Libri > La Divina Commedia
Ricorda la storia  |       
Autore: Raf015    28/06/2022    0 recensioni
Prima di lasciare la Luna e continuare il suo viaggio Dante indugia ancora un momento: vuole chiedere a Piccarda di rispondere a un’altra domanda, una domanda che si pone da anni…
Breve racconto ispirato al romanzo “La moglie di Dante” di Marina Marazza (contiene spoiler, consiglio vivamente di leggere il romanzo prima di leggere questo racconto, ne vale la pena)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Beatrice, Dante Alighieri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Piccarda mi sorrise mentre si voltava.
Continuavo a fissarla, anch’io con il sorriso sulle labbra, lieto d’averla finalmente incontrata; erano passati tanti anni da quando lei me ne aveva parlato.
Lei
Al pensiero di lei sorse nuovamente in me il desiderio di parlare con Piccarda, che intonando l’Ave Maria stava lentamente sparendo… La sua figura sempre più trasparente ed opaca come un oggetto che affonda nell’acqua profonda1.
 
Ave, Maria, grátia plena,
Dóminus tecum…

 
Dovevo affrettarmi, dovevo chiederle ancora una cosa: da anni m’ero posto una domanda che ora risorgeva nella mente mia come una bolla d’aria a lungo intrappolata sotto i ciottoli d’un lago che, finalmente libera dalla sua prigionia, guizzava veloce verso la superficie.
– Piccarda aspetta! Ho ancora da dimandare! –
Subito l’anima della giovane Donati riprese sostanza, non smettendo però d’intonare la preghiera
 
…ora pro nobis peccatóribus,
nunc et in hora mortis nostrae.
Amen.

 
Si volse nuovamente verso me, con labbra ancora sorridenti, ma con occhi che mandavano uno sguardo diverso: parevano gli occhi della Sibilla, occhi di chi sa già il quesito prima che venga pronunciato.
Non mi stupivo di tale espressione: i beati partecipano della Gloria di Dio, dunque sanno molto più di noi che siamo in Terra e vedono il futuro molto più chiaramente dei dannati dell’Inferno.
– Piccarda, sii gentile, dissipa quest’ultimo mio dubbio e nulla più ti chiederò… –
Lei annuì.
– Più di dieci anni fa una persona mi disse d’averti vista in sogno. Ebbene… è vero Piccarda? –
Piccarda emise una risata cristallina: - Ero certa che m’avresti dimandato di quel sogno, caro cugino! –
Giunsi le mani in gesto di preghiera, affinché continuasse.
– Invero sì: Visitai in sogno quella persona. E ti dico anche che non sarà l’ultima volta: non dubitare mai dei sogni suoi quando in essi vedrà me perché saranno sempre veritieri –
Questa nuova consapevolezza mi rasserenò e la ringraziai chinando il capo, ma Piccarda allora mi chiese:
– Dante, ma non vuoi sapere di cosa parlammo in quel sogno? Cosa Gemma mi disse? –
 
Gemma…
Mi ricordo ancora oggi quel giorno, quel San Giovanni: era venuta a Santa Croce a cercarmi, mi dichiarò il suo desiderio, mi offrì la sua mano… ma io non riuscii a risponderle e lei era corsa via, per la strada, finendo sotto gli zoccoli di un cavallo. Rimase incosciente per due giorni prima di ridestarsi.
In seguito mi rivelò d’aver sognato Piccarda, d’aver parlato con lei. Ma quel che si erano dette io non lo seppi mai, tanto le labbra della mia sposa erano rimaste sigillate. Così talvolta la brama di sapere m’aveva roso, come fossi Ulisse anelante per scoprire i segreti di Circe.

Potevo davvero esigere altre spiegazioni? Ne avevo il diritto? Scossi il capo e dissi alla giovane:
– Siamo nel Regno del Signore, buona Piccarda; peccherei di presunzione nel pretendere di fare altre domande quando tu hai già esaudito la mia richiesta, torna pure là dove è volere dell’Altissimo che tu sia. –
– Ma il Signore, caro Dante, è pieno di Carità, ed in virtù di questa Carità, se è tuo desiderio, ti rivelerò ogni cosa. –

Sentii il cuore mio stringersi, un pensiero chiaro come se fosse stato detto ad alta voce iniziò a martellarmi in testa: Ho paura di sapere? Di disvelare altri rimpianti celati nel mio cuore?
– Non è possibile avere altri rimpianti, non in questo luogo, Dante. –

Non ci fu bisogno che mi voltassi per capire che chi mi stava parlando era Beatrice, tanto la sua anima emanava su di me un etereo bagliore.
– Nel Lete hai purgato i tuoi peccati e nell’Eunoè hai rimembrato ogni azione buona: rievocare i ricordi che nel Paradiso Terrestre t’invogliarono alle lacrime non può più nuocerti. –
Nonostante le sue parole fossero per me come balsamo ancora indugiavo, perciò lei mi disse:
– Io ti attenderò. Non temere. –
Mi parve che il bagliore che Beatrice emanava si affievolisse, segno che s’era allontanata d’un poco.

Allora, ripreso il coraggio, mi rivolsi a Piccarda.
– Per favore, dimmi ogni cosa: tutt’ora se ripenso a quel giorno ci sono domande che m’assillano: perché Piccarda? Perché me, quando c’erano tanti altri uomini più ricchi, più importanti? Perché volle me quando io m’ero chiuso nel dolore del lutto di un’altra donna?
– Anch’io glielo chiesi… le dissi: “E tu sei presa di uno che ha dimostrato di saper tanto amare, ma un’altra?” 2  Ma a Gemma non importava, Dante: non le importava che te continuassi ad amare Beatrice anche dopo ch’era morta, perché lei voleva restarti accanto: sapeva che saresti stato capace di grandi cose, e che tra i frati il tuo genio sarebbe stato sprecato –
– Ma c’era anche dell’egoismo nel suo gesto, non è vero? Perché non voleva sposare il sodale di Corso…–
Senza accennare alcun turbamento Piccarda ribatté – Chiameresti egoismo il desiderio di essere felici? Pensi che se lei non ti avesse amato si sarebbe sforzata tanto per tirarti fuori dal monastero? Tu più di tutti dovresti sapere come Amore rende servi dell’amato; ebbene ecco la prova che Amore signoreggia non sull’uomo solo ma sulla donna altrettanto.  –
 
Non seppi cosa rispondere, perché non trovavo fallacia nelle sue parole. Dunque proseguì:
– Le è servita tutta la sua ostinazione per convincere Cavalcanti ad aiutarla e tutto il suo coraggio per dirti quelle parole che le bruciavano in petto. Per premiarla della sua costanza le offrii un consiglio che lei tutt’ora segue –
– E sarebbe? –
– “Bada Gemma, che se lo sposi dovrai essere forte, forte per tutti e due3
 
Dopo qualche attimo di pesante silenzio feci un inchino all’anima pia.
– Grazie infinite Piccarda, per aver placato la mente mia; ora sono pronto a congedarmi –
Lei sorrise nuovamente – Ti chiedo solo che quando tornerai sulla Terra, tu porti alla tua Gemma i miei omaggi ed il mio affetto: ricordale che da quassù veglio sempre su di lei –
 
Compresi bene la sua umile richiesta: ciò che ora era trasparito, quest’ultimo discorso fra me e lei non si sarebbe potuto imprimere sulla pergamena.
Era troppo personale per essere adeguato alla narrazione di questo viaggio che in un certo senso io stavo compiendo per l’umanità intera. Del resto, non avevo potuto e mai avrei potuto scrivere di lei, della mia Gemma, sarebbe stato visto come un gesto disdicevole.
 
Piccarda cominciò di nuovo a scomparire ed io mi voltai, ma mentre venni abbagliato dalla fulgida figura di Beatrice, alle mie spalle sentii un flebile sussurro, le ultime parole di Piccarda:
Mi rivedrai un giorno… l’ultimo…
Cercai di non indugiare a lungo sulle sue parole anche se con un poco d’amarezza avevo intuito il loro significato.
– Quando Dio vorrà, Piccarda… quando Dio vorrà –

 

Note dell’autrice:
1.  Parafrasi dei versi 122 e 123 del III canto del Paradiso […]cantando vanio/ come per acqua cupa cosa grave.
2/3. Citazioni dal romanzo a cui è ispirato il racconto (La moglie di Dante di Marina Marazza)
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > La Divina Commedia / Vai alla pagina dell'autore: Raf015