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Autore: robyzn7d    24/06/2022    4 recensioni
Usop si spinse in avanti con la schiena, stanco di quei giochi che lui vedeva chiarissimi adesso, mentre loro, e soprattutto lui, Zoro, non ci riusciva. L’orgoglio lo divorava e non era capace di scorgere le sfumature, o forse, non voleva più scorgerle.
E, quando vide l’espressione confusa su quel viso minaccioso, non seppe proprio più che pesci prendere.
“Ma non capisci?”
“Che cosa c’è da capire?”
“Nami potrebbe ricattarci tutti, ma ricatta solo te!”
“E questo come dovrebbe farmi sentire, me lo dici?”
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, Sanji, Usop, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Non dire ricatto se non ce l'hai nel sacco 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Pensieri interrotti da chiacchiere stranianti. 
Lo scalpitare per un liquore invecchiato, chiuso in un sapore bulicante che sapeva di tentazione. 
La morsa crudele di un destino da separati. 
 
Una luna silenziosa dentro una serata inquieta faceva da cornice allo scoppiettio del falò che si era scoperto essere un ideale accompagnatore per la melodia nostalgica di Brook che, nonostante si fosse ripromesso di non accennare nemmeno a una nota di pacata tristezza nella sua musica, non era riuscito a trattenersi dal lasciarsi ispirare dal suo stato inequivocabilmente sconsolato.
Festeggiamenti rotti, stanchi, quasi sbiaditi. Non erano stati i primi e, certamente, non sarebbero stati gli ultimi, ma quel falò, e quel violino, avrebbero suonato insieme ancora, e ancora un’altra volta, su quell’isola deserta che avevano abitato per mesi, e da cui avevano avuto modo di salutare tutti gli altri compagni ora assenti. 
 
 
“Sei troppo tranquillo.”
 
Il prode capitano Usop, compagno fidato e leale, dal cuore indomito, e, soprattutto, la cui amicizia era un monito d’esempio per chiunque avrebbe seguito le sue orme, ora leggermente brillo, prendeva posto davanti a quel gran fuoco vivido e intenso, mettendosi comodo con le gambe stravaccate e le braccia lunghe che seguivano i bordi del legname, precedentemente da lui modellato a comodo schienale che faceva da appoggio alla sua muscolatura stanca. 
Fiondatosi sulla sabbia in un rumore sordo aveva destato l’amico seduto dall’altra parte di quella fiammata ardente, intento nel suo passatempo preferito: deliziarsi con le sue amate bevande. 
“Non dovrei esserlo?”
Immediatamente passato sulla difensiva, mentre strisciava il dorso della mano a pulirsi il muso dal liquore che gli sgorgava dai bordi delle labbra, Zoro aveva riservato al cecchino il suo famoso sguardo interrogativo, di chi ben sapeva cadere dalle nuvole. 
Usop sbuffò, e prima ancora di iniziare quella che sarebbe stata una innocente battaglia verbale, si sentiva già arreso.
“Lo so che avete litigato di nuovo…”
Concentrato per un solo attimo sullo scoppiettio, ipnotizzato dal colore del fuoco, che nei suoi pensieri rappresentava perfettamente l’amica a cui stava pensando, come se, in realtà fosse sempre presente, Usop scambiò con Zoro uno sguardo nostalgico che sapeva un po’ di ammonimento. 
“É già abbastanza triste vedere tutti questi posti vuoti…certo che se vi ci mettete anche voi due…”
“Quella é una despota incurabile!” Poggiando la botticella di sakè ormai consumata sulla sabbia, Zoro ne aprì immediatamente un’altra, tracannandone la metà in una sola mandata. 
Di nuovo a ripulirsi il muso con la mano, indifferente ad ogni forma di educazione, specie di eleganza, qualità che non gli apparteneva affatto. 
Anche Usop allungò una mano sulla sabbia prendendo una delle tante bottiglie sepolte nell’acqua di mare, aprendola con un nuovo attrezzo di sua invenzione che era spuntato fuori dal bracciale che aveva legato al polso. Con un sorriso soddisfatto di sé stesso, seguì l’amico, lasciandosi trasportare da quel piacere. 
 
Con ancora la melodia di Brook a far loro compagnia, con le onde del mare che s’infrangevano sulla riva così vicina, con il vento inesistente che non riusciva ad alzare nemmeno un capello dalla testa, un’altra serata di festa era quasi giunta al termine, una di quelle che speravano non sarebbe arrivata mai. 
 
Entrambi i ragazzi, soprappensiero, si voltarono quando sentirono dei piccoli passi confusi farsi sempre più vicini, scovando poi il piccolo Chopper, con gli occhi a forma di liquirizia rotonda sul volto, ondeggiare sulla sabbia, come fosse stato sbronzo, superare il falò con loro annessi, e crollare a pancia in sù a due passi dalla riva sulla sabbia più fredda. 
“Fa caldo…fa caldo!” la sua voce un eco lontano che risuonava nelle orecchie dei due osservatori, attenti, ma poco preoccupati.
“Il momento peggiore per lui di iniziare a bere? È questo!” Usop alzò in aria la bottiglia appena aperta, inclinata di poco in direzione della renna sdraiata a terra. “Resisti amico”, incitò, divertendosi per un attimo a discapito del piccolo dottore; ma quello del cecchino era però un sorriso amaro, e, quando se ne rese conto anche lui, riportò la bottiglia verso il basso, tenuta a mezz’aria dalla mano che si reggeva sulla coscia. Sospirò almeno una volta prima di riportarla alla bocca.
Zoro, che aveva seguito quei movimenti, e osservato bene il malessere del medico, venne attirato da quest’ultima frase, allontanando dalle sue labbra la bottiglia per più di qualche minuto per la prima volta dall’inizio della festa. “Il clima qua ormai è cambiato. Lo sai che quest’isola non é più adatta a lui…Quando avete intenzione di ripartire?”
Resosi conto solo in quel momento di non aver mai posto quella domanda ai suoi compagni, forse dandolo per scontato che anche per loro sarebbe successo a breve, o, forse poiché era rimasto così tanto su quell’isola da non porsi mai il problema, aveva attirato l’attenzione di Usop, che, di rimando, aveva alzato la testa per scontrarsi in uno sguardo che sapeva ma che ugualmente chiedeva. Il cecchino fece spallucce, concentrandosi su un nuovo sorso di Rum, per poi sgranchirsi una gamba rimasta bloccata, allungandola e agitandola sulla sabbia, per poi ripiegarla su sé stessa.
“Lo porterò a Drum e, se poi vorrà venire con me, mi seguirà a Syirup.”
“Quando?”
“Non é ancora il momento.”
Zoro alzò un sopracciglio, gettando un’occhiata al volo al piccolo dottore che ancora non riusciva a riprendersi, sia dal poco alcol ingurgitato ma, soprattutto, dal caldo, che gli rendeva impossibile mantenere la lucidità intatta. “Sei sicuro?” azzardò, sapendo perfettamente che quello che la renna doveva sopportare in quell’isola diventata tropicale era davvero un grosso sacrificio per via di quella sua pelliccia. 
“Devo stare ancora qua…per Nami” 
A sentire quel nome, il verde alzò il capo da Chopper ad Usop, trovandolo già con lo sguardo su di lui. 
Quella voce era diventata molto più seria d’improvviso. Forse, e di questo Zoro aveva il dubbio, Usop lo aveva fatto di proposito ad appropriarsi di quella profondità insolita, per avere così la sua attenzione, o peggio, una sua reazione.
Confusione, preoccupazione, inquietudine.
“Cosa significa?”
Non era riuscito a trattenersi dal chiedere, riportandosi però la bottiglia sulle labbra in un altro sorso vorace. 
“Qualcuno dovrà pensare a lei quando tu te ne sarai andato…”
Un colpo di cannone sparato alto e troppo in fretta. 
Ma non c’era bugia in quelle parole, così come nessun gioco o trabocchetto. C’era solo amicizia, la più leale, la più sincera. Seppur quello sguardo, quello sguardo sembrasse voler suggerire a Zoro qualcosa. 
“Guarda che quella sa cavarsela benissimo da sola” 
Continuava a bere e a guardarlo con serietà, senza aggiungere nient’altro, ma in attesa di una spiegazione esaustiva e anche rapida atta a colmare velocemente quella nuova curiosità. 
Il cecchino lo inquadrò spostare la bottiglia per mettere in mostra involontariamente quella smorfia diventata contrariata che gli aveva occupato il volto, per poi rispondere ironicamente, lasciando da parte il tono serio per un altro secondo di leggerezza.
“Lei si…, su di te, invece, ho qualche perplessità!” sdrammatizzò, continuando a sorseggiare lento. “Ti assicuro che nei prossimi giorni ci saranno tanti pezzettini di Nami su quest’isola!” 
Parole che aveva poi rilasciato nell’aria, come incaricato di un ruolo che non aveva chiesto ma che avrebbe mantenuto lo stesso. 
“Mi ha fatto arrabbiare, ma non ho alcuna intenzione di affettarla…” rispose beffardo, con uno strano sorriso addosso, di quelli però amari, di cui non c’era molto di che festeggiare. 
“Quando sei diventato spiritoso…?”
Ma lo spadaccino, riattaccato alla bottiglia, passava dal sakè al Rum, dal Rum al sakè, facendo scorrere in lui tutto il contenuto rimasto in un’altra unica mandata, e senza quasi più respirare. 
“Le si spezzerà il cuore!” 
“Quale cuore?”continuava ironico il verde, mantenendo il ghigno e il tono leggero iniziato dallo stesso cecchino. 
“Si, si” fece finta di apprezzare quella difesa, Usop, mentre si guardava intorno demoralizzato, in una presa forte ai suoi nervi che non aveva voglia di appesantire. Fece scricchiolare anche l’altra gamba, scalciando l’aria, per poi rimettersi comodo nella sua posizione precedente. Non prima di aver recuperato due pezzetti di legno di medie dimensioni per gettarli sul fuoco davanti a loro che faceva da divisore.
 
 
“Non s’é vista stasera, comunque” 
 
Zoro, a sentire quell’affermazione, non mutò nemmeno una virgola nel suo sguardo, già perfettamente conscio di tale informazione; anche perché non ci voleva poi tanto a rendersene conto, essendo rimasti sull’isola solamente in cinque nel totale.  
Alzò le spalle in segno di indifferenza.
“Starà contando i soldi delle nostre percentuali che si terrà per sé” 
“Zoro…é la tua festa d’addio…”
Usop lasciò scivolare la bottiglia non del tutto vuota sulla sabbia accanto ai suoi piedi, scuotendo la testa. Lo sapeva, lo sapeva che quella conversazione non avrebbe portato a niente. Le aveva provate tutte, ma cosa poteva funzionare per davvero, non lo sapeva. 
“Se la difendi così tanto, perché non vai tu a farti ricattare?!” 
Il verde aveva concluso con l’ennesima ‘portata’, anche se cercava ancora di far cadere le gocce del fondo della bottiglia sulla sua lingua, e questo seppur quel liquore non lo soddisfacesse affatto. In parte scoperto alla vista di Usop, poiché il fuoco si muoveva con la leggera brezza marina, aveva grugnito, seccato da quelle forse velate o forse inesistenti congetture che lo vedevano come il burbero della situazione, come quello che stava sbagliando, quando lei, tutto poteva essere, tranne che una santarellina immacolata. 
“Ha fatto il diavolo a quattro per la storia del debito che lei stessa ha montato, anziché comportarsi come una compagna dovrebbe fare…” 
“Ma tu non prenderla a male…”
Usop si spinse in avanti con la schiena, stanco di quei giochi che lui vedeva chiarissimi adesso, mentre loro, e soprattutto lui, Zoro, non ci riusciva. L’orgoglio lo divorava e non era capace di scorgere le sfumature, o forse, non voleva più scorgerle. 
E quando vide l’espressione confusa su quel viso minaccioso non seppe proprio che pesci prendere. 
“Ma non capisci?”
“Che cosa c’è da capire?”
“Nami potrebbe ricattarci tutti, ma ricatta solo te”
“E questo dovrebbe farmi sentire meglio?” 
Usop sbuffò. Piegato del tutto in avanti, con le braccia sopra le ginocchia, aveva perduto la postazione comoda per assumerne un’altra che lo rendeva molto più spavaldo. Una posizione da vero guerriero pirata, comandante dei mari, sicuro di sé abbastanza da tenere testa a quel testardo dell’amico.
“Ti è così difficile arrivarci da solo?”
“Vuole qualcuno che le salvi le chiappe e le faccia da servitore!” 
Indeciso se spingersi oltre oppure no, il cecchino optò per la prima opzione, dal momento che quella sarebbe stata l’ultima sera insieme, e più danno di così non avrebbe potuto fare. 
“Avrebbe obbligato Sanji senza nessuna fatica…se di questo si trattava. Ma l’ha lasciato andare. Ed era serena quando è partito. C’eri anche tu, no?”
Vide Zoro inchinarsi sulla sabbia per prendere l’ennesima bevuta, e una volta scovata, sorridere nel guardarla, contento di gustarsela tutta, mentre ignorava spudoratamente il compagno di quel viaggio ormai giunto al termine. 
“Ma…mi ascolti?”
Il verde allontanò l’occhio dal rum solo per un attimo, il tempo di osservare Usop di sottecchi mentre si rimetteva in piedi. 
“Se nomini quello lì… mi passa la voglia di starti dietro” 
“Uffa!” Il cecchino batté un pugno sul suo ginocchio. “Zoro! Per favore!”
Nella paura di vederlo defilarsi da un momento all’altro, per sfuggire da quella conversazione scomoda, lo vide invece riprendere il suo posto - con suo totale sollievo - vedendolo anche accavallare sfacciatamente in modo grezzo una gamba sull’altra rimasta piegata e stappare coi denti la bottiglia trovata nella sabbia sputandone via il tappo, con il volto dipinto improvvisamente di un sorriso ironico, di quelli che hanno voglia di scherzare, ma uno scherzo accompagnato da una complicata amarezza. 
“Mi sa tanto che quella ha fregato anche te, caro Usop. Ci gode davvero molto a sottomettere le persone…”
Facendosi volontariamente sentire da lui, ma in realtà, iniziava a prendersela con se stesso per essersi messo in mezzo, Usop aveva ripreso a sbuffare e scuotere la testa esausto da dover combattere lui quei muri invalicabili. 
“Quella del tuo debito é una scusa…” 
“Una scusa per avere un servitore!”
“…oppure, una scusa per tenerti accanto.” 
Lo guardò dritto in faccia con sguardo intenso, di quelli che difficilmente gli occupavano il volto, rimanendo serio e lucido, per cercare di trasmettergli la sua stessa sensazione, le sue stesse certezze. 
Zoro, ai suoi occhi, sembrava essere sprofondato da qualche parte dei suoi pensieri, forse caduto nell’imbarazzo per la sorpresa di quella rivelazione capitatagli senza azionare per tempo il paracadute. Aveva anche immediatamente grugnito come autodifesa per avercelo spinto con la forza in quel baratro, mentre un colorito rosso gli aveva invaso il volto nello stesso momento.
“Ma piantala!”
“Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire…”
“Ma figurati se…”
“Se?”
Zoro sbuffò senza più rispondere, riprendendo a guardare la bottiglia di vetro che aveva tra le mani. In un attimo si rese conto che per tutta la sera aveva bevuto qualcosa che non era stato di suo gusto, qualcosa che aveva un diverso sapore, qualcosa che non era più buono come prima. 
Ancora. Era successo ancora. 
“Hei Usop, se é vero che é la mia festa d’addio, alza un po’ quella bottiglia e bevi in mio onore…”
 
 
Il moro l’aveva poi finito quel Rum, seppur non avesse raggiunto nemmeno un quarto dell’alcol che adesso sostava nello stomaco dell’amico spadaccino, appoggiando la bottiglia vuota sulla sabbia insieme a tutte quelle che già giacevano a terra e che ora disegnavano un bel caos attorno al fuoco, lo stesso fuoco che aveva tutta l’intenzione di lasciarsi morire e non resistere ad illuminare il cielo fino all’alba, come invece loro avevano previsto. 
Usop aveva anche deciso di lasciare per un po’ lo spazio al silenzio, dando tempo a quel testone di riordinare le idee, sperando di aver innescato in lui qualcosa, o almeno, la voglia di provarci, la voglia di non arrendersi, la voglia di non partire, distruggendo così gli ultimi pronostici di Sanji. 
Lo vedeva bene ora, col fuoco più basso, mentre osservava la bottiglia che stringeva nella mano, senza però berne più nemmeno un goccio. Era immobile, e sembrava concentrato in un ricordo. 
Sapeva che lui non ne aveva il potere di farlo restare…solo una, tra loro, lo aveva, l’unica che però non lo stava usando. Troppo convinta che la scusa del debito da ripagare da parte di Zoro nei suoi confronti sarebbe stata una garanzia nel tenerlo al suo fianco ancora a lungo. Ma le cose per lei non erano andate così, soprattutto, quando qualche giorno prima, Zoro si era presentato da lei con "un sacchetto pieno zeppo di denari" tra le mani…
 
 
 
 
“E non potresti prendere i soldi che ti devo dalla quota del tesoro che mi spetta?”
 
Mentre a Zoro bastava dormire sotto le stelle, in tutte quelle notti passate sull’isola, Nami si era fatta costruire da Franky, prima che si separasse da loro, un vero e proprio piccolo accampamento con tutti i comfort. All’interno di un grande tendone aveva impostato la sua scrivania con le mappe, gli accessori per disegnarle, i giornali, e tutto ciò di cui aveva bisogno.
E, Zoro, lì si trovava, in quel momento, “a conferire” con lei, che da quando aveva saputo della sua prefissata partenza, non s’era vista troppo, nemmeno per fare le cose che condividevano tutti insieme, come cucinare, festeggiare, fare il bagno la sera…
“Non ti basterebbe una vita per quelli, te l’ho già detto”
Lo aveva fatto entrare però non lo degnava di uno sguardo, scrivendo e appuntando cose che lui non capiva su fogli bianchi un po’ sbiaditi, forse rovinati dalla salsedine. 
“E se ti dicessi che potrei comunque ripagarti quella somma?”
“Impossibile”
“Invece posso ripagare il mio debito.”
“Se tu avessi quel denaro, Zoro, sarei la persona più felice sulla terra…ma sono certa che non ne sei in possesso.”
Nami non fingeva, anzi, ne era certa di ciò che stava dicendo. Perciò, faceva la fredda, si, ma era anche dannatamente sicura di sé. 
Finché, quando lo sentì muoversi con passo rumoroso, non si agitò. E fu solo in quel momento che interruppe ciò che stava scrivendo, nel tentare di capire la situazione, e, con il respiro diventato corto, fu lì che lo vide prendere un sacchetto di un giallo sbiadito, che sembrava abbastanza capiente, che, da posato sulla sabbia, finì con un tonfo sulla sua scrivania, sotto ai suoi occhi. I suoi occhi che irreparabilmente s’impietrirono. 
“Il mio debito può considerarsi pagato!”
“Non é possibile…”
La osservò, Zoro, mentre era rimasta immobile nel guardare quel sacchetto con una strana luce negli occhi, una luce che sapeva di stupore, ma anche di una disperazione che lui non poteva capire in quel momento. Quasi che fosse sicuro di non sentirla più respirare. 
“Hai perso la lingua?”
Nami non parlava. Continuava a fissare quel sacchetto cercando e pescando nella sua mente la carta migliore da giocare per nascondere quella innaturale reazione che l’aveva mandata in crisi. 
“Che c’è, non lo apri?”
Approfittando di avere il coltello dalla parte del manico, Zoro continuava insistente, cercando di vederci più chiaro. 
“Bé, sono soldi…quindi” la sentì inghiottire con forza mentre le tremava la voce “é una bella notizia.”
“Dunque…”
“Dunque?” 
Ripeté lei in automatico guardando ancora il sacchetto che aveva davanti, avvicinandoci piano le mani ma senza riuscire a toccarlo.
“Dunque non ci sono più obblighi tra noi…”
A sentire quelle parole, Nami aveva ufficialmente smesso di respirare. Quella frase, quella frase a lei sembrava un insulto. 
In un attimo di finta ripresa, lei aveva adocchiato velocemente tutti i tesori che aveva accumulato e di cui andava tanto fiera, per poi tornare sul quel sacchetto con solo lo sguardo…e quel sacchetto lo detestava. Non riusciva a gioirne - non poteva gioirne. 
Cosa avrebbe significato per lei e per Zoro? 
Ma poi, pensava, come aveva fatto quell’idiota a racimolare così tanti denari in poco tempo? 
“Bene.”
Che Nami cercasse di fare la dura e avere autocontrollo nella sua innaturale freddezza, era chiaro come il sole per il verde, che davanti a lei, continuava a sghignazzare silenzioso. 
“Sei libero allora!”
“Non vuoi nemmeno contarli?”
“Lo farò più tardi.” 
Alzandosi, prese il sacchetto pesantissimo e lo gettò con rabbia dentro alla sua cassaforte mobile, ben sicura, chiusa con un codice che conosceva solo lei. Prese un bel respiro e fece per ritornare a sedersi, evitando in tutte le maniere di scontrarsi con lui, con quel suo sguardo indagatore, e, in quel momento, sicuramente vittorioso. Così, decise di passare al contrattacco, perché, in quel momento in quella stanza non ce lo voleva più vedere. 
“Sei ancora qua?”
Non lo aveva fatto davvero, ma era come se Zoro fosse lì fermo in piedi a scuotere la testa a destra e sinistra, totalmente allibito da quanto lei potesse fingere così dannatamente bene. 
Era offeso e ferito da lei, da quella che voleva continuamente sfruttarlo e trattarlo a suo piacimento. Aveva grugnito dalla rabbia per quelle azioni innaturali e fredde, e poi era uscito senza aggiungere altro a causa di quell’atteggiamento che non riusciva a sopportare. 
 
 
 
“…dovresti saperlo da solo che non te lo chiederebbe mai in modo gentile, o…beh, in modo normale...” 
“Chiedermi cosa?”
“Di restare…” 
“Usop, fatti un favore, lasciala perdere, lei e quei suoi giochetti” 
Usop lo aveva destato ancora una volta, scoperto un quel momento in cui la mente aveva vagato da qualche parte, in un ricordo forse spiacevole, forse doloroso, forse criptico e complicato. Così aveva deciso di gettare l’amo per l’ultimo tentativo. Non voleva vederlo partire così, colmo di enigmatica tristezza. 
“Perché invece non mi dici come mai stai andando via se in realtà non hai una meta da raggiungere? Non é che scappi?” 
“Scappare?”
Per poco non gli vide sputare via l’ultimo sorso di quell’alcol che aveva smesso di bere già da un po’, talmente lo aveva fatto rivoltare con quell’affermazione deludente. 
 
 
Vista l’ora tarda, e il cerchio alla testa che stava lentamente minacciando la sua lucidità mentale, il moro decise che era il momento giusto per andare a dormire, s’allontanò così dal falò, avvicinandosi a un Chopper addormentato, per poi caricarselo grezzamente sulla spalla. 
“…Nami userà anche dei mezzucci immorali, ma sta solo cercando di dirti qualcosa!” Aveva spolverato la sabbia da una gamba e poi si era voltato a guardarlo ancora, lasciando i suoi dubbi e suggerimenti forse all’uomo, forse all’aria. “Sei rimasto sull’isola tutto questo tempo per una ragione…” e, voltandosi verso il sentiero che conduceva alle loro tende, con un cenno con la mano, lasciò il fuoco, ormai giunto alla sua fine, e Zoro, completamente avvolti nel silenzio della notte. “Buon ritorno a casa, Zoro. Ma spero di ritrovarti qua domattina.” 
Il verde aveva ricambiato il saluto con un’alzata di mano, osservando l’amico allontanarsi per tutto il tragitto visibile. 
 
Rimasto solo, e, nonostante la quantità di alcol ingerita, totalmente sobrio, non era riuscito a fermare i suoi pensieri, che, rispetto al solito, si muovevano molto più velocemente nella sua testa, come galoppassero selvaggi, lasciandolo in subbuglio. 
Per Zoro, o lei era diventata una bugiarda migliore di quando l’aveva conosciuta, oppure Usop aveva frainteso ogni cosa portandolo sulla strada sbagliata. Portandolo ancora a scoprirsi per qualcosa che invece lo avrebbe solo che spezzato. 
Non negava che Nami tenesse a lui, era certo di questo, ma, e era certo anche del fatto che lei avrebbe potuto pure usarlo ancora e ancora, nel tempo, senza aprirsi mai, senza amarlo mai.
Zoro rovesciò sulla sabbia quel Rum senza sapore. 
Era ancora seduto davanti a quel falò. Si domandava, se con ingenua stupidità, stesse davvero ancora aspettando che lei si palesasse alla “ sua festa”.
Ad un’ora dall’alba, decise di alzarsi e fare un’ultima camminata su quell’isola. 
 
 
 
 
 
Con un gesto rabbioso ma istintivo, aveva gettato sulla sabbia parte di tutto ciò che sostava sulla sua scrivania, senza avere cura più di niente, nella totale confusione dei suoi sentimenti. Non poteva cedere proprio quando era riuscita ad arrivare lucida fino quel momento, ma soprattutto, non voleva. Eppure, sentiva le lacrime arrivare e fermarsi dietro agli occhi ed iniziare a bruciarle. 
Imperterrita, aveva continuato a trascinare tutto il contenuto a terra, non sentendosi soddisfatta nemmeno quando la scrivania si era rivelata vuota. 
Un rumore metallico improvviso le fece alzare il capo, spaventata, sapendo perfettamente cosa rappresentasse. Ogni volta che lui entrava nella sua tenda sbatteva inequivocabilmente le spade contro il legno che reggeva la fiaccola con la luce. 
Nami era come rimasta sospesa in un tempo e in uno spazio inconciliabili.
Lo vide chinato per raccogliere qualcosa da terra. E, infatti, Zoro, adesso, tra le mani aveva la bozza della mappa del mondo che lei aveva disegnato con passione tutti quei mesi che avevano passato lì. 
Lo osservò spolverarla dalla sabbia con una sorprendente cura, quasi con la stessa meticolosità e attenzione di quando si dedicava alle sue amatissime spade, premuroso a non danneggiarla in nessun altro modo, seppur quelle mani ingombranti e impacciate nulla avevano a che fare con quella carta sottilissima. 
“É bella” 
le aveva detto, pur consapevole di non capirne niente per quanto ci provasse, ma comprendendo lo stesso la difficoltà di quelle linee, di quella precisione, di quei dettagli, per via del lavoro che ci stava dietro e che aveva avuto modo di vedere sulle mani di Nami, quando rimaneva a (non) sonnecchiare accanto a lei che disegnava.
Avvicinandosi ad una navigatrice ancora immobile, con gli occhi sbarrati e le mani poggiate sulla scrivania vuota, aveva disteso la mappa su un lato, facendo in modo che non si piegasse su sé stessa. Il problema era che adesso si trovava troppo vicino al pericolo, faccia a faccia con la rossa, ancora a disagio per essere stata beccata a fare tutto quel casino.
“Hai lavorato duramente per disegnarla, sarebbe un peccato se”
“Che ti frega” non si trattenne, Nami, interrompendolo bruscamente, “dal momento che hai così tanta fretta di andartene perché perdi tempo in cose che non ti riguardano?!”
Seppur non volesse attaccarlo in quel modo dispettoso e avventato, non era riuscita a fare a meno di passare subito al dunque.
Lui aveva uno sguardo strano, di quelli che lei non sapeva decifrare, se non che, probabilmente, era pericolosamente pronto a dire o fare qualcosa di insolito. 
Lo vide inarcare subito un sopracciglio con le rughe della fonte farsi più evidenti.
Zoro aveva osservato tutto il caos intorno a lei, compreso quello che le aleggiava sulla testa come fosse stata una condannata a morte. 
La vide stringere i pugni per un misero secondo, in un’azione così naturale, da lei, ma che diventava innaturale tanto da insospettirlo, nel momento in cui sembrava imporsi di non mostrarsi. Infatti, gli stessi pugni tornarono aperti in una posa più normale quasi subito. 
Giratasi a raccogliere la sedia caduta all’indietro sulla sabbia, Nami era tornata a guardare la sua scrivania, senza però ancora riuscire a risedersi, con le mani più ferme ma con quegli occhi prossimi ad una crisi. Guardava quei foglietti, le mappe, i libri, non sapendo nemmeno più quale fosse il suo prossimo obiettivo, chi fosse, dove stesse andando e cosa stesse facendo. 
E, per un attimo, tutto era fermo, tutto era vuoto. 
Sperava che quella figura, la stessa che avrebbe voluto mai vedere partire sola da quell’isola non troppo lontana dal mare orientale, lasciasse velocemente la sua tenda, così da poter abbattere quella protezione che stava discretamente indossando. 
 
“Allora?”
 
Nami ebbe un sussulto quando quella voce le interruppe i pensieri. Lui era silenzioso come al solito, ma lei, normalmente più vigile, doveva davvero avere la testa per aria. Dopo aver immaginato di fare un bel respiro forte, come segnale di un riappropriarsi della sua maschera gelida, Nami aveva recuperato dei fogli dal pavimento riprendendo indifferente a scrivere. 
“Che cosa vuoi”
Si rese conto di non riuscire a controllare il tono della sua voce, che risultò immediatamente scorbutico. Ma Zoro era talmente abituato che ormai non faceva poi tanta differenza. 
“Hai poi contato bene tutti i soldi? Sei soddisfatta?”
“Si, ho un discreto bottino…”
Zoro, con le braccia incrociate al petto e lo sguardo di sempre, quello tra l’enigmatico e il severo, aveva alzato ancora di più quel sopracciglio, quasi fosse stranito dalla sua risposta, quasi che si aspettasse qualcos’altro, come una sfuriata. 
Nami non lo guardava, talmente era intenta a scrivere su un foglio le coordinate della penultima isola in cui erano stati prima di quella, anche se continuava a sbagliare e cancellare. La presenza di Zoro le rendeva tutto più difficile, anche se, e Nami lo sapeva bene, era da tutto il giorno che non ne scriveva più una giusta, come suggeriva il pavimento pieno di carta accartocciata.
Il verde si avvicinò alla scrivania, poggiandoci le mani sopra, tanto da farla riemergere con la testa da quei fogli, ma non eccessivamente da spaventarla. 
“Ma si può sapere che cosa vuoi?”
“Hai capito o no che ti ho ripagata?”
“Ho visto”
“E allora perché non hai ancora contato i soldi!” 
“Non ne ho bisogno”
“Guarda che è un modo come un altro per salutarci!” 
“Addio, allora!”
 
Niente, non voleva fare nemmeno un passo verso di lui, neanche uno. Continuava a scrivere, scrivere e cancellare sopra, con una forza in quel polso da far rabbrividire anche il più pericoloso dei pirati.
Zoro la conosceva abbastanza da aspettarsi questi simili comportamenti, ma non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivata a quel livello di freddezza nei suoi confronti. Erano compagni dopotutto! Come poteva essere così insensibile verso quella imminente partenza? Avevano condiviso tutto ciò che era importante, tutto ciò che valeva la pena di essere vissuto, eppure, evidentemente, non bastava per farla rinsavire da quella barricata invisibile e invalicabile che si era costruita davanti. 
Nonostante la rabbia, sospirò silenzioso, continuando a fissarla dall’alto. Vedeva le ciocche dei capelli rossi scivolarle continuamente sul viso, un viso teso e accaldato dalla rabbia di quel confronto e dal caldo tropicale dell’isola. Faceva la gelida, ma quel colorito sul viso non rispecchiava affatto quell’apparenza. La osservava mentre si mordeva il labbro inferiore, leggermente, come se si fosse per un attimo dimenticata di dover portare addosso una maschera. 
 
“Ti arrendi quindi?
 
Vide la punta della matita fermarsi sul foglio, con il palmo della mano che l’accompagnava rimanere immobile. 
 
“Arrendermi?” 
 
Zoro sorrise, nervoso, contento di aver ottenuto un minimo di attenzione. 
“Pensavo avresti trovato un altro modo per farmi fare qualcosa contro la mia volontà”
Quel suo sorriso si trasformò svelto in un ghigno infastidito, mentre guardava quella mano riprendere a muoversi e tracciare una linea perfettamente retta senza bisogno di attrezzatura. 
“Sbaglio o sei tu che vuoi non ci siano più obblighi tra noi?” 
Quel ghigno mascolino diventò sempre più stretto, seccato, irritato. 
“Ma dico sei seria?”
Lei lo ignorò.  
“Sei la donna più dispettosa che abbia mai incontrato”
“Per fortuna che non dovrai vedermi più!”
“Quindi hai capito che domani…”
“Forte e chiaro.”
Zoro tolse le mani dalla scrivania, senza però smettere di guardarla mai, aspettando il momento di vederla cedere, il momento in cui avrebbe finalmente alzato la testa e l’avrebbe affrontato faccia a faccia. Ma per un attimo, un attimo lunghissimo, gli venne il dubbio che invece non l’avrebbe mai fatto. 
Rimasero in silenzio per tutto il tempo di quel pensiero, di quella realtà…finché, lui, sbattendo le mani sul tavolo, e, appropriandosi di un ghigno divertito, ci riprovò ancora a stuzzicarla…
“Quindi è vero alla fine…”
“Che cosa?”
La voce di Nami era senza dubbio nervosa e tesa, come risultava anche in tutti quei piccoli movimenti del corpo.
“Sei una donna fredda…” 
La vide impietrirsi un secondo, per poi riprendere la stessa posa di prima. “A quanto pare è così” 
“E anche manipolatrice, meschina e…”
Alzato improvvisamente lo sguardo più ferito che Zoro avesse mai visto in quel volto, ma anche in nessuna delle persone in cui si era imbattuto, Nami lo strattonò per la maglietta, tirandone forte un lembo. “Di un po’, ci prendi così gusto a torturarmi?”
Sorrise, Zoro. Sorrise beffardo di averla finalmente costretta ad alzare il viso e guardarlo in faccia. Quella era una reazione, una reazione che voleva vedere in quel viso perfetto, in quegli occhi diventati nuovamente caldi. “Finalmente mi guardi, strega”
Ma, evidentemente, resasi conto di aver fatto un passo falso, Nami, aveva lasciato la rabbia per riprendere il suo stato di indifferenza, lasciando la presa su quella maglia e ritornando a non guardarlo. 
Non reagire. Non reagire. Non reagire. 
Si ripeteva queste parole inspiegabilmente come un monito salvavita da prendere alla lettera, consapevole che lui sarebbe stato capace di leggerle dentro, almeno, quando si trattava di lei che mentiva, sapeva prenderci sempre al volo. 
Decise di servigli il peggio. Doveva allontanarlo in qualche modo, doveva farsi odiare. 
 
“Ho capito che te ne vai. Buon viaggio!” 
 
Ma, senza nemmeno rendersi conto, Zoro si era avvicinato ancora, prima che lei riprendesse posto sulla sedia, incastrandola tra lui e la scrivania, appoggiando le mani su di essa, e chiudendola in quel - non - abbraccio. Le sue parole erano così dannatamente fastidiose, anche se non quanto il suo modo di fare, quello era tre volte peggiore; ma lui poteva farcela, lui poteva non caderci nelle sue trappole. 
“Ti costa così tanto?”
“Che vuoi dire”
Le sentì un rallentamento nella voce smorzata da quella situazione, da quella improvvisa fisicità. Forse stupita dal fatto che lui non se ne fosse andato anche dopo quelle parole indifferenti. 
I loro visi erano così dannatamente vicini, che Nami non poteva più sfuggirgli allo sguardo.
“- Voglio - che - tu- rimanga!” Separò volontariamente le parole una dall’altra, scandendole esageratamente. Parole che l’avevano immediatamente fatta sentire ancora più bisognosa di proteggersi. “È troppo difficile da dire senza usare sotterfugi?”
“Che cosa???!”
“Non é questo ciò che vuoi?”
“No!”
“Sei bugiarda!”
“Guarda che sei fuori strada!”
Nami cercava di arretrare da quello sguardo, da quel contatto, da quell’avvicinamento che le annebbiava la vista, ma non poteva, poiché dietro di lei ci stava la scrivania a bloccarle il movimento. 
“…sono solo stanca di queste separazioni, ma é tutto qua…”
“Hai ricattato solo me però…” 
quegli occhi che aveva addosso, quelle mani, sentirle non troppo lontano dai suoi fianchi, quell’idea che lui sarebbe andato via per davvero a costruirsi un’altra vita lontana dalla sua…no, non riusciva più a giurare il falso, a convincere qualcuno di qualcosa di cui lei per prima non era convinta. 
Stava cedendo. Nami stava cedendo davanti a quell’occhio che la guardava come se sapesse tutto. 
Zoro era andato dritto al punto. E lei era finta nella trappola delle sue stesse bugie. 
“Per-perché solo tu mi dovevi dei soldi.”
Era così vicino da sentirle il cuore battere. 
Un battito che aveva cambiato in fretta il ritmo. Fuori era fredda come una stalattite impiantata nel palmo della mano, ma dentro, dentro era più accesa di quei falò sulla spiaggia.
“E te la prendi solo con me” 
“Perché solo tu mi fai arrabbiare”
“E sono l’unico che non vuoi salutare”
“Ti sbagli, lo sto facendo adesso.” 
Più lui alzava la voce, arrogante e pieno di riserbo, e più l’alzava lei nelle risposte che esponeva come scontate. 
Lui la guardava tra l’eccitazione del momento, la voglia di scavare a fondo e l’offesa per tutto quello che lei gli faceva passare. Non era sicuro che gli avrebbe concesso una resa, che avrebbe ammesso la verità, anzi, purtroppo era proprio convinto del contrario. 
“Tutto qua?”
“Si, tutto qua…”
“Balle. Balle Nami!”
Zoro aveva fatto scorrere, in un gesto quasi involontario, di riflesso, la sua mano lungo il fianco di lei, coperto da quel vestito estivo inesistente, stringendone la stoffa e la pelle insieme, in una presa decisa. 
Non lo aveva mai fatto. Non aveva mai azzardato niente del genere. 
La guardava, e aveva letto uno strano stupore nei suoi occhi. La stava forse spaventando? Sorprendendo? 
Le loro labbra erano così vicine che, mosse quasi dalla forza dell’attrazione, dal magnetismo, dalla fisica, dalla logica, si sfiorarono appena. Senza rendersene conto, Zoro le aveva poggiato un dito sulla guancia con l’altra mano, la stessa guancia che si era tinta immediatamente di un rosso pallido. Nami cercava di restare impassibile a quei gesti inaspettati, ma senza successo.
Le labbra ancora vicine che si accarezzavano, titubanti, incerte, immobili, come fossero fatte di cristallo che avrebbe potuto spaccarsi da un momento all’altro. 
Nessuno dei due si muoveva, entrambi dolorosamente consapevoli della distanza che li avrebbe separati. Quel leggero sfregamento di labbra sarebbe potuto essere l’inizio di qualcosa, ma era talmente leggero che entrambi avrebbero potuto ancora tirarsi indietro. Vigeva la sensazione di qualcosa di labile, di effimero, che si sarebbe dissolto con la stessa velocità di come era comparso. Era troppo difficile da accettare, da vivere, da sopportare. 
E fu Nami, infatti, a rompere quel precario equilibrio, girando il volto, colta nell’imbarazzo più nero, ma forse, nella paura di cosa tutto ciò comportasse. 
Lei che voleva tenerlo vicino a tutti i costi, che non voleva perderlo, che non voleva separarsi da lui, per quanto ci provasse, era comunque restia ad arrivare ad una simile intimità. Forse, ci aveva provato qualche volta, o forse no. A lei era sempre bastata l’idea di averlo vicino, di ricattarlo se necessario, per averlo sempre intorno, ma le piaceva anche occuparsi di lui di tanto in tanto, tra sfamarlo e comprargli i vestiti, ma questo, questo la metteva in pericolo, questo non sapeva gestirlo, fuggiva al suo controllo. 
Zoro, ancora sorpreso da sé stesso per averci provato nel comunicare il suo sentimento, lo stesso che lui aveva imparato a capire, iniziava a rendersi conto che dall’altra parte non arrivava quella stessa identica voglia di sincerità, così, iniziava ad abbracciare l’idea che non avrebbe potuto più fare niente. 
Quando capì che non avrebbe trovato risposta, decise di lasciarla andare definitivamente - o quasi; non sapeva se l’avrebbe fatta uscire dal suo cuore, ma almeno dalla sua vita ci avrebbe provato. 
Facendo scivolare via le mani da lei, la guardò negli occhi un’altra volta, un’ultima volta, ma una morsa al cuore lo distrusse, non trovando quelli di lei ad aspettarlo.
Si stava arrendendo a quella finta freddezza? 
Non lo sapeva. 
Si sentiva oltraggiato per non essere stato ricambiato?
Forse. 
 
“Addio, Nami” 
 
Abbandonando tutto, e, prima di avere altri ripensamenti, aveva lasciato quella tenda dall’atmosfera diventata troppo insensibile, senza più voltarsi. 
Lei lo sentì sollevare quel piccolo strato di tessuto che faceva da porta e avanzare qualche passo verso il fuori. 
Nami sapeva che Zoro non sarebbe rimasto a subire ancora la sua crisi invisibile e i suoi freddi saluti, perciò, senza concentrarsi troppo su quanti passi avesse fatto, si distrasse dai rumori, sentendo solamente quelli dolorosi che aveva ora nella testa, che la martellavano ininterrottamente, senza riuscire a spegnerli.
 
 
 
 
 
 
 
La sabbia era fredda, mentre l’acqua che arrivava a bagnarle i piedi le regalò un senso tiepido, in un tepore di cui il suo corpo aveva bisogno e che infatti per un attimo fu in grado di risvegliarla da uno stato mentale diventato invivibile. 
Dopo aver percorso la strada dalla sua tenda alla riva, passando dall’acqua, aveva raggiunto la zona del falò, che, seppur meno scoppiettante e alto di prima, ancora sopravviveva, anche se a stento.  
E lei si sentiva esattamente così. 
Non c’era traccia dei compagni, ciò che era rimasto erano solo le prove dei “festeggiamenti d’addio”.
Bottiglie vuote e tristezza insoddisfatta.
Vide il solito fosso nella sabbia che serviva per tenere fresche le bevande, soprattutto in quel terreno dell’isola molto più freddo rispetto alle solite morfologie, e ci scavò appena dentro, per controllare se ne fosse rimasta qualcuna. 
E infatti la vide, sul fondo, l’ultima bottiglia. 
Ma non provò nessun sollievo. E, tirandola via, dal fosso, con due gesti secchi, andò a sedersi dove prima immaginava erano stati i suoi compagni, provando un dolore acuto allo stomaco, pensando che aveva sprecato per orgoglio l’ultima notte con Zoro. 
Impiegò diverso tempo per aprire la bottiglia, assaggiandone poi un rapido e bisognoso sorso. 
Tossì demoralizzata. 
Quel sapore era diverso. 
 
 
 
 
 
“Ecco dove eri finito”
Nami si era avvicinata con passo felino, ma lui l’aveva sentita arrivare da molto prima perché, e gli doleva ammetterlo, quella sera non aveva mai smesso di guardarla, anche da lontano. 
Era arrivata da lui con due boccali enormi pieni zeppi di Rum, consapevole di farlo felice. 
Zoro lo accettò senza aggiungere nulla, ma, a differenza del solito, aspettò un po’ prima di sorseggiarlo. 
Nami le si era seduta accanto senza fare complimenti, senza aspettare risposte, perché non ne aveva bisogno di inviti da lui. E il suo era un chiaro segnale che non lo avesse trovato per caso, ma che fosse andata a cercarlo per passarci del tempo insieme.  
Aveva tolto le scarpe con gli stessi piedi, lasciandosi cullare dalla morbida sensazione della sabbia sulla pelle. Indietreggiando con le braccia lunghe, si era rilassata, ispirando quella piacevole brezza che le regalava una sensazione di pace, in una piacevole compagnia, con cui non aveva bisogno di scambiare battute per stare bene. Doveva ammettere che odiava il silenzio da quando pian piano tutti i compagni li avevano lasciati, ma quando aveva Zoro vicino, poteva sopportarlo. 
“Devo preoccuparmi?” Esordì, vedendo che lui non beveva. 
“Umh?”
Nami indicò il boccale ancora pieno rispetto al suo. E Zoro ne seguì il percorso con lo sguardo. 
“Stasera non ha lo stesso sapore.”
Lei alzò un sopracciglio meravigliata, riprendendo in mano il suo boccale e annusandolo. “A me sembra il solito” 
“É diverso…”
Non riusciva a capire, anzi, non avrebbe potuto capire in nessuno modo, mentre cercava di rammentare se per riempire quello di Zoro avesse usato una bottiglia diversa dalla sua. Fece memoria, ma era abbastanza sicura che fosse la stessa. Le dispiacque per un attimo, ma poi smise di pensarci, lasciandosi andare alla sabbia morbida, sdraiandosi del tutto con il braccio sotto alla cute e tenendo le gambe nude piegate in avanti con la leggera brezza che le faceva svolazzare appena il vestito corto. 
 
“Sai Zoro, fosse per me, rimarrei per sempre su quest’isola.” 
 
Lui era rimasto immobile per tutto quel tempo, con il boccale pieno stretto nella mano e il corpo rigido, come se cercasse appositamente di non muoversi, di non guardare, di non parlare. 
Nami era talmente su di giri e felice, che notava poco e niente simili dettagli, pensando si trattasse tutt’al più di stupidaggini. 
“Ma non volevi tornare a casa tua?”
Rispose serio, sempre con lo sguardo fisso sull’oceano. 
“Si…ma non mi dispiace anche rimanere così, come siamo ora.” 
 
Così come siamo ora. 
 
Naturalmente, Zoro, ma in fondo nemmeno Nami stessa, poteva intuire che era la compagnia di lui, la gioia di averlo al fianco, a renderla serena, senza più avere quella fretta di muoversi dall’isola, nonostante la voglia incredibile che aveva di rivedere la sua famiglia.
“Non voglio comunque ritornare a riabbracciare tutti senza prima aver finito la mia mappa…e questo é un bel posto per prendermela comoda!”
“Capisco…”
Nello sguardo di lui ancora quella rigidità inespressiva, anche quando il vento aveva smosso il vestito di Nami fino a farlo salire quasi alla vita. 
La rossa, un po’ imbarazzata, lo aveva fermato con la mano, riportandolo giù, ma poi aveva smesso di badarci, forse con l’intenzione di approfittare della situazione e cercare in Zoro una qualche reazione.
Ma il verde non si voltava nemmeno per sbaglio, come si fosse obbligato di stare concentratissimo all’orizzonte, perso nei suoi pensieri, perso nelle sue emozioni.
Nami lo guardava attentamente, dalla sua posizione aveva il panorama perfetto per scrutarlo, e non riusciva a smettere di osservarlo. La sua forma del viso così spigolosa ma fiera. I capelli sbarazzini. Le spalle larghe che l’avevano sempre protetta. Lo sguardo intenso che le attanagliava il cuore.  Per lei, la sua presenza, era come una certezza che aveva una forma. 
Senza accorgersi, aveva mosso le gambe lentamente, sfiorandolo al fianco.  E lo aveva sentito muoversi appena, quasi impercettibilmente, come fosse stato attraversato da un brivido. 
Incuriosita e divertita da ciò, decise di aspettare prima di riprovarci, spostando lo sguardo anche lei all’oceano, prima di chiudere gli occhi e lasciarsi cullare da quel momento, che, anche se non sapeva decifrarlo, anche se non sapeva cosa volesse realmente da lui, la rendeva lo stesso felice.  
 
 
“Ho deciso di ripartire” 
 
Una pugnalata alle spalle. Una lama nera dritta nello stomaco. La grande mano di un mostro, con tanto di unghie affilate e istinto sadico, a stritolarle il cuore. 
Aprì gli occhi di scatto. 
“Eh?”
“É giunto anche il mio momento”
“Ma di cosa parli?”
Nami aveva alzato il busto con la stessa velocità di quel dolore, rimettendosi seduta al fianco del verde in un movimento rapido. “Zoro ma che…”
“Non so nemmeno il perché dell’aver aspettato così tanto. Persino quel cuoco da strapazzo ha trovato il coraggio di andarsene” 
 
Di separarsi da te. 
 
“Guarda che non é una questione di coraggio!”
Lui non rispose. 
“Non deve per forza arrivare il ‘tuo momento’…ma che diavolo di fretta hai?”
Non sapeva cosa le stava succedendo, in fondo, era successo con tutti, aveva già vissuto più volte quella situazione. Ma adesso, adesso sentiva il sangue ribollirle per la rabbia di quella decisione precipitosa. 
 
Ma allora non sta bene qui?
 
“Proprio non capisco che fretta hai”
“Fretta?” 
Lo vide alterarsi, spazientito, con uno sguardo inspiegabilmente ferito più che arrabbiato. Nami non sapeva davvero cosa significasse. 
“Sono stato qua più a lungo degli altri…e”
“E?”
“E ho solo peggiorato le cose”
“Che intendi?”
“Più resto e più…”
Lo vide grugnire seccato mentre ancora divorava l’orizzonte con lo sguardo.
“E più non vedi l’ora di andartene, non é così?”
 
L’illusione della felicità che moriva. 
 
Nami stringeva i pugni e i denti  torturandosi con dolore il corpo. 
Non riusciva a capire. Non poteva capire. 
 
Più resto e più non ho voglia di andarmene, stupida.
 
Una verità, condizione, che Zoro non poteva sopportare di provare, soprattutto, quando lei si comportava in quel modo, quando lei lo voleva accanto, come in quel momento, ma non dava segni di volerlo amare. 
 
“Fa come ti pare”
Nami decise di calmarsi, seppur non potesse proprio farlo a comando, per evitare di dar troppo a vedere quanto ci fosse rimasta male. 
Decise allora di ritrovare e mantenere tutto il suo sangue freddo. 
 
Zoro non aveva visto Nami reagire così con nessuno, nemmeno con Luffy, da cui magari si sarebbe aspettato maggiore preoccupazione per vederlo partire solo al ricongiungimento con Sabo. 
 
Ad un certo punto, quando un’idea le attraversò i pensieri, Nami si sentì più leggera, incrociando le braccia al petto e mantenendo un’espressione fintamente seria.  
“Va bene, Zoro”
Lui mosse solo la pupilla nera nella sua direzione. 
Umh?
“Potrai partire. Ma solo quando mi avrai ripagata” 
“CHE COSA?”
Improvvisamente perse tutta la sua rigidità nella postura, nello sguardo, nelle azioni, che divennero subito confuse, agitate, nevrotiche. 
“Non ricordi? Hai un debito da saldare…vediamo” 
Nami iniziò a contare sulle mani, facendo a voce tutti i conti per poi urlare la cifra finale. 
“Sono passati più di quattro anni da quel giorno a Rogue town, quindi…”
“Ancora? Non ho mai speso quei soldi!”
“Devo davvero rispiegarti come funzionano gli interessi?“
Lo sentì inghiottire rabbioso, mentre lei sghignazzava fiera del suo colpo di genio.
“Povero in canna come sei, non ti basterà una vita” 
Riprese a ridere contenta, finendo con gusto tutto il boccale. “Allora…per prima cosa lavori per me su quest’isola, e poi forse ti farò lavorare al mio villaggio, che ne dici? Sei forzuto e muscoloso, mi saresti proprio utile” 
“Smettila”
“Quando si tratta di debiti e soldi, io non scherzo mai…. Tu invece, disonoreresti un patto?”
Lo vide mettersi in piedi e grugnire furibondo, andando letteralmente in escandescenza.
“Despota!” 
Si agitava e riagitava; forse, pensava Nami, era tanto tempo che non lo vedeva così arrabbiato, dall’ultima volta che aveva litigato con Sanji al molo, o forse nemmeno come quella. Stavolta era davvero fuori di sé. 
La rossa sapeva di aver esagerato, ma se quello era il metodo per tenerlo accanto a lei, l’avrebbe usato anche a costo di rimetterci la faccia. 
“É questo allora…fai solo la finta di…”
grugniva e si dimenava ancora, rovesciando il boccale pieno sulla sabbia “se partissi non ti rimarrebbe più nessuno da sfruttare a cui far fare i lavori pesanti” 
Nami chiuse gli occhi e asserì orgogliosa e soddisfatta. 
“Si, é così” 
Vide le pupille del verde dilatarsi del tutto in uno sguardo che voleva davvero dire tante cose ma che soprattutto trasmetteva rabbia. Voltandosi, aveva esternato qualcosa come “non finisce qua, Nami”, andandosene via con le gambe spropositatamente aperte, la rabbia nel cuore e il viso scocciato. 
La lasciò sola.
Nami, con un sorriso appena accennato, lo aveva guardato andare via, ma anche con sul volto impressa una sfumatura amara. 
Era così abituata ad averlo accanto. Quando lavorava alle sue mappe, lui era lì che sonnecchiava. Quando si rilassava sulla sdraio, lui era lì, che curava le sue spade con dedizione. Quando si trattava di andare in perlustrazione, era lì a proteggerla. Quando festeggiava a suon di alcol, lui era lì a bere con lei. 
 
“Ma quanto sei scemo e facile da raggirare” 
 
Aveva sorriso ancora, pensando a quanto un uomo come lui fosse così emotivamente un bel casino. 
Quando la figura del verde era abbastanza lontano, Nami si strinse le gambe piegate al petto, abbracciandosi.
“Mi dispiace” 
Rilasciò un sospiro che sapeva di rammarico per aver concluso così quella incantevole serata.  
“…ma non posso proprio perderti, Zoro.”
 
 
 
 
 
 
 
“Stupido”
Lanciò il rum che aveva tra mani verso il fuoco acceso, rischiando, tra l’altro, di alimentarlo e farsi del male. 
Una bottiglia che però non arrivò mai a destinazione, poiché, una figura, ora davanti a lei, l’aveva afferrata in un gesto deciso con la mano. 
“Sei impazzita?”
Lei strinse gli occhi in due fessure.
“Non m’importa, non ha più lo stesso sapore”
“Idiota, non mi sono preoccupato per il rum” 
Con un ghigno arrabbiato, Nami lo aveva imitato nella voce, continuando ad esternare emozioni che non aveva dimenticato. “Addio Nami…” aveva ripetuto lei più volte. “Saresti davvero partito lasciandomi così? Bell’amico del cavolo!” Urlò, prendendo un’altra bottiglia da terra, stavolta vuota, lanciandola nuovamente verso il falò, costringendo Zoro a fare da raccatta bottiglie.
“Ma se sei stata tu la prima a farlo!” Le fece notare, indiavolato, mentre lei, comunque, continuava irrazionalmente a lanciare bottiglie, ancora una volta parate da un un Zoro fuori di sé. 
“Smettila di farlo! smettila! Sei una stupida!”
Una volta calmata, il verde appoggiò le bottiglie recuperate nuovamente sulla sabbia, spingendole abbastanza a fondo da far un piccolo scavo che le tenesse incastrate. Le aveva poi lanciato uno sguardo duro, con poca garanzia che sarebbe stato indulgente con lei se avesse continuato a comportarsi così. 
Ma Nami aveva smesso di muoversi, persa negli ultimi fuochi rimasti del falò, ignorandolo. 
In silenzio, l’atmosfera poteva pure chiamarsi lugubre, con quel fuoco morente davanti a due anime a loro modo mortificate.
 
 
“Se sei qua per la festa, t’avviso che sei in ritardo …”
le disse, guardando davanti a sé, e prendendo posto poco lontano da lei, mentre aspettava l’alba sorgere. 
“Ah, c’era una festa?”  
Nami stringeva le mani, conficcandosi di nascosto le unghie nei palmi. Cercava di mantenere ancora quello stesso autocontrollo dei giorni precedenti.
“Non vorrai farmi credere che non hai sentito gli schiamazzi”
Continuava indagatore lui, ma pentendosene subito di aver fatto quell’affermazione.
“Voi fate sempre schiamazzi…”
“…la festa era per me…”
“Ah…non lo sapevo”
“Ma quante altre bugie vuoi raccontare?!”
Non poté non alzare il tono della voce in quell’ultimo appunto. Zoro lo sapeva che lei lo stava facendo di proposito. Lo sapeva che voleva ferirlo volontariamente per difendersi lei stessa. 
Quando l’aveva vista camminare sulla spiaggia l’aveva seguita fino al falò. Sapeva che avrebbe dovuto lasciare perdere, che ormai era troppo tardi, ma lo aveva agitato come un colpo di cannone in pieno sonno. Non aveva potuto fare a meno di sperarci, in quel qualcosa che nemmeno riusciva a capire.
 
Facendo un bel respiro colmo di aria e coraggio, Nami, infilò la mano dentro al suo vestito, all’altezza della scollatura, in quel posto dove nascondeva spesso oggetti preziosi. E infatti, ne tirò fuori tre fogli ripiegati su se stessi che aperti rivelarono delle cartine con dietro appunti e coordinate da seguire. 
“Tieni”
Con un gesto rapido, come se stesse togliendo un cerotto da una ferita fresca, allungò il braccio verso Zoro, che già aveva adocchiato tutto sol muovendo la pupilla.
“Cosa sono?”
Restio a prendere in mano quei fogli, come se potessero essere una nuova trappola per incastrarlo, la guardò di sottecchi, muovendo appena il capo nella sua direzione. 
Il cuore di Nami iniziò a battere in modo irregolare nel petto, e il vomito le salì fino alla faringe.
“E prendile!”
Zoro allungò il braccio e afferrò i fogli, senza perdere nello sguardo quella punta di diffidenza, osservandone il contenuto con una strana confusione sul viso. “Mappe?” Una domanda che era più un’affermazione. “Per me?” Si voltò a guardarla in volto per un attimo, aveva le labbra appena chiuse, e sembrava proprio una cui la voce non aveva intenzione di venir fuori, talmente sembrasse pronta per rispondere ma poi non sentiva arrivare nemmeno una sillaba.  
Si concentrò nuovamente sui fogli, consapevole di non capire nulla di ciò che riportavano, ma comunque meravigliato da quel gesto nei suoi confronti.
“Villaggio Shimotsuki” 
Zoro lesse il primo. Una freccia piuttosto grande indicava il suo villaggio natale sull’isola, disegnata con molti meno dettagli e linee chiare, come aveva invece visto nella mappa che aveva riposto sulla scrivania di Nami. 
“Ho dovuto ricostruirla con i ricordi di quando viaggiavo nel mare orientale, quello che mi hai raccontato tu non era affatto chiaro!” 
Ma più Zoro continuava a guardare quella mappa e più l’idea che si sarebbe imbarcato e avrebbe chiuso con quella parte della sua vita per sempre, iniziò a farsi chiara e reale nella sua mente. E forse, forse non era più così tanto sicuro di volerlo. O forse non lo era mai stato. 
“Giralo…gira il foglio!” 
Sentiva la voce di Nami così vicina nei pensieri ma così lontana nelle sue orecchie. Si era come paralizzato davanti a quella realtà che si stava presentando come conseguenza delle sue decisioni. 
“Ma insomma, devi leggere sul retro del foglio!”
Sentì il braccio nudo di Nami sfiorarsi sulla pelle del suo, e si risvegliò rapido ma frastornato. A lui non succedeva mai, a lui non succedevano mai questo tipo di cose! 
Per costringerlo a voltare la mappa, Nami si era incidentalmente avvicinata, tanto da poterlo sfiorare ripetutamente, e, mentre lui faticava a restare lucido, aveva fatto direttamente tutto lei.
“So bene che non sai leggere una mappa neanche per sbaglio” sospirò rassegnata con la voce che si costringeva a voler mantenere un’apparenza di normalità, “perciò qua ci sono tutte le indicazioni…se mai dovessi incontrare qualcuno a cui chiedere aiuto, questi fogli sapranno condurti a casa sano e salvo!”
Zoro non parlava, non grugniva, non rispondeva nemmeno a quell’insulto velato. Stavolta era lui quello ad essere rimasto impietrito, in qualche modo. Forse da se stesso, forse da Nami, forse dalla realtà imminente. 
In un gesto quasi involontario andò avanti con i fogli, ritrovandosi ad un secondo pezzo di carta con scritte sopra delle indicazioni su come mangiare sano in mare aperto e come curarsi a seconda dei sintomi. 
“Veramente mi credi così stupido?”
“Non costringermi a rispondere!”
Nel frattempo, andava avanti col terzo foglio, accendendo in Nami una sorta di terrore negli occhi. L’aveva dimenticato, l’aveva dimenticato quel particolare…quando l’aveva pensata, non aveva creduto che l’avrebbero letta insieme. 
“Altre mappe?” 
La rossa riprese i fogli con fare veloce, chiudendoli in un gesto secco, ma non riuscendo a tirarli del tutto via dalla presa di Zoro.
“Non c’è bisogno che guardi tutto adesso, tanto non capisci niente” 
Sentendola quasi in imbarazzo, il verde non si fece imbrogliare, guardandola e nel frattempo riaprendo i fogli tra la mani, abbandonando quello sfioramento continuo per tenersi stretto il bottino. 
“Zoro! Lascia stare!”
Ma più lei insisteva a non dover leggere, più lui era sicuro di dover dare un’occhiata in quell’esatto istante. 
Vi trovò una seconda mappa. 
L'Arcipelago Konomi - Kokoyashi Village 
Zoro aveva letto in silenzio, sotto lo sguardo completamente annebbiato di Nami, che iniziava a sentirsi fuori posto. Ma, rimase in silenzio, sopprimendo tutta l’agitazione interiore, quasi certa che tanto lui non avrebbe riconosciuto il nome. Chissà, pensava, magari lui nemmeno si sarebbe accorto e questo avrebbe giocato a suo favore.
“E questa?”
“Niente di che” con tutto il sangue freddo che potesse accomunare, la rossa alzò le spalle con indifferenza “solo coordinate di emergenza...”
Per la prima volta da quando si trovavano lì, Zoro aveva accennato un sorriso divertito.
“Casa tua?”
Nonostante ci provasse a non sentire niente, le guance di Nami diventarono immediatamente più rosee del normale, sentendosi schiacciata da quel tono, da “quella cosa” che adesso non avrebbe saputo spiegare. 
“Tu…te lo sei ricordato?” 
La naturalezza di quella domanda non la si poteva controllare, lei era comunque rimasta stupita e non aveva potuto nasconderlo.
“Potrei dimenticarlo?”
Il foglio quasi svolazzava nella mano di Zoro, che però lo teneva ben saldo, in una presa sicura che suggeriva che non avrebbe lasciato quella carta anche a costo di perdere sensibilità agli arti. 
Era rimasta impietrita, Nami, a fissare quella mano, cercando un’appiglio nella verità, una giustificazione, una nuova scusa… sentendo tutto l’autocontrollo sbiadire.
Da quando lui aveva lasciato la tenda, quel giorno, un senso di nausea le aveva invaso lo stomaco, e se lo aveva portato dietro fino a quel momento. 
Immaginava che lui sarebbe partito all’alba, e senza nemmeno sapere perché, le sue gambe si erano mosse da sole, accompagnandola verso la solita zona delle feste, dove erano soliti riunirsi davanti ad un falò di enormi proporzioni, che ogni notte restava acceso in onore dei compagni assenti, ma anche per non far vivere nessuno nel buio della natura selvaggia.
Era ormai un luogo simbolico. 
“Nel caso ti servisse qualcosa, potrai contare su Kokoyashi, ti accoglierebbero tutti a braccia aperte” 
Alla fine, poi, non le uscì una bugia, seppur omettesse tutte le vere intenzioni, accennando una risata nostalgica, forse per la prima volta, da giorni. “Sai, anche nel caso ti servisse un lavoro…o rischiassi di morire di stenti perso chissà dove a combattere per sopravvivere…” 
Zoro era rimasto in silenzio per tutto il tempo, stringendo ancora quella mappa senza spostare la mano di un centimetro. 
Sentiva la risata fresca di Nami, che gli era mancata più di quanto ammettesse, ma era anche una voce nervosa, e lo sentiva in quel momento quanto tutta la sua impassibilità fosse evaporata, sostituita da un’agitazione inquieta, sincera nel suo provarci, ma invasa da un senso di malumore permanente. 
“Non te l’ho ancora detto, poiché ho letto la lettera di Nojiko soltanto oggi…” Nami, era come se stesse giocando tutte le carte che aveva a disposizione, e questa fosse l’ultima che aveva prima dell’arrivo del sole “Johnny e Yosaku vivono lì adesso, beh, in realtà, non sono mai andati via…” 
Chiuse gli occhi per un secondo, pensando a quel “non sono mai andati via”, che era quello di cui lei aveva tanto bisogno vivere con Zoro. Sospirò, sentendosi pesante come un macigno. Nonostante il malessere, la rabbia, il batticuore e il vomito, era certa che ancora il dolore vero sarebbe dovuto arrivare. E se già adesso stava così male, come sarebbe sopravvissuta dopo?
“Perciò non saresti solo” aveva aggiunto, con una stretta nello stomaco pronta al dover vomitare da un momento all’altro. 
Zoro era rimasto in silenzio, ancora, facendola ribollire interiormente. La mandava ai diavoli quando faceva così, quasi che lo preferiva quando si urlavano contro, almeno c’era una reazione, almeno c’era qualcosa. 
 
“Perché hai fatto tutto questo?”
 
La domanda arrivò a disturbare il silenzio dell’alba che, se anche ancora non si fosse palesata, i primi colori pastello del celeste e un leggero rosaceo avevano iniziato ad occupare il cielo. 
“Pensavi davvero ti avrei lasciato in balia del mare?”
Quasi che si sentì offesa. D’istinto si era alzata in piedi, stringendo il pugno con nervosismo, ma continuando a guardare avanti, al cielo. “Sono ancora il vostro navigatore! …e sono ancora tua ami”
Si interruppe prima di terminare la parola. 
Tua amica…
Lo era? Certo che lo era. 
Ma, in quel momento, l’idea che sarebbe rimasta un’amica lontana per sempre, con cui aveva condiviso il passato ma che non avrebbe mai vissuto con lui il futuro, le bloccò la voce, diventata improvvisamente spezzata, ormai stanca di trattenere, di farsi più forte di ciò che avrebbe voluto esprimere.  
Nami aveva distolto distrattamente lo sguardo dal cielo, voltandosi verso di lui e beccandolo a guardarla.
La voce profonda di Zoro l’aveva riportata alla realtà. Affiancata a quello sguardo intenso, in quel momento più del solito, era un connubio che l’affascinava e spaventava allo stesso tempo. 
E allora, in quello scherzo crudele e inevitabile del destino, si lasciò andare a qualsiasi reazione lui avrebbe avuto. 
Era pronta a soffrire.
 
 
 
 
 
 
“Di un po’, com’é che alla fine stiamo lasciando tutti l’isola, e proprio tu non fai progetti?”
Con le valigie pronte sulla sua mini imbarcazione, Sanji non aveva intenzione di partire senza prima confrontarsi ancora una volta con Zoro. 
“Fatti gli affaracci tuoi, la mia vita non t’interessa”
Il verde, d’altronde, che aveva usato la scusa “del sono passato per il molo solo perché mi sono perso”, che forse tanto una scusa non era, si era ritrovato il cuoco tra i piedi, finendo invischiato in quella che poi sarebbe stata una infinita, disagevole, fastidiosa, barbosa e inopportuna conversazione. 
“Guarda che io non ci casco a quel tuo essere così indifferente a tutto” 
Sanji aveva acceso la sua sigaretta con estrema svogliatezza, e con il solito tono accusatore nella voce, gli aveva bloccato il passaggio.
“Ma non te ne stavi andando?” 
“Ti piacerebbe vero? Non aspetti altro…”
“Cosa vuoi insinuare?”
“Nami” ispirò il fumo, assaporandolo gradualmente, beandosi degli effetti che aveva su di lui, calmandogli i nervi, “rimarrà qua ancora per molto.”  
“ …e allora?”
“E il caso vuole che tu sia ancora qua”
“Ma che diavolo c’entra”
“E ora che io non ci sarò a controllarti…tu alzerai sicuramente la mani”
Il rumore della spada uscire dal fodero era ciò che arrivò alle orecchie del cuoco, che, svelto, parò il colpo, mandando al diavolo tutti i buoni propositi di ‘calmare i nervi con il fumo’.
“Ripetilo se hai il coraggio” 
“Allora, forza, perché non saluti tutti e parti con me?”
Gli gettò l’amo, mentre sembrava essere circondato dal fumo in ogni parte del corpo per quella richiesta che gli era costata tutta la sua dignità, mandandolo ai matti, per nulla estasiato di averlo fatto. 
“Che cosa???” Naturalmente la reazione del verde non poteva essere diversa, “Nemmeno se mi dessero da bere gratis per tutta la vita salirei in quella dannata imbarcazione solo con te!” 
Il viso schifato di Zoro arrivò fino a Sanji, ma anche fino ad Usop, che arrivato al molo, aveva posto le mani sui fianchi e un’espressione rassegnata.
“E adesso che hanno da confabulare quei due!”
“Come se per me fosse un piacere”, aveva risposto il biondo, ripartendo all’attacco con un calcio che si scontrava con la lama della spada. “Mi porterei via Nami, se potessi…ma, a mali estremi”
Entrambi erano terrorizzati da quella proposta, che avrebbero voluto dimenticare al più presto, preferendo assolutamente combattere piuttosto che affrontare la cosa. Sanji avrebbe addirittura sopportato Zoro, pur di non lasciarlo solo con Nami, e di questo, iniziava un po’ a vergognarsi. 
“Potrei ucciderti solo per avermi fatto questa proposta”
Zoro, mentre cercava di scaraventarlo lontano, aveva distrutto parte del molo di legno. 
 
Intanto, anche la rossa in questione aveva raggiunto il posto, e, scocciata, aveva anche lei avuto la stessa reazione di Usop. 
“Siamo giunti alla fine di ogni cosa, e questo loro continuo litigare rimarrà per me ancora un mistero.” 
“Un mistero, eh?” 
Usop la guardò con una gocciolina dietro alla testa, doppiamente rassegnato. Era così palese per chiunque al di fuori di loro.
 
Una volta messi entrambi al tappeto dal solito pugno esausto di lei, dal momento che i due stavano rovinando un momento toccante, Zoro si era allontanato, accennando un saluto con la mano indirizzato al cuoco, ma con anche sul viso un mezzo sorriso d’amicizia, che però aveva potuto vedere solo lei, poiché lo aveva seguito per avvertirlo che quella sera stessa gli avrebbe fatto ricostruire parte del molo che avevano distrutto. 
“Mancherà anche a te”
gli disse poi, quasi all’orecchio, avvicinandosi a lui e fermandolo per il braccio in un gesto delicato, quasi come volesse trasmettergli affetto. 
“Fossi in te, non ci punterei” rispose lui senza però interrompere il contatto. 
“Sei il solito orgoglioso” Nami, sospirò, rassegnata dai loro atteggiamenti. 
 
Sanji, ripresosi dal pugno, finiva invece di fumare in santa pace, e, dopo aver salutato Chopper e Brook, che frignavano davanti alla sua barca, osservava quel gesto di Nami sul braccio del verde, inducendolo a chiudere gli occhi per un momento sembrato lunghissimo.
“Che stai guardando?”
Usop si voltò indispettito dal vederlo distratto mentre lo salutava, alzando poi gli occhi al cielo. 
“Lascia perdere quei due…”
“Usop, devi fare una cosa per me” 
“Che cosa?”
“Nami…! Devi starle accanto finché non finirà la sua mappa.” 
“In che senso?”
“Tutti voi, qua…promettete che rimarrete, promettetemi che farete gli uomini per una volta!”
“Si, te lo promettiamo Sanji!”
Annuirono Chopper e Brook con le lacrime agli occhi senza pensarci nemmeno per un secondo, totalmente volenterosi e orgogliosi di essere visti come quelli affidabili a cui lui passava il testimone.
“Ma aspetta un attimo”
Usop mise le mani avanti; rispetto agli altri due non accettava certamente senza avere prima in mano tutte le informazioni. 
“Ma che significa? Se Nami dovesse aver bisogno, rimango certamente con lei…ma non me l’ha chiesto…e poi c’è anche Zoro a proteggerla”
Sanji aspirò l’aria tutta intorno con gli occhi ancora fissi sul soggetto dei suoi pensieri. 
“Quella testa di muschio…quando si renderà conto di cosa prova davvero deciderà di andarsene.” 
“Eh?” 
“E sarà proprio lui quello che soffrirà”
Sanji aprì gli occhi, sentendo i passi di Nami farsi più vicini. “Per uno come lui, sarà dura accettare di dipendere da una donna. E proverà a ribellarsi.” 
“Sanji-Kun!” 
Nami aveva superato Usop con gli occhi lucidi ma tranquilli, felici, pronta a salutarlo. Un dispiacere acuto, insopportabile, ma vivibile.
“Mi mancherai!” 
Un’abbraccio e una frase che lo avevano portato irrimediabilmente in estasi, per poi condurlo al pianto una volta che questo venne sciolto.
“Maledetto” iniziò a piangere di invidia guardando Zoro in fondo, dietro le spalle di Nami “ma proprio ora doveva ammalarsi quel vecchiaccio!” 
“Hei” Usop lo colpì sulla spalla con uno schiaffone “non prendertela con Zeff, tanto prima o dopo che sia, dobbiamo separarci tutti per un po'. É inevitabile.” 
 
 
 
 
Lei aveva mostrato ancora quella strana determinazione, mentre cercava di rifuggire al suo sguardo. Ma lui quasi che la costringeva a fissarlo. Una guerra a chi riusciva di più tra i due a mantenere saldo l’autocontrollo e la ragione. Si sapeva che quella guerra l’avrebbe vinta Zoro, ma stavolta, stavolta non sembrava una certezza. 
Con ancora le mappe strette nella mano, si era alzato in piedi anche lui, superando Nami, dandole le spalle. Era pronto - affatto - a defilarsi, prendere il largo, lasciando così al moro un involontario dispiacere. “Dobbiamo separarci tutti. Hai sentito Usop? É inevitabile.” Era rigido nella voce quanto nella postura. “Perché per noi dovrebbe andare diversamente?” 
Nami aveva indietreggiato da lui, da quel gesto, e dalle sue parole, come se potesse sfuggire al suo addio, rimanendo ipnotizzata dalle sue spalle larghe. 
Stava tutto arrivando alla sua fine? Ma quale era la fine e quale l’inizio? 
 
“Quando stiamo insieme, io…insomma…mi piace averti vicino! É solo questo…mi sembra che tutto sia al posto giusto se tu…be hai capito, no?…se tu ci sei.”” 
 
L’aveva detto. Lo aveva detto per davvero. 
Nami si era involontariamente portata la mano a coprirsi la bocca senza riuscire a capire come questo la facesse sentire. 
 
La luce dell’alba iniziava ad illuminarne il cielo di rosa. 
 
“Ciononostante non mi chiedi di restare…”
La risposta, dopotutto, le provocò un’emozione improvvisa capace di aprire uno squarcio nella sua ultima paura. 
“….é un prezzo troppo alto da pagare!” 
“Perché?”
Non aveva sentito Zoro così partecipe in una discussione forse da quando lo conosceva. 
“Se ti chiedessi di restare…tu lo faresti, so che lo faresti”
“E non é questo quello che vuoi?” 
“Voglio che resti, ma non voglio che lo fai per un motivo sbagliato” 
“Suppongo, che il ricatto non rientri tra ‘i motivi sbagliati’…”
“Come vedi…se vuoi, puoi sempre trovare un modo per tirati fuori da queste situazioni…il punto é se ti va o no di farlo, e mi hai già dato la tua risposta. Tu non vuoi legami.” 
La rossa teneva stretti i denti e pugni chiusi con le braccia lungo i fianchi. Era tutto così terribilmente complicato…
“Non puoi pensare di ottenere sempre tutto con l’inganno, Nami” 
“Zoro!” lo interruppe proprio quando le immagini di quel quasi bacio di quella stessa sera le occuparono la testa. Un brivido la scosse, attraversandole la schiena proprio quando aveva urlato il suo nome. “Se ora non parti, non ascoltando ciò che vuoi, te ne pentirai per il resto della vita…” 
Lo disse con dolore, ma, per la prima volta, con la voglia di pensare al bene di lui, lasciando se stessa in un angolo a marcire in silenzio. Anche se non proprio, qualcosa era pur riuscita ad esternarla, dopotutto. 
“Perché arrivare a ricattarmi…”
“Te l’ho già detto, mi dovevi quei soldi!”
“Smettila con le bugie”
Scuotendo per un attimo il viso, in cerca di riprendersi da quell’ammissione inusuale, in un discorso forse chiaro, forse velato da troppi strati di insinuazioni, Nami lo aveva superato a sua volta, stringendogli nuovamente quel suo braccio in un gesto caloroso, con sul viso un sorriso che voleva essere di affetto, ma che in realtà parlava di tante altre cose insieme. 
Un sorriso che voleva dire “mi mancherai”, così come lo aveva detto a Sanji, ma, chissà perché, con Zoro non veniva proprio fuori, e non perché fosse meno vero, anzi. Era una croce quella, non riuscire ad esternare un sentimento proprio con quella persona per cui se ne provavano di così intensi. 
“Ti prego, sii responsabile in mare, e porta con te del cibo, non solo del sakè.” Ancora quel sorriso nostalgico che avrebbe fatto salire un groppo in gola anche al più scettico dei nemici. 
“Quando ci siamo conosciuti non avevi niente su quella misera barchetta…ti ho sfamato io. Ricordi? Cerca di non commettere gli stessi errori.”
Curioso come i ricordi alla fine riportino all’inizio.
Fece cadere la sua presa sul braccio, Nami, decisa - anche se non troppo - a lasciarlo libero di andare, per sempre, dalla sua vita. Come si era già detta, era pronta a soffrire. 
Ma non aveva fatto in tempo che…
Dal momento che era stata lei a toccarlo per primo, quasi per abitudine, la sua mano gli aveva come marchiato il braccio. E Zoro l’aveva afferrata come d’istinto, come se agisse in automatico, perché si era reso conto che quello era un contato che voleva sentire ancora. 
Il suo sguardo s’incontrò con quello ora stupito di Nami. Lei aveva sibilato qualcosa, incerta, confusa, ma era stato appena un sussurro che il vento aveva inghiottito subito. 
Era come se sapessero entrambi che era tutto così dannatamente irrazionale.
“Almeno ammettilo!”
“Cosa?”
“Ammettilo, dannazione!” 
Scoprendo quella confusione dovuta all’emozione sul volto della compagna in quel momento diventata finalmente vulnerabile, un sorriso diabolico, ma anche stranamente fresco, quasi allegro, seppur celasse un tormento non indifferente, apparve sul volto di Zoro, di un Zoro che aveva bisogno di una motivazione che spiegasse tutto, anche se, sembrava più che altro cercare una forma di accettazione a tutto quel marasma di situazioni.
“Sai, non importa più…almeno da adesso non dovrò comunque più subire le tue strigliate e ricatti…” aveva aggiunto a caso, nel buco di quella tensione, provocando in Nami una reazione malinconica che non era riuscita a trattenere, visto che le lacrime erano già ferme ai suoi bulbi oculari e facevano pressione per scendere giù. 
“Idiota!”
Cercò di fuggire alla sua presa per lasciarlo andare, per sempre. Sarebbe stato tutto più semplice: lasciare tutta quella parte che non riuscivano a capire alle proprie spalle, salutarsi e andare avanti. 
Sarebbe stato tutto più semplice, se…
“Ma penso che comunque un po’ mi mancherà quel tuo starnazzare. Ormai mi ci sono abituato…” 
E poi, era bastato davvero poco per farla crollare. Tutta la rabbia, il nervosismo, la freddezza, la maschera, erano… cadute.  
Nami non solo non era fuggita da quella presa, ma si era scaraventa su di lui in un abbraccio che entrambi avevano temuto e agognato per anni. 
“Idiota”
Aveva rimarcato ancora, affondando il viso nel suo torace, mentre si faceva stringere sulle spalle, in un gesto che non avrebbe creduto possibile tra loro. 
Aveva comunque trattenuto le lacrime fino alla fine, anche se sentiva gli occhi gonfi e doloranti, ma piangere sarebbe stato troppo da sopportare, per entrambi. 
Aveva sibilato qualcosa di incomprensibile, dal momento che il suo viso era schiacciato su petto di Zoro, quasi come fosse un nuovo nascondiglio da cui al momento non voleva separarsi. 
 
“Rimango”
 
Alla fine lo aveva improvvisamente, calorosamente e sentitamente esternato, sconvolto abbastanza di se stesso, ma un po’ come se lo avesse immaginato di stare per farla crollare in qualche modo, abbassando il viso sulla sua testa rossa, strisciandolo sopra in una strana, nuova, autentica carezza.  
Non era chiaro per Nami se Zoro lo avesse fatto di proposito a giocare quella carta, abbandonando tutta la rabbia, il suo mero orgoglio e il bisogno di risposte, lasciandosi per un attimo andare al sentimentalismo, o se fosse stato tutto casuale, e avesse solo confessato la verità di quel pensiero fugace.
“Ho detto che rimango, stupida!” Aveva dovuto puntualizzare ancora, quando aveva sentito la presa di una Nami incredula farsi più forte sulla pelle, e la sua voce biascicare qualche insulto per averla fatta sentire in quel modo. Era tutto lì, in quell’abbraccio inespresso per anni che aveva un urgente bisogno di esistere. Era tutto lì, in quell’aspettato “rimango” che era tutto il desiderio che Zoro temeva ma cui aveva necessità di far uscire fuori; e tutto il calore che Nami pretendeva di ricevere ma che non avrebbe mai voluto ammettere. 
 
 
 
 
 
 
Usop, Chopper e Brook erano partiti, lasciando inevitabilmente un vuoto, lo stesso vuoto che anche gli altri avevano trasmesso, intingendo quell’isola delle loro presenze e assenze, come fosse diventata uno scrigno fatto di sentimento. Ma, almeno, erano partiti a cuor leggero, felici per i loro compagni e il loro trovato amore. 
Una sera, al calar del sole, Nami aveva energicamente terminato la sua mappa, per lo meno, si trattava della parte che comprendeva tutti i posti che aveva avuto modo di visitare e conoscere, quelli che aveva potuto studiare e appuntare. 
La tristezza però, per quell’isola diventata tremendamente silenziosa, l’aveva assalita, rovinandole il momento tanto agognato. Quella mappa era il suo sogno, ma, d’altronde, era anche quello dei suoi compagni, l’effettiva testimonianza del loro unico e inimitabile viaggio insieme. 
L’aveva appesa sulla lavagna, permettendo all’aria di entrare e di asciugarla per bene. E, ferma lì davanti, la guardava, con quel pensiero fisso di condivisione che, probabilmente, non si sarebbe esaurito troppo in fretta. 
“Che ti prende adesso?”
Zoro, che sonnecchiava lì accanto, sdraiato sulla sabbia all’interno della tenda, aveva aperto l’occhio. Ma Nami continuava ad osservare la mappa, con quell’aria incerta. 
“L’ho finita…”
Il suo tono di voce non prometteva niente di rassicurante o troppo entusiasmante, come invece avrebbe dovuto essere. 
Lo spadaccino, captandone l’angoscia, si mise in piedi, raggiungendola e guardando la mappa davanti a loro. 
“Cosa non ti piace?”
Nami fece spallucce, portandolo ad alzare gli occhi al soffitto. 
“Sembra bella!”
“Ma tu che ne vuoi capire”
Lui Ringhiò indispettito in risposta. 
“Ho visto quanto hai lavorato. E il duro lavoro porta sempre a dei risultati”
“Se se” lo schernì, allungando una mano sulla mappa e toccandone con attenzione un’angolo. 
“Stai ancora pensando alla partenza di Usop e gli altri…non é così?”
“Avrei voluto mostrarla anche a loro…” 
Zoro si avvicinò, capendo svelto quale fosse il problema, poiché conscio del fatto che era un sentimento condiviso, e come per rincuorarla, le circondò le spalle con un braccio.
“La vedranno, prima o poi.” 
“S-i”
“Ricordi? L’abbiamo concordato…ci incontreremo di nuovo.” 
Nami aveva asserito con la testa, asciugandosi una lacrima dall’occhio e crogiolandosi in quella stretta, senza mai smettere di guardare la mappa.
“Sai che hai ragione?” gli rivelò, mentre aveva strusciato il viso su quel braccio caldo “È bella!”
“Non credi che allora dovremmo festeggiare?” le chiese, avvicinando le labbra al suo orecchio, in quel suo modo rude e privo di galanteria, ma che rimaneva comunque gentile. 
Chiusa in quella presa, che ancora aveva il potere di sconvolgerla, Nami voltò appena la faccia in direzione di Zoro, e, dal momento che le aveva provocato il solletico facendola rabbrividire, era tentata di volersi vendicare. Quando però vide in lui tutta quella leggerezza, una parola che con Zoro non aveva niente a che fare, si stupì, rimanendone catturata.
“Ho tenuto qualcosa da bere dentro quel mobile là in basso a destra…”
Si separò da lui, un po’ imbarazzata da quella strana tensione, guardandolo in faccia e indicandogli il luogo segreto delle risorse d’alcol, come per togliersi dall’impiccio di una situazione diventata fuori dal suo controllo. Ma l’intenzione di Zoro ad un certo punto non sembrava quella di voler bere.
Facendo nuovamente un passo in avanti, verso di lei, la afferrò per la vita, piuttosto curioso e stranamente intraprendente.
“Siamo liberi adesso…e soli” 
“E…e quindi?”
Lui sorrise spavaldo, continuando a stringerla nella sua morsa, come una tigre che era stata dietro la selva ad aspettare per tutto questo tempo. 
“Quindi…”
A pochi centimetri dal suo volto, poteva sentirne il battito del cuore accelerare.
“Non ti sarai addolcita in queste settimane” 
le sibilò ancora all’orecchio, in un gesto pericoloso, soprattutto quando una delle due mani andò a toglierle i capelli sciolti dal collo, un ciuffo alla volta, fino a lasciarlo libero.
Zoro si lasciò sfuggire un sorrisetto compiaciuto quando sentì la pelle di lei diventare calda sotto alla sua mano, con quel respiro incontrollabile che aumentava ad ogni carezza. 
“Dov’è quella donna fredda e crudele mi chiedo”
ci scherzò su, mentre il suo sguardo era improvvisamente diventato famelico. 
Nami venne colta alla sprovvista, e con Zoro non era certamente la prima volta che succedeva, ma adesso, adesso poteva dire di averle viste tutte. 
Rimase inizialmente muta e sconvolta dinnanzi a quella reazione, e, vista quella “fretta”, un pensiero l’attraversò: aveva aspettato che lei terminasse il suo lavoro prima di cedere agli impulsi? Conoscendolo, era anche fin troppo probabile!
Ma di nuovo non disse nulla, spingendolo ad agire ancora, tanto da vedere fin dove sarebbe arrivato. 
E infatti, lui azzardò a sfiorarle la pelle scoperta della schiena con la mano, giocando con l’elastico del suo bikini. La guardava ancora con quel ghigno strafottente di chi sapesse che stava per commettere un’azione che sapeva non gli era stata concessa. 
Non aveva impiegato più tanto, a trascinarla con lui sulla sabbia fredda, slacciandole rapidamente il costume di sopra con le dita. 
Nami poteva chiamarsi stupefatta da quella rapidità, da quel desiderio cresciuto così in fretta, tanto da distarla e quasi succedere tutto senza che se ne accorgesse. 
La teneva stretta sotto di sé, Zoro, e, per quanto fosse prosperosa, risultava comunque terribilmente minuta nei confronti dell’imponente corporatura di lui, capace di coprirla interamente e incutere una certa soggezione. Un corpo e uno sguardo che avrebbero potuto incutere timore in chiunque, chiunque tranne che a lei. Mai l’aveva fissata in quel modo, come se aspettasse un ordine, una scintilla, un momento per esplodere. 
Quei suoi occhi, quel suo corpo, anziché timore, avevano provocato in Nami un immediato desiderio, risvegliandosi e ricambiando anche lei quella stessa rapidità. 
Zoro si era liberato da solo del kimono, senza nessuna grazia, ritornando subito a concentrarsi su di lei. 
“Non stai andando troppo di fret…”
L’anima di Nami si era incendiata quando lui aveva strofinato il viso sul suo seno scoperto. “Zo…Zoro”
“Fretta?”
aveva alzato lo sguardo su di lei passandosi la lingua sulle labbra in quel modo perverso che sapeva fare suo quando combatteva una battaglia divertente. 
“…quattro anni, tre mesi e tre settimane!” 
ad un certo punto, aveva sentito il bisogno di fare quella puntualizzazione. 
Aveva fatto aderire il suo petto muscoloso e scultoreo a quello prosperoso e più morbido di lei in un’avvicinamento necessario. E, in quello stesso momento, la pressione del suo sguardo l’aveva incendiata.
Anche sul viso di Nami, apparve un sorriso compiaciuto, mentre con le mani già trafugava suoi suoi pantaloni. 
“Addolcita?” 
Lui sorrise, ma continuava a tenerla stretta, troppo stretta da farglielo notare, in un istintivo impeto, come se già sapesse che quella donna imprevedibile avrebbe potuto reagire in qualche modo troppo pericoloso per lui. 
Con lo sguardo perso nel suo, Zoro cercava di trasmetterle tutte le sue emozioni, come se si stesse liberando solo in quel momento di ogni cosa e lei avrebbe finalmente dovuto capire tutto. Tutto quello che lui aveva sempre provato per lei. 
La guardava negli occhi senza riuscire a distogliere lo sguardo. Le vedeva sul viso quel colorito roseo, segno che fosse accaldata e un po’ imbarazzata. Anche se non troppo. 
Era sempre stata così dannatamente bella. 
“Sai, ricordo di tutte le volte che mi hai provocato di proposito.”
Premeva contro di lei, non si risparmiava, non si tratteneva nell’utilizzare la forza per provocarla, ma ancora di più per farle sentire che lui c’era, ma sapeva anche quando smettere, quando controllarsi. E lei era persa in quel contatto. Mentre lo guardava in viso, pensava a torturargli il collo con gesti delicati, da brivido. 
Allora lui rispondeva, le stringeva le forme con leggera pressione, annusandole i capelli, soffermandosi soprattutto vicino alla guancia destra per poi scendere sulla sua bocca. Le loro labbra si erano incontrate, nel momento in cui Nami aveva iniziato a ridere, divertita per quei desideri non verbali che venivano espressi, e da lì si erano staccate raramente. Senza nessuno schema, Zoro, la cercava, la torturava e la provocava spudoratamente, trovando, quando una Nami accondiscendente, e quando invece “la strega” che lo mordeva e faceva impazzire. 
Per vendicarsi dei modi dispettosi di lei, la sua mano scivolò ancora più svelta, di quanto già non avesse fatto, sulla sua gamba, tastando ogni lembo di pelle nuda come distrazione, per poi alzarle la gonna in un solo gesto fulmineo, provocandole uno spasmo, soprattutto quando la costrinse ad allargare le gambe quanto bastava per farsi spazio.
Era dannatamente eccitante. 
Di reazione, Nami lo aveva stretto, accarezzandolo in quella pelle rovinata dalle sue ultime ferite, quelle che aveva ottenuto in premio per essere lo spadaccino più forte del mondo. E lei adorava che lo fosse. Quella consapevolezza, arrivata stranamente in quel momento, l’aveva fatta eccitare seduta stante. E sentire nello stesso momento i muscoli di lui tesi, non aveva fatto altro che alimentare quella sensazione dentro di lei. Facendogli capire che lei era li, che lo voleva subito, che aveva bisogno di sentirlo accanto a lei anche in quel modo. Era pronta ad amarlo in ogni aspetto. 
Aveva iniziato a bramarlo, bramare quel corpo possente e imperfetto, fonte di sicurezza e protezione. Un corpo che, unito al carattere, e a quella profondità oscura, non faceva altro che stuzzicarla. 
Era dannatamente forte. 
E mentre lei continuava a tastarlo sulla pelle, dalle ferite fresche alle vecchie cicatrici, in tocchi delicati, si rendeva conto di quanto avesse sempre rimandato quel desiderio, sepolto, ignorato, e di quanto provasse da sempre amore per l’uomo a cui apparteneva quel corpo. 
Abile, Nami, con quei tocchi continuava a provocargli spasmi continui, portandolo spesso a chiudere l’occhio e gemere, soprattutto quando sopra le ferite ci premeva sopra le labbra. 
Si staccarono per un secondo, il tempo di guardarsi ancora in viso in un tacito consenso. 
Zoro, nonostante le innumerevoli sensazioni che stava provando per via di quei contatti, sorrise bastardo quando vide le gote arrossate di lei, mentre cercava di rimanere lucida con il respiro che si sforzava di essere regolare senza alcun successo. 
Era dannatamente desiderabile. 
Nami gli conficcò le unghie sulle spalle, aggrappandosi a lui non appena era entrato dentro di lei, deciso e forte, come sempre era stato, lasciando intercorrere soltanto un attimo, un attimo di accettazione di quel dolore, di quel piacere, di quei gemiti arrivati di conseguenza.
Ma non si fece aspettare poi tanto, ancora su di lei, compiva ripetutamente quei movimenti, confrontandosi con una resistenza provocatoria che lo mandava in visibilio. 
Non si erano curati né della sabbia, né tantomeno dell’ambiente circostante.
Forse, pensavano entrambi, in quello stesso momento, aver aspettato così tanto per unirsi, ne era pur valsa la pena. 
 
Si muovevano assieme, quando si stringevano in un abbraccio, quando cambiavano leggermente posizione, nonostante la predisposizione di Zoro di voler essere quello più dominante. Sfuggiva qualche gemito un po’ troppo alto quando le spinte diventavano più intense. Accompagnate da lunghi sospiri, quando lui le torturava i seni con le labbra in una perdita eccessiva di controllo dell’impulso, in cui stava attendo a non farle male, ma spesso, stringeva troppo forte quel morbido lembo di carne che lo aveva attirato come una calamita. 
Seguite anche da imprecazioni varie, quando Nami, per vendicarsi, lo mordeva sulla pelle e lo pizzicava in punti delicati. Per concludere con egual richiami dei rispettivi nomi quando quel pulsare diventava insostenibile.  Incontrandosi poi a metà strada tra sospiri e carezze, che trovavano posto in momenti di gentilezza all’interno di quel vortice impetuoso di passione animosa che aveva avuto la precedenza su ogni controllo.
Era dannatamente amabile. 
 
Zoro finì per accasciarsi sul petto di Nami, senza più fiato in corpo. E, seppur abituato a sudare e sforzarsi, stavolta si trattava di tutt’altro piacere. 
Cessato quell’impeto irrefrenabile e incontinente che lo aveva investito come un’onda in mezzo al mare nel pieno di una tempesta, il verde aveva ripreso a respirare a pieni polmoni. 
Aveva sentito la mano di Nami tra i suoi capelli, mentre boccheggiava, e, per un attimo, decise di non voler cambiare nemmeno una virgola di quello stato. 
Fu lì che si rese conto di poter, rispetto a prima, rilassarsi e annusare quel profumo fino in fondo, senza privarsene, senza dover costringersi di ignorarlo. 
Nami però smosse tutto, tirandogli i capelli con forza e portandolo ad alzare la testa dal suo seno per guardarla in volto, ma senza dire una parola, dal momento che cercava di riprendere un controllo che aveva perduto. 
Ma fu lui il primo a parlare, nonostante ancora ansimasse per lo sforzo “Ora non sembri così tanto strega” un’ironia sottile e bastarda aveva preso il sopravvento per frenare la realtà di quell’emozione, mentre allungava la mano e le toglieva i capelli dalla guancia in un gesto quasi contraddittorio. 
Un sorriso sadico s’aprì anche sulle labbra di lei, che non aveva perso tempo nel rispondere alla provocazione “Tu invece rimani lo stesso il solito idiota. ” Si scambiarono l’ennesimo sguardo complice e totalmente innamorato, mentre i loro animi, e i loro corpi, nonostante quello strano ma divertente impaccio, si accendevano un’altra volta in quell’immediatezza del desiderio. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Con l’asciugamano legato in vita, al tramonto, Zoro era ritornato nel mini-accampamento, accaparrandosi svelto una bottiglia di Rum, di quelle che Nami teneva al sicuro nella sua tenda e che quella sera aveva portato fuori. Tirò via il tappo con i denti, come al suo solito, e si preparò ad assaggiarla timoroso. 
Sorrise. Assaggiò il primo sorso proprio quando vide la compagna raggiungerlo. 
Si, quel buon sapore era tornato!, le sue amate bevande erano nuovamente gustose. 
“Perché quel ghigno?” 
Nami gli arrivò davanti con le mani sui fianchi. Per Zoro, era tornata anche lei ad essere “la strega” di sempre!, e non poteva che fargli piacere. 
Erano passati due giorni da quella prima notte nella tenda, e, chissà come, poi non era più successo niente di egualmente bruciante, seppur un’atmosfera eccitante continuasse ad aleggiare loro intorno. Nami si era rimessa al lavoro quasi subito, e lui aveva ripreso con gli allenamenti, poiché seppur fosse arrivato al titolo agognato, doveva comunque tenersi in forma per mantenerne il livello. Ma c’era qualcosa, era successo qualcosa che nuovamente li aveva sperati, forse qualcosa di non detto, di non chiarito. La rossa lo osservò tracannare, mentre il suo sguardo si era poi fermato sulle goccioline dell’acqua di mare che gli stavano scivolando addosso sul torace. Ne rimase un attimo ipnotizzata. Ancora non era del tutto abituata a quella “nuova vita” così intima con Zoro. 
“Per caso mi stai guardando, pervertita?”
Sghignazzò lui, che invece si era già abituato benissimo, mentre era sempre così sfacciato, in quella nuova leggerezza che ancora era così strano vedergli addosso. 
“Ma quale pervertita! Tu, piuttosto, vedi di smetterla di andare in giro nudo!”
“Ma senti chi mi fa la predica” era allibito. Zoro quasi che la differenza tra un bikini e l’intimo nemmeno la vedeva, e, adesso, per lui non faceva nemmeno più effetto vederla con addosso un fazzoletto quando poteva ricordare nella sua testa cosa cosa c’era sotto. 
Fece retro front, Nami, allontanandosi da lui, rossa in viso, da quel pericolo che gli si era presentato sotto agli occhi, proprio mentre si stava dedicando ad alcuni dettagli della seconda parte della mappa. 
Zoro, che in quei due giorni si era ritrovato spesso a nuotare nell’oceano per cancellare dalla testa certe immagini, o rallentare certi impulsi che adesso difficilmente riusciva a frenare, decise, ancora una volta, di scavare nella psiche di quel peperino di donna che aveva sempre qualcosa - cui temere - per la testa. E così, proprio in quel momento, Nami sentì la mano di lui tirarle il filo del bikini da dietro alla schiena.
“Puoi spogliarti anche tu, siamo solo noi qua sull’isola…”
Sciolse senza nemmeno accorgersi il nodo con due dita.
Con la faccia in fiamme, la rossa si voltò per prenderlo a pugni e scaraventarlo a terra in meno di un secondo, istigandolo però in una spontanea e folgorante risata. 
Insieme, erano rotolati di qualche metro sulla sabbia, con la bottiglia volata di qualche poco più giù. 
“Ma che modi sono!?” gli disse, prendendolo a pugni sul torace. 
“Ma che ho detto di strano…”
Sdraiato a terra, con lei sopra che s’agitava come una furia mentre si reggeva il bikini al petto con una mano, lui le fermò il polso libero in aria, continuando a sorridere. 
“Non si fa così, Zoro! Dannato!”
Mentre lei continuava a dimenarsi, evidentemente agitata, il verde aveva deciso di calmarsi, guardandola negli occhi in cerca di una spiegazione. 
“Ma da quando sei diventa così casta?”
Lei aveva gonfiato le guance imbarazzata, evitando di fissarlo. “Adesso é…é diverso!”
Guardandola attentamente in volto per un attimo, lo sguardo di Zoro era improvvisamente diventato intenso, di quelli che facevano preoccupare Nami.
“C-che c’è?”
Lei rimase ammutolita improvvisamente; forse stranita da quello sguardo diventato profondo in poco tempo, forse spaventata da una qualche reazione che non avrebbe compreso, finché, non sentì due mani sulla schiena nuda trascinarla sul torace, e stringerla in un veloce abbraccio. 
“Zoro?”
“Non dire niente…”
La rossa sentiva il battito accelerato del cuore di lui, in perenne contrasto con il fuori, un cuore pulsante che stanziava dentro quel torace che mai nessuno avrebbe detto che dentro ci stesse tutto quel calore. 
Si lasciò abbracciare in quell’attimo strano ma bello, in cui non aveva risposte, non sapeva cosa stesse succedendo…tranne che, e di questo era sicura, quello era sicuramente amore.
Ricambiò, abbracciando il verde sulla testa, e accarezzandogli la cute con movimenti leggeri. L’ultima, e la prima, volta che si erano scambiati un abbraccio così era stato quando lui le aveva detto che sarebbe rimasto con lei.
Quel ricordo la indusse a stringerlo più forte tra le sue braccia esili, fino a quasi non farlo respirare. 
Non le importava nemmeno più essere quasi nuda davanti a lui, non le importava nemmeno più farsi vedere vulnerabile. 
Era grata di aver provato quel sentimento sulla pelle. Era grata di averlo potuto vivere. Era grata di quei quattro anni, tre mesi, tre settimane e due giorni in cui lui aveva fatto parte della sua vita. 
 
 
Ancora chiusi in quell’abbraccio, sdraiati in silenzio sulla sabbia, Nami aveva preso parola per prima. Con la mano ancora accarezzava il viso di Zoro, che, se ne stava lì, buono, con gli occhi chiusi, mentre si faceva amare.  
“Penso che sia ora per noi di ripartire.” Lo sentì protestare appena sotto al suo corpo mentre si crogiolava in quell’attimo di tregua per cui avevano faticato tanto. “Se stiamo ancora qua, in questo modo, finirà che ci perdiamo.” Nel frattempo, con un dito gli controvava il volto, dal naso alle labbra al mento. “É ora anche per noi di tornare a casa” sorrise sorniona e felice, e, consapevole di poterlo finalmente dichiarare, aggiunse , “…insieme.”
Vide quelle labbra silenziose dipingersi di un leggero sorriso accondiscendente sotto al suo dito, facendola sorridere a sua volta. 
“Staremo un po’ nella tua isola Natale, e poi dritti a Coco, almeno, per un po’. Che ne dici?”
Ma Zoro non rispose, facendosi ancora cullare da quel meritato trattamento, la cui gioia provata non l’avrebbe mai raccontata ad anima viva. Cosciente, tra le altre cose, che tanto, sarebbe stata Nami quella che avrebbe deciso tutto. 
“Possiamo usare i soldi che mi hai dato per costruirci una casa bella grande…oppure, una nave tutta nostra? Che ne dici?”
Nonostante quell’eccitazione di Nami fosse elettrizzante e contagiosa, Zoro s’irrigidì improvvisamente nel corpo e negli zigomi del volto. 
“Che ti prende?”
Lui aveva aperto l’occhio, e, a malincuore, aveva dovuto interrompere quelle carezze, che per una volta erano dedicate a lui. Dovuto alzarsi con la schiena, si era messo seduto. 
Nami lo guardava ancora confusa, non capendo quale altro problema stava per venire fuori, avendone paura. 
“Ecco…” Lo sentì titubante, e lo vide diventare nervoso come se nascondesse qualcosa. Atteggiamento raro che poco gli apparteneva.
“Zoro?”
“Perché non hai mai aperto quel sacchetto?” le chiese, massaggiandosi la testa imbarazzato. 
Nami stava per rispondere quando si fermò un attimo, e il pensiero iniziò a riportarla indietro con la mente a tutte le volte in cui lui le aveva chiesto se aveva avuto modo di contare i soldi. 
“Un momento…” gli puntò il dito sulla fronte. “Perché sei sempre stato così sicuro che non avessi contato il tuo denaro?”
Ed era così, Nami non aveva mai voluto avere niente a che fare con quel dannato sacchetto. 
“E non è strano che non l’hai mai fatto?”
Chiese lui, tra il nervoso e il divertito. 
“Zoro…” diventò immediatamente bordeaux “cosa diavolo c’è in quel sacchetto???”
Lui fece spallucce guardando serio il vuoto dritto davanti a se, per evitare lo sguardo di Nami. 
“Sassi”
“CHE COSA?” 
Ma non aggiunse altro, mantenendo quello sguardo indifferente e pronto a prendersi ogni punizione, soprattutto fisica. 
“Ti ammazzo, io ti ammazzo!”
Sbraitando come non mai, Nami lo aveva assalito seduta stante, e lui, stavolta, si era preso ogni pugno, con anche tutti gli interessi. 
“Perché? Perché mi hai presa in giro?”
Non poteva crederci lei, dopo quei bei momenti che avevano passato insieme, lui le aveva fatto questo. Proprio lui? Perché?
Pronta per un nuovo assalto, stavolta trovò il verde un po’ meno d’accordo con il gesto, fermandola e mettendola al tappeto.
“E tu perché non lo hai mai aperto?”
Nami gonfiò le guance, indispettita, ma soprattutto arrabbiata con se stessa per essersi fatta raggirare in quel modo così facilmente.
“É impossibile imbrogliarti quando si tratta di soldi…” aveva aggiunto lui, “eppure, stavolta é stato così facile…”
Dimenò le braccia nel tentativo di liberarsi dalla presa ma a vuoto. Zoro aveva abbandonato la rassegnazione in favore di un chiarimento. 
“Maledizione!” Le uscì, in quella voce spezzata, oltraggiata, troppo delusa da sé stessa per non aver verificato il denaro nel momento stesso in cui lo aveva ricevuto. 
“L’ho odiato quel diavolo di sacchetto, va bene? L’ho odiato!” 
Nami non resistette al mordersi il labbro inferiore per una confessione che non poteva evitare di elargire. “Perché significava che tu volevi per scelta separarti da me!”
Con un sorriso enorme appeso sul suo viso, il verde non era riuscito a non ridere, ancora una volta, in quella giornata, e nonostante la situazione in cui si era cacciato, si era divertito da morire. Lasciandole le braccia, si avvicinò improvvisamente al suo viso, cosi tanto da baciarla energico. 
Nami gli tirò uno schiaffo, rompendo quel bacio, tanto per mostrare quanto era contrariata di quell’imbroglio che non avrebbe accettato così facilmente, ma lui, imperterrito, le si era nuovamente fiondato addosso, prendendole le labbra con maggiore intensità senza darle alcuna via di scampo, amandola ancora di più per quella confessione, e allo stesso tempo cercando di rassicurarla. 
“Tu non mi avresti mai imbrogliata così…tu non ne sei capace…” riuscì a dire nel momento in cui si erano separati. “É stato Usop, non é vero? Si, é stato lui! Quel farabutto!”
Zoro riprese a ridere, così leggero, non rideva come quel giorno da tantissimo tempo, talmente tanto da non riuscire a fermarsi. 
“Smettila!” 
Imbarazzata per essere stata imbrogliata dai due, Nami continuava a colpirlo sul busto, sulle spalle, a mordergli la guancia. 
“Smettila di ridere! Maledizione, Zoro!”
“Sei intelligente Nami, ma quando le emozioni prendono il sopravvento su di te in questo modo…diventi così …” il verde rallentò la risa, aprendo gli occhi e squadrandola ancora come prima. Faceva così ridere, mentre si copriva il petto con un braccio e l’altro lo dimenava in aria contro di lui. 
Ma non terminò mai la frase che si fiondò nuovamente sul suo viso. 
 
 
“Quel maledetto sacchetto…è stata la mia rovina fin dall’inizio…!” Aveva esternato, nel momento in cui le loro bocche avevano cercato nuovamente l’aria per respirare, quasi arresa ormai agli eventi, accettando quella fregatura visto comunque come era finita poi tutta la storia tra loro. Fino a quando… 
“Tutt’altro, invece”
Zoro e quel ghigno sulla bocca avevano la capacità di farla arrabbiare ed eccitare allo stesso modo.
“Quel sacchetto significa che non ci saremmo mai separati per davvero”
“Spiegati”
“Sapevo che una volta scoperto l’imbroglio, saresti venuta a cercarmi…”
“Sbruffone!”
“…non avresti mai lasciato perdere quella somma” puntualizzò, consapevole che quella certezza fosse anche un difetto. 
Le sfiorò le labbra con le sue, annusando quel momento che sapeva di vittoria, oltre che di rivelazione di qualcosa d’importante che andava pensata. 
Nami smise di respirare, ricambiando quella carezza, per calmarsi e cedere a quella confessione che indirettamente le aveva smosso qualcosa dentro, simile ad un uragano che trascinava e mescolava al suo interno tutte le sue emozioni.
“Quindi avevi un asso nella manica anche tu”, puntualizzò incredula, mentre lo vedeva sogghignare. 
E, non dandogli troppa soddisfazione per quella verità che le aveva sconvolto il cuore, il suo sguardo si mostrò improvvisamente più libero e ugualmente provocatorio, accompagnato da un tono di voce diventato più ironico. 
“Oh, puoi giurarci che ti sarei venuta a cercare”
e, prendendogli improvvisamente il viso tra le mani, lo baciò lei.  
E, stavolta, invece, fu lui a tirarle il labbro con veloce esaltazione, mentre con il corpo s’incastrava nuovamente in lei, e, togliendosi l’asciugamano di dosso ancora legato alla vita, era pronto a prenderla di nuovo. 
“Proprio quello che mi sarei aspettato da te” 
Sorrisero entrambi, soddisfatti del fatto che, comunque fossero andate le cose, non ci sarebbe mai stato un vero addio tra loro, prima di ricongiungersi ancora una volta in quell’atto d’amore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Usop, Chopper e Brook, avevano raggiunto la zona del falò qualche ora più tardi, con la paura e tristezza nel cuore che Zoro avesse dato peso al suo orgoglio e sarebbe partito, alla fine di ogni cosa, da solo. Finendo poi in chissà quale guaio in una inquietante (non) accettazione del suo essere innamorato. 
Solo il fatto che si fosse confidato – più o meno – con lui, in realtà dopo le parole di Sanji, Usop gli era stato addosso come un segugio, era stato davvero un passo avanti, e l’aver accettato il suo piano per assicurarsi una speranza di incontrarsi con Nami da qualche parte nel loro immediato futuro, lo aveva alquanto sorpreso. Zoro non era una persona che solitamente avrebbe accettato simili imbrogli e sotterfugi. Forse non si sentiva infatti così tranquillo, per ciò continuava a chiedere a Nami del suo denaro, forse con la paura di sentirsi in colpa. 
Ma non c’era trappola più efficace con Nami, di un debito non ripagato nei suoi confronti! Il suo piano però aveva delle falle, dal momento che, visto il silenzio della rossa, lei non aveva sorprendentemente ancora controllato il denaro. E questo lo stava realmente sconvolgendo, poiché significava che la partenza di Zoro l’aveva scossa più di quanto chiunque di loro avrebbe mai potuto prevedere. 
Quando giunsero davanti ai resti del rogo, con il cuore palpitante, Usop, fermò con la mano gli altri due amici, indicando loro di far silenzio. 
Con un sorriso enorme ad occupargli il volto, il cecchino respirò finalmente a pieni polmoni. 
Nami e Zoro, seduti, una con la testa sopra la spalla dell’altro, in un contatto caloroso, dormivano sulla spiaggia, in un immagine che rendeva possibile trasmettere serenità ai tre spettatori. 
“Finalmente”
Aveva esclamato Usop, con il cuore più leggero, spingendo via gli altri che con le loro esclamazioni stavano rovinando tutta l’atmosfera. “In fondo non c’è voluto molto, solo quattro anni, tre mesi e una settimana d’inferno.” 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice_________________
 
Mah, stavolta in realtà ho poco da raccontarvi.
Ho un gran bisogno di ZoNami, e, attingendo dalla mia ultima immaginazione, e visto l’annuncio dell’arco finale di OP, tendo spesso a pensare ai PG e alla loro posizione dopo la destinazione finale. 
Insomma, l’idea di vedere questi due insieme nel futuro è bella e sognante, ma sono un po’ triste per la paura che non succeda; ma, per fortuna, come qualcuna mi ha fatto notare, posso sempre scriverne una mia visione. E, su questa situazione in particolare, ne ho più di una. 
 
Non penso ci sia bisogno di ricordarvi il “nessuna ambizione, nessuna aspettativa, nessuna pretesa”, è scritta per piacere, niente più di questo. Ammetto che non si tratta di una trama così originale, se non forse per qualche dettaglio, ma spero comunque di regalar un piccolo sollievo in questo deserto arancione in cui le oasi verdi sbiadiscono. Ma forse è il contrario.
Come sempre, apprezzatissimi i commenti, soprattutto il sapere cosa vi è e cosa non vi è piaciuto/colpito/interessato, e quanto siete già delus* o speranzos* per un possibile futuro ZoNami.
 
Vi abbraccio,
Robi 
 
   
 
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