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Autore: speechlessback    24/06/2022    3 recensioni
Sasuke e Naruto, gli anni passati, uno sguardo alla città ed uno al passato. Poi, uno di fronte all'altro.
Canon compliant, ambientata all'incirca qualche anno dopo l'attuale universo di Boruto. (3K)
(Scritta per il concorso di Wattpad Fanfiction IT, "La genesi dei tuoi colori")
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Boruto Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Shikamaru Nara | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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La luce entra comunque.


La notte, prima fitta e oscura, ora luminosa e viva, ma ancora, sempre, notte di Konoha, che si dipana innanzi ai vostri sguardi; la osservate come avete fatto mille e più volte.

Seduti con quella consapevolezza che solo l'età ti fornisce, forti degli anni passati a rincorrersi e a combattersi, pronti a lasciar andare via la giovinezza che poi lascia il passo alla calma misurata. Al tuo fianco c'è quel ragazzo che hai visto sempre, di cui ricordi l'azzurro cielo degli occhi ed il biondo improbabile e spiccato dei capelli. Ora che puoi passare liberamente le mani tra quelle ciocche, quasi non ti capaciti di quanto c'è voluto, per entrambi, per poterlo fare. 

**

Se fai una mossa diversa, riesci a registrare un cambiamento impercettibile, con la coda dell'occhio. È un millimetro di spazio, un'occhiata di sfuggita: il passaggio di un occhio cremisi.

È un solo millimetro eppure nell'insieme dei corpi vessati dalla battaglia e nell'aria che si fa sempre più opprimente, seppia e poi pece scura, tra le urla agonizzanti dei caduti della battaglia, tu pensi solo a quel millimetro e percepisci un singolo momento in cui lui, forse, ti ha visto di nuovo. 

Posa il suo sguardo e ti riconosce, di nuovo; sotto quegli occhi inquisitori, tu rinasci, di nuovo.

Ora siete seduti sul tronco di un albero che penseresti millenario e che forse ha visto tua madre e tuo padre correre e scherzare - non smetterai mai di fantasticare su queste cose, lui lo sa e te ne fa un cruccio (ma in realtà ne è felice), tu lo sai e lo fai per ricordare a lui che c'è stato un prima e quel prima va ricordato comunque.

Al tuo fianco, c'è un ragazzo. Ha i capelli scuri, di un blu scuro impenetrabile, profondo come quelle pozze di acqua di cui non sembra mai facile scorgere la fine quando è notte fonda. Ha uno sguardo magnetico, un occhio coperto da una ciocca di capelli fintamente ribelle, accuratamente posizionata. È il tempo che passa che vi trova così allineati.

Quanto la brezza di vento gli scompiglia alcune ciocche, c'è una mano fasciata già pronta a sistemarle. Vent'anni fa, una mano bambina avrebbe fatto lo stesso. La reazione non sarebbe stata la stessa. 

Eppure, seduti sul tronco dell'albero centenario che immagini sia popolato di mille e più storie che hanno dato origine al villaggio che cerchi di guidare, lo guardi. Ora che puoi farlo perché sai che lui si volterà, impercettibilmente - pur avendo sentito il tuo movimento prima ancora che potessi terminarlo - e sai che da quel piccolo millimetro tesserai la storia della tua settimana. 

Hai accumulato millimetri e centimetri con doverosa minuzia. Sullo stesso albero, ad ore diverse. Sullo stesso albero, con abiti dimessi, talvolta a distanze misurate in anni. Ma tu, così abituato a cogliere le sfumature di quel volto che puoi percorrere senza mappe, hai recepito ogni dettaglio e colto ogni piccolo cambiamento.

Ci sono voluti vent'anni.

Lo rifaresti daccapo. Perché quando ti volti, lui si volta di rimando. Azzurro nel nero pece. Azzurro che accoglie e si mescola al nero e incontra quel potere immenso e vede in quello sguardo solo quello di un ragazzo. È il ragazzo che hai amato prima ancora di sapere cosa fosse il desiderio. Prima ancora di sapere che il vuoto che volevi colmato era dentro - né fuori, né oltre. È il ragazzo che hai amato ancora prima che amassi te stesso. Hai corso nel mondo e hai provato a portarlo a casa. Lo hai portato a casa.

La sabbia che scorre tra le dita, la clessidra che rigiri quando passano troppi mesi e lui non ritorna, i momenti in cui sei solo su quell'albero e nella testa si rincorrono e confondono le conversazioni laconiche, i significati nascosti, quello che puoi immaginare lui voglia dire ma nel mentre lui non sa come dire. Anche se lo sai, il dolore sordo - talvolta preponderante, quasi mai un sussurro impercettibile - accompagna ogni tuo passo.

Come ami qualcuno che ha amato ed ha perso in egual misura? Che porta sulle spalle, invisibile e tangibile, il ricordo di una famiglia maledetta da quell'amore che è sempre più forte dell'odio, ma che travalica l'ossessione.

Shikamaru, assistente e tuo confidente delle mille e più storie che hai creato in questi lunghi vent'anni, dice che sei pazzo, che hai perso la testa. (Shikamaru ha ragione.)

Innumerevoli le volte in cui l'ha detto, indefiniti i ricordi di quelle serate; quando Sasuke non si faceva vedere da un numero di mesi indefiniti - sfociavano nel conto degli anni -, quando tu e Shikamaru vi ritrovavate ubriachi fradici ed era l'unica sera all'anno in cui ti concedevi di non essere solo una guida ed un capo con la famiglia perfetta, una donna che ti ama, due figli che stravedono per te. Quelle sere in cui il peso di una città si faceva più opprimente di qualsiasi tua aspettativa. Quando l'aspettativa si era trasformata nella tua vita. Quando la vita che avevi costruito non era più guerra ma tu forse avresti voluto riviverla per rivedere quello sguardo e sentirti vivo.

Puoi dirlo solo a Shikamaru. Shikamaru poi annuisce, perché sa, senza che ci sia bisogno che te lo dica espressamente, ma te lo fa dire così puoi farlo uscire dal tuo corpo - puoi espellere quella sensazione estranea e familiare che ormai costituisce ogni fibra del tuo essere e risponde ad un solo nome: Sasuke Uchiha.

Pur nelle infinite potenzialità del potere di una forza portante, quelle marchiate sono le uniche zone inaccessibili. D'altronde, non si cura ciò che non è rotto. È un vuoto nero pece, sottile e penetrante, che nulla sembra poter attutire.

Non si cura qualcosa che in realtà funziona. Si aspetta. Si aspetta per vent'anni.

Però poi ci sono i momenti in cui la realtà assume il concreto e tangibile spazio del metro di distanza che vi separa, che millimetro dopo millimetro, anno dopo anno, si fa sempre più sottile. 

L'aria assume sottilmente l'odore di ribelle e di lontano, e vibra di una presenza silenziosa e letale. Fai cenno agli hanbu di lasciarvi soli. Sali sulla cima più alta - lui è già lì. La katana abbandonata al suo fianco, gli anni che hanno ridotto il metro a pochi centimetri. Visti dall'esterno, la tunica bianca da Hokage contrasta con il blu notte del mantello da viaggio.

La luna è stata la vostra unica testimone. Se stringi forte gli occhi, puoi vedervi ragazzi inesperti, giovani speranzosi, infine adulti silenziosi.

C'è un'ombra sottile, c'è una luce nuova. Lui alza lo sguardo - incontra il tuo. C'è familiarità in quell'attesa, nel modo in cui gli occhi si posano sull'altro. Azzurro nel blu più profondo, rosso cremisi, linee nere intricate, infine nero pece. Nero pece e azzurro cielo. Sono due anni che non hai lasciato scorrere il tuo sguardo, e ti prendi il tuo tempo. L'ombra viene inghiottita dalla luce. Si abbandonano le vestigia, e su quell'albero che ha visto mille e più storie, c'è solo un ragazzo.

Ci sono voluti vent'anni, eppure quando la tua mano fasciata scosta le ciocche sfuggite, lui non si ribella. 

¥

"Ci pensi mai?" 

Sasuke Uchiha è la persona che si aspetta che Naruto Uzumaki sappia leggergli nel pensiero e consequenzialmente sappia esattamente cosa gli gira per la testa, a quale punto della loro storia si riferisca, quale sia la risposta che sta cercando.

Naruto Uzumaki è la persona che sa esattamente cosa Sasuke Uchiha pensa, a quale punto della loro storia si riferisca, a quale risposta faccia riferimento, quasi gli possa leggere nel pensiero. 

La realtà è che hanno imparato a fare incetta di silenzi, a cercare la speranza in quelle frasi sussurrate, mescolate al sudore di quei corpi vicini, stretti, che è così facile fingere di non aver sentito.

"Ci penso mai?"

Sasuke si volta infastidito. Non bastano vent'anni a smussare tutti gli spigoli. Non bastano neppure venti vite a curare la sofferenza della sua infanzia. Ma Naruto Uzumaki ci prova. Ha giurato a se stesso, più e più volte, che avrebbe riportato Sasuke indietro. E ci è riuscito. Diciamo, sopperisce Kurama.

Diciamo, sembra indicare lo sguardo un po' corrucciato di Shikamaru quando vede che esce trafelato dall'ufficio - ha capito, non fa domande. 

Diciamo, sopperisce la sua mente stanca ed i cloni abituati a suddividere i pensieri ed a tenere una piccola parte di subconscio tutta dedicata a lui. 

"A quando hai capito."

La risposta, d'altronde, è una delle più difficili che Naruto Uzumaki potrebbe mai produrre. Si mescola con le mille e più storie, e la paura della guerra, e la paura che raramente è rassegnazione e tuttalpiù è testardaggine e rincorsa, e Sasuke Sasuke Sasuke, quando non lo capiva ma gli sembrava di capirlo comunque, quando lo sguardo più nero della pece era chiuso a tutto il mondo ed a lui - soprattutto. Si collega a quei momenti in cui un piccolo millimetro sembrava comunque invalicabile, faccia a faccia, combattendo insieme, poi l'uno contro l'altro. Nero pece, che sembra senza fine. Nero pece, dove la luce non raggiunge. Nero pece, come la notte in cui ha fatto per la prima volta rapporto dopo una missione in una terra lontana, e ha menzionato, quasi casualmente, che doveva portare avanti la stirpe degli Uchiha. 

Nero pece, il matrimonio. Nero pece, tutte le notti a seguire. 

Nero pece - la luce entra comunque. 

Eppure, i colori del tramonto e dei se e dei ma. Quando Naruto passava ed osservava Sasuke da solo, di fronte al fiume. Quando lui ero solo, e Sasuke vagava all'esterno dei suoi occhi, alla periferia dei suoi pensieri. Forse è lì che è iniziata quella sensazione; è forse in quel preciso istante che ogni singola cellula del suo corpo ha riorganizzato se stessa, prendendo un nome preciso. Da bambini, da lontano, soli; ci sarebbero voluti molti anni.

Nero pece, blu come la notte più buia. La superficie piana che non si increspa, sempre più oscura. Il riflesso della luna. La luce piano a piano entra. 

L'ombra dell'Hokage, che diventa l'Hogake-ombra. Mai indietro, ma al fianco l'uno dell'altro. Nell'ombra della sera, uno di fronte all'altro, a pochi centimetri di distanza. 

Colmare quei centimetri sembra la cosa più giusta da fare. Non è la prima volta, Naruto sa che non sarà l'ultima. Diciamo

Vorrebbe urlarlo al mondo. 

Basta poco per colmare la distanza. I millimetri non hanno fatto altro che assottigliarsi, i respiri incatenarsi, le mano fasciata ora vola spedita a contornargli il volto. Cerca di fare piano, di imprimere in un singolo gesto un amore lungo una vita - il corredo genetico di ogni sua cellula.

Venti secondi, vent'anni. Che differenza fa? 

**

"Non hai risposto."

"A cosa?"

"Hokage-sama."

"Smettila. Sai che mi fa strano."

"È quello che sei."

"Non solo."

"Torna la domanda di prima."

**

Che cosa sono, loro due? 

Eroi della guerra ninja. Un ragazzo con un demone, un ragazzo senza famiglia. 

Che cosa sono, loro due? 

Solo due ragazzi. Cercano l'amore prima ancora di sapere cosa sia.

**

Sasuke è silenzioso per la maggior parte del tempo. Tempo impiegato da Naruto ad interpretare i suoi silenzi, la curva delle labbra. Più su o più giù. Un occhio più allegro per una battuta che finalmente lo fa sorridere. Due passi in giro e Naruto percepisce la quotidianità, gli sfugge qualche menzione di un problema puramente amministrativo a Konoha. La gente del villaggio non ricorda, li osserva passare imperturbabile.

La memoria del passato, invece, fa parte della sua ossatura; ne delimita il volto, che si fa duro e impenetrabile. Raggiunge gli occhi e trasforma le sue pozze nere, profonde ed irraggiungibili.

Pozzi senza fondo, nero pece, blu notte, paura e disperazione. La luce arriva e illumina la notte senza stelle, increspa la superficie liscia dell'acqua. Occhi neri come la pece - occhi azzurri come il cielo terso. Si incontrano nel mezzo, su un albero qualunque che dà su Konoha, lo stesso albero che ha conosciuto mille e più storie, che sono tutte storie d'amore. 

Arriva sempre la luce: ha gli occhi color del cielo.

**

"Non c'è stato un momento preciso. Sai come sono su queste cose."

Sasuke contempla il vuoto, soppesa le parole, finge di non essere interessato al discorso. 

"Sicuramente essermi trovato ad un passo dalla morte faccia a faccia con te ha aiutato."

Sasuke è molto interessato al discorso, ma fa ancora finta di non esserlo; scruta l'orizzonte con attenzione.

Per tutti gli anni passati a studiarlo, Naruto sa che sta tentando di cercare una risposta giusta, di soppesare le parole. 

"Tu hai una famiglia. Una moglie, due figli."

"E tu hai una figlia. E Sakura."

È un meccanismo ben oliato, una conversazione che ha il sapore del già detto. Vent'anni.

"E allora?"

"Allora?"

"Non ci ha mai impedito di trovarci qui."

È la spavalderia dell'età a rendere Naruto così testardo. Certe cose non cambiano, e lui non ha mai smesso di combattere a muso duro contro quello che riteneva sbagliato. 

La verità è che ha capito che Boruto ha una cotta. Non una cotta qualunque però. È una di quelle cotte che ti rimangono addosso, un po' sotto pelle. Quella stessa cotta che ha avuto il padre, all'incirca alla sua età. Ed ha sentito tutto il peso dei suoi anni, ed ha capito che non è mai troppo tardi.

"Boruto ha una cotta."

"Buon per lui. Spero non si ridicolizzi come il padre."

"Oi! Io non mi ridicolizzavo."

"Ma certo... tutti quei Sakura-chan smielati..."

"Sai benissimo che era tutta finzione. Avevo occhi solo per una persona. Occhi scuri, fare scontroso... hai presente il tipo?"

Vent'anni, eppure Naruto lo coglie ancora di sorpresa. Non basteranno venti vite, a Sasuke Uchiha, per chiedersi se basti amarlo da lontano.

Vent'anni, venti centimetri, qual è la differenza? 

"Idiota."

"Sai che ho ragione." 

"È lí che hai capito?" 

Sasuke ribatte, non perde un colpo. Ha un solo obiettivo. Anzi, due. Vuole - forse, magari - ritornare. Un posto in cui tornare, un vuoto da colmare. Una persona da amare.

"No. Quando ci allenavamo insieme per camminare sugli alberi, ovvio. Certo è che quando stavamo morendo dissanguati rientra nei momenti della mia top ten personale... far piangere un Uchiha, roba da pazzi."

Il colpo ben assestato che gli colpisce il fianco è meritato. 

(Vent'anni, conosce tutti i suoi punti deboli.)

"Quanto rimani questa volta?" 

È il turno di Naruto di fare le domande.

"Quanto vuoi." 

É il turno di Naruto di rimanere senza parole.

(Vent'anni, conosce tutti i suoi punti deboli.)

"E se ti dicessi di restare?"

"Resterei."

"Per sempre?"

"Non ti facevo così melodrammatico, Hokage-sama." Una breve pausa, e riprende con un tono delicato. A Naruto sembra di vivere la più recondita delle fantasie. "Finché destino ce lo permetta."

"Quindi per sempre."

"Per sempre."

Nero opaco diventa rosso cremisi; filamenti sottili e neri. La luce entra sempre. 

Occhi azzurro cielo, labbra baciate così tante volte e che ogni volta hanno un sapore nuovo. Se questa volta si mescolano lacrime di gioia, il salato della sconfitta agognata, la speranza del ritorno, nessuno lo commenta. 

Vent'anni, Naruto pensa. L'ho portato a casa. 

Vent'anni, Sasuke pensa. È ancora qui. 

**

"Papà, senti..."

"Sí?"

"Come lo capisci se ti piace una persona?"

"Se ti piace una persona?"

"Se ti piace piace una persona..."

"Ahh...  Beh, è semplice, no? Quando attraverseresti il mondo, per averla al tuo fianco. Quando sfideresti persino le leggi dell'universo, pur di averla ancora con te."

"Sì, beh, non so perché ho pensato di chiedere a te. Sei sempre così melodrammatico... Zio Shikamaru ha ragione. Ti fai troppi film."

Boruto si ferma, quasi indeciso sul da farsi. Ma è questione d'un attimo.

"A te è mai piaciuta una persona a quel modo? Non dire la mamma."

È troppo grande per mentirgli. Il senso di colpa non fallisce nel torcergli le viscere. 

"Sí."

"Chi era?!"

"Un ragazzo. Solo un ragazzo."

"Come lo hai capito?"

"Volevo solo stringergli la mano. Passare del tempo insieme." 

Boruto sembra riflettere di nuovo sul da farsi, incerto su cosa dire e svelare. 

"É Sasuke-sensei, vero?"

Naruto sorride. Il villaggio saprà. Stanno sistemando gli scatoloni per il trasferimento. Sasuke Uchiha sta tornando a Konoha, in modo definitivo. Naruto Uzumaki sta traslocando dall'abitazione in cui lui ed Hinata hanno cresciuto i loro figli. 

"Sì."

Sorride. Boruto fa una smorfia di rimando. 

**

Naruto Uzumaki ci mette vent'anni a portare Sasuke Uchiha a casa. Ci mette vent'anni a riconoscere di vivere un matrimonio senz'amore. Ci mette vent'anni, lo decide nel giro di venti secondi. Quando poggia le labbra su quelle di Sasuke e sembra diverso dalle mille altre volte. Quando le mille e più storie non sono abbastanza, e vuole di più. Stringergli la mano, spostare le ciocche di capelli ribelli, conoscere quel corpo a cui è abituato e a cui pure non farà mai davvero abitudine. 

Ci mette vent'anni e sembra che lo abbia saputo sempre. Ci mette vent'anni e non fa altro che dire: non è mai troppo tardi.

 

**

 

 

Note: conosco questi personaggi da così tanto tempo e mai avrei pensato di avere finalmente il coraggio di scriverne - davvero. 

Il mio obiettivo era lasciare un messaggio di speranza, perché in fondo, per ognuno di noi, non è mai troppo tardi. Ho scelto di lasciare fuori sia Hinata che Sakura per una ragione piuttosto semplice (oltre che di tempistiche); per me, la storia di Naruto è sempre stata innanzitutto la storia di quei due ragazzi. So che non è mai tutto rosa e fiori, soprattutto nella vita reale, ma la luce entra comunque. Spero che il messaggio possa arrivare. 

Grazie a chi ha deciso di dare una possibilità a questa OS. Buon mese del Pride a tutti. ❤️

Questa storia partecipa al concorso "La genesi del tuo colore" di Wattpad Fanfiction IT; francamente, l'ho scritta perché questi due abitano nella mia testa, rent-free, da più di dieci anni. Ciò mi sconvolge e non mi sconvolge allo stesso tempo ahah 

   
 
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