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Autore: Doctor Nowhere    24/06/2022    2 recensioni
Un giovane ragazzo è stato benedetto col dono di poter raggiungere qualsiasi obiettivo si ponga nella sua vita. Inizia dunque un lungo viaggio su una Sinuosa Strada per trovare il proprio Fato.
Cosa realizzerà nella sua vita?
Quale destino è abbastanza glorioso per lui?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I giorni si erano trasformati in settimane, e le settimane in mesi. Il Predestinato era irato e scontento. La Sinuosa Strada che doveva condurlo al suo Fato ancora non accennava a giungere al termine. Continuava a estendersi a perdita d’occhio, noncurante di quanto cammino avesse già percorso il Predestinato. Quanto tempo era passato da che aveva abbandonato il suo villaggio natale, da quando aveva detto addio ai suoi genitori? Tanto. Troppo. E cosa aveva ottenuto? Niente. Il suo Fato beffardo continuava a restare al di fuori della sua portata. Il giovane Predestinato proseguiva, spronando sempre di più il suo Cavallo, consumato come da una furia cieca e inarrestabile. Purtroppo, in un giorno dal cielo grigio pieno di nuvole di pioggia, il Celere Cavallo che tanto a lungo aveva trasportato il Predestinato nitrì disperato e si accasciò al suolo, facendo ruzzolare il suo cavaliere nel fango. Il Predestinato si rialzò, furioso, e percosse l’animale con un colpo. La bestia rimase immobile. Esaminandolo meglio il giovane comprese che era morto per la troppa fatica. Senza mostrare una sola traccia di scoraggiamento, il Predestinato raccolse i suoi bagagli e riprese a seguire la Strada a piedi. Aveva iniziato la sua ricerca del Fato senza un cavallo, non gliene serviva uno per concluderla. Molte altre persone si sarebbero arrese alla disperazione, nelle sue condizioni. Sempre meno soldi nella Saccoccia, la Spada e il Cavallo perduti e ancora nessun indizio della prossimità della sua meta. Ma lui non era una persona qualsiasi. Lui era il Perfetto Predestinato. Anche stanco, fradicio per la pioggia e infangato sarebbe riuscito a completare il suo viaggio.

Camminò senza sosta per tutto il pomeriggio. La sera, sfinito dalla fatica, giunse a un Ospitale Ostello. Sentì più che mai il bisogno di fermarsi a riprendere fiato, almeno per una notte, almeno per lavarsi e rinfrescarsi. Così fece, e subito si sentì molto meglio. Certo, non aveva più una cavalcatura, ma la fatica non lo intimoriva. Scese a consumare la sua cena, e non appena entrò nella sala da pranzo udì le soavi note di un liuto. Vide una piccola folla di Attoniti Astanti circondare un gentiluomo vestito di ricche vesti purpuree che pizzicava le corde del suo strumento con grazia e maestria. Egli era un Magistrale Menestrello, giunto da quelle parti per caso, che aveva ben pensato di offrire all’Onesto Oste di pagarsi il vitto e l’alloggio con la sua arte. La cena di tutti gli Astanti fu resa cento volte più dolce dalle canzoni del Menestrello. Anche il Predestinato trovò pace e tranquillità nella deliziosa melodia dell’artista. C’era però qualcosa che non gli andava giù. Non riusciva a capire cosa fosse, ma qualcosa di quel Menestrello proprio gli impediva di apprezzarlo come facevano gli altri.

“Cos’è quel muso lungo, compare?”

Il Menestrello, terminato di suonare e cantare, era sgusciato via dagli applausi della folla per sedersi accanto al Predestinato. Il giovane lo guardò un po' storto, ma non rispose. Non sapeva cosa dirgli. Il cantore finse di non notare l’occhiataccia che aveva ricevuto, e riprese a parlare abbassando un po' il tono della voce “Amico, non c’è bisogno di far finta di niente. Guarda che ho capito. Ti ho notato mentre suonavo, e so qual è il tuo problema”

Il Predestinato alzò un sopracciglio. Davvero? Davvero un cantastorie qualsiasi era riuscito a comprendere soltanto fissandolo un problema che non era chiaro neanche a lui stesso?
“Riconoscerei ovunque quel tipo di sguardo. È invidia. Pura e semplice. Volevi esserci tu al mio posto, volevi l’attenzione della folla tutta per te. Non c’è niente di male, dico davvero. Dopotutto io ci vivo di questo. Anzi, forse forse potresti farlo anche tu. Chi può dirlo? Potresti imparare a suonare, e magari poi si scopre che non sei male a canticchiare… poi da cosa nasce cosa… e di qui a qualche anno ti ritrovi come me a mangiare e a dormire dove ti va senza tirare fuori un soldo di tasca. Potrebbero anche invitarti a esibirti alle feste e alle corti, perché no? Pensaci, mio caro. Avresti tutto il pubblico che potresti mai desiderare. Potrei insegnarti qualche trucco del mestiere, se ti interessa. Non mi dispiacerebbe avere un allievo, tutto sommato. È da troppo tempo che viaggio da solo...”

Il Predestinato si alzò di scatto e se ne andò senza neanche lasciargli il tempo di finire di parlare. Ma di che diavolo stava parlando? Ma si sentiva? Le sue parole erano boriose e offensive. Come se lui avesse bisogno dell’attenzione altrui. Il suo unico obiettivo era il suo Fato, quello che gli spettava di diritto, quello che gli era stato promesso. E poi che razza di gloria è limitarsi a vagare e offrire canzoni a destra e a manca? No, a lui spettava di più, molto di più. Si recò nella sua stanza, si concesse una notte di riposo e all’alba riprese il cammino lungo la Sinuosa Strada.

E così il Perfetto Predestinato riprese il suo viaggio, per compiere il suo magnifico Fato.

   
 
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