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Autore: crazyfred    25/06/2022    4 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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Capitolo 12



 
Ore 6.50. Quello era l’orario che le lancette fluorescenti dell’orologio sul comodino segnavano. La giornata era iniziata prima che la sveglia potesse decretarne il via con il suo tintinnio. Maya strabuzzò gli occhi, tentando di mettere a fuoco quello che c’era intorno a lei nella stanza, che non era troppo diverso da quello che vedeva di norma; la stanza in penombra e un po’ vuoto e freddo al suo fianco.
Si tirò su, seduta sul letto, senza troppo entusiasmo, per prendere il solito biglietto, che ormai la lasciava del tutto indifferente, poggiato sul comodino, accartocciarlo e buttarlo nella differenziata. Ma il biglietto non c’era.
Poi, poco alla volta, i suoi sensi captarono l’aroma di frutta secca e cacao amaro del caffè che, lentamente, arrivava dalla cucina. Era Alex. Era rimasto a fare colazione e aveva addirittura preparato il caffè con la moka che le aveva regalato.
Maya si catapultò letteralmente fuori dal letto, come a volersi accertare che fosse tutto vero e trattenere quell’evento ormai diventato più unico che raro.
“Buongiorno!”
“Buongiorno!”
Alex stava versando il caffè nelle tazzine, vestito già di tutto punto mentre lei era ancora in camicia da notte. Maya sperava fosse solo una questione di praticità, che non l’avrebbe mollata lì con un caffè pronto lasciato a freddarsi se non si fosse svegliata prima del solito. Le sorrideva, tranquillo; forse doveva smetterla con quei pensieri, la facevano sembrare paranoica.
“Che guardi?” domandò Alex, vedendo Maya scostare una delle tende e scrutare fuori.
“È da un po’ che non ti vedo girare per casa la mattina…mi chiedevo se per caso avessi fatto piovere o provocato qualche altra calamità naturale... di solito prendi e te ne vai come nulla fosse”
Alex ridacchiò “Ci siamo svegliate polemiche stamattina?”
“Polemica?! Non saprei …” contestò, dubbiosa, sedendo allo sgabello dell’isola, avendo cura di accavallare le gambe: sapeva che lo faceva svalvolare. E infatti eccolo: in men che non si dica era seduto al suo fianco, girando il caffè nella tazzina, ma prestando molta più attenzione alle sue gambe nude, che accarezzava con l’altra mano.
È solo che non mi ricordo più com’è fare colazione insieme” chiarì.
“Hai ragione, scusa. Ma lo sai perché …”
“Sì certo. E infatti non è quello il problema. Ma avrei preferito che mi svegliassi per un bacio, anziché essere lasciata così…”
La faceva sentire come un’amante a chiamata, che si incontra quando si può e si lascia senza troppi convenevoli. Come faceva lei con Federico Ultima Spiaggia, e con tutti quelli con cui aveva trascorso solo una notte, solo che allora aveva la situazione sotto controllo e andava bene a tutti e due. Ora no.
“Potevi dirmelo”
Non dovrei “Avevi altro per la testa …”
“Ti prometto che mi farò perdonare, anche perché Edoardo ieri mi ha sollevato da ogni incarico” spiegò “ci ha tenuto a ricordarmi poco educatamente che non ha più 4 anni e non ha bisogno del papà per lavarsi”
“Te l’avevo detto io che sarebbe finita così, che dovevi stare tranquillo…”
Pensava anche, ma non glielo aveva detto, che quel trattarlo come un bambino dell’asilo per compensare le sue assenze degli anni precedenti non avrebbe portato a nulla di buono, e la sua opinione si era dimostrata sibillina. Inoltre la faceva rosicare un botto, ma anche quello lo nascondeva dietro un sorriso di cortesia tiratissimo, che Alex fosse tornato da lei solo ed esclusivamente quando suo figlio non aveva avuto più bisogno: in sintesi, non perché volesse, ma perché non aveva nient’altro da fare.
“Mi ricordi a che ora ho il volo domani?”
“8.50”
“Grandioso” protestò “mi toccherà fare una levataccia per evitare il traffico e arrivare in orario in aeroporto”
“Lo so, ma è l’unico modo per arrivare in tempo per il pranzo di lavoro con quelli di Paris Capitale e non dover fare un pernottamento in più” gli ricordò.
“Sei sempre così previdente …” disse lui, sporgendosi in avanti per baciarla. Alex non sapeva come avrebbe fatto senza di lei e non solo per il lavoro; era riuscita a dargli un equilibrio interiore che forse da solo non sarebbe mai riuscito ad ottenere. Ma quel commento fece storcere il naso a Maya: si sentiva apprezzata, ma come una segretaria più che come una compagna. “Vorrà dire che mi prendo la giornata libera per fare le valigie se non c’è niente di importante”
“Fai pure … così magari stasera la possiamo passare insieme. Cucino io”
“Cucini tu?” domandò, fintamente perplesso.
“Perché mi guardi così? Sì cucino …” Maya preferì sorvolare sul fatto che aveva mandato giù i suoi biscotti senza un commento, come fossero veramente dei frollini industriali dentro le scatole di latta “non brucio niente e non nascondo gli involucri dell’asporto, a dispetto delle accuse infamanti di Lavinia. E lo sai.”
“Ma certo che lo so, e mi sembra una proposta allettante”
“Anche perché qui qualcuno deve farsi perdonare che mi lascia per ben cinque giorni da sola”
“Mi sei più utile qui che a Parigi. Lascio letteralmente la redazione nelle tue mani …”
Utile, lei gli era utile. Maya si alzò per abbracciarlo, sorridendogli. Ma dentro tornava a montarle un senso di insicurezza ed insoddisfazione, di giorno in giorno sempre più grande. Prima era stato solo un bisbiglio, come un pettegolezzo sentito da qualcuno in lontananza, ora era più simile ad un avviso fatto dentro un megafono, un assillo da cui non si sfugge. Sperava che, tornando ad averlo con sé quotidianamente, il dubbio che si era insinuato potesse andare via da solo così come era arrivato.
 
In piedi, Maya inforchettava la pasta bruscamente, quasi aggredendo le povere penne malcapitate nel piatto. Lo stomaco si era chiuso, la pasta era scotta e fredda, ma doveva sfogare l’irritazione per quel ritardo non annunciato o scusato da parte di Alessandro. Era fame nervosa, e infatti quasi le veniva da vomitare ad ogni boccone che mandava giù. Non si sarebbero visti per cinque giorni e le stava dando buca proprio quella sera. Ovviamente.
Il telefono, con la canzone su cui avevano ballato in spiaggia, richiamò la sua attenzione. Con calma posò il piatto e prese un grande respiro, scendendo dai tacchi a spillo che si era ostinata ad indossare fino a quel momento. In nessun modo gli avrebbe dato l’impressione che lo stava aspettando, o che si era messa in ghingheri per lui.
“Alex …”
“Amore” sospirò l’uomo dall’altro capo del telefono.
Maya capì subito che qualsiasi cosa stava per dirle non prometteva nulla di buono. Vedeva la sagoma di un palo avvicinarsi irrimediabilmente contro di lei e non c'era nulla che potesse fare per schivarlo. E poi quell’amore… non riusciva più a sentire le farfalle nello stomaco quando la chiamava così. Era speciale prima, ora semplicemente abitudinario. Lei non ci era mai riuscita ma non importava, sapevano entrambi che nei suoi gesti c’era tutto quello che le parole faticavano ad esprimere. Ora Maya si domandava se per caso quella discrepanza tra loro non fosse provvidenziale o peggio premonitrice.
“Non riesco a venire da te stasera, scusami … proprio non ce la faccio”
“Ma come? Che è successo?
” domandò cercando di restare il più distaccata possibile Non fa niente che non passi per la cena, ormai è tardi e nemmeno ho fame. Ma vieni almeno a dormire qua … o anche solo un’oretta, come ti è più comodo, per salutarci”
“Guarda, con quella presentazione che dovrò fare alla conferenza sono di nuovo in alto mare. Nardi e Stefano hanno voluto rivedere tutto e devo ancora passare dai ragazzi”
“Ma pensavo che …”
“Cosa?”
“No … niente …”
Maya pensava che, con la guarigione di Edoardo che procedeva sempre più spedita, e con il ragazzo che, finalmente, non aveva più bisogno di suo padre, Alex e i suoi figli sarebbero tornati ai loro soliti incontri stabiliti. Era nera, la bile le montava su lasciandole una sensazione terribile di amaro in bocca e vuoto nello stomaco.
“Ora che Claudia mi dà il permesso di vederli tutti i giorni voglio approfittarne, prima che ci ripensi” sogghignò lui.
Magari fatti dare pure il permesso per passare la notte con me…
D’improvviso una vampata di calore risalì dai polmoni fino al collo, costringendola a slacciare la zip del vestito che aveva addosso, asfissiante come fosse stato di lana. Sembrava che qualcuno avesse alzato il riscaldamento di punto in bianco.
“Non c’è problema” replicò, decisa, il tono caustico di chi ributta dentro per giorni e non ne può più “però mi fai un favore: non scomodarti a venire qui quando torni perché io non sarò certo qui ad aspettarti”
“Dai Maya … non incominciamo …”
“No, no, io non comincio niente. Io la finisco proprio qui”
Maya non gli diede neanche il tempo per provare a ribattere. Chiuse il telefono senza pensarci due volte, gli occhi chiusi e totalmente in apnea, lanciandolo a caso per la stanza. Lo sentì fare un paio di tonfi sordi e netti sul pavimento, ma poco le importava sapere se la cover lo avesse protetto o meno. In quel momento era solo concentrata a non urlare o impazzire per un uomo, non ne valeva affatto la pena. Se ne andò in camera da letto e, neanche lei sapeva perché, chiuse la porta a chiave: tolse il tubino quasi lanciandolo sul paravento di fronte alla finestra e si sedette alla toletta per struccarsi. Solo una volta di fronte allo specchio, in slip e reggiseno, si rese conto che il trucco era sbavato dagli occhi, rigandole le guance di nero.
 
Alex entrò nell'appartamento in silenzio, volto scuro e preoccupato. Dal soggiorno arrivava la luce calda di una lampada da terra accesa, ma non c’era nessuno. Un paio di scarpe con il tacco erano state lasciate alla rinfusa in un angolo della cucina, lo smartphone a terra di fianco alla sedia del tavolo da pranzo.
“Maya?!” chiamò. Uno scroscio d’acqua, però, veniva dal bagno.
"Un attimo e arrivo, eh...ho quasi finito" barbugliò Maya, chiaramente in procinto di lavare i denti.
"Eccomi qua” Maya entrò nello stanzone, scalza, con il suo camicione da notte di cotone che, per via delle sue gambe lunghe, era più una maximaglia.
“Perché quella faccia?” domandò con una punta di strafottenza, trovandolo affranto “non sarà mica per prima? Mi dispiace, ho cercato di trattenermi ma…lo sai com'è, è stata una cosa improvvisa, a te succede così spesso…"
Quelle parole sprezzanti, pronunciate facendo il verso alle telefonate che le faceva per darle buca, lo ferirono.
"Hai finito?" domandò Alex, troncando la sceneggiata sopra le righe di Maya mentre toglieva la giacca, poggiandola su una sedia "Hai deciso proprio di farmi incazzare prima di partire?"
"No, povero Alessandro, e chi sono io per farlo arrabbiare prima di un viaggio così estenuante in business class, con champagne e sedili massaggianti…"
Maya continuava il suo giochetto provocatorio, indietreggiando verso la cassettiera del soggiorno, mentre Alex le si avvicinava, così tanto che iniziava a sentire il suo odore arrampicarsi addosso a lei e annebbiarle la vista, come sempre. Ma stavolta avrebbe resistito, anche a quella mano che, dal nulla, iniziò ad accarezzarle il petto risalendo sul collo per poi intrecciarsi nei suoi capelli. Lui di sicuro sentiva il suo battito accelerare, ma doveva rimanere forte.
"Non farlo mai più" le disse, ma quella frase non aveva il tono di una preghiera. Maya odiava quel tono imponente … in realtà lo amava, la faceva andare fuori di testa … odiava solo che conoscesse benissimo il momento adatto per usarlo e il potere che aveva su di lei.
"Dipende…"
"Va bene. Ho capito." Alex fece per baciarla, braccandola allo scrittoio vintage che avevano letteralmente scovato a Porta Portese, ma Maya si divincolò, lesta.
"Cosa hai capito?"
"Che vuoi di più. È comprensibile."
Maya rise, nervosamente "Tu hai capito questo? Cioè secondo te io starei avendo una crisi da … da mantenuta…?!"
Non sapeva se quello che stava dicendo aveva un senso, ma era così che la stava facendo sentire: una mantenuta. Proprio come aveva detto sua sorella Anna. E poco importava che non le lasciasse alcun assegno mensile.
"No, mio caro. A me va bene tutto. Conoscevo la tua situazione quando ci siamo messi insieme e l'ho accettata. Solo che non mi va di essere presa per il culo”
“E quando lo avrei fatto? Sentiamo …”
“Ogni santa volta che prometti anche la cosa più stupida e poi mi fai sentire il ripiego per quando hai 5 minuti liberi."
"Che stai dicendo? Non sei e non sarai mai un ripiego per me … io sto bene solo quando sto con te."
"Eh … ma guarda caso prima di stare insieme eri sempre disponibile, adesso invece i tuoi mi dispiace non ce la faccio si sprecano"
Alex fece spallucce "Non posso farci niente Maya, è la mia vita. E non mi sembra ci sia niente di diverso da quello che facevo prima"
"Anzi...ti dirò di più" rincarò lei la dose "Com'è che non potevi venire, ma ti sei fiondato qui dopo che abbiamo parlato al telefono?"
"Cosa avrei dovuto fare sentiamo? Non mi hai dato scelta con quello che hai detto" Arrancava: era chiaro che la giovane aveva colpito proprio nel segno. Maya lo percepiva e, dentro, ribolliva. "Con la mia famiglia non è facile, lo sai. E su questo non ti ho mai mentito" continuò lui, ora più sicuro di sé, convinto di essere nel giusto "io e Claudia abbiamo dei figli insieme e qualsiasi cosa siamo adesso dobbiamo farla funzionare insieme … Giulia è piccola ed Edoardo sta uscendo adesso da un brutto periodo, non dovrei nemmeno dirtelo … devo stargli vicino. Non puoi chiedermi di imporgli la tua presenza da un giorno all’altro."
"A parte il fatto che Edoardo sa di noi praticamente da subito e Giulia sarà piccola ma non è scema … ma io ti ho mai chiesto questo? Con rispetto parlando … di come gestisci la tua famiglia non me ne frega un cazzo. Ma anche io ho la mia vita! E sai come la passo? Ad aspettare che mi chiami per dirmi se puoi o se non puoi venire. E sai che c’è? Io non posso e non voglio essere a tua disposizione"
Era così che si immaginava qualche mese prima, e paradossalmente ci sperava di trovare un uomo che provvedesse per entrambi e lei potesse trascorrere la giornata in casa a fare la vita da signora, tra centro benessere e golf club, senza preoccuparsi del suo ritorno. Magari passando il tempo ad organizzare vernissage o eventi di beneficienza, tanto per avere un passatempo. Così era cresciuta e così si vedeva.
Ora però stava scoprendo quanta poca dignità ci fosse in un'esistenza in attesa del prossimo diversivo. Voleva di più, sapeva di meritarlo.
"Hai detto di stare bene quando stai con me, giusto?"
"Solo quando sto con te" sottolineò lui.
"Beh, questo diritto ce l'ho anche io. E adesso non mi sento bene. Me lo spieghi che cosa stiamo insieme a fare io e te? Non parliamo più, al di fuori del lavoro ci vediamo qualche ora, così … quando capita. Sì, facciamo bene l’amore … il problema è che però a me quello non basta”
“Come devo fartelo capire che per me non è facile?”
“Ah, per te non è facile. E per me? Devo dare ragione a tuo figlio quando diceva che sei un egoista di merda. Tu non hai idea di cosa significhi la parola insieme. È sempre e solo un me me me. A questo punto è meglio che tu stia da solo”
Era diventata una storia a senso unico e non aveva senso continuarla. Se voleva andare avanti, doveva dimostrarle che c’era dentro completamente, come era fino a poche settimane prima, sia anche andasse tutto bene, sia che ci fossero difficoltà, perché quelle, insieme, si affrontano, ma da soli no. Da soli si rimane solo impantanati.
“Ma che cazzo vuoi da me Maya! Non sono un supereroe e non ho mica la bacchetta magica per poter soddisfare tutto e tutti. Non sono perfetto come te e ti chiedo scusa se non sono alla tua altezza”
Maya rise, ma in realtà dentro aveva il cuore rotto in mille pezzi. Non poteva credere che le avesse detto quelle cose, che, dopo quanto si era aperta con lui, mettesse in dubbio le sue debolezze e le sue fragilità, presentandosi come l’unico martire nella storia. Ridatemi il mio Alex.
“Ma ti senti?” chiese sprezzante “Non ti fai schifo?”
Per qualche secondo, o forse minuto, nessuno dei due lo sapeva con certezza, rimasero in silenzio a guardarsi e studiarsi, severi. Alex si poi gettò verso di lei, baciandola famelico. Le sue mani, sul collo, quasi le toglievano il respiro. “No Alex, così non pensare di risolverla così … ti prego…”
Ma Alex non si fermava e nemmeno Maya, in effetti, lo voleva; dopo un’iniziale riluttanza, si abbandonò completamente a lui, e i loro corpi erano talmente bramosi di ritrovarsi, nudi, che i vestiti finirono a terra prima che potessero raggiungere quasi a tentoni il divano.
Maya era stanca e il cuore si era fatto pesante, ma non le importava: voleva quel dolore, quella piacevole agonia che forse le avrebbe ridato il suo uomo. Lo voleva dentro di sé, e voleva che fosse per sempre: il suo peso sopra di lei, le mani sulla sua pelle e tra le sue gambe, la lingua nella sua bocca e sui suoi seni, il sudore mischiato al suo. Voleva stringerlo sempre di più. Voleva guardare la sua faccia, vedere il piacere che riusciva a provocargli mentre lo sentiva entrare più energico e più a fondo. E non dimenticarlo mai.
Era come una corsa su un’auto dai freni rotti, una droga da prendere per sballarsi e anestetizzare ogni incomprensione. E tra le sue braccia Alex sentiva forte il livore di Maya nonostante la passione. Chiuse gli occhi e affondò il suo viso nell’incavo del collo, per assaporare l’essenza di quella donna così femminile e così audace. Ma il suo profumo la travolse completamente, riportandolo agli inizi, alle prime settimane, e si sentiva di nuovo forte e sicuro, come un ragazzino, pronto a fare follie per lei, a prendere insieme il primo aereo e volare via, lontano dai problemi, come in un film di merda.
La pelle dell’uomo era calda, ma le dita al suo tocco sembravano ghiaccio sulle gambe o sui glutei di Maya. Una strana sensazione di vertigine e di sospensione la invase, come fosse al di fuori di sé e potesse vedersi dall’esterno distesa sul quel divano. La nausea di nuovo la invase, temendo quasi di vomitare. E lì capì: al di là del fiato corto e di tutto il piacere fisico che riusciva a darle, non sentiva niente, niente che non avrebbe potuto provare con chiunque altro trovasse vagamente attraente e ci sapesse fare. Quella sì che era una vera e propria reazione ormonale. L’uomo i cui gemiti rimbombavano nelle sue orecchie e il cui profumo le scendeva fin dentro ai polmoni non era più Alex, era solo il suo capo. Era il suo capo e ci stava solo facendo sesso.
 
"Dove vai?" le domandò Alex, mentre lasciava il divano, raccogliendo i vestiti da terra.
"A fare una doccia" rispose inflessibile "non farti trovare quando esco dal bagno"
Gli lanciò i suoi abiti, lasciandolo di sasso.
"Che significa? Maya, che cazzo significa?"
Alex si alzò in fretta e furia, correndole dietro. Riuscì a fermarla, bloccandola nel corridoio, prima che entrasse nel bagno.
"Non puoi dire sul serio!"
"Perché no?! Questa è casa mia per ora e posso fare quello che voglio. È finita Alex. Te lo ripeto un’ultima volta: non ti preoccupare di venire a trovarmi quando torni. Anzi, fai anche un'altra cosa. Lascia le seconde chiavi sul tavolo prima di andartene"
Lui lasciò la presa, lo sguardo completamente perso nel vuoto.
"Fa male, vero?" domandò lei, sferzante "Questa è la sensazione che provavo ogni volta che mi davi buca. Ora la conosci"
Entrò nel bagno e chiuse la porta a chiave dietro di sé. Senza farsi sentire, si appoggiò alla porta con tutto il peso e si lasciò scivolare a terra, ancora nuda.
Dopo un attimo di smarrimento, le lacrime uscirono da sole, senza controllo, così violente che tra i singhiozzi strozzati per non farsi sentire da lui, a malapena riusciva a respirare.
Era stata la cosa più bella della sua vita, ed aveva dovuto dirgli addio.


 

Ecco, io lo so che adesso nei commenti mi ucciderete ma giuro che i personaggi hanno fatto tutto da soli (come sempre), io c'entro davvero poco. Non aggiungo altro perché so che sarete tutt* sotto shock e quindi se avete qualcosa da dire, chiedere, tirare fuori fatelo pure nei commenti e appena possibile vi risponderò.
A presto, 
Fred ^_^
 
   
 
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