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Autore: Robin Stylinson    24/06/2022    0 recensioni
Venerdì 31 gennaio 2020, Rivermountain, Wyoming.
Elisabeth viene assassinata nella sua farmacia e il colpevole sembra aver sistemato malamente la stanza per inscenare una rapina andata male. Il detective Christian Wood si ritrova ad indagare sui segreti di una piccola cittadina sperduta in mezzo alla campagna. Nessuno sembra essere colpevole ma tutti hanno un segreto da nascondere che li collega alla vittima. Si uccide per amore, per soldi e per vendetta, ma Elisabeth per cosa è morta? Forse il passato è tornato a bussare alla porta e la vittima non ha potuto fare altro che aprirgli e pagare il suo debito.
Genere: Mistero, Noir, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sabato 1 febbraio 2020
Un giorno dopo l'omicidio 

Il sole entrava timido dalle finestre della baita mentre Wood era ancora disteso a terra. Un frastuono assordante interruppe la quiete facendolo sobbalzare ancora addormentato sul pavimento: aveva dormito senza nessun intoppo L'uomo scattò in piedi intontito e cercò di capire da dove provenisse quel rumore strepitante che non voleva tacere quando realizzò che doveva essere il cellulare: non ricordava dove l'aveva lasciato la sera prima e i fumi dell’alcol non lo aiutavano. Wood non riusciva a tenere gli occhi aperti e i piedi saldi per terra e, con gesti sconclusionati, iniziò a buttare all’aria tutte le foto che c’erano sul pavimento senza trovare nulla. Si avvicinò poi al letto con un balzo incerto che lo fece quasi inciampare nelle sue stesse caviglie, alzò le coperte e i cuscini ma constatò che anche lì vi era traccia del cellulare, poi, un ricordo non troppo lucido gli diede la forza per prendere un respiro profondo e ricomporsi: il telefonino era nel borsone. Lo aveva ficcato lì insieme al portafoglio prima di salire a bordo dell’aereo e poi non lo aveva più preso, si era detto che tanto non lo avrebbe  chiamato nessuno,  non ci sarebbero stati  messaggi, SMS o vocali in segreteria. 
Wood l'aggeggio infernale tra le mani e constatò che il numero sullo schermo non era memorizzato in rubrica. Alzò gli occhi al cielo e sbuffò, riconobbe il prefisso della città e contò fino a tre prima di decidersi a rispondere svogliatamente.
«Pronto?»
«Christian, sono lo sceriffo Doe. Mi servirebbe il tuo aiuto.»
«Che cosa è successo?» Chiese Wood pigro e con voce piatta. 
«C’è stato un omicidio.»
«Un omicidio? A Rivermountain?» Wood era incredulo e allo stesso tempo divertito. «È uno scherzo, vero?» disse poi accennando una finta risata.
«Purtroppo no.»
«Ed io cosa c’entro con tutto questo?» Wood era tornato serio, voleva riagganciare e tornare a dormire, gli occhi si erano fatti pesanti e in testa gli martellava una forte emicrania.
«Tu sei uno dei detective più famosi d’Italia, vorrei che mi aiutassi con le indagini.»
Christian trasalì. Come faceva a dirgli che era stato licenziato? Sicuramente Doe avrebbe voluto sapere anche il motivo della perdita del lavoro ma Wood non poteva dirglielo, il disonore non faceva parte della famiglia e tantomeno di quella città troppo rispettabile perché avesse un assassino in circolazione.
«Scusami, ma io…» cercò di dire Wood ma fu interrotto immediatamente dall’interlocutore che stava dall’altra parte del telefono. 
«Io non me ne intendo di omicidi, siamo una cittadina tranquilla, qua non ci sono nemmeno furti. Mi devi aiutare, è nostra responsabilità proteggere il nome di Elisabeth» concluse Doe.
«Elisabeth?»
«È morta.»
Dopo le ultime parole dello sceriffo, Wood riattaccò senza nemmeno salutare, s’infilò il telefono nella tasca dei jeans e, fregandosene del fatto che indossasse ancora i vestiti della sera prima, si precipitò fuori per prendere la moto. 
Prima di salire in sella, sentì il telefono vibrare nella tasca posteriore dei pantaloni e decise di guardare se fosse ancora Doe: un messaggio dello sceriffo diceva di recarsi in farmacia, il luogo del delitto. 
Wood era ancora leggermente annebbiato dall’alcol e ringraziò mentalmente il capo della polizia per avergli detto dove doveva andare perché lui non ci aveva nemmeno pensato, era partito in quarta senza avere tutte le informazioni. Doveva rimettersi in riga e pensare a lungo prima di agire: non aveva più il distintivo da detective ma era certo che ciò non eliminava totalmente le sue capacità investigative. Forse lo scotch poteva inibirle per qualche ora ma a Wood bastava mandare a quel paese i postumi e concentrarsi. 
Quando  arrivò alla farmacia il mal di testa si era fatto martellante, avrebbe voluto bere un po’ di acqua ma non era né il luogo né il momento per farlo. 
Una folla di curiosi, tutti paesani, era accalcata fuori dalla piccola farmacia, al suo interno vi erano due ombre che aleggiavano leggere nell'aria e Wood si chiese chi fosse la persona che volteggiava attorno alla figura di Doe nel locale.
Il detective cercò di farsi largo tra le persone per raggiungere lo sceriffo e quando riuscì a entrare dalle porte scorrevoli della farmacia, lo vide subito: il corpo di Elisabeth era per terra coperto da un lenzuolo bianco che percorreva tutte le sue curve lasciando ciò che era successo all’immaginazione dell’ex detectiveIl detective cercò di farsi largo tra le persone per raggiungere lo sceriffo e quando riuscì a entrare dalle porte scorrevoli della farmacia, lo vide subito: il corpo di Elisabeth era per terra coperto da un lenzuolo bianco che percorreva tutte le sue curve lasciando ciò che era successo all’immaginazione dell’ex detectiveIl detective cercò di farsi largo tra le persone per raggiungere lo sceriffo e quando riuscì a entrare dalle porte scorrevoli della farmacia, lo vide subito: il corpo di Elisabeth era per terra coperto da un lenzuolo bianco che percorreva tutte le sue curve lasciando ciò che era successo all’immaginazione dell’ex detective. Wood non salutò né Doe né la ragazza al suo fianco ma si limitò ad abbassarsi all’altezza del cadavere per sfiorare con le dita il lenzuolo. Alzò un lembo di quello straccio bianco e guardò in faccia la vittima: sembrava riposare in pace, la faccia era rilassata e non aveva più quel rossore che l’aveva sempre caratterizzata. Il viso era pallido, freddo, le occhiaie blu erano accentuate, gli occhi chiusi e le labbra carnose non erano più così tanto belle come una volta. Wood, nonostante sapesse che Elisabeth era morta da diverse ore, decise lo stesso di appoggiarle due dita sul collo per sentire la mancanza del battito cardiaco. La sua esperienza gli aveva insegnato che niente è scontato, tutto può succedere e non va lasciato nulla di intentato, anche se sembra poco importante, come guardare negli occhi la vittima. 
L’odore della morte aleggiava nell’aria e Wood l’aveva sentito così tante volte che ormai ci aveva fatto l’abitudine. 
La farmacia non sembrava disordinata: sul pavimento vi erano diverse siringhe, la borsa della vittima svuotata per terra e alcune tracce di sangue che ad una prima analisi sembravano apparterese esclusivamente ad Elisabeth ma non era da esclusere l'eventuale appartenenza ad una pesona ancora ignota e sospettata. 
Wood fece il punto della situazione provando a collegare tutti gli elementi per avere un quadro chiaro della situazione. 
«Deve essere morta ieri sera tra le sette e le undici, molto indicativamente» disse Wood coprendo nuovamente il cadavere con il lenzuolo per poi alzarsi e girarsi verso Doe. 
«Non so come si conduce un’indagine per omicidio, ma ho visto molti polizieschi» rispose Doe toccandosi il cappello.
Wood annuì e trovò quell'affermazione fuori luogo.
«È una cittadina tranquilla questa, l’assassino non credo sia stato uno di loro» continuò poi Doe. 
«Fidarsi è bene…» disse di rimando la ragazza accanto allo sceriffo. 
Wood si girò verso di lei con fare interrogativo, come a chiederle chi fosse e perché aveva parlato senza che nessuno le dicesse che poteva farlo, poi si ricordò della seconda ombra volteggiante che vide prima di entrare nella farmacia. 
«Sono Storm» disse la ragazza allungando una mano verso l'agente. «Sono il vice sceriffo.» Wood guardò la mano destra della ragazza ma non la strinse. 
«Ha ragione» continuò poi il detective tornando a guardare Doe. «…Non fidarsi è meglio.» 
Storm abbassò la mano, delusa per il mancato gesto di piacere da parte di Wood. 
«Cerchiamo definire e precisare gli aspetti principali della vicenda.» Wood prese posizione con tono autorevole. «Abbiamo il range di tempo in cui l’hanno uccisa. Adesso dobbiamo capire chi è stato, il perché e il come. Non per forza in quest’ordine.»
Storm si attivò subito e cercò di creare il quadro più completo dell’omicidio cercando di informare Wood su tutto quello che avevano scoperto con le indagini preliminari: nulla era stato rubato dalla cassa, la vittima era stata colpita ripetutamente all’addome, i polsi e le caviglie riportavano dei segni di abrasione creati dallo sforzo della vittima per liberarsi dopo essere stata legata e accanto al corpo erano state rinvenute delle strisce di tessuto ricavate dal camice della vittima usati per fermarle gli arti. Inoltre, sparpagliate per terra, avevano trovato diverse pastiglie, psicofarmaci, tutte provenienti dallo stesso flacone, uno spray al peperoncino, il cellulare di Elisabeth e diverse siringhe vuote. 
«Avete già un medico legale?» chiese Wood alla fine di tutto il riepilogo.
«Chiamerò lo sceriffo di Blawind, lui saprà aiutarci» rispose Doe. 
«Perfetto» continuò Chris. «Adesso, signorina Storm, imbusti tutte le prove e poi le porti in centrale, quando avrà finito ci occuperemo di mandarle al laboratorio.»
La vice sceriffo annuì.
«Mi raccomando: un sacchetto per ogni prova anche se è piccola o insignificante. Non si deve contaminare niente. E indossi un paio di guanti.» 
Storm annuì di nuovo per poi andare a prendere i guanti di lattice proprio dietro il bancone della farmacia mentre Christian si girò verso Doe.
«Lei ed io, sceriffo, inizieremo con gli interrogatori.»
«Da chi vuoi partire, Wood?»
«Dal sospettato principale, ovviamente.»
  
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