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Autore: Padmini    24/06/2022    1 recensioni
Con questa storia voglio modificare in modo drastico il Film e la Serie Boruto, che non mi stanno piacendo per niente. Alcuni personaggi verranno eliminati, altri avranno un destino diverso, lo scoprirete leggendo. Spero che vi piaccia!
dal Primo Capitolo
La voce di Boruto gli arrivò come una ventata d’aria fresca, suo figlio era lì, era lì per salvarlo! Con uno sforzo indicibile riuscì a voltare appena la testa, la vista era sfocata, ma riconobbe in qualche modo le sagome di Sasuke, gli altri Kage e … Boruto? Sì, era proprio lui, ma per caso indossava la sua vecchia giacca? Quella logora e strappata di quando era bambino? Non riuscì a trattenere un sorriso, anche se Boruto aveva barato, anche se aveva meritato la squalifica per ciò che aveva fatto, era fiero di lui, si era rialzato e aveva continuato, sfidando la vergogna, sfidando la sconfitta, aveva affrontato tutto quello per venirlo a salvare.
“Papà!”
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Buongiorno!
Qualche piccola premessa: ho introdotto il personaggio di Hiroshi Kutsuki perché era funzionale alla trama ma mi è piaciuto anche esplorare, seppur brevemente, la vita di un non ninja che ha vissuto, come spettatore, le vicende di Naruto e mi piaceva dare un volto e una redenzione a uno dei tanti bulli che lo prendevano in giro da bambino.

Il perché del suo nome lo scoprirete alla fine del capitolo.

Per quanto riguarda la parte con Naruto, non so come di preciso funzioni l’aldilà in questo universo, perciò ho cercato di descriverlo basandomi su quel poco che ho visto nel manga, spero che sia abbastanza fedele.


5. Sacrificio

 

Hiroshi Kutsuki ricordava perfettamente i giorni dell’Accademia, le lezioni, le esercitazioni, i suoi compagni. Non era uno dei migliori ma nemmeno uno dei peggiori, i suoi genitori erano fieri di lui, dei risultati che otteneva, glielo dicevano sempre “Bravo, Hiroshi, continua così e diventerai sempre più bravo. Mi raccomando, però, stai lontano da quel Naruto Uzumaki, è un ragazzaccio!”

I suoi genitori gli parlavano spesso di lui, come cattivo esempio, consigliandogli di stargli lontano. Di tanto in tanto sentiva che ne parlavano anche tra di loro, sempre con epiteti poco gentili.

Hiroshi, obbediente, si era sempre tenuto alla larga, spesso addirittura lo prendeva in giro, ripetendo ciò che i suoi genitori dicevano a casa. Naruto reagiva in modi diversi, a seconda della situazione, spesso rispondeva a tono, altre volte fingeva di ignorarlo, ma tanto lui sapeva che era un perdente.

Hiroshi ricordava tutti gli esami falliti da Naruto, le risate che si era fatto alle sue spalle o direttamente in faccia, per umiliarlo, e ricordava, più di tutti i giorni trascorsi all’accademia, la sua ultima bocciatura, quando aveva visto svanire, insieme alla sua copia moscia, la speranza di diventare Genin. Quel giorno tutti avevano festeggiato, c’era stata una grande cena, poi era successo un disastro. Hiroshi aveva sentito che qualcuno era scappato con un rotolo proibito, aveva visto i Jonin in piazza riunirsi per catturare e uccidere il ladro, e quando aveva scoperto che era proprio Naruto aveva gioito, finalmente avrebbe ricevuto ciò che meritava.

Il giorno seguente tutto era tornato alla normalità, suo padre, parlando con sua madre, le aveva detto che l’Hokage aveva sistemato tutto e non c’era stato bisogno di continuare la caccia all’uomo. Tutto risolto. Però quello stesso giorno Naruto si era presentato in classe con un Coprifronte. Cosa significava? Era stato infine promosso? Sì, a quanto pareva erano entrambi Genin … oppure no?

Il suo sogno di diventare un ninja si era infranto alle parole del Jonin a cui lui e i suoi due compagni di squadra erano stati affidati.

“Solo nove di voi diventeranno Genin” spiegò “Gli altri torneranno all’Accademia.”

Che problema c’era? Lui ce l’avrebbe fatta, no?

No.

Tra i nove fortunati c’erano gli studenti di Asuma, di Kurenai e di Kakashi e, tra i tre pupilli del Copia Ninja, c’era anche Naruto.

Naruto. Naruto Uzumaki era diventato Genin … e lui no.

Per mesi aveva sofferto, per mesi si era impegnato, sputando sangue e lacrime, aveva ritentato, aveva riprovato e, mentre Naruto progrediva sempre di più, lui si rendeva conto che no, non poteva farcela, il destino aveva in mente per lui qualcosa di diverso dalle missioni.

Il Maestro Iruka era stato molto buono, come per tutti i suoi studenti aveva visto le qualità per farli andare avanti, e gli aveva suggerito di abbandonare la carriera di ninja e di concentrarsi su qualcosa di più adatto a lui. Per questo motivo aveva iniziato a lavorare in vari uffici, come contabile. Era molto bravo nel suo lavoro, preciso, metodico e con un’ottima memoria, lentamente stava dimenticando il suo sogno infranto e, nel frattempo, osservava colui che, un tempo, aveva ritenuto, a torto, un fallito.

Naruto era sulla bocca di tutti, negli anni era riuscito a migliorarsi tantissimo e quando era partito con Jiraya molti ninja anziani ne erano rimasti piacevolmente sorpresi perché essere addestrati da uno dei Ninja Supremi non era certo cosa da poco.

Gli anni passavano, Hiroshi faceva carriera ma continuava a seguire i progressi di Naruto. Per una strana ragione era affascinato da quel ragazzo, da sfigato da prendere in giro era diventato un modello da seguire. Non come ninja, no, Hiroshi aveva accantonato ormai da tempo quel sogno, ma come persona. Naruto era positivo, tenace, determinato a raggiungere i suoi scopi, qualsiasi fossero gli ostacoli che gli si paravano davanti, lui procedeva senza ascoltare critiche o consigli non richiesti, come aveva sempre fatto anche in Accademia e, continuando a fare del suo meglio era anche riuscito a diventare Hokage, coronando infine il sogno per il quale tutti lo avevano sempre preso in giro.

 

Durante la Grande Guerra dei Ninja non aveva partecipato, sarebbe stato inutile per lui, non aveva le basi per poter dare un contributo degno di nota, in pratica si sarebbe fatto ammazzare per niente.

Aveva seguito però tutti gli avvenimenti, il fatto che avessero partecipato anche dei ninja morti e riportati in vita, come gli ex Hokage. Era tutto molto affascinante, il mondo dei ninja, un mondo che lui aveva solo sfiorato per poco tempo, diventato una passione. Per questo motivo, passo dopo passo, aveva deciso di muoversi in direzione di quel mondo, anche se in modo marginale. Si era licenziato e aveva cercato lavoro negli uffici dell’Hokage, che a quel tempo era ancora Kakashi Hatake. Con le sue capacità e la sua esperienza non era stato difficile per lui accedere a quel lavoro e in breve tempo si era ritrovato a lavorare prima per il Sesto e poi per il Settimo Hokage, per Naruto.

Naruto non si ricordava di lui, aveva altre cose a cui pensare all’epoca dell’Accademia e poi in seguito, piuttosto che stare dietro a un ragazzino ignorante che lo prendeva in giro. Lui però si ricordava bene e si sentiva onorato di poterlo aiutare, anche se poco. Di tanto in tanto, quando lo vedeva nei corridoi o gli capitava di dover entrare nel suo ufficio, aveva sempre avuto la tentazione di chiedergli scusa, ma ogni volta temeva di essere inopportuno.

 

Poi era arrivata la prima brutta notizia e il mondo aveva cominciato a cedere sotto i suoi piedi. Cinque anni, forse sei, gli avevano detto i medici, prima che la malattia prendesse definitivamente il sopravvento e lo uccidesse. Cosa poteva fare? Nulla, se non andare avanti e sperare che i dolori che sempre più spesso lo tormentavano non interferissero con il suo lavoro, e più o meno ce l’aveva fatta.

Poi era arrivata la seconda brutta notizia: la morte di Naruto, che si era sacrificato per proteggere il villaggio.

Quel giorno il mondo gli era crollato definitivamente sotto i piedi. Il suo mito, il suo modello, non c’era più.

Per giorni era rimasto in una specie di trance, incapace di parlare o di esprimere ciò che provava; continuava a lavorare come sempre, ma qualcosa di era spento in lui. Forse per quel motivo, quel giorno, era arrivato in ritardo. Si era alzato ancora assonnato, dopo una notte in bianco per via di pensieri troppo difficili da cacciare e il dolore fisico, che sempre più spesso disturbava il suo sonno, quindi era entrato nell’edificio senza guardare niente e nessuno, non voleva parlare, non voleva vedere gli altri, voleva semplicemente concentrarsi sul suo lavoro per impedirsi di soffrire.

Nessuno gli aveva detto che non poteva accedere all’ultimo piano.

Nessuno lo aveva avvisato del fatto che ci sarebbe stata una riunione super riservata e segreta.

Per questo motivo Hiroshi era salito all’ultimo piano, diretto agli archivi, per cercare un documento molto importante e, nel farlo, aveva sentito la parola “guerra”. Guerra? Ancora? Contro chi? Contro quell’essere che aveva interrotto l’esame di selezione dei Chunin e aveva ucciso l’Hokage?

Un pensiero rapido e fulmineo gli attraversò il cervello e capì che tutto ciò che aveva passato non era altro che un modo per prepararlo a quel momento, a quel pensiero, a quella decisione. Senza esitare, per non cedere alla paura, posò ciò che aveva in mano e aprì la porta.


Era trascorso del tempo e Naruto aveva iniziato ad ambientarsi. Gli piaceva stare con i suoi genitori e presto, con calma, avrebbe voluto incontrare anche gli altri: il Maestro Porcello, Neji, Itachi, Obito … D’altra parte aveva tutto il tempo del mondo, no? Quelle erano persone che gli mancavano da tanto tempo, ma in quel momento sentì che c’era qualcun altro che gli mancava immensamente, qualcuno a cui non aveva potuto dire addio.

“Vorrei vederli, anche un’ultima volta …” mormorò

“La tua famiglia, giusto?” chiese Minato, sorridendo.

Naruto si limitò ad annuire.

“Puoi farlo, se vuoi, quante volte vuoi.”

Naruto si voltò, poi guardò sua madre per essere certo che non scherzasse.

“Ha ragione tuo padre, amore mio” disse lei “Noi ti siamo stati sempre vicini, anche se tu non potevi saperlo, ti abbiamo osservato per tutto questo tempo.”

Naruto sorrise di felicità al pensiero che i suoi genitori sapessero tutto della sua vita, quanto aveva sofferto e quanto aveva gioito.

“Per una persona normale non sarebbe possibile” spiegò Minato “Ma per noi ninja che sappiamo usare il chakra è facile. Come hai potuto trovarci qui, puoi trovare anche le persone che sono ancora vive.”

“Ma … loro non potranno vedermi, giusto? Come io non ho mai visto voi.”

“Esatto” confermò Kushina, sospirando “Però io ho visto il tuo matrimonio, la nascita dei tuoi figli … So che non è la stessa cosa, ma …”

“Mi basta” sussurrò Naruto, chiudendo gli occhi.

Naruto, ad occhi chiusi, si concentrò sul chakra di Hinata, al suo amore per lei, a tutto il tempo passato insieme, quindi aprì nuovamente gli occhi e, con grande sorpresa, si ritrovò nella sua casa, nel suo salotto. Percepiva chiaramente la mancanza del suo corpo, era pura energia, puro chakra, ma poteva osservare da vicino la sua famiglia.

Si voltò e la vide, Hinata era seduta su uno dei divani in compagnia di Boruto e Himawari … e un’altra persona! Chi era? Era un uomo dai folti capelli rossi e dagli occhi azzurri, ridevano insieme … chi era? Si avvicinò e, non appena lo guardò meglio in viso, lo riconobbe. Quello era … Com’era possibile? Non sapeva perché, non sapeva come, ma era certo di sapere che quell’uomo fosse in realtà Kurama. Lo avevano liberato? Perché aveva deciso di assumere forma umana? Quando vide lo sguardo del suo amico capì. Era diventato umano per proteggere coloro che amava, per portare avanti ciò che lui, Naruto, non avrebbe più potuto fare.

“è così strano averti qui con noi, Kurama” disse Himawari “Però sono felice perché è come se ci fosse anche papà!”

Naruto sentì un calore profondo, una sensazione che non aveva nulla di fisico ma che lo rese immensamente felice: nonostante tutto, nonostante il dolore che poteva vedere nei loro occhi, la sua famiglia era al sicuro, erano vivi, erano sereni. Si avvicinò a Kurama, gli posò una mano sulla spalla e gli sussurrò all’orecchio “Grazie”, lo vide sobbalzare leggermente, poi chiuse gli occhi e, lasciandosi andare, tornò dai suoi genitori.


La porta si era spalancata senza preavviso ed era comparso un uomo. Chi era? Shikamaru lo riconobbe all’istante, lo conosceva per la sua bravura e la sua precisione e aveva lavorato spesso con lui.

“Hiroshi! Non dovresti essere qui” esclamò, con tono di rimprovero “Questo piano era stato interdetto al personale!”

Hiroshi annuì.

“Mi dispiace, non lo sapevo, ma …”

“Allora se ne vada” intervenne Darui, severamente “Stiamo parlando di questioni importanti.”

“Esatto, e se per caso dovesse aver sentito qualcosa …” continuò Chojuro.

“HO SENTITO TUTTO!” gridò Hiroshi “Ho … ho sentito tutto.”

“Quindi perché sei entrato?” chieise Kurotsuchi “Vattene e non dire a nessuno cosa hai sentito, scateneresti il panico.”

“Sono d’accordo” intervenne Kakashi “Ora, se non ti dispiace …”

“Mi dispiace, invece” lo interruppe lui, arrabbiato, suscitando lo stupore di tutti “Sono qui per un motivo ben preciso.” continuò, ma dovette interrompersi per un improvviso e violento attacco di tosse.

“In altre circostanze me ne sarei andato facendo finta di nulla, è già successo che abbia sentito discorsi segreti e che me li sia tenuti per me” disse, lanciando uno sguardo a Shikamaru “Sono consapevole del luogo in cui mi trovo e so che ciò che è bene tenere nascosto, ma in questo caso non potevo andare oltre. Credo di non trovarmi qui per caso, è un segno del destino!”

“Avanti” borbottò Chojuro, esasperato “Cosa vuoi da noi?”

Gli sguardi di tutti erano rivolti verso Hiroshi, che tremò appena, ma si schiarì la voce e parlò.

“Non voglio nulla da voi” rispose Hiroshi, inchinandosi “Sono io che vorrei offrirvi qualcosa”

Kakashi lo guardò stupito, ma gli sorrise.

“Ti ascoltiamo” disse.

“Vi ho sentiti mentre parlavate, so quanto sentite la mancanza del Settimo Hokage e anch’io so quanto la sua presenza sarebbe stata fondamentale per l’esito di questa guerra.”

Calò un silenzio pesante, nessuno rispose, ma tutti annuirono perché ciò che stava dicendo Hiroshi era vero.

“Io sono malato, molto malato, non mi restano molti anni da vivere. Vi chiederete, come potrebbe un non ninja come me, malato per giunta, aiutarvi.”

“In effetti …” commentò il Raikage, sogghignando.

“Darui! Smettila! Lascialo parlare!” lo riprese Kurotsuchi.

“Non è che per caso vorresti …” iniziò Shikamaru, che aveva iniziato a capire.
“Sì,” rispose Hiroshi con determinazione “Voglio offrire il mio corpo per riportare in vita il Settimo Hokage grazie alla Tecnica della Resurrezione.”



 

Eccoci! Un altro finale con il botto, spero che vi abbia stupiti! Ora vi spiego come ho deciso di dare il suo nome a Hiroshi:

Hiroshi vuol dire generoso e lui generosamente dona il suo corpo.

Kutsuki vuol dire legno marcio e lui è marcio nel senso che è malato.

Volevo riportare in vita Naruto, anche se temporaneamente, per questo ho deciso che si sarebbe sacrificato qualcuno che lo stimava e che comunque non aveva niente da perdere. Spero che fino ad ora la storia vi piaccia e che continuiate a seguirla! Alla prossima!
Mini

   
 
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