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Autore: Traccedinchiostro    23/06/2022    0 recensioni
Fakedate!AU | Divergenza canonica |
MaiTake | ToraFuyu | DoraEma
«Calmati, è solo una festa di compleanno» disse con una scrollata di spalle.
Forse era impallidito talmente tanto da suscitare persino la pietà di Baji.
«Chi è il festeggiato?».
«Pahchin, il tizio corpulento là in fondo» lo indicò mentre continuava a spingerlo ad avanzare e si lasciava sfuggire qualche spiegazione in più, «La sorella minore di Manjirou, Emma, ha organizzato la festa e minacciato il capo di combinargli lei un appuntamento se, ancora una volta, si fosse presentato da solo. Così Haruchiyo gli ha suggerito di... beh, affittare un ragazzo».
«E perché proprio io?».
Genere: Commedia, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Chifuyu Matsuno, Kazutora Hanemiya, Keisuke Baji, Manjirou Sano, Takemichi Hanagaki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dal cielo non si vede bene il fondo, ma dal fondo si vede bene il cielo.
Capitolo primo.

A Takemichi venne voglia di piangere, l'ennesima volta nell'arco di quella interminabile giornata. La colpa da imputare indubbiamente al suo – peggior – migliore amico: al solito uno degli stupidi piani di Chifuyu gli si era rivoltato contro e neppure sforzandosi riusciva a pensare ad una scusa per uscirne illeso.
In realtà era stato Takemichi stesso causa del suo male, corso a chiedergli aiuto quando la vecchia affittuaria del lurido appartamento in cui viveva gli aveva imposto soltanto due settimane per saldare tutti i debiti accumulati negli anni, dimostrandosi a tutti gli effetti un demone senza cuore o umanità. Per cui disperato, quando Chifuyu gli aveva riferito che un vecchio amico aveva un lavoro da offrirgli, Takemichi si era letteralmente aggrappato alle sue ginocchia per ringraziarlo.
Mai avrebbe immaginato fosse quel tipo di lavoro.
E Takemichi poteva essere disperato, patetico, sfruttato e sottopagato in un negozietto di DVD sulla via del fallimento, dove una ragazzina più giovane si divertiva ad umiliarlo, con una vita quasi del tutto solitaria, un appartamento sporco, un bagaglio di rimpianti più pesante di quanto fosse capace di sopportare e ancora vergine alla veneranda età di ventisette anni, ma di certo non era una puttana. Ancora.
«Chifuyu, per favore, non posso farlo» gemette frustrato, in piedi davanti lo specchio dell'armadio, nella camera da letto dell'altro ragazzo. Gli aveva prestato un completo elegante, che costava senza dubbio più dell'affitto mensile di casa sua; se lo avesse venduto avrebbe risolto diversi problemi economici, per un po'.
Quasi era stato tentato di chiedergli se poteva prenderlo in prestito.
Chifuyu sospirò esausto, disteso sopra il letto col telefono davanti agli occhi. «Lo hai già detto dieci volte».
«È umiliante».
«È un appuntamento! Non morirai... penso» aggiunse con un sussurro.
Takemichi si voltò di scatto, la cravatta dimenticata sulla spalla. «Che vuol dire “penso non morirai”, in cosa mi hai coinvolto?!».
Il ragazzo sventolò la mano, come a scacciare la preoccupazione che aveva preso forma negli occhi lacrimanti dell'amico.
«Manjirou è un po'... particolare, ma non dovrebbe essere pericoloso per te» scrollò le spalle e aggiunse «Devi solo incontrarlo, sorridergli, mangiare del buon cibo al posto del ramen scadente con cui sopravvivi a stento e fingere di amarlo alla follia, facile. E poi Baji-san sarà insieme a te».
«Chi diavolo è questo Baji-san?».
Ce n'erano due? Non gli aveva detto che sarebbero stati in due!
Chifuyu lo guardò con indignazione e rabbia, «Allora è vero quel che dice Kazutora: non ci ascolti quando siamo insieme!».
«Non ascolto lui,» lo corresse imbronciato, la cravatta ormai gettata ai piedi del letto, «e non puoi biasimarmi, il tuo fidanzato si diverte a raccontare di quando eravate due teppisti, sai che lo odio quel periodo».
La Tokyo Manji gang. Il suo incubo, la causa principale del fallimento della sua vita. Takemichi in parte si sentiva ridicolo ad incolpare un trauma adolescenziale del carattere sottomesso, della codardia e della tendenza a scappare da ogni sfida gli riservasse l'età adulta, eppure non poteva far a meno di credere che se tutti gli abusi verbali e fisici afflitti da Kyomasa allo stupido Takemichi tredicenne non fossero mai avvenuti, quello attuale avrebbe potuto essere qualcosa di diverso dalla nullità che era diventato.
L'amarezza gli riempì la bocca come ogni volta.
Da ragazzino, rannicchiato nel letto a piangere, trascorreva le notti a organizzare la sua fuga: progettava di abbandonare tutti, lasciarsi alle spalle le botte e le risate di scherno, gli sputi in faccia e la sensazione di dita tozze fra i capelli che lo strattonavano con forza mentre veniva preso a calci, eppure alla fine non lo aveva mai fatto. Era rimasto soltanto per Akkun e gli altri, si diceva, in verità gli era mancato il coraggio persino per andarsene.
Si riteneva un miracolato ad esser sopravvissuto a Kyomasa, e stranamente fortunato quando, subito dopo l'enorme rissa del tre Agosto, il suo aguzzino s'era d'improvviso volatilizzato.
Trattenne un sospiro, pensieroso sfiorò la cicatrice sul dorso della mano, memoria di come il suo unico atto di decenza nella vita fosse stato compiuto per salvare un teppista sconosciuto proprio quella fatidica notte. Alla fine tornò a prestare attenzione allo specchio e ansioso provò a sistemare il nido di rondini che aveva al posto dei capelli, cacciando in un angolo della mente quei ricordi.
«Mi dirai chi è questo Baji o no?».
Chifuyu schioccò la lingua contro il palato, «Il nostro ex».
Le dita impegnate a districare un nodo abbastanza difficile si fermarono; Takemichi aggrottò le sopracciglia, poi chiese: «Nostro?».
«Mio e di Kazutora» spiegò spicciolo: «prima di finire in riformatorio per.. lo sai».
Certo che lo sapeva! La storia del furto con scasso e omicidio annesso non l'avrebbe dimenticata nemmeno volendo.
«Beh,» Chifuyu tossicchiò forse a disagio «prima di quello Baji-san era il ragazzo di Kazutora, poi si sono lasciati e ha cominciato a frequentare me-».
«Aspetta, come siamo arrivati a te e quel matto di Tora insieme?».
«Chi sarebbe il matto?».
Il braccio di Kazutora drappeggiò con disinvoltura sulle spalle in tensione, era apparso dal nulla come un fantasma con un sorrisetto sornione disegnato sulle labbra sottili. Takemichi riprese a sudare freddo, a disagio per via dell'estrema fisicità dell'amico, che ora aveva preso a pettinargli i capelli, o forse ad arruffarli ancor di più.
«Tora lasciami per piacere».
«Non posso, il mio bambino ha un appuntamento, sta diventando grande» finse di tirare su col naso.
«Non sono tuo figlio e non è un appuntamento!».
«Ricordati di fare sesso sicuro, tesoro».
«Basta perdere tempo!» Chifuyu interruppe quella scena pietosa, disgraziatamente soltanto per afferrare il polso di Takemichi e trascinarlo all'ingresso, con Kazutora al seguito che cinguettava estasiato.
«La macchina è qui, Baji-san ti aspetta» disse intanto che gli sistemava la giacca «E stai calmo, è solo una cena di lavoro».
«Se non gli piaccio? Se non vado bene? Non ho un appuntamento da quando andavo alle medie, e quelli con Hina erano... raccapriccianti».
Davvero non voleva ricordare il suo sé adolescente.
«Manjirou ti adorerà» lo rassicurò curiosamente dolce, dopodiché cominciò a spingerlo verso la porta, sordo a qualsiasi altra protesta.
«Aspetta! Non so nulla di lui! Cosa gli piace? Come devo comportarmi? Di cosa devo parlare? Vivo da solo in un appartamento invaso da scarafaggi non ho argomenti di conversazione!».
Un ultimo strattone e superò l'uscio, il giardino era illuminato dalla luce della veranda e il gatto pancione dei due pazzi acciambellato sopra un tavolinetto che, infastidito dalle urla, pareva guardarlo male. Pure lui, non bastava la spada di Damocle che pendeva sopra la sua testa.
«Chifuyu ti prego, credo di averci ripensato» piagnucolò, al diavolo la dignità, le lacrime erano la sua ultima possibilità di fuga. Per un attimo negli occhi del migliore amico vide un barlume di compassione, peccato Kazutora fosse un sadico e prima che potesse far leva su quella piccola crepa lo trasportò di peso verso la macchina parcheggiata poco distante.
«Ci ringrazierai» dichiarò sghignazzante, «Ti ho messo dei preservativi nelle tasche».
Takemichi ebbe voglia di scalciare, rosso in viso come un peperone. «Non mi servono! È solo un finto appuntamento!».
Per un attimo la presa del suo aguzzino si bloccò, voltò il viso e lo guardò come se avesse in faccia un grosso insetto disgustoso, poi disse: «Tu davvero non... ah, lasciamo perdere».
Senza troppe cerimonie Kazutora aprì la portiera dell'Audi nera dai finestrini oscurati e ce lo buttò dentro come fosse un sacco di patate.
«Trattalo bene, Baji. Chifuyu non vuole gli succeda nulla».
Takemichi soffiò come un toro gettato nell'arena, tutta quella fatica e poi il completo s'era spiegazzato a causa degli sballottamenti; alzò lo sguardo per incrociare gli occhi rossicci e divertiti del famoso Baji dallo specchietto retrovisore e sentì un brivido dietro la schiena quando gli sorrise, i canini appuntiti in bella mostra.
«Contaci. Ci divertiremo un sacco insieme».
Non c'era nulla di rassicurante in quella risposta.
Sentendosi al pari di un cane che veniva trasportato contro la sua volontà dal veterinario, Takemichi poggiò le mani contro i vetri e osservò Kazutora e Chifuyu salutarlo – seppur non potessero vederlo – dal vialetto di casa mentre si facevano sempre più piccoli e la macchina avanzava fin troppo velocemente verso l'ignoto.
«Mamma e papà ti hanno spiegato cosa devi fare?».
La domanda ironica dell'autista lo riportò in sé; si sistemò meglio contro il sedile, ormai protestare non sarebbe servito a nulla, almeno la paga gli avrebbe permesso di vivere serenamente per un mese, forse due se avesse mangiato ramen in scatola per trenta giorni.
«Mi hanno detto che a questo tizio serve un accompagnatore».
«Si chiama Manjirou Sano».
«Lui, certo» tossicchiò, provando ad allentare il colletto della camicia con due dita. «Devo solo fingere di stare insieme a Manjirou-san il tempo di una cena, giusto?».
«Giusto».
«Niente di più?».
«Niente di più».
A Takemichi non stavano piacendo le risposte accondiscendenti di Baji, sembrava sull'orlo delle risate. Anche lui. Da quando era iniziata quella storia attorno s'era creata un'atmosfera strana, come se solo a lui mancasse un tassello essenziale per capire cosa stava succedendo realmente.
Intercettò di nuovo l'occhiata spensierata e profondamente divertita dell'altro, stava per distogliere lo sguardo quando lo sentì affermare: «Stai meglio con i capelli scuri».
«Cosa?» biascicò sorpreso.
«Quel biondo piscio non si poteva proprio vedere, che ne dica quell'imbecille. Il colore del sole un cazzo» bofonchiò, offeso come se stesse ricordando una qualche conversazione passata.
«Non credo di capire, è la prima volta che ci vediamo...».
Takemichi non poteva di certo essersi dimenticato un tipo come Baji: pareva pronto a prenderlo a cazzotti da un momento all'altro, anche mentre guidava.
Lui scoppiò a ridere e annuì con forza, «È vero, ma anch'io facevo parte della Toman,» si corresse all'istante «ne faccio parte».
«La... Toman...» ripeté imbambolato, gli ci volle qualche attimo per processare. In effetti era logico, se quello era l'ex ragazzo dei suoi amici doveva per forza averli conosciuti in quel modo ai tempi.
D'improvviso il sedile cominciò a sembrargli più scomodo.
«N-non si era sciolta quand'eravamo ragazzini?» provò a chiedere.
«All'incirca,» Baji scrollò le spalle «noi membri fondatori lavoriamo ancora insieme, tranne Kazutora... in fondo non possiamo pretendere molto da Mikey».
L'invincibile Mikey. Giusto, era lui il capo della Tokyo Manji.
Takemichi ci mise all'incirca un minuto per collegare i puntini, e quando ci riuscì non avrebbe mai voluto farlo; con disperazione crescente s'aggrappò al sedile del guidatore e sporse il viso rosso verso Baji: «Dimmi che la Toman non c'entra nulla col mio falso appuntamento, ti prego!».
«Sei scemo? Vuoi farci morire?» con una gomitata lo rimise al suo posto, «Cerca di non dare di matto quando incontrerai Mikey, cazzo, sembri un criceto che sta per avere un infarto».
Il quantitativo di lacrime che aveva accumulato ai lati degli occhi avrebbe potuto allagare l'intero abitacolo; posò le mani in faccia e scosse la testa.
«Non può essere vero, Chifuyu non può avermi fatto questo! Mi ha dato in pasto al mio peggior incubo!».
«Incubo?» il tono in cui lo disse trasudava indignazione, «Sei in debito col capo!».
«E per cosa: avermi rovinato la vita?».
Se doveva morire tanto valeva liberarsi di qualche peso.
Baji si fece silenzioso, era chiaro fosse furioso, eppure continuò a guidare dritto per la loro strada in modo impeccabile; solo dopo diversi minuti ruppe il silenzio: «Non è colpa di Mikey se anche dopo averti liberato di Kyomasa sei rimasto un codardo».
Takemichi stava per ribattere con qualche altra lamentela, ma quelle parole lo disorientarono. «Di che parli? Kyomasa si è trasferito, altrimenti avrebbe continuato a tormentare me e i miei amici fino alla fine della scuola».
«Trasferito?» ripeté, così confuso da mettere a disagio Takemichi.
«Certo! Kisaki mi ha detto che Mikey era molto infuriato quando hanno dovuto sospendere i combattimenti cland-»
«Mikey non ne sapeva un cazzo dei combattimenti clandestini! Nessuno lo sapeva! Non finché tu piccolo verme non hai attirato la sua attenzione, allora ha pestato Kyomasa fino a fargli sputare sangue e lo ha costretto a scomparire!».
«Eh?!».
Baji fermò improvvisamente la macchina, Takemichi cercò di guardare fuori dai finestrini oscurati, almeno finché l'altro non slacciò la cintura e si voltò minaccioso verso di lui, ad un centimetro dal suo naso.
«Perché non hai più subito bullismo dopo Kyomasa?» la voce bassa e roca prometteva dolore se si fosse azzardato a squittire una protesta.
«Io...» abbassò lo sguardo «al liceo ho conosciuto Chifuyu e...».
«E Chifuyu faceva parte della Toman».
Takemichi si morse il labbro inferiore, «Non credo di capire».
Mortalmente frustrato Baji passò la mano fra le lunghe ciocche corvine, «Non devi capire. Tutto ciò che devi fare è sorridere e assecondare il tuo cliente, puoi farlo?».
Takemichi annuì, lentamente. «Lo farò».
Era soltanto una cena, nulla poteva andare storto. E se quella storia di Kyomasa si fosse rivelata vera e non i deliri di un folle troglodita, forse Manjirou Sano non era poi così spaventoso come lo aveva descritto Yamaguchi al liceo.
Diversi minuti dopo il silenzio asfissiate calato all'interno dell'abitacolo giunsero a destinazione; il percorso diretto ad una villetta persa nel mezzo d'un raro panorama bucolico nella prefettura di Kanagawa era notevolmente illuminato da lampioni, assieme a lanterne di carta di riso, e dall'interno dell'edificio proveniva un vociare decisamente – troppo – numeroso.
Takemichi avrebbe tanto voluto scappare o farsi inghiottire dal terreno.
Baji lo squadrò fra il divertito e il compiaciuto quando s'aggrappò con disperazione alla manica della sua giacca; probabilmente era una specie di sadico che adorava guardarlo morire d'imbarazzo e ansia. Almeno sembrava tornato giocoso e ben disposto nei suoi confronti, il che lo preferiva allo scintillio di violenza e irritazione che aveva attraversato le pupille rossicce poco prima.
«Calmati, è solo una festa di compleanno» disse con una scrollata di spalle.
Forse era impallidito talmente tanto da suscitare persino la pietà di Baji. Era probabilmente una reazione esagerata, ma Takemichi non usciva da anni e credeva di essere squallido, fuori posto, irrimediabilmente brutto e poco interessante per stare in mezzo a quel rango di persone. Come se chiunque potesse vedere il fallito che era.
Scosse la testa, poi chiese per distrarsi: «Chi è il festeggiato?».
«Pahchin, il tizio corpulento là in fondo» lo indicò mentre continuava a spingerlo ad avanzare e si lasciava sfuggire qualche spiegazione in più, «La sorella minore di Manjirou, Emma, ha organizzato la festa e minacciato il capo di combinargli lei un appuntamento se, ancora una volta, si fosse presentato da solo. Così Haruchiyo gli ha suggerito di... beh, affittare un ragazzo».
«Perché proprio io?» sussurrò.
Baji rise di gusto, ma non rispose, guardandolo di nuovo come se Takemichi non riuscisse a vedere l'enorme insegna al neon che aveva al posto della faccia.
Sarebbe stata una lunga notte, e non era neppure iniziata.

 

Angolino:
Gli aggiornamenti non saranno regolari, non sono neppure certa continuerà, prendetela come un esperimento.
Grazie di essere passati di qui! 

   
 
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