentalmente Murtagh con un tono tra il canzonatorio e il
preoccupato. Eragon
fece una leggera smorfia La scena
è tutta
tua… rispose tradendo una certa tensione nella
voce.
Quando
le porte di bronzo furono aperte davanti ai loro occhi
si presentò una sala riccamente decorata da marmi colorati.
Un’alta pedana ospitava
una corte di personaggi riuniti intorno al trono dove era la loro
Regia. Una lunga
scalinata centrale dava l’accesso alla pedana. Il capitano
salì per primo e raggiunta
la cima fece un profondo inchino alla figura assisa sul trono. La donna
indossava un abito semplice e leggero dai colori pastello chiaro. I
lunghi capelli
biondi erano sciolti e due ciocche le ricadevano sul petto raccolte in
morbide
trecce. La donna attese alcuni istati prima di invitarlo rialzarsi poi
l’uomo
avvicinò il volto al suo orecchio riferendole qualcosa a
bassa voce come a non
voler far sentire al resto degli astanti. La donna ascoltò
con attenzione le
sue parole e allo stesso tempo lanciava fugaci occhiate nella direzione
di
Murtagh ed Eragon.
-
Fate venire avanti gli stranieri - disse con voce
ferma. Sotto lo sguardo di tutti salirono la scalinata. Eragon si
fermò qualche
passo dietro rispetto Murtagh poi entrambi si inchinarono di fronte
alla regina
in segno di rispetto.
La
regina posò il suo sguardo prima su uno e poi
sull’altro cavaliere compiaciuta. – Io sono la
Regina Isobel di Zàkhara- disse
con voce ferma - La vostra affinità con gli Elfi Oscuri
è evidente- continuò scandendo
lentamente le sue parole - ma allo stesso tempo sembrate umani.
Perciò ditemi
chi siete e quali sono le vostre intenzioni –
-
Maestà io sono Murtagh e lui è mio fratello
Eragon.
Siamo Cavalieri dei Draghi di Alagaësia. Siamo partiti dalla
nostra terra, e
abbiamo viaggiato mesi prima di approdare qui –
La
regina guardò i due giovani con sguardo impassibile
mentre un lieve brusio si alzò tra gli astanti. –
Cavalieri dei draghi avete
detto? Sono draghi quindi le bestie che sono fuori? – chiese
alzando una mano
per far tacere tutte le altre voci.
–
Sono i nostri compagni di mente e di cuore, Maestà -
puntualizzò Murtagh cercando di non risultare scortese
– I loro nomi sono
Castigo e Saphira. Sono creature intelligenti e non amano essere
ignorate –
Isobel
alzò un sopracciglio mentre un cenno di curiosità
sembrò
accendersi nei suoi occhi chiari. - Ciò che mi dite
è nuovo. Le nostre storie riguardo
ai draghi parlano di creature selvagge e prive di controllo, non di
esseri
senzienti. Mi scuso con loro e mi riservo di dargli la dovuta
attenzione il
prima possibile -
-
Lo apprezzeranno molto - le disse Murtagh guardando
dalla parte di Eragon che ne frattempo aveva aperto la sua mente a
Saphira
permettendole di ascoltare la conversazione.
-
Ed ora credo che vorrete sapere qualcosa sugli Elfi
Oscuri e perché li temiamo così tanto- disse
infine Isobel indovinato i loro
pensiero. Murtagh ed Eragon annuirono ed Isobel sembrò
impaziente di continuare
il suo racconto.
-
Trecento anni fa, prima che prendessero l’appellativo
di Oscuri, gli Elfi erano un popolo che sapeva usare la magia e noi
uomini vivevano
con loro in armonia e pace.
Un
giorno, non si sa bene quando, iniziarono a perdere i
loro poteri. La loro razza un tempo luminosa e pacifica divenne
l’ombra di sé
stessa. Un numero esiguo di sopravvissuti andò a stanziarsi
sulla vicina isola
di Artea e per molto tempo non si seppe più nulla di loro.
Quando
iniziarono i primi attacchi nessuno di noi si rese
di quello che stava accadendo. Si trattava per lo più di
scorribande sparse qua
e là. Poi la terra iniziò ad ammalarsi portando
con sé carestie ed epidemie tra
la nostra gente.
Quando
giovanissima venni eletta regina, il nostro regno era
diventato ormai l’ombra di stesso. Con grandi sforzi e fatica
riuscii a
strappare loro una tregua ed ottenere la pace. -
Da
anni non ci sono stati più attacchi, ma quando abbiamo
avvistato le vostre navi, abbiamo temuto il peggio - la Regia rimase in
un silenzio
carico di tensione e dolore prima di riprendere a parlare.
-
Ora che ogni cosa è stata chiarita vorrei
che foste nostri ospiti. Potremo parlare ancora e conoscere meglio la
vostra
storia -
-
Vi ringraziamo per la generosità – disse
Murtagh – Ma abbiamo lasciato due dei nostri compagni e
ciò che abbiamo portato
dalla nostra terra alla spiaggia e abbiamo il desiderio di ritornarci
–
-
A questo possiamo subito rimediare Cavalieri
– con un rapido gesto Isobel fece entrare altre guardie.
-
Che siano scortati alla spiaggia e
i loro bagagli trasportati a Palazzo. Saranno i ben venuti anche i
vostri
compagni. Purtroppo per i draghi non abbiamo strutture tanto grandi da
poterli
ospitare, ma diteci cosa possiamo fare per rendere gradito il loro
soggiorno e
se è in nostro potere sarà fatto –
La
Regina non vi ha dato molta scelta che accettare il
suo invito.
intervenne mentalmente Castigo.
Che
prepari delle ottime scuse
gli fece eco Saphira di rimando.
***
L’ultimo
comandi della Regina avevano
sancito la fine dell’udienza e congedati Eragon e Murtagh
vennero nuovamente
scortati dalle guardie della Regina e dal capitano.
Nel
momento in cui lasciarono la sala
del trono l’atteggiamento dell’uomo
cambiò radicalmente. Si avvicinò ai due
cavalieri e con un sorriso più disteso disse loro - Mi dispiace per
l’accoglienza che vi abbiamo
riservato poco fa, ma dovevamo essere cauti - disse con
semplicità - io sono
Xavier capitano della guardia reale, è un piacere conoscervi
Cavalieri dei
Draghi - disse avvicinandosi a gradi passi al cancello uscita.
-
Il piacere è nostro capitano-
risposero entrambi i cavalieri con fare distratto, le loro menti e
pensieri,
infatti, erano tutti rivolti ai loro draghi. Agitazione e trambusto
trapelava
attraverso il loro legame. I ragazzi ne compresero il motivo una volta
raggiunto l’esterno.
Il
piazzale in cui li avevano lasciati
era gremito da un numero considerevole di persona - Che cosa succede
qui? -
fece eco Xavier facendosi spazio a spallate. Un muro di persona li
separava dal
punto dove si trovavano Saphira e Castigo. I due soldati che stavano
cerando di
gestire al meglio la situazione furono più che lieti di
vedere i Cavalieri
ritorno e aprirono subito loro la strada - Abbiamo cercato di tenere la
gente a
bada ma senza alcun risultato capitano-
-
Li facciamo subito allontanare -
disse capitano dando l’ordine ai soldati al seguito.
Intanto
una bambina dai capelli color del miele era
riuscita a sgattaiolare tra tutte quelle persone e avvicinarsi ad
Eragon. Le
sue piccole manine gli strattonarono la veste con delicatezza
richiamando la
sua attenzione. La mamma che era rimasta qualche passo indietro si fece
largo
superando la prima fila di persone – Perdonate mia figlia, ha
insistito tanto -
intervenne la donna che aveva ormai raggiunto la bambina. I capelli
erano
raccolti in una morbida treccia e il viso era sottile. - Vorrebbe
accarezzarlo -
aggiunse indicando con lo sguardo Saphira. - Le ho detto che non
poteva,
naturalmente, ma non sono riuscita a trattenerla Signore. -
Murtagh
che era accanto a Xavier rivolse a Eragon uno
sguardo interrogativo ed Eragon lo rassicurò con un cenno
del capo. Attraverso
il legame con Saphira aveva percepito qualcosa in quella bambina che
non poteva
ignorare.
Saphira
cosa ne pensi? le
chiese mentalmente il ragazzo Va bene piccolo
mio portala pure qui fu la riposta dolce di Saphira.
-
Non è un disturbo - disse Eragon rivolto alla donna e con
un sorriso issò la bambina in alto tra le braccia.
-
Lei si chiama Saphira. Sei pronta a fare la sua conoscenza?
- chiese rivolgendosi alla piccola. Lei annuì e tese la sua
mano verso la
dragonessa. Saphira gorgogliò qualcosa che doveva essere un
sì e avvicinando il
suo muso la sfiorò appena con la punta del naso.
In
quel momento avvenne qualcosa di inaspettato. Una luce
proruppe da quel breve tocco e nella mente di Eragon scaturì
l’immagine di un
piccolo drago ai piedi della bambina. Poi come era apparsa la luce
sparì e
tutto intorno tornò normale tranne che per un luccichio
argentato sul palmo
della mano della piccola.
-
Succedono sempre cose strane intorno
ai draghi, cose che vanno oltre le nostre stesse comprensione -
sussurrò Eragon
guardando Saphira con rinnovato stupore.
Lo
hai visto anche tu?
Murtagh
lo aveva raggiunto mentalmente. Aveva condiviso con Eragon la visione
del
piccolo di drago.
Sì
l’ho visto e questo può significare una sola
cosa. Eragon non finì la frase – come ti chiami
piccola?
- chiese invece rivolto alla bambina.
-
Eleonor - rispose lei guardandosi
il palmo della mano.
-
Eleonora, sai cosa è successo poco
fa, quando hai sfiorato Saphira? -
-
ho visto un cucciolo e … - la
bambina guardò in direzione della madre.
-
…voglio andare a casa - piagnucolò
nascondendo il viso sul petto del cavaliere.
Lasciala
andare piccolo mio, sarà lei a tornare quando
sarà pronta
le disse mentalmente Saphira
tranquillizzandolo il Gedwey ignasia la
guiderà.
Eragon
annuì con la testa e lasciò scivolare
la bambina a terra. Eleanor stette un attimo a dondolare poi senza
preavviso strinse
con le braccia alle gambe di Eragon, per salutarlo. Sorpreso dal gesto
Eragon le
posò le mani sulle spalle fino a quando la bambina non si
staccò e corse tra le
braccia della madre. La donna non aveva idea di quello che era successo
e
ringraziò Eragon con lo sguardo.
Quando
Eragon raggiunse Murtagh i due
cavalieri si scambiarono uno sguardo di intesa consci del peso di
quanto era
accaduto. La comparsa del marchio portava con sé tutte una
serie conseguenze,
tra cui il compito di addestrare una uova generazione di Cavalieri di
cui
Eleonora sarebbe stata la prima. I due fratelli non erano certi di
esserne
all’altezza.
Sarete
degli ottimi insegnanti, piccolo mio. Io e Castigo
ne siamo certi.
disse la dragonessa, avvertendo l’incertezza
del giovane attraverso il loro legame. Anche Castigo aveva sentito lo
stesso
sentimento da parte di Murtagh.
Non
sarte soli nel compito tigre.
Aggiunse il drago cremisi sbuffando con il naso e
facendo uscire un po’ di fumo dalle narici.
-E’
ora di andare Cavalieri – intervenne
Xavier interrompendo quel momento. Nel frattempo lui e i suoi soldati
aveva
fatto disperdere la folla. La loro ferrea disciplina era ammirevole. La
loro
regina gli aveva affidato il compito di scortali dal loro campo al
palazzo e il
loro capitano lo avrebbe lo portato a termini.
Concordando
con il capitano Saphira e
Castigo mossero le loro ali impazienti di alzarsi in volo. Anche Eragon
e
Murtagh lo erano e con un agile movimento salirono suoi loro dorsi
-
Noi andiamo avanti con loro. Vi
seguiremo dall’alto- I
due draghi che
non aspettavano altro, avevano già spiegato le ali e le
ultime parole di Murtagh
si persero nel rumore provocato dal loro battito. Una folata di vento
investì i
soldati che rimasero a guardare le due creature librarsi in aria e
virare
eleganti nel cielo.