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Autore: nachiko_nene    24/06/2022    0 recensioni
Nina è una cacciataglie piuttosto vivace e, ancor prima, un'umana. Annoiata dalle questioni politiche, riesce ad accendersi solo quando si parla di missioni avvincenti, feste scatenate e storie romantiche, di quelle che fanno battere il cuore.
Ormai rassegnata all'idea che nella galassia non ci sia più posto per gli umani, civiltà alla quale è stata inferta una grave ingiustizia, volge lo sguardo al futuro consapevole che nulla potrebbe più sorprenderla ormai.
E se, durante una missione, Il ricercato più pericoloso e irriverente che abbia mai conosciuto dovesse iniziare a mettere in discussione ogni sua certezza?
DAL CAPITOLO 1:
" Si avvicinava con calma. La visiera della maschera luccicava nell'oscurità donandogli un'aura ancora più sinistra; Indossava un lungo mantello nero dall'aspetto piuttosto pesante che celava armi di vario genere.
(...)
«Sei un completo disastro» La prese in giro, osservandola rantolare sul pavimento, esausta e dolorante. «Dovresti assicurarti di essere all'altezza del nemico prima di uno scontro.»
«Ma stai un po' zitto... » Boccheggiò tenendosi lo stomaco con entrambe le mani. "
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo uno: La Cenere può danzare



Anno 2150 del calendario terrestre

Nave TALELAH LAKROA, Squadra cacciataglie

 

«Presta attenzione, perché questa è l'ultima volta che te lo spiego.»

L'esile creatura si posizionò davanti all'oblò e indicò un piccolo pianeta in prossimità della nave:
«Haeist e la sua banda di mercenari sbarcheranno su Thurania in occasione della celebrazione del Consiglio. Cercheremo di ostacolarli per facilitarne la cattura da parte delle autorità, ma in particolare il nostro gruppo si limiterà a proteggere i civili.»

Nina Björklund fissava ipnotizzata il proprio riflesso senza dare particolare importanza ai discorsi del compagno di squadra.
Sorrise, soddisfatta del risultato finale, sfiorando con la punta delle dita la superficie fredda dello specchio. Filamenti floreali si intrecciavano alle ciocche ramate trattenendole sul capo e solo la corta frangetta sfuggiva ricadendo sbarazzina sulla sua fronte. Indossava un abito bianco che lasciava scoperte le spalle e fasciava dolcemente il busto arrivando all'altezza delle ginocchia.

Non era che un'umana nel fiore dei suoi anni, ebbra di vita e accesa dall'entusiasmo della giovinezza.

Una scintilla di emozione le attraversò gli occhi blu.
Non aveva mai partecipato ad una cerimonia in onore di Shunna Ra'a, e come avrebbe potuto? Gli esseri umani avevano scarse possibilità di essere invitati ad eventi così importanti.
Namuk la riportò bruscamente alla realtà con un sonoro sbuffo.

«Mi stai ascoltando?» ripeté stizzito coprendo lo specchio con un gesto secco.
«Non ho intenzione di commettere errori per colpa della tua sconsideratezza!»

Nina trasalì voltandosi verso il gracile e bluastro socio che la fissava, immobile come un chiodo.
Si trattava di un mediocre esemplare di Tak Tak, originario di Takkan, un pianeta caratterizzato da sconfinate distese di ghiaccio.

Questa particolare specie mal tollerava le temperature miti, ragion per cui, fuori dal loro habitat naturale, era assai comune vederli passeggiare con andatura fiacca e ciondolante in mezzo alla gente. Completamente nudi.
Ciò non intaccava per nulla la sensibilità pubblica, perché la nudità era un concetto socialmente accettato in tutta la galassia.
Nina non poteva dire lo stesso però.
Trovava infatti abbastanza inquietante la conformazione fisica di Namuk, glabra e pressoché amorfa.

«Voglio solo essere presentabile per la cerimonia, dobbiamo confonderci tra loro, l'hai detto tu. Ti stavo ascoltando.»
Esitò qualche secondo, poi lo squadrò da capo a piedi, sfoderando uno stupido sorriso.
«A proposito... io non sono un'esperta di cerimonie, ma temo che il galateo imponga di indossare delle mutandine in questi casi, sai?»

L'essere dalle orecchie appuntite storse la bocca offeso e, stufo dell'insolenza della ragazza, le voltò le spalle allontanandosi.
Lo osservò di sottecchi mentre si dirigeva impettito verso la porta.

«Permaloso... » borbottò a bassa voce tornando a guardare lo specchio.

Nina faceva parte di una quota speciale riservata alle razze entrate solo di recente nel sistema. Si trattava di un particolare provvedimento preso dal Consiglio Galattico per contrastare la xenofobia dilagante e per includere nella società le civiltà più emarginate.
La presenza di Nina a bordo della nave era pura correttezza di facciata.
Le sue capacità infatti erano ritenute pressoché inutili, indesiderate, e i suoi compagni di squadra non si facevano scrupoli a rimarcarlo.
Fece un doloroso sospiro e, ricacciando sul fondo della coscienza quei pensieri, si lasciò cadere sulla sedia a peso morto, in una posizione sgraziata. Accese il monitor, con l'intento di eseguire una piccola ricerca prima dello sbarco. Passò in rassegna dei vari file sui componenti della banda concentrandosi infine sul loro leader. Analizzò minuziosamente le parti più interessanti, saltando le informazioni noiose.
All'improvviso un dettaglio attirò la sua attenzione e, per essere certa di avere compreso bene, tornò a capo per rileggere una seconda volta la frase:

"Nel corso del tempo sono state formulate varie ipotesi sulla razza del capitano dell'Estus, la maggior parte di queste concorda su una probabile origine umana."

«Umano...» sussurrò fissando sovrappensiero lo schermo.

Durante la permanenza sulla nave aveva maturato una bassa opinione della propria specie, influenzata per lo più dalle convinzioni dei compagni di squadra.
Gli stereotipi dipingevano spesso gli uomini come creature arretrate e legate morbosamente al culto degli Dei. Una razza dall'intelletto limitato, ma soprattutto, contraddistinta da una particolare debolezza.
Nulla a che vedere con il capitano dell'Estus, insomma.
Eppure, per un attimo, sentì il bisogno di immaginare l'espressione incredula dei propri compagni nello scoprire che uno tra i più temuti ricercati della galassia fosse in realtà un uomo.
Gongolò tra sé e sé, accontentandosi di quella sensazione di rivalsa.
 

• • • ∆ • • •

 

Thurania

Aveva già sentito parlare di Thurania prima di quel giorno. Era conosciuto anche come “Pianeta Bolla” o “Pianeta Papula”, per via delle migliaia di cupole sparse per la superficie. All’interno di esse erano racchiuse case, edifici o addirittura intere città. Gli abitanti, protetti dalle radiazioni esterne, vivevano per lo più di turismo alieno e, non di rado, mettevano a disposizione le cupole più belle per ospitare eventi importanti.

Nina doveva ammettere che la festa di Celebrazione del Consiglio era stata organizzata dentro una costruzione davvero lussuosa.
Il materiale trasparente della calotta permetteva di ammirare il cielo stellato di Thurania, perennemente notturno, e sul tetto di ogni edificio era presente un osservatorio astronomico.

La sala era colma di creature dalle fattezze più bislacche e, Nina, non ancora pronta per scoprire certe razze, si limitava a guardarle da lontano con malcelato orrore.
Si esprimevano in modo differente, ma la tecnologia fungeva da supporto per garantire un'interazione efficace tra gli individui.

La comunicazione tra esseri viventi di diversa origine era garantita da appositi dispositivi sottocutanei, innestati alla prima imbarcazione. Tutto ciò era estremamente comodo perché quei congegni interagivano tra loro permettendo di comprendere vicendevolmente un linguaggio.
Nina ricordava bene il giorno in cui ricevette il suo e in un certo senso fu abbastanza traumatico: non l'impianto in sé, pressoché indolore, ma essere travolta dalla capacità di comprendere ogni suono circostante la gettò in uno stato di confusione assoluto. Sentiva ronzare nella testa mille parole senza riuscire a concentrarsi realmente su nessuna di esse, con il risultato di non capire comunque nulla.
Il caos che le si era annidato nella mente era talmente snervante che per i primi tre giorni Nina si era ridotta a spostarsi all'interno della nave con dei paraorecchie, in modo da isolarsi da qualsiasi suono. Le ci volle più di un mese per imparare a utilizzare in modo corretto quello strumento, ma finalmente, dopo lunghi esercizi di concentrazione, riuscì a discernere delle parole da quel garbuglio di rumori, e infine, a comprendere frasi di senso compiuto.

Ora sentiva con chiarezza le voci degli invitati dentro le ampie mura del salone mentre commentavano compiaciuti l'opulenza dei banchetti, la lucentezza del pavimento e le lente note musicali che accompagnavano la festa.

«Ma che strano...» mormorò guardandosi intorno stupita «Non balla nessuno.»

Namuk si girò verso di lei interrogativo.

«Che vuoi dire?»

«Guardati attorno, se ne stanno impalati a chiacchierare. Mi pare un peccato non ballare con una musica così bella... fa quasi impressione vederli immobili, vero?»

L'essere dalla pelle bluastra si grattò il mento sempre più confuso.

«Non capisco cosa voglia dire questa parola che continui a ripetere... ballare?»

Nina sgranò gli occhi incredula.
Poteva la danza essere una prerogativa umana nella sconfinata galassia?
In qualsiasi civiltà conosciuta l'arte della musica si era sviluppata in tutte le sue varietà e di conseguenza, ipotizzava Nina, sarebbe dovuta nascere la danza.
Eppure, a pensarci bene, non le sembrò più così scontato.
Lo trovò abbastanza triste.

Rimuginò qualche attimo, fissando distratta i piccoli e confusi occhi neri del compagno. Infine gli rivolse un sorriso.
«D’accordo, sta’ a guardare.»
Fece qualche passo in avanti, verso il centro della sala.
Rimase in ascolto di quella melodia seguendo il ritmo con il piede. Alzò le braccia, unendole in aria, portò il peso del corpo sulle punte dei piedi e fece un respiro profondo. Riportò le braccia a mezz’aria e iniziò a piroettare su sé stessa, ballando davanti agli sguardi incuriositi dei presenti.

Tranquillo Namuk, pensò Nina, è tutto sotto controllo.

Avrebbe deliziato gli invitati con una magistrale dimostrazione di Walzer Viennese, la stessa danza che il nonno aveva insegnato ai suoi genitori il giorno del matrimonio.
Era un peccato non avere un compagno di ballo in quell’occasione, ma a Nina non importava granché. Chiuse gli occhi, volteggiando con movimenti sempre più sicuri e frenetici, i passi corti e veloci. Il brusio degli invitati era talmente animato che quasi copriva le note, ma poi, all’improvviso, tutto tacque.

La giovane avvertì un braccio cingerle i fianchi e delle dita intrecciarsi saldamente alla sua mano. Sentì il calore di un corpo aderire al suo volteggiando in sincronia con lei.
Aprì gli occhi di scatto e alzò lo sguardo. La prima cosa che vide fu la propria espressione meravigliata, riflessa sulla superfice lucida di una maschera a forma di becco.
Quell’unione durò una manciata di secondi, poi l’imponente figura sciolse bruscamente la danza, separandosi dalla ragazza.
Nina rimase imbambolata nel mezzo della sala, fissando a bocca aperta l’individuo che aveva appena ballato con lei.
«Haeist…» emise con un filo di voce, guardandolo estrarre con calma una pistola dal fodero e sparare in aria.

BOOM!

Vide il susseguirsi degli eventi al rallentatore.
Gli invitati colti dal panico si dispersero velocemente per la sala scontrandosi tra loro come una mandria impazzita mentre lei, incapace di muovere un solo muscolo, rimase immobile, venendo spintonata con violenza.
Alle spalle di Haeist comparvero i suoi mercenari, schierati obbedientemente in attesa di ordini. Poi lui fece un cenno con la mano, dando inizio ai giochi.
La giovane umana si ridestò solo quando Namuk la travolse afferrandola per il vestito e trascinandola al riparo.

«Vuoi farti uccidere?!» urlò scrollandola con forza per le spalle, «Ricomponiti, dobbiamo seguire un piano!»
Nina si tirò degli schiaffetti sulle guance lentigginose per riprendersi dallo shock. Si disfò dell'abito, rimanendo con addosso dei pantaloncini  corti e una canottiera.

Iniziò un violento scontro a fuoco tra mercenari e cacciataglie. Nel frattempo la squadra di Nina, quella supporto, riunì un primo gruppo di civili e li scortò fuori dall’edificio caricandoli su una scialuppa di salvataggio.

Tornarono all’interno per recuperarne altri e per ottimizzare i tempi decisero di dividersi, imboccando strade diverse.
Mentre camminava a passo svelto tra le viscere dell’edificio vide che i mercenari avevano ormai deturpato l’intera area, saccheggiando e travolgendo con furia distruttrice ogni cosa.

Si precipitò su per una stretta rampa di scale, dirigendosi verso l’ultimo piano dell’edificio: l’osservatorio.
Diede una rapida occhiata nei dintorni ma non trovò anima viva.
Come da procedura nel momento dell'atterraggio avevano provveduto a inviare le coordinate della loro posizione in modo da essere rapidamente raggiunti dalla Guardia Galattica. Non doveva mancare molto al loro arrivo, ma fino ad allora avevano il compito di fare evacuare tutte quelle persone.Udì un rumore di passi veloci risalire i gradini e con sgomento comprese di trovarsi in trappola. Si guardò intorno presa dal panico e si affrettò a nascondersi dietro un imponente telescopio thuranense.Pochi secondi dopo, un colosso dalla pelle squamata fece capolino dalle scale avvicinandosi alla balaustra. Alzò il muso e si lasciò sfuggire un grugnito.

«Presto, sta scappando!» ruggì, indicando un punto in lontananza. Nina si sporse appena e vide una piccola navicella di salvataggio liberarsi in aria sfrecciando verso la sommità della cupola.
Sopraggiunse un secondo soldato, armato di fucile, e mirò all'obiettivo in corsa.

«Fai attenzione» intervenne il primo strattonando la canna a terra. «Il Comandante lo vuole vivo.»

«E allora che suggerisci di fare? Il Dottore ci sta sfuggendo sotto al muso!» ringhiò l'altro facendo vibrare le grosse zanne ritorte all'insù, ma il compagno lo guardò imperturbato e sciolse la presa sull'arma.

«Ti sto solo consigliando di non sparare se non sei sicuro di ciò che fai, se la nave esplode e il passeggero muore la missione è fallita.»

«Ci risiamo. Fosse per te non dovremmo mai agire per paura dei rischi, e allora sai che ti dico? Potevi rimanertene sul tuo pianeta a intagliare le pietre!»

«Per tua informazione non sono pietre, ma minerali curativi.»

Nina assistette sbalordita alla scena, mentre la navetta si allontanava a gran velocità. Poi, come un'ombra, sopraggiunse alle loro spalle la figura del loro comandante, che li fece ammutolire di colpo.

«Avete finito?»

«Sissignore» mormorarono all'unisono.

«Grazie. Ora levatevi di torno»

Si sbrigarono a fargli spazio e lui senza perdere ulteriore tempo balzò in piedi sulla balaustra, si fece passare il fucile e con movimenti calmi e studiati prese la mira seguendo l’obiettivo in corsa.
La giovane scosse la testa.
È impossibile centrare un bersaglio da questa distanza, pensò scettica, sporgendosi dal nascondiglio per osservare meglio la scena.
Quando premette il grilletto, il proiettile sfrecciò fendendo l’aria in due e perforò l’elica destra facendola scoppiare in un boato sordo. Nina trattenne il respiro e seguì con lo sguardo il velivolo mentre si piegava su un lato, piroettava su sé stesso e lentamente cominciava a perdere quota fino a sprofondare nella sabbia.
Haeist si voltò e con un gesto secco gettò il fucile tra le braccia del proprietario.

«Prendetelo.»

I due soldati lo guardarono ammaliati per qualche secondo, poi si ricomposero e si fiondarono giù per le scale a perdifiato.
Lui invece rimase a scrutare il cielo ancora per qualche attimo.
Facendo attenzione a non fare rumore, Nina si sganciò dalla cinta la pistola e la puntò contro il criminale prendendo la mira.
Non fece in tempo a premere il grilletto perché lui la anticipò e con uno scatto sparò all’impugnatura dell’arma, facendogliela schizzare dalle mani come una saponetta.

«EEKK!» squittì lei, colta alla sprovvista, riparandosi nuovamente dietro il telescopio. Si massaggiò le dita doloranti, sollevata di averle ancora tutte attaccate.

«Sei una cacciatrice di taglie quindi» lo sentì parlare dalla parte opposta della stanza. «Mi chiedevo per quanto tempo ancora saresti rimasta nascosta.»

Nina rimase senza fiato.

Si era già accorto di me?

Fece vagare lo sguardo nella penombra, cercando di individuare la pistola e, quando la vide, si lanciò in avanti per recuperarla.
Haeist sparò ancora e questa volta l’arma esplose in mille pezzi, lasciando Nina nel mezzo della stanza, pietrificata.
«Maledizione.» imprecò a bassa voce.
Si studiarono in silenzio, illuminati solo dal bagliore delle stelle.
La figura incappucciata si avvicinò lentamente.
Era bardato da testa a piedi e un lungo mantello nero lo avvolgeva donandogli un’aura sinistra.
Si trattava di una sfida persa in partenza e Nina ne era perfettamente consapevole. Il suo obiettivo, però, non era acciuffarlo ma trattenerlo lì il più possibile.
I rinforzi sarebbero giunti in loro soccorso da un momento all’altro.

«Sei davvero sicura di volerti immischiare in questa faccenda?»

Nina prese coraggio e si alzò, rivolgendogli il sorriso più sfacciato che poté. «Certamente. Hai rovinato il mio Walzer e ora ho intenzione di vendicarmi» rispose, mettendosi in guardia.

«Capisco» rispose lui in tono divertito. «Ma prima toglimi una curiosità: cosa ci fa una giovane umana in una squadra di cacciatori?»

«Oh, oggi ero libera e non avevo di meglio da fare.»

Haeist rise piano sotto la maschera, poi ripose la pistola nel fodero e le fece un cenno con la mano.

«Bene, fatti avanti allora.»

La giovane Cacciataglie accolse di buon grado l'invito e si fiondò sul criminale provando a colpirlo. E riprovò. E riprovò ancora, ma puntualmente i suoi attacchi venivano respinti con estrema facilità.

«Sei un completo disastro» la prese in giro osservandola rantolare sul pavimento esausta e dolorante, «Dovresti assicurarti di essere all'altezza del nemico prima di uno scontro.»

«Ma stai un po' zitto...» boccheggiò tenendosi con entrambe le mani lo stomaco.

Lui si limitò a passeggiarle intorno, con le mani intrecciate dietro la schiena, in silenzio. La osservò con attenzione mentre si rimetteva in piedi pericolante, sostenendosi al muro, perché non riusciva a rimanere in equilibrio.
Haeist sospirò.

«È divertente vederti fallire, ma ora devo proprio andare» le puntò contro la pistola, «Forza, fatti da parte.»

Nina non mosse un muscolo e si limitò ad osservarlo trattenendo il respiro. Passarono i secondi ma il dito guantato di Haeist rimase posato sul grilletto senza muoversi di un millimetro.

«Perché non mi spari?» sussurrò seria, aggrottando le sopracciglia.

Lui non rispose.
Esitò qualche attimo, dopodiché abbassò l'arma con un gesto seccato.


«Sei una piccola incosciente, perché vuoi rendere tutto più difficile?»

La ragazza aprì la bocca per ribattere ma non fece in tempo a finire la frase, perché l'avversario sparò in un punto preciso del soffitto facendola sobbalzare dalla sorpresa. Poi, in una manciata di secondi venne travolta da qualcosa di molto pesante che la schiacciò a terra con violenza.

Haeist rimase a guardarla mentre perdeva i sensi.

«Addio.»

Le voltò le spalle e si allontanò, dirigendosi verso la nave.
Passarono svariati minuti, poi l'esile figura si contorse debolmente e con estrema fatica riuscì a liberarsi dai detriti. Rimase qualche attimo in ginocchio nel mezzo dell'osservatorio, ferita e confusa. Si asciugò il naso che continuava a sanguinare e si strofinò gli occhi, pieni di polvere.

Poi gattonò verso le scale.
 

•••∆•••

 

L'Estus si trovava ancora nel porto, con i motori accesi e gli scudi alzati. L'intero equipaggio si trovava già a bordo e con l'arrivo del comandante la nave poteva finalmente partire.
«Chiudete l'ingresso.» ordinò, mentre il corpo privo di sensi del prigioniero veniva trascinato nella cella assieme al suo androide da compagnia, una bambina dai lunghissimi capelli verdi che lo seguiva a testa bassa.

«Comandante, laggiù...» la guardia indicò perplessa dietro le sue spalle.

Haeist si voltò e vide Nina barcollare pericolante sul pontile nella loro direzione.

«Ah»

La guardia fissò la ragazza che ridotta ormai a uno straccio si prodigava per raggiungere l'Estus.
«Che umana ostinata...» mormorò colpito il soldato, appoggiandosi con la schiena alla leva di ferro, «Sbaglio o è la stessa con la quale vi siete intrattenuto a...» rifletté qualche secondo confuso, «Beh, non so esattamente cosa stavate facendo.»

Si girò verso di lui incuriosito, in cerca di una risposta, ma solo allora notò il glaciale ed eloquente silenzio che il comandante gli stava rivolgendo.
S'irrigidì distogliendo in fretta lo sguardo.

«Avete sentito il comandante? Si parte!» urlò allontanandosi velocemente.

Nina vedendo il ponte della nave sollevarsi iniziò a correre, rischiando di inciampare ad ogni passo.
«Fermati!» gridò facendo riecheggiare la sua voce per tutto il porticciolo.

«Sei un umano?!»

Haeist fissò Nina senza rispondere.

«SEI UMANO?!»

La nave partì, sbalzando la giovane a terra.
Fu raggiunta poco dopo dai compagni che la soccorsero tempestandola di domande, ma la stanchezza e lo stordimento ebbero la meglio. Le palpebre si fecero sempre più pesanti e le voci divennero lontane, fino a scomparire.

 

  
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