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Autore: LaserGar    28/06/2022    0 recensioni
Yunix Braviery ha 16 anni. Dopo aver perso la memoria in circostanze ignote, il ragazzo, completamente solo, si è ritrovato a vagare in un mondo dominato dai Quirk, alla ricerca di una sistemazione stabile. La sua unica certezza è di aver commesso un crimine terribile, perciò mantiene un profilo basso, cercando di non avere contatti con nessuno. Dopo due mesi di vagabondaggio giunge alla sua meta che spera ponga fine alla sua 'fuga' intercontinentale: lo stato/città indipendente di Temigor, nella punta meridionale dell'isola del Kyushu. La città in questione, chiamata Kotetsu dai Giapponesi, per l'acciaio speciale che vi si ricava all'interno, è una metropoli ricca di persone provenienti da ogni dove. L'HG è l'accademia per eroi della città, capace di rivaleggiare contro lo U.A, per il titolo di scuola migliore per eroi. Nel frattempo, un cimelio del passato rinvenuto nella giungla sudamericana rischia di far sprofondare nel caos non solo Temigor, ma tutta la società degli Heroes. Yunix non sa ancora cosa l'aspetta quando si ritroverà faccia a faccia con il suo futuro e ovviamente il suo passato.
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Il Commiato di un Generale - Parte Prima: Verde Sentenza

Il terreno tremava sotto la forza dei colpi. Spaccature più disparate s’incavavano nell’asfalto vecchio cent’anni, mentre miliardi di scintille scaturivano dalle falci che andavano a vuoto. I giganteschi pugni dell’ex generale sollevavano folate di vento, abbastanza impetuose da ribaltare le auto reduci dell’esplosione. Respiri affettati accompagnavano gli attacchi dei gemelli, che ce la stavano mettendo tutta per non farlo avanzare.
Al contrario, Armday era tutto una voce. Urlando a pieni polmoni, dispiegava l’interminabile gamma di mosse che possedeva. Tutte le artiglierie leggere e pesanti. Tutti i motti di guerra che la sua vecchia squadra aveva condiviso con lui, la serata dell’iniziazione. Tutto ciò che il suo repertorio offriva.
Yunix, però, non si perdeva d’animo. Non aveva armi o poteri per competere contro il generale, certo. Però aveva i suoi fratelli. Erano loro le sue armi, quel giorno. Con Lex, si era limitato a farsi proteggere. Ora invece attaccava, usando le kurisagama come se fossero sue.
“Sakuro è la mia mano destra, Sekiro la mia mano sinistra. Non devo pensare a nient’altro e aspettare l’apertura
".

«Destra, sinistra, destra, ancora destra!»

Arretravano, passo dopo passo, ma non demordevano. Le catene rappresentavano una minaccia solo fintantoché avessero continuato a incalzarlo. E il generale... Il generale era sull’offensiva tanto quanto loro. Sempre più spesso, il ragazzo dai capelli grigiastri vedeva le nocche dell’uomo sfiorargli il viso. Ogni gancio destro o sinistro, era un attacco mortale. Ogni secondo rischiava la morte, perché se quell’uomo avesse messo a segno un pugno, sarebbe stata la fine.
Il generale arretrava all’ultimo, per evitare le falci affilate come rasoi, che prontamente venivano gettate dai gemelli in avanti, in sua protezione, facendogli tirare un misero respiro di sollievo. Ed ecco che il soldato ritentava, con quadrupla ferocia. Yunix saltellava all’indietro, attendendo... attendendo il momento, eppure sorrideva. Quell’uomo... non voleva rimetterci la pelle, anche con tutto lo sparlare della vita con cui li aveva tediati. Questo giocava a loro vantaggio. E non solo quello, in realtà. Mutual Destruction aveva lasciato il segno sull’utilizzatore di Giant Arms. Le sue braccia erano più piccole, meno muscolose, proporzionalmente più lente, sebbene non ancora agevolmente prevedibili. Anche Cielo Plumbeo non sollevava che pochi detriti, rispetto a quanta desolazione aveva causato quel pomeriggio.

Potevano sfinirlo? Solo guardandolo, realizzò che no: non potevano fargli esaurire le forze. Era una belva a caccia della vittoria. Negli occhi, non vi era traccia di esitazione o ripensamento, esultanza o rabbia. Muoveva gli arti con una naturalezza spaventosa, parando e colpendo all’unisono, con le sfumature dorate del tramonto che s’intersecavano tra le placche d’acciaio e i rivoli di sudore misto sangue. Le pupille d’ambra seguivano l’azione di ognuno di loro, senza dare nulla per scontato, senza permettersi una sola variabile che lo avrebbe portato alla sconfitta. Armday era il più forte uomo ad Infection, quel fatidico giorno. Ora era chiaro a tutti loro. Maggiore la fatica, maggiore la sua determinazione. Maggiore il numero di ferite, maggiore la sua padronanza delle tecniche. Maggiore il rischio, maggiore la sua ambizione di rovesciare il tavolo a suo favore. A Yunix venne quasi da ridere.
“Sembra un eroe molto più di noi”. Fece un salto all’indietro, allungando appena il divario che li separava. “Molto di più”.

Quasi contemporaneamente, una strana emozione converse in lui. Un forte risentimento. Il sangue gli affluì al cervello.
“Se solo riuscissero a vedere chi sei veramente, Armday... forse non saresti così spregiudicato verso te stesso”.

Il veterano di guerra scattò in avanti. Sekiro si lanciò di lato con la kurisagama. Sakuro fece lo stesso. Armday aveva gli occhi fissi in quelli di Yunix. Sarebbe arretrato, come le altre volte. Erano così vicini che il ragazzo poteva udire il battito del suo cuore, il suo respiro ostinato, le gocce di sudore che cadevano a terra.

Pam! Pam! Pam! Quanto vigore in quel suono tambureggiante. Troppo vigore. Troppo per essere il battito di un cuore. Un tavolo da biliardo si disegnò davanti ai suoi occhi. Intelaiato di verde, pieno di macchie consunte, il ripiano da gioco era circondato da persone. Risate sguaiate. Musica jazz. Una figura ammantata con fianchi adorni di maschere. Ma il suono più calpestante... erano le bocce da biliardo che finivano una contro l’altra. Pam! Pam! Una serata umida, in un locale che puzzava di vecchio.
“Un ricordo? Ancora...?”

Yunix si sforzò di tornare in sé. Armday era di fronte a lui, bloccato in quell’istante di lunghezza eterna. Aveva un’espressione indecifrabile e non si fermava.
“Arretra! Diavolo! Diavolo... perché non ti allontani!?”

Sentì altri suoni, così allarmanti da fargli stringere il cuore. Sentì le ossa dell’uomo che voleva ucciderlo scricchiolare, il sangue pompare sempre più piano nel suo cuore, l’assolo di un corpo che aveva raggiunto il limite. Voleva urlargli con tutta la forza che doveva fermarsi. Che doveva piantarla. Che non ne valeva la pena, per uno come lui. Come faceva a continuare a combattere, anche se aveva raggiunto il limite? Ma da quell’essere senza pace, non ottenne che una vuota determinazione. La determinazione di un eroe di guerra, che voleva salvare il suo paese. O piuttosto... il mondo intero.

«ATTENTO!!!» urlò, dimentiche di tutto il resto.

Il generale sorrise a trentadue denti e sollevò le mani come se stesse benedicendo un lebbroso, appena in tempo, prima che lo colpissero le due armi. Sekiro e Sakuro impallidirono. Yunix spalancò gli occhi e la bocca. Le aveva afferrate entrambe. Le teneva strette per il manico, nei pugni delle mani insanguinate.

«Eheh. Mica te l’aspettavi, eh?» Il soldato socchiuse gli occhi. «Grazie, Yunix... ora ne ho la certezza. Tu non vuoi vedermi morire» Armday appoggiò un ginocchio a terra, continuando a sorridere, nella luce gloriosa del tramonto. «Forse quella notte ho mal interpretato la tua vera natura, ma ormai è tardi. Non ha alcuna importanza! Abbiamo deciso entrambi di lasciarci il passato alle spalle, dico bene?» L’uomo sembrava investito di un bagliore divino. Nei suoi occhi un’empatia concreta. «A me non interessa più se siamo nello stesso schieramento, se sei un angelo o un demone, se serviamo lo stesso dio. Non voglio combattere con un fantasma del mio passato che ha perso la memoria di chi era...»
Armday ghignò alla sua faccia sbalordita. «Sì, l’ho capito, sai? Immagino sia stato il primo a venirne a capo da solo, per Dio! Ma a me non importa nemmeno questo! So solo che se voglio continuare a difendere l’umanità da quelli come lui, devo dare il mio massimo per ammazzare te, Yunix Braviery; te che hai avuto l’ardire di sputare in faccia a Copy&Paste! Non è che l’istinto del sopravvissuto... andare oltre i propri limiti, difendere la posizione anche dopo essere caduti in battaglia, dire no alla morte!»

Il generale si stava inchinando, di fronte a lui? I gemelli, le armi incapacitate dalla presa ferrea dell’uomo, erano meravigliati come due persone che non avevano mai visto il mare in vita loro. L’uomo si alzò, con ben poco riguardo per il suo corpo martoriato.

«Comunque vada, io ti ricorderò, Yunix, come il demone che si ribella ai demoni! Ora combatti e manda a farsi fottere qualunque sia il sovrano di questo mondo sopravvalutato. Io non ho intenzione di fermarmi, anche se dovesse significare superare ogni limite... PLUS ULTRA!»

Yunix raddrizzò la schiena e sospirò. I muscoli indolenziti si fecero d’un tratto più leggeri.

«Non c’era bisogno di dire tutto questo, generale. In fondo, lo si capiva solo guardandoti che eri un montato con davvero troppa considerazione di sé stesso!»

Il generale soffocò una risata, che gli fece sgorgare altro sangue dalla bocca.
«Bastardo...»

«Non temere, vecchio soldato. Passato, presente, futuro che sia... per me non fa differenza! Ciò che conta è questo istante!»
Yunix cercò i suoi alleati con lo sguardo.
«Sakuro, Sekiro... bloccategli le mani!»

«Hm!» acconsentirono i due, toccando le catene con quattro dita della mano opposta a quella vincolata. «Serpenti di rubino!»

Le estremità delle kurisagama si sottrassero alla morsa di Armday e iniziarono ad attorcigliarsi attorno alle due braccia.

«Sekiro, ora!» esplose Yunix, preparandosi ad agire.

Il gemello storse il naso, ma fece ciò che gli aveva comandato. Ghermì il braccio del fratello, con il braccio rotto ed assunse il colore del terriccio. «Nel sottomondo!»

I due sprofondarono nell’asfalto. Le catene si tesero, iniziando a trascinare inesorabilmente il soldato verso il luogo dove si erano immersi. Verso il mondo di sotto.

Il soldato digrignò i denti, come una manticora.
«Patetico! Pensate che un piano di così bassa lega possa fottere un veterano come me!?»

«Certo che no!» Yunix si era buttato in avanti, cogliendo il generale alla sprovvista. «Ma puoi fermare una minaccia che non consideri tale!?» gridò, alzando la voce.

Spiccò un salto, la scheggia di pietra pronta a colpire.
“Anche Lex lo ha attaccato nello stesso modo. Se lo aspetta, forse... Ma con le mani impegnate...”
Armday smise improvvisamente di resistere alla forza che lo traeva e si lasciò trascinare verso la terra, azzerando le distanze tra lui e Yunix. “Vuole... colpirmi!?” Il generale sollevò il cranio, come per prendere una boccata d’aria, poi lo abbatté su di lui. “Una testata... devo... tirargliela anche io!”

Sapeva bene che le testate potevano ribaltare una situazione in difficoltà come uno schiocco di dita e altrettanto bene che l’unico modo per contrastarle era contrattaccare nella giusta maniera, con il giusto tempismo. Anche se era già tardi, rispose al colpo, cercando di prepararsi all’immenso treno di dolore che stava per investirlo.
Nonostante questo, l’impatto fu pure peggiore di ciò che aveva immaginato. La sua fronte s’incrinò come una noce di cocco colpita da una martellata, trasmettendo una sofferenza indicibile ai nervi. In più... il filo spinato attorcigliato ai capelli dell’uomo tagliuzzò la sua pelle, come semplice polistirolo e si conficcò a fondo, tenendolo affisso alla sua nuca. Yunix emise un rauco ruggito e respinse il colpo. Il generale era il doppio di lui e lo teneva sollevato da terra, con la sola forza della sua testa. Yunix sentì il suo fetore ferroso dritto in faccia.

«Verme... se questo è necessario... per colpirti... ben venga!»

Non seppe mai se era riuscito davvero a parlare con la testa che pulsava all’inverosimile e i sensi che andavano e venivano, ma Yunix aveva ancora le mani libere. Tentò un affondo con la destra, ma il generale bloccò la scheggia tra i denti, sfregiandosi le labbra come un folle.

Sputò l’arma e sorrise, completamente ammattito per la sete di sangue.
«Tutto qua, demone!?»

Yunix trovò la forza per sollevare anche l’arto sinistro fratturato in cui teneva la famigerata penna a sfera che gli aveva dato il preside Inai.

«Se solo fossi un vero eroe...» sussurrò a nessuno in particolare e colpì la guancia sinistra del soldato con precisione millimetrica. L’uomo gridò, assordandolo.
«MALEDETTO! LA PAGHERAI!»

Le catene si allentarono. I gemelli erano sorti dall’asfalto.
“Sì... Riusciranno a finirlo ora. Mi basta tenermi agganciato a lui qualche altro...”
Le sue braccia caddero inerti. Il dolore stava diventando insopportabile. Aveva già dato tutto ciò che poteva dare. Perché? Perché non poteva finire una volta per tutte? Il corpo del generale invece, come una macchina di titanio, era di nuovo in movimento. I gemelli fecero per liberarlo dalle catene, ma lui le strinse a sé.

«Nossignore, bambocci! Siamo legati da un vincolo indissolubile ora! Azione Sperimentale – Furia Omicida!»

Yunix inorridì. “Un... Un’altra!?”
Il piede sinistro del soldato si caricò di materia e diventò grande quanto un carrello della spesa.

«Le catene... staccatele... ora».

Ma l’ordine del ragazzo cadde a vuoto. Armday saltò. Saltò in alto fino a un passo dall’antigravità. Yunix rimase a fissarne il viso ricoperto di sangue... I loro occhi erano incrociati. Vide mille battaglie in quei riflessi ambrati. Soldati morti per niente, per sogni grigi e fumosi. Un mondo senza eroi, ma solo demoni e un solo angelo.

“Fermati” avrebbe voluto dirgli. Non per loro, ma per lui... Inutile. Inutile. Quegli occhi incandescenti puntavano dritti al sole. Poi il generale lanciò un richiamo potente. Roteò su sé stesso, convogliando nei muscoli la pura forza d’animo. Sekiro, Sakuro e Yunix furono scagliati via, ad almeno venti metri da terra. E non c’erano appigli. Armday aveva distrutto il centro d’Infection...

“Quindi è così che finisce?” il viso di Yunix si distese. “No... non mi lascerebbero ancora morire.... non su una nota così positiva! I demoni sopravvivono sempre”.

Anche con questa delirante consapevolezza, Yunix restò di stucco nel vedere solide aste verdognole allungarsi attorno a lui, come una serie di travi puntellate verso l’aria. Una di esse gli perforò la manica della maglietta stracciata. Bambù. Un’intera foresta di bambù stava crescendo orizzontalmente al terreno, sparpagliata, ma ovunque nel cielo. Quelle aste... potevano fermare la sua caduta, sempre che non lo infilzassero come uno spiedino. Si rigirò su sé stesso e cercò una barra abbastanza robusta da poterlo reggere. Soffriva ancora per la testata, però, e per di più, non era mai stato un grande atleta. Le sue pessime doti andavano messe sul giornale, da quanto facevano schifo, diavolo. Ne sfondò diverse, mentre cadeva, poi rimbalzò su una canna abbastanza flessibile, che lo spedì malamente contro il terreno crepato di una corsia in manutenzione. Si mise a quattro zampe, maledicendo l’erboristeria. Sakuro scivolò giù, silenzioso come un’ombra, usando le aste come appigli.

«Ecco quello che volevo fare...» lamentò Yunix, facendosi aiutare ad alzarsi. «Ma chi è stato? Sono arrivati gli Heroes?»

Sakuro guardava nella direzione da cui erano stati scagliati. Sorrideva come una Pasqua.
«Nay, fratello... quella è l’astro nascente dell’HG e ci aiuterà a sconfiggere Armday una volta per tutte. L’1% è solo un lontano ricordo!»

Le canne vegetali ribollirono, come in preda a una febbre improvvisa, poi esplosero in una pioggia di fibre verdine. Gli occhi di Yunix scorsero una figura atletica vorticare nell’aria, un’asta stretta tra le mani.

«Non avete una bella cera, ragazzi! È proprio una fortuna che vi abbia trovati!»

La ragazza dai capelli corti castano-rosati che aveva raggiunto per prima l’antigravità atterrò di fronte a loro, le ciocche mosse dalla brezza. Si voltò a guardarli, con aria intraprendente. Era alta, persino più di Sakuro e altrettanto slanciata. Gli occhi erano gigli bianco-nocciola con perlacee macchie fuxia attorno alle pupille, un po’ a mandorla con ciglia dolci ben inquadrate nella fronte sottile. Il viso era parecchio pronunciato, simile a quello di un furetto, ma comunque attraente. Indossava la tuta rossa e bianca, a differenza dei gemelli che erano entrati con il loro completo ibrido-ninja. Teneva l’asta di bambo dietro la schiena, tra le braccia allenate e flessibili. Infine, sulla sua caviglia sinistra era disegnato un rozzo cuore bluastro. Chissà chi era stato a imprimerlo: era di gran lunga troppo stilizzato per essere un tatuaggio...

La ragazza rivolse a entrambi un sorriso cordiale.
«Su, al mio fianco. Non vorrei sembrare la classica tipa che se la tira, tanto per» ordinò, volgendosi verso il nemico. «Non vi guarderò dall’alto in basso, perché ognuno ha il suo valore. Posso mostrarvi il sentiero, ma non posso percorrerlo per voi. Questo è ciò che mi hanno insegnato».

«Filosofie orientali?» Sakuro fece qualche passo e fu al suo fianco, un po’ rintronato, ma determinato a combattere.

«Parliamone dopo, shinobi rinnegato» si limitò a rispondere la ragazza, misteriosa.

Yunix invece era teso. Si guardò attorno.

«Ehm, dov’è Sekiro?»

Il gemello torvo non si vedeva da nessuna parte. Il ragazzo di fronte a lui ebbe un leggero brivido.

«Se la caverà» sussurrò poi. «Confidiamo in mio fratello assieme, Yunix».

“Eh? Ma che sta dicendo? Potrebbe aver bisogno di aiuto...” Osservò confuso il viso del gemello di spalle, che aveva preso a far roteare il kurisagama come al solito. “Questo suo atteggiamento... è insolito. Forse ha visto... qualcosa che io non ho visto? Ma come potrebbe... Però, non sembra che stia agendo in malafede.  Pensa...”
«Questo è il sottomondo. Respira pure. Non morirai. Presto saremo su».

Per un attimo, Yunix ricordò l’esperienza sottoterra.
“Forse è troppo ferito per poter uscire? Però cosa succederebbe se rimanesse nella terra più del dovuto?”
Il flusso di pensieri si interruppe quando gli stivali ferrati del generale si abbatterono di fronte al trio. Armday era su di giri, la pelle che fumava, per l’uso eccessivo del Quirk. Non si capiva se fosse ben disposto o meno per quel nuovo arrivo, e questo lo rendeva ancora più minaccioso. Comunque fosse, la sua attuale condizione fisica mise in moto gli ingranaggi nella testa e nelle palpebre di Yunix, un’ipotesi in via di produzione.

«Ragazza! Dio mio, pensavo di averti lasciato ai miei scagnozzi! Ancora in cerca di gloria, eh?» domandò esuberante l’uomo.

La teenager presa in causa batté due dita sull’arma, estraendola alla velocità della luce.
«Un test è sempre un test, villain, non importa quante interferenze esterne lo turbino. E come sai, io punto al primo posto. Detto ciò, abbiamo un conto in sospeso, generale dei miei stivali! I tuoi sgherretti non sono stati che un antipasto... io punto in alto, sempre più in alto!» La ragazza socchiuse le palpebre, come se si stesse connettendo con l’ambiente. «Per di più... te la farò pagare per ciò che hai fatto alle nostre speranze».

Yunix rabbrividì. «Ehi, senti... calma! Dobbiamo solo guadagnare tempo. Non c’è bisogno di lanciare minacce a vuoto».

La ragazza lo guardò con stizza.
«Minacce a vuoto? Ma se l’avete ridotto a un budino rosso...»

«Tecnicamente, non avevo previsto che l’ambulanza sarebbe esplosa» ribatté Yunix, cercando di elevarsi alla sua altezza, ma a differenza di Marin, quella promessa eroina non sembrava molto investita nei battibecchi.

«Senti, come ti pare. Sul mio onore, sto solo cercando di mettere tutti al sicuro, sconfiggendolo». Ruotò la canna di bambù a 180° e prese la mira, pronunciando formule in antichi lemmi. «E non mettermi il muso perché sto ricorrendo ai miei insegnamenti, per favore!» gli intimò notando il suo viso scettico. «Pensi che mi affiderei a qualcuno che non sia me medesima, in questo istante? A qualche divinità ancestrale? A qualche filosofia mastra? L’oriente non è questo. L’oriente sono secoli di storia, secoli di eroi! Eroi, esattamente, ancora prima che esistessero i Quirk...»

Armday caricò in avanti.
«Non ho tempo per la tua lezioncina di storia, piccola ronin! Né per pensare alla tua vita! Artiglieria Pesante -1- Linea di Fuoco Fissa!»

La ragazza lasciò che il pugno alla massima velocità fosse di fronte a lei, poi sollevò l’asta per fermarne la propulsione, protendendosi al contempo all’indietro.
“Non funzionerà! Ma lo vede chi ha di fronte?”
La canna di bambù si ruppe al solo sfiorare i bicipiti sanguinolenti e parve davvero la fine. Poi, dal terreno, come centinaia di centipedi, un’ondata di bambù si scontrò con il braccio levato del generale, sollevandolo in aria.
“Quello è... il suo...”

«Vorrai scherzare!» ruggì Armday, scostando il braccio fumante dalla fitta vegetazione, concentrata in cielo.

«Ci puoi giurare che voglio scherzare! E non solo. Voglio anche ridere, piangere, crescere accanto ai miei compagni di classe! Prima di farlo, però, mi ritrovo costretta, e ripeto costretta, a mandarti al fresco!» La ragazza digrignò i denti, così forte da farli scricchiolare. «O forse hai dimenticato ciò che ho fatto ai tuoi sottoposti?»
Saltò a pie’ pari in mezzo alla torre di bambù. «Voi due, nell’antigravità, ORA!»

«Ma...»

«Ora, ho detto!»

Ci furono alcuni istanti di silenzio.

«Appena hai guadagnato un po’ di tempo, devi seguirci, però. Non accetterò un no come risposta, sono stato chiaro?» l’ammonì il gemello, con ombre scure sotto gli occhi.

«Certo, non sono mica qui per rimetterci la pelle, compagni di prova» li rassicurò lei, facendogli ok con la mano. «Ti assicuro che ho tutto sotto controllo, valente shinobi. Sai cosa sono in grado di fare...»  

Sakuro e Yunix si scambiarono uno sguardo a metà fra il sollevato e l’incredulo, poi si aggrapparono alla pianta ed iniziarono a scalare. Quest’ultimo però ebbe un attimo di ripensamento.

«Sono Yunix Braviery, nel caso te lo fossi chiesto» cercò di apparire un po’ malandrino, ma fece chiaramente solo la figura dello sfigato.

La ragazza però ammiccò.
«Asia Shiena’q, lieta di essere al tuo fianco!»

Sembrava la personificazione della primavera. La primavera giapponese.

“No, non è Shig...” pensò Yunix a malincuore o forse rassicurato, poi distolse lo sguardo e abbandonò la ragazza al suo fatidico duello.

 

Asia guardò i due farsi strada verso l’alto. Sbuffò forte.

«Di questo passo, ci metteranno vent’anni». Piegò il volto guardingo verso il generale, immobile. «Non stai attaccando. A cosa devo tutta questa premura?»

Armday spostò lo sguardo verso i due soli roventi, ormai quasi sepolti dietro la città riflessa.
«Siamo simili, noi due, non trovi?»

Asia agghiacciò. Ogni cellula del suo corpo era sgomenta. Era pronta a tutto, ma non a quello.
“Calma Shiena’q. Ricorda sempre...” Ma ora doveva fare i conti anche col pensiero di Vartimor: la sua metà più nera. Non era mai stato così difficile mantenere il controllo.

«Simili? Me l’avesse detto un rospo ci avrei creduto di più» rispose con sfacciataggine.

Il generale accennò un sorriso, poi tornò a concentrarsi su di lei. La stava deridendo? Non pareva. Era uno sguardo... quasi... quasi paterno? Impossibile. Non riusciva più a leggere quel volto come nella zona superiore. Che era successo in quell’ora fuori programma?

«Sai cosa intendo, ragazzina. Il nostro spirito combattivo. La nostra capacità di adattamento. E soprattutto» gli occhi del generale erano irradiati di energia solare. «un Quirk mediocre, già portato al massimo».

La ragazza sentì la testa pesante.
“No! Il tuo potenziale è illimitato, Asia! Non ti farai prendere per il culo da un villain...”

«Se sei così convinto che sia un potere mediocre, perché non attacchi!?»

«Variabili, ragazza» controbatté questi «non ho paura di te, ma di ciò che non riesco a vedere, oh sì... oh sì che di quello ho paura».

Ciò che non riusciva a vedere? Per qualche ragione, quell’espressione la intimorì. Ricordò un dipinto di Vart che l’aveva sempre messa a disagio. Era un’immagine dell’oceano, al tramonto. Gabbiani. Navi al largo, probabilmente di ritorno dalle avventure che lui e lei sognavano di affrontare assieme. Tonalità confortanti. Pennellate posate. Tutto ciò che si poteva desiderare da uno scenario romantico; una cornice da appendere sopra al camino. Eppure, c’era qualcosa di disturbante, che non comprendeva in quell’immagine. Quella sera, dopo aver dato il bacio della buonanotte al ragazzo, era rimasta in piedi, decisa a capire dov’era la falla, dov’era l’origine della sua tensione. Per quanto aveva osservato il quadro da tutte le angolazioni possibili, per quanto era rimasta a gironzolare attorno al cavalletto, per quanto si era sforzata di scacciare la paura, il senso di disagio era lì. Quella notte non aveva chiuso occhio.

“È qualcosa d’importante. Lo sento fin dentro le ossa” Non era il momento, però. Ci avrebbe riflettuto in un posto più tranquillo. “Concentrati, Shiena’q. Sta solo aspettando il momento giusto”.

Si maledì, notando la sua incertezza già solamente nel modo in cui imbracciava l’arma. Due frasi ed era stata messa in difficoltà. No. Non era ancora pronta ad essere un Hero. Armday, però, non accennava a passare all’offensiva.

«Ma pensa un po’. Sai che gli eroi arriveranno presto, eppure rimani lì ad aspettare di essere arrestato».

Il soldato scrollò le spalle.
«Se questo è il mio destino, ben venga. Mi sono rotto le palle di pensare alle conseguenze delle mie azioni. L’ho visto morire abbastanza oggi, quel dannato angioletto». Occhieggiò all’asfalto, levando un mezzo sorriso. «Sembra che la mia pazienza sia stata ripagata, gemello della terra. Puoi pure uscire ora».

Asia trattenne il respiro, nel vedere il terreno ribollire e sputare fuori un ragazzo simile all’altro con la catena, solo leggermente più basso e ferito al braccio, oltre che apparentemente ricoperto di fuliggine.

«Tutto quel tempo... se ti fossi mosso... avremmo vinto» lo informò ansimando lo shinobi rinnegato. «Pensavo... fossi... una testa... vuota» il ragazzo cadde in avanti.

«No!» l’urlo del gemello arrivò fino a lei.

“Muoviti, Asia” Armday aveva fatto un passo verso il corpo stramazzato del giovane. “Se non attacchi tu, lo ucciderà”.

La ragazza era una combattente difensiva. Giocava parecchio sul contrattacco. Dover assalire a tutto spiano un avversario più esperto significava solo... morte.
“Vai!”
Asia sentì le folate frantumarsi contro il suo corpo strattonato in avanti, sprezzante del pericolo. Spezzò un ramoscello che teneva sotto i polpastrelli da un po’. Una raffica concentrata di bambù si diresse verso il villain, che rispose all’attacco con un colpo dello stivale. Le aste si fletterono e si spezzarono, costringendo Asia a fare una capriola in avanti. Chiuse il palmo attorno alla tunica del ragazzo e lo sistemò sulle proprie spalle, al sicuro.

“Evvai!” Fu di nuovo in piedi, lesta come una donnola. “E ora...” Fece una piroetta e lanciò il corpo in aria, per fortuna piuttosto leggero.

«Prendetelo!»

Non rimase a guardare. Il generale era troppo vicino. Non si perse d’animo e attaccò frontalmente, con la canna di bambù nella destra, a mo’ di lancia.
“Vediamo che sai fare, criminale!”

Sferrò una stoccata, deviata abilmente dal palmo ingrandito dell’uomo, che puntò al viso con la sinistra. Asia torse il collo, come una tortora e sentì il colpo sfiorargli il mento. Mantenne la posizione, spostando il peso sui piedi a L. Sentì l’uomo afferrargli il braccio destro, ma riuscì a spezzare l’asta con la sola forza delle dita, generando una nuova piantagione a pochi centimetri da lui. Fu costretto a lasciarla andare, ma Asia sapeva di avere a malapena dato inizio alle danze.
Attaccò con un doppio calcio. L’uomo non reagì.

«Bastardo!» Gancio sinistro, poi destro. «Perché!? PERCHE’ non volete pagare per i vostri crimini!?»

Nuovi lividi apparvero sulla pelle dell’uomo, che schiumava di rabbia e fatica, ma continuava a incassare. Asia spalancò le braccia, spezzando due aste dalla raggiera che aveva creato ed andò di nuovo all’assalto, senza darsi il tempo di respirare. Percosse ogni centimetro del suo corpo.

«Il mio! Quirk! Non! È! Mediocre!»

L’uomo emise un raspante brontolio, mantenendo la posizione.
«È tutto qua, ragazzina!?»

La ragazza menava bastonate con il rancore che strabordava fuori dalla sua anima. Sempre meno controllata. Sempre meno attenta e fu questo, in ultimis, il suo errore.
Armday si spostò di profilo ed eseguì un placcaggio improvviso. Asia si ritrovò stretta tra le braccia madide e andò nel panico.
“Merda!”

«Giant Arms – Full Body!»

Le aste ancora intatte attorno a lei si piegarono come gomma contro il corpo ingigantito del generale, che stava modificando orribilmente la mole di tutti e quattro i suoi arti. Asia ruppe entrambe le armi nelle sue mani, consapevole di essere a un passo dall’oblio.
“Centoventi gradi? Fa' che basti!”

Il terreno fece scaturire il bambù con intensità doppia rispetto a prima.
Il generale iniziò a urlare cercando di chiuderla in un abbraccio mortale, premendo sulla vastità di piante flessibili, con i muscoli disumani. Asia sentì il bambù che la proteggeva premere su di lei, cercare di penetrare nella sua carne. Si divincolò cercando di emergere, dimenandosi come un’animale feroce.

«M-mostro! SEI un mostro!»

La morte. Eccola. Bussava alla sua porta, come aveva bussato alla porta di tutti i grandi eroi che aveva idolatrato. Kusunoki, trafitto dalla sua stessa spada in un tramonto di sangue. Uesugi, strappato alla terra da un fato crudele, prima del suo scontro più importante. Una di loro. Sarebbe stata un’eroina, una martire.
Campane. La violenta battaglia si distorse in uno scenario quieto. Vide il suo funerale, così vivido, che pensò di esservi presente. Un pastore leggeva da un foglietto abbellito di piccole perle la cronaca della sua breve vita. Lacrime sugli occhi di tutti. Fiori nelle loro mani. Viole, tulipani, tigli lunari, azalee, margherite, ramoscelli di glicine, orchidee, ognuno più colorato e variopinto del precedente. C’erano volti mai visti, volti conosciuti e persino i tre ragazzi che erano stati con lei a Infection, in quella guerra impossibile.

Erano lì per lei. Per lei e lei sola. La cosa avrebbe dovuto renderla felice, eppure... L’immagine si stava offuscando. Stava per morire sul serio? Un uomo piangeva più degli altri. Chino su sé stesso, recitava una sorta di cantilena. Pregava.
«Serva del signore, ha difeso il suo gregge. Tre anime del creato sono qui tra noi, oggi, grazie al suo sacrificio. Accoglila, ti prego, dove potrà essere lieta, per sempre».

“Dove potrò essere lieta?”

Asia si sentì stranamente vuota. C’era qualcosa di così sconfortante, in tutta quella folla nera come la pece. In quelle parole finte, commemorazione di una ragazza, ormai polvere.

«Ehi, voi!» Asia si girò di scatto, certa che qualcuno l’avesse notata, ma no... che sciocchezza. Non era nemmeno lì. Tuttavia, non appena mise a fuoco l’immagine della persona che era intervenuta, sentì il calore diffondersi, come cioccolata calda nelle sue vene. Il cuore le sprofondò nel petto. «Vi prego di piantarla. Questo è un funerale laico, ve lo ricordo. Né Myraw, né io abbiamo mai ambito a cose noiose e sciocche come l’immortalità. Arte, musica, filosofie di vita... sono tutto ciò che ci serve per trarre il meglio l’uno dall’altro. Lei è morta, ora. Perché siamo qui? Perché la piangiamo se noi stessi saremo al suo posto, un giorno? Viviamo, io dico. Viviamo. Viviamo a più non posso!»

Vartimor sorrise, la voce insicura, ma paradossalmente decisa che lei amava. Tutti i presenti avevano perso la voce e lo guardavano come un evaso da manicomio. Il ragazzo iniziò a farneticare fra sé e sé, o almeno era quello che udivano loro, ma Asia sentiva distintamente le parole.

«Io lo so che eri destinata a qualcosa di più, a molto di più di questo. Anche tu la sapevi. Ne sono sicuro, sul mio onore».

La chioma d’agrifoglio nera argentata, la carnagione pallida, la bocca carnosa, il ritratto in carne ed ossa del suo unico vero eroe.
"Sul tuo onore, io mi fido. Non ti amerò mai più, Vart. Non tornerò sui miei passi, però non posso deludere le tue aspettative su di me. Né le mie di aspettative. Io sono destinata a essere di più! Non voglio annegare in quell’oceano misterioso, non senza aver prima capito cosa c’è sul fondo che tanto mi mette ansia! Viviamo! Viviamo entrambi, anche se cammineremo lungo diversi sentieri. Per nulla al mondo. Per nulla al mondo, voglio smettere di vedere te, i tuoi disegni, i tuoi cuori di pastello...” Asia sussultò, tornando al mondo dei viventi, assaporando il sangue nella sua bocca. “Cuori di pastello... ma certo!”

La morsa del bambù, la brutalità del generale, il suo stesso corpo stritolato, tutto tornò a lei. Selvaggiamente, scosse la caviglia fino a che il piccolo tatuaggio a forma di cuore non urtò una canna di bambù.
“Vivrai un altro giorno, Asia Shiena’q!”
Il segno blu si illuminò appena e diffuse l’energia a tutto il corpo. La pelle di Asia divenne molle cartapesta, gli occhi diamanti, i capelli strisce di coriandoli. Il dolore scomparve. Divenne insensibile, indistruttibile.

Un Quirk degno della tua attenzione, villain?

La sua voce sembrò un richiamo abissale, ma il generale la sentì e notò le sue fattezze argillose, color pastello.

«Dio, quante ve ne inventate, voi marmocchi! È la stessa cosa strana di lassù, non è vero? Quella che ti ha permesso di uscire indenne quando sono irrotto sulla stradina!»

Armday, ancora orripilante, con il corpo centrale di normale grandezza e gli arti giganteschi, ripiegò nella sua forma umana. Asia, proprio come una bambola non poteva muoversi.

“Vediamo, Vart, quanto in là si spingerà il tuo Quirk”.

Si aspettò di vedere il generale iniziare a tentare di penetrare le sue difese. Invece, il villain si limitò a fare piazza pulita del bambù rimasto e guardare verso l’alto.

«Rimani qui, in nome di Dio... So di essere un mostro, ma la tua vita forse sarà un pizzico migliore se riuscirò a fare fuori lui».

La gola di Asia era sempre più secca. Non poteva replicare, né compiere un singolo movimento. Con una sorprendente amorevolezza, il soldato la depose a terra e saltò, ingrandendo appena i piedi. Puntava all’antigravità, dove li avrebbe annientati in tempo zero, senza di lei. Com’era potuto accadere? No. Non doveva andare così. Il suo scudo era diventato per la seconda volta la sua prigione? No. Poteva farcela. Aveva passato di tutto. Quello era solo un altro gradino.
“Non trattarmi come un personaggio secondario!” Asia lottò contro il vincolo che lei stessa aveva realizzato.  “Il potere di Vart è forte, ma non è più forte di me! Sono sempre stata io la più forte, nella nostra unione. Sempre io. Non è un vanto, ma un fatto. Chi avrebbe potuto proteggere la tua creativa sensibilità, altrimenti? Se sei cambiato, diciamocelo in faccia, è solo colpa mia”. Doveva vincere contro una paralisi completa e farlo in meno di pochi secondi. “Hanno bisogno di te, Asia!” Una crepa apparve sulla pelle. Le strisce capellute si fecero più setose. “Hanno bisogno di te!” Il guscio che la proteggeva s’incrinò. Stava lentamente tornando a sentire il sangue nelle membra di legno. “DI TE!”

Asia urlò. L’energia accumulata dal bozzolo si sprigionò in un istante, scagliandola lontano. La pura forza propulsiva la fece volare lungo la strada. “0° gradi rispetto al terreno. Non avrò migliori occasioni di questa!”

Asia Shiena’q – Quirk: bambù. Generando forza di rottura, può far emergere canne di bambù dal terreno perpendicolarmente al suo corpo, fino a creare una raggera di colpi dai molteplici utilizzi. Nelle giornate piovose, il suo quirk potrebbe generare un’intera foresta.

Asia spezzò un ramoscello avanzato dal test e sotto di lei si generarono le piante bislunghe. La colpirono in alcuni punti del fisico, con meditata precisione, e la portarono in alto.

“Non pensare che resterò a guardare mentre mandi avanti i tuoi ideali contorti. C’è un motivo, villain, se i criminali stanno in cella. Per me, questo è il miglior test che potesse presentarsi!



Note d'autore:
Enormi scuse per la lunga attesa fra i capitoli, ma tra tutti gli esami è difficile mantenere una routine stabile. Mi auguro che presto avrò un po' di meritato riposo, per scrivere con maggiore frequenza. Nel frattempo, spero che questo corto scorcio possa essere sufficiente. Mancano davvero pochissimi capitoli alla fine dello scontro, con il generale e gli amici di Yunix pressochè allo stremo. Solo un ultimo altro combattente si unirà allo scontro, il prossimo capitolo, per scaldare l'atmosfera antigravitazionale della città specchio, ma per ora la battaglia non volge a favore di nessuno, perciò tutto può ancora accadere. A presto con il prossimo capitolo di HG!
   
 
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