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Autore: hart    23/06/2022    0 recensioni
Regina stringe un accordo con l'Oscuro per sfuggire alla vita che sua madre ha progettato per lei, ma di certo non pensava di finire in un mondo così bizzarro...
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Daniel era morto.
Regina non riusciva a crederci.
Sua madre l’aveva ucciso, e poi l’aveva trascinata a palazzo per sposare il re. Due giorni e si sarebbe celebrato il suo matrimonio.
Calde lacrime le rigarono il viso mentre, chiusa nella sua stanza, tremava di terrore. Non voleva questa vita. Voleva solo tornare indietro e fuggire con Daniel, lontano, al sicuro. Felici. Avrebbero dovuto essere felici, e invece…
Cora entrò nella sua stanza e lei scattò come una molla.
«Non devi piangere, il re non può vederti così.»
Regina trovò a stento il coraggio di parlare.
«Non farmelo sposare, ti prego!» singhiozzò. Cora le ricolse uno sguardo carico di disgusto.
«Datti un contegno. Una regina non mostra mai le sue debolezze.»
«Non voglio sposarlo, madre, ti prego!»
«È la cosa migliore che potesse capitarti. Non capisci che voglio che tu abbia una vita splendida?»
«Avevo una vita splendida, con Daniel!» le urlò contro tra le lacrime, fregandosene, per un momento, delle conseguenze.
Cora si inalberò.
«Avresti avuto una vita misera! Tu non hai idea di cosa significhi vivere in povertà, essere umiliata ogni giorno da chi ha più potere solo per nascita! Sei una principessa, Regina, non puoi abbassarti a sposare un popolano!»
«Io lo amavo, ero felice con lui. Non voglio essere una principessa!»
«Sei nata principessa, Regina. E, credimi, quando ti saresti resa conto che non avevate denaro a sufficienza neanche per un pasto, l'amore sarebbe svanito. L'amore è un'illusione, Regina. È una debolezza che porta solo dolore e miseria.»
«Non mi interessa il denaro, non mi interessa la corona e non voglio diventare regina!»
Cora la guardò con disprezzo. «Non sai quello che dici. E ora preparati per la cena.»
«No» disse, ferma, incrociando le braccia sotto il seno.
Gli occhi di Cora lampeggiarono di rabbia a stento repressa. 
«Non farmelo ripetere.»
«NO» ringhiò nuovamente. Non sapeva da dove le venisse il coraggio di ribellarsi, ma eccolo lì, come una fiamma accesa al centro del petto. E fu un errore.
Con un gesto, Cora fece apparire un vestito sontuoso addosso alla figlia e poi la sollevò in aria. 
«Resterai lì finché non sarà ora di cena» sentenziò prima di uscire. 
Regina scalciò come una forsennata tentando di liberarsi nonostante non ci fosse niente di visibile a trattenerla. La morsa della magia della madre non era dolorosa, ma opprimente, e stare sospesa in aria con quel corsetto a stritolarle il busto le toglieva il fiato. Non ci mise molto ad esaurire le forze. Si afflosciò come un burattino con in fili laschi, sospesa in aria, gli occhi gonfi e rossi per le lacrime versate.
Quando, un’ora dopo, l’incantesimo si sciolse depositandola delicatamente a terra, si accasciò sul pavimento.
Si asciugò le lacrime mentre due serve venivano a prenderla per scortarla al banchetto.
Gli ospiti, insieme a Cora e Henry la aspettavano a tavola, lei dritta come un fuso e di un’eleganza impeccabile, lui con le spalle curve e intento a bere un abbondante calice di vino rosso.
Cora le indirizzò uno sguardo severo. 
«Spero che tu abbia avuto modo di riflettere.»
Regina abbassò lo sguardo e annuì sedendosi accanto al re, troppo stanca per essere altro che remissiva.
Cora le rivolse un sorriso finto e si rivolse al re con il suo tono ossequioso. 
«Come sta vostra figlia?»
«Molto bene» sorrise il re, e guardò poi Regina. «State bene mia cara?»
La giovane annuì, senza guardarlo
Cora la fissò in silenzio.
«Non avete appetito?» insistette Leopold.
Regina rimase in silenzio. Cora mosse le dita sotto al tavolo, scagliando una piccola fitta di avvertimento alla figlia. 
Regina sobbalzò appena, strinse i denti e poi rispose.
«Scusate, sono solo nervosa.»
Cora riprese a mangiare con tutta calma, bocconi piccoli, misurati. 
«Parlatemi dei vostri programmi per le nozze, vi prego» disse al re.
 
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Una lacrima solcò nuovamente il suo viso, la nausea l’assalì. Mancava ormai solo un giorno al matrimonio. Regina camminava per il giardino innevato nonostante il freddo, non c’era nessuno, solo lei. Si fermò tra gli alberi, nascosta alla vista anche a chi si fosse affacciato dalle finestre del castello. Prese da sotto il mantello il libro di sua madre, un tomo pesante e rilegato in pelle nera e metallo, con una strana stella sul dorso impreziosito da piccoli, luccicanti rubini. Lo aprì, faticando a tenerlo in mano. Sfogliò le pagine spesse e ingiallite dal tempo fino a ritrovare il capitolo che aveva attirato la sua attenzione.
«Rumple... Rumplesticki» provò a dire.
Una risata inquietante risuonò alle sue spalle, così improvvisa e stonata da farle venire i brividi. Si voltò di scatto, nascondendo istintivamente il libro, il cuore in gola.
«È Rumplestiltskin, mia cara» la corresse l’individuo che stazionava a pochi passi da lei. Lo aveva scambiato per un uomo, per un momento. Non lo era. La sua pelle era rilucente di scaglie, le sue iridi troppo grandi, spaventose. Ed emanava… qualcosa. Come una sensazione di insetti che brulicano sulla pelle. «Ma non preoccuparti, fanno tutti confusione la prima volta.»
Regina deglutì, cercando di mostrarsi forte, coraggiosa, anche se il suo primo istinto era stato quello di scappare a gambe levate. Ma era lì per un motivo. Aveva rubato il libro per un motivo. Aveva invocato quel nome per un motivo.
«Siete un mago?»
Lui rise di nuovo.
«Qualcosa di più. Sono il Signore Oscuro. Di solito chi pronuncia il mio nome, o ci prova, lo sa...»
«Voi siete stato il maestro di mia madre» disse lei, quasi un’accusa. Lui agitò le mani e inclinò la testa di lato, avvicinandosi di un passo saltellante. 
«Cora ha imparato qualcosina da me, sì.» I suoi occhi inumani si piantarono su di lei. Il modo in cui aveva pronunciato il nome di sua madre, come se non valesse nulla, la fece rabbrividire. «Ma ora non importa. Ciò che conta ora è: tu cosa vuoi, principessa?»
«Non voglio essere una principessa» dichiarò subito, senza neanche doverci pensare.
«Oooh, bene, bene...» L’Oscuro le girò intorno, osservandola. Non era alto, eppure sembrava sovrastarla. «E come pensi di rinunciare al tuo titolo?»
«Siete potente, voi potete tutto: aiutatemi» rispose Regina, più sicura.
Le si fermò davanti e le sorrise mostrando una chiostra di denti marci. 
«Ma certo che posso. La domanda è: perché dovrei?»
Regina sostenne il suo sguardo.
«Farò qualsiasi cosa.»
Il Signore Oscuro ghignò.
«Ovviamente. Tuttavia dovresti darmi qualcosa in cambio, qualcosa che mi interessi... e cos’hai da darmi, tu?»
La sicurezza di Regina vacillò.
«Oro, gemme…»
L’Oscuro agitò una mano.
«Posso crearle dal nulla.»
La principessa esitò, poi la verità le piombò addosso insieme allo sguardo dello stregone.
«Non ho niente» ammise. «Ma, vi prego, aiutatemi» implorò.
Rumplestiltskin la fissò, rimase in silenzio per qualche istante. Poi fece apparire una pergamena dal nulla e le porse una penna. 
«Ti aiuterò, ma mi dovrai un favore. Accetti?» chiese sorridendo.
Regina lo guardò, poi prese la penna. Cosa aveva da perdere? Daniel ormai era morto, non aveva più niente di cui le importasse. E così, firmò il contratto.
L’Oscuro emise una risata di vetro scheggiato e i suoi occhi scintillarono mentre faceva sparire il contratto firmato. Con un ampio gesto del braccio e portando una gamba ad incrociarsi dietro all’altra fece una riverenza.
«A presto, Regina.» Le sorrise e agitò la mano ancora sollevata, e una nube scura avvolse la principessa.
«Dove vai» urlò lei nel vento improvviso. «Devi portarmi via da qui!»
«Oh, mia cara» disse lui «lo sto facendo.» La nube la avvolse completamente e la portò nella foresta, davanti ad un portale spalancato su un piccolo lago tra gli alberi.
Regina spalancò gli occhi, la paura a farle martellare il cuore contro le costole.
«Che devo fare? Cos’è?»
Rumplestiltskin non c’era, ma il portale scintillava e pareva pulsare, come se la chiamasse ad avvicinarsi. Non appena lo fece, la superficie iridescente si espanse, risucchiandola e spegnendo le sue urla.
 
   
 
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