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Autore: Doppiakappa    29/06/2022    0 recensioni
Roy Steinberg, sedicenne figlio dello scienziato più influente del 2085, si ritrova vittima di un particolare incidente che lo porta al contatto con una misteriosa sostanza extraterrestre. A sua insaputa, si ritroverà coinvolto in una serie di eventi che lo porteranno a dover salvare il mondo da un'enorme minaccia.
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Queen City, base operativa dell’Anonymous Asset, palestra, poco più tardi la stessa mattina.
 
Roy puntava la mano contro uno dei bersagli presenti nella stanza, creato appositamente per resistere all’enorme potenza dei colpi del ragazzo. Teneva lo sguardo fisso sull’obbiettivo, cercando di canalizzare tutta l’energia nel palmo. L’iride sinistra s’illuminò di un arancione incandescente, analogamente alle linee lungo tutto il suo corpo. Il ragazzo fece un respiro profondo, rilasciando con un gesto tutta la forza accumulata, generando così un’onda che sciolse istantaneamente parte del bersaglio.
 
- Porca troia! E sto trucchetto da dove cazzo lo hai tirato fuori?! – esclamò stupito Blaze, osservando il manichino mezzo liquefatto.

- Sono mesi che mi alleno. Ho finalmente capito come trasformare l’energia in calore, e ora posso fare questo… ma non basta, cazzo. L’Ægis riesce a controllare l’energia elettrica, in uno scontro potrei essere in svantaggio.

- Sei ancora in alto mare, eh?

- Abbastanza… questo è il massimo che riesco a fare… - rispose, mostrando all’amico come riusciva a circondare la sua mano da un lieve arco elettrico. – Non è come con le onde cinetiche o termiche… per qualche strano motivo non riesco a liberare l’energia dal mio corpo…

- Bella merda…

- Gran bella merda… - il biondo si incuriosì guardando l’amico indossare una catena di pesi alla vita. – Che tipo di allenamento devi fare? – chiese poi.

- Resistenza… Il Generale Klein mi sta massacrando nell’ultimo periodo: devo allenarmi indossando sto cazzo di affare, me lo devo portare anche al cesso…

- Klein è uno tosto eh?

- Klein è il demonio. – i due scoppiarono a ridere, per poi tornare alle loro sessioni di allenamento.
 
I due ragazzi si allenarono per tre ore abbondanti, trainati da un’insolita carica, una voglia incontrollabile di dare il meglio di loro.
Blaze si sedette al suolo, stremato dall’esagerata quantità di esercizi svolti col minimo recupero possibile. Roy passò al castano una bottiglia d’acqua, ne teneva sempre un paio in più nel suo borsone.

- Grazie Roy… - bevve un lungo sorso, tossendo alla fine.

- Che scemo, haha! – il biondo scoppiò a ridere.

- Merda… - Blaze tossì di novo. – Stavo per ammazzarmi… - si asciugò poi la bocca.

- Questo perché bevi come un animale… - lo provocò l’altro.

- Scusa, mamma! – rispose il castano. – Cos’hai in programma ora? – chiese poi.

- Penso andrò a farmi una doccia, e poi mi tocca mettermi a studiare nel laboratorio.

- Sono così felice che l’idea di fare l’università non mi abbia nemmeno sfiorato la mente, non ce l’avrei fatta a studiare altri cinque anni…

- Ti sottovaluti troppo, Blaze.

- No, al contrario: mi conosco bene. – il castano si alzò con un agile balzo.

- Riesci ancora a suonare? – il tono del biondo si fece più curioso.

- Sì, alla fine riesco sempre a trovare il tempo per sfogarmi un po’ sulla batteria. Ho anche scoperto che ci sono un paio di altri musicisti negli alloggi vicino al mio, ci siamo già trovati più volte a suonare assieme.

- Mi fa piacere… almeno questo lavoro non ti schiaccia completamente…

- Uh? – Blaze si accorse immediatamente del cambio di espressione dell’amico. – Sei ancora in pensiero per me? – chiese poi, guardandolo negli occhi.

- Nasconderti le cose è impossibile, quindi… sì, sono ancora preoccupato per tutto questo. Stai rischiando la vita per me, hai sacrificato un sacco per me e sento che non riuscirò mai a ripagarti per tutto questo… 

Il castano fece una smorfia. - Ti piace proprio farmi incazzare, eh? – disse poi, mettendo un braccio al collo dell’amico. – Lo sai benissimo che questa è stata una mia decisione, sono io quello preoccupato, Roy. Per te, Ethel, i miei genitori, tutto quello che ho, che abbiamo… Ho visto di cosa sono capaci quei bastardi e non voglio permettere che portino a termine la loro follia. – le sue parole fecero tornare il sorriso sul volto di quello dagli occhi smeraldini.

 - Faremo finire tutto questo, te lo prometto, Blaze. – i due batterono il pugno, scambiandosi uno sguardo intenso, particolare, che caricò gli animi di entrambi.
 
Erano passate qualche decine di minuti da quando i due ragazzi si erano separati, Roy dirigendosi verso il bagno della palestra e Blaze raggiungendo la propria squadra per l’allenamento di gruppo.
Il bianco delle pareti della doccia veniva sferzato qua e là da alcuni motivi floreali dal colore azzurro pallido, quasi indistinguibile. Roy si sentiva a disagio in quella doccia, ormai viziato dalla sua jacuzzi. Una cortina di vapore avvolgeva il corpo del biondo, mentre il caldo flusso d’acqua bagnava i suoi muscoli, sciacquando via la stanchezza dell’allenamento di poco prima. Il fruscio dell’acqua non bastava a mascherare alcuni pensieri, fastidiosi aghi che impedivano al ragazzo di sentirsi calmo.
Le parole del Generale Klein gli ronzavano in testa, persistenti: “Hanno messo le mani sul Void”.

- Hanno messo le mani sul Void… - ripeteva a bassa voce, passandosi una mano fra i capelli e coprendosi l’iride sinistra con l’altra.
Roy si asciugò in fretta, indossando poi il suo outfit da lavoro e chiudendosi nel proprio laboratorio a studiare. Studiava contemporaneamente due materie per ottimizzare il tempo a sua disposizione, dato che con il ritorno dell’Ægis non sapeva quanto tempo avrebbe avuto per studiare.
Passò l’intera giornata sui libri, trasformando una quantità esagerata di fogli bianchi in complessi ricettacoli di appunti e formule difficilmente comprensibili da un normale essere umano.
Guardò l’ora, riemergendo momentaneamente dalla trance in cui si era chiuso: 18:30.

- Porca troia… - esclamò, stirandosi sullo schienale della sedia. – Meglio che vada a vedere a che punto è papà, prima di andare a casa. – disse a sé stesso, mentre si massaggiava il collo, indolenzito dalle ore passate chino a scrivere.
 
Aiden era chino sul proprio computer, completamente catturato dal proprio lavoro. Non aveva staccato gli occhi dallo schermo da quella mattina, intento a capire come Niklas Gunnarson fosse riuscito a replicare una cosa tanto complessa come il Void.

- Papà… - L’uomo non si accorse della voce che lo stava chiamando. – Papà! – chiamò nuovamente Roy, senza ricevere risposta. – PAPÀ! – urlò infine, riesumando l’uomo dalla sua realtà.

- Aaah, Cristo…

- Benvenuto fra i vivi. – scherzò il ragazzo, lievemente preoccupato per suo padre.

- Scusami… ero totalmente concentrato su quel maledetto computer…

- È tardi, papà, e dobbiamo ancora ultimare la tuta.

- Hai ragione, dobbiamo terminare il lavoro entro oggi.  – disse, alzandosi e stirandosi la schiena.

- Vado ad avviare le macchine intanto.

- Ti raggiungo subito.
 
L’uomo guardò un’ultima volta i dati che aveva elaborato in tutte quelle ore di lavoro, grattandosi la barba e annotandosi gli ultimi appunti nel suo taccuino personale, per poi salvare il file e spegnere il computer.
Raggiunse velocemente il figlio, che nel mentre aveva avviato tutti i macchinari necessari per lavorare sulla tuta, posizionandosi alla sua postazione e facendo cenno a Roy di iniziare i test.
Il biondo, senza perdere tempo, posiziono le quattro unità tecnologiche su spalle, petto, polsi e caviglie, vedendo poi la tuta crearsi attorno al proprio corpo.

- Test resistenza, start. – disse Aiden, azionando uno dei tanti programmi.

Roy iniziò a caricare energia cinetica nei palmi delle proprie mani, vedendo i nano-bot della tuta agitasi e riposizionarsi, assorbendo a loro volta parte dell’energia, permettendo al ragazzo di caricarne ulteriore.

- Rilascio. – disse il giovane, rilasciando un’onda cinetica dalla mano destra che colpì il bersaglio, generando un boato quasi assordante.

- I valori registrati indicano un incremento della potenza all’impatto del trecentoventicinque percento! – esclamò Aiden, sorridendo. – Passiamo al test di shaping. – disse poi, azionando un secondo programma.

Con la mano sinistra, Roy rilasciò una seconda onda cinetica. Questa volta, però, i nano-bot sul palmo della mano si mossero in modo differente, assumendo a livello microscopico una forma particolare e influenzando la forma in uscita dell’onda. L’onda fu così rilasciata in una forma precisa, controllata dal ragazzo, che colpì il bersaglio, atomizzandolo in un’esplosione.

- Woah! – esclamò il biondo, guardandosi incredulo la mano.

- Sei… seicento percento di incremento della potenza all’impatto… ci siamo superati… - Aiden non riusciva quasi a respirare, aveva appena ultimato una delle armi più potenti esistenti a quel mondo, lui, che ripudiava l’uso della tecnologia per scopi bellici.

E faticava a guardare il ragazzo, lui, intimidito da quel casco completamente grigio, con due linee rosse al centro, intimidito dalla sua stessa creazione.

- Papà, tutto ok? – chiese preoccupato Roy, notando l’espressione del padre.

- U-Uh, sì, scusa. Passiamo al test termico. – rispose l’uomo, cercando di tornare lucido.

L’ultimo test fu il più rapido: Roy caricò il suo corpo di energia termica, scaldando via via sempre più intensamente l’ambiente circostante, rimanendo tuttavia perfettamente stabile.

- I nano-bot funzionano alla perfezione, la termo-regolarizzazione è operativa al cento percento. – disse distrattamente Aiden, chiudendo il programma e disattivando la tuta. – Abbiamo finito, non potevamo sperare in risultati migliori. – continuò poi, avvicinandosi al figlio, forzando un sorriso.

- Vedrai che con questa riusciremo a debellare l’Ægis una volta per tutte. – il ragazzo aveva capito il motivo dell’inquietudine del padre.

- Non ci sono altre possibilità… se anche loro hanno accesso ai poteri del Void, noi dobbiamo possedere un Void più forte… È così che funzionano le guerre: vince chi ce l’ha più lungo… - cercò di scherzarci sopra, per mascherare l’amara sensazione che lo pervadeva. Roy rise.

- So cosa pensi, papà, ma è stato necessario creare quest’arma. Sarà la prima e l’ultima che avrai creato, te lo prometto. – le parole del biondo fecero tornare il sorriso all’uomo.

- Si è fatto tardi, vai a recuperare Blaze e andate a casa.

- Cazzo, sono già le otto! – esclamò il ragazzo, guardando l’ora. – Tu non vieni? – chiese poi, guardando l’uomo.

- No, devo discutere di come ci muoveremo domani con Klein e Hurricane. Penso che tornerò tardi.

- Va bene, non esagerare però…

- Certo. – sorrise lui, dando una pacca sulla schiena del figlio. – Porta a casa la tuta, lasciala in laboratorio. – disse poi, vedendo il ragazzo annuire.
 
Roy aspettò Blaze al parcheggio della struttura, vedendolo arrivare completamente stremato dall’allenamento. Il biondo non perse tempo e accese il bolide, guidando più velocemente del solito verso casa. Nel frattempo, Blaze era caduto in un pacifico sonno, nonostante non fosse solito addormentarsi in macchina.

- Ehi, bella addormentata, wach auf!sveglia! – gli aveva gridato quello dalle iridi smeraldine, vedendolo riprendere i sensi in un’espressione a metà fra il terrorizzato e il confuso.

- O-Oh…! Che c-cazzo…?! – esclamò, sobbalzando sul sedile. – Siamo arrivati? – chiese poi, sbadigliando animatamente.

- Sì, dai che ho una fame della madonna, sbrighiamoci a scendere. – lo incoraggiò poi il biondo, vedendolo smontare dalla Jeep con molta fatica.

- Domani mi brucerà pure il buco del culo da quanto acido lattico avrò…

- Haha, Klein ti ha veramente massacrato oggi, eh?

- Puoi dirlo, cazzo…
 
I due ragazzi raggiunsero la villetta, precipitandosi al suo interno spinti da una fame quasi incontenibile. Blaze si nascose dietro il voluminoso appendiabiti appena a lato dell’uscio della casa, attendendo pazientemente l’arrivo della sorella.

- Ethel, sono a casa! – gridò Roy, scambiando uno sguardo di complicità con l’amico.

La ragazza si palesò rapidamente, con addosso un grembiule macchiato di qualcosa di indefinito, abbracciando e strappando un bacio al suo uomo.

- Ehi, bentornato… - disse dolcemente, mentre poggiava la testa sulle sue spalle.

- Mi puoi appendere un secondo la giacca, devo levarmi le scarpe… - chiese il biondo, vedendola totalmente ignara del “pericolo” in agguato.

- Certo, amore. Dai qua. – rispose lei, prendendo la giacca e facendo per appenderla.

- AHEI! – gridò Blaze, sbucando da dietro l’appendiabiti, vedendo la rossa fare un balzo e gridare terrorizzata. I due ragazzi scoppiarono a ridere, mentre Ethel rimase in un limbo confuso di emozioni.

- Blaze… - mormorò, gettandosi fra le braccia del fratello e stringendolo con tutta la forza che aveva.

- Mi sei mancata… - disse lui, dondolando leggermente.

- Razza di coglione… potevi tornare a farci visita ogni tanto… tua madre è stra preoccupata…

- Non ho avuto fisicamente la possibilità, Eth… anche se avessi voluto…

- Siete due stronzi, comunque! – borbottò lei, tirando un pugno a entrambi. – Tu dormi sul divano stasera. – disse poi a Roy, provocandolo.

- Eddai! – sbuffò lui, ridendo.

- Venite a tavola, dai, ho fatto il polpettone.

- Oh, sì! – esclamò Blaze, con il sapore di quel piatto già in bocca. Lo aveva mangiato così tante volte, era uno dei suoi piatti preferiti.
 
I tre ragazzi si sedettero a tavola, mangiando e chiacchierando felicemente. Tutti e tre sentivano la mancanza di quel tipo di momenti, dopo mesi in cui non si erano potuti riunire, solamente loro tre come quando si erano conosciuti.
Blaze aveva raccontato nel dettaglio le sue mansioni presso l’Asset, suscitando stupore e al contempo preoccupazione nella ragazza.
Roy aveva invece parlato ai due della tuta ultimata assieme al padre, promettendo una dimostrazione nel laboratorio.
Fu il momento di Ethel a raccontare della propria giornata. La rossa non riuscì a mascherare la felicità e il sollievo nelle sue parole, facendo intuire ai due ragazzi l’esito del suo esame.

- Mi hanno presa! – esclamò, poggiando la mano su quella del suo ragazzo.

- Bravissima, amore! – disse Roy, stringendole la mano.

- Ora tormenterai dei poveri bambini… pace all’anima loro… - scherzò Blaze, vedendo la sorella imbronciarsi.

- Se fossi tu un professore sarebbe la fine… - rispose la rossa.

- Confermo. – le diede corda Roy.

- Bello sapere quanta fiducia riponete in me, già.

- L’unica opzione sarebbe quella di insegnare musica, quella forse la sapresti insegnare… - lo stuzzicò il biondo.

- Forse?! – esclamò Blaze. – La musica mi scorre nelle vene! Sarei in grado di insegnarla anche a due ritardati come voi, che al massimo sanno suonare i citofoni… - scherzò lui.

I tre si misero a ridere, continuando la loro chiacchierata e finendo la serata sui videogiochi, come avevano sempre fatto in passato.
 



 
Base Ægis, laboratorio di Niklas Gunnarson, la stessa sera.
 
Simon osservava con estremo interesse il professor Gunnarson all’opera, intento a ultimare il nuovo programma per il Progetto Legion. Nel mentre, il comandante dell’Ægis stava pianificando la partita a scacchi nella sua testa, partita nella quale avrebbe messo in scacco Aiden Steinberg e avrebbe finalmente ottenuto l’ultimo tassello del suo grande mosaico. Ogni cosa era ormai al proprio posto, aveva calcolato ogni possibile imprevisto, d’altronde quella era la capacità che lo aveva reso uno degli imprenditori più ricchi d’America.

- Ho finito! – esclamò Niklas, alzandosi dalla propria postazione e sorseggiando il nero caffè dall’enorme tazza che aveva sulla scrivania.

- Ottimo lavoro, Niklas, in cosa consiste questo aggiornamento? – chiese Simon.

- Ho naturalizzato il comportamento dei soggetti, per renderli totalmente mimetizzati alla folla. Ora non sarà più possibile distinguerli da una persona comune, prima dell’attivazione del programma. – il comandante sorrise.

- Kinetic e Phoenix?

- Pronti per essere ultimati da Steinberg. Per quanto mi scoccia dirlo, sono arrivato al limite delle mie conoscenze e capacità con loro, la presenza di Steinberg è necessaria. – sbuffò lo scienziato.

- Avrai ciò che desideri, non ti preoccupare.

- Sono curioso, Simon… Voglio vedere come gestirai tutto questo potere…

- Il mio disegno ormai è completo, ed io sono l’unico in grado di sopportare una responsabilità simile. – rispose arrogante l’uomo dalle iridi criogeniche.

- Hai lasciato riposare il ragazzo? Il suo è il ruolo fondamentale alla riuscita dell’operazione di domani.

- Sì, gli ho lasciato la serata libera. Le mie parole sono state sufficienti a dargli la giusta motivazione.

Sei proprio sicuro? Quel ragazzo è sul punto di crollare, Simon, hai pianificato pure quello?” pensò lo scienziato, facendo comparire un rivoltante e inquietante sorriso sul suo volto.
 


Base Ægis, camera di Aren.
 
Il corpo nudo di Diana si muoveva lento su quello di Aren, in un’esplosione di sensi e piaceri. I due si erano trattenuti per troppo tempo, accumulando via via un desiderio sempre più intenso.
Il castano si portò sopra di lei, spingendo sempre con più foga, sentendo la compagna gemere, piegata dalla sua forza. I colpi si fecero sempre più lenti, finché entrambi non sentirono il piacere esplodere all’apice, vedendosi privati delle loro forze subito dopo.
Aren si gettò di lato del letto, affondando nel cuscino e chiudendo gli occhi, inspirando poi profondamente, col cuore che ancora batteva rapido. Diana poggiò la testa sui pettorali del ragazzo, stringendolo in un lieve abbraccio.

- Mi mancava… - sussurrò lei, carezzando il corpo del ragazzo.

- Mh. – annui lui silenzioso.

- Sei agitato, vero? – colpì nel segno lei. – Lo sento dal tuo respiro. – disse poi.

- Riesci a leggermi come un libro… - sviò la domanda lui.

- Mi fa male vederti così.

- Quello che stiamo per fare è una follia, Diana, una cazzo di follia.

- Da quando ti importa di quel che facciamo, Aren? Non hai mai esitato a uccidere da quando ti conosco.

- È vero, ho ucciso molte persone, e pensavo di averci fatto l’abitudine ma… più andiamo in fondo a questa pazzia, più sento un peso alla coscienza.

- Aren…

- Noi dovremmo creare un mondo migliore, non distruggerlo. Non ho mai voluto mettere in dubbio le scelte di Simon, ma quasi non lo riconosco più…

- Dobbiamo avere fiducia in lui… sento che siamo vicini a quello che sognavamo. Dopo questo non dovremo più uccidere: niente più Ægis, niente più missioni, niente più passato. Saremo io e te, in un mondo fatto apposta per noi.

- Voglio veramente credere a questo, ma ho un sentimento che non riesco più a ignorare…

- Resisti ancora un giorno, Aren, un solo giorno è il nostro compito sarà compiuto.

- Mh. – sospirò lui, abbracciando la donna.

- E poi ci sono qua io per distrarti… non pensarci più e vieni, non abbiamo ancora finito io e te… - disse lei infine, lanciandosi nuovamente sul proprio compagno.
 
 
 

 
Base Anonymous Asset, sala riunioni, più tardi quella sera.
 
Aiden sedeva all’enorme tavolo della sala riunioni, con un terminale olografico aperto di fronte a sé. Di fronte, sedevano Axel, Diego e diversi ufficiali dell’Asset, in attesa della spiegazione da parte del professore.

- Allora, mia moglie e mio figlio arriveranno alle nove e mezza, all’aeroporto. – mostrò ai soldati la piantina dell’intero aeroporto. – L’aereo atterrerà sulla pista tredici, raggiungibile solamente con un mezzo di trasporto dal gate più vicino. Voglio due squadre pronte a intervenire qualora vi fosse la necessità. Dai dati elaborati abbiamo scoperto che stanno cercando me, sono io il loro obbiettivo.

- Come ci muoviamo per lei, allora? – chiese Axel.

- Io sarò in macchina con Simon Wolf, un’altra vittima dei loro attacchi.

- Ne è proprio sicuro, Signor Steinberg? – domandò perplesso Diego. – Non è troppo a rischio?

- Sarò seguito da altre due squadre e dalla macchina di Roy, quindi, qualunque cosa dovesse accadere, avrei tutto il necessario per potermi difendere.

- Come gestiamo eventuali diversivi? – continuò Axel.

- Dovremo avere occhi e orecchie ovunque, tutti gli uomini non impegnati nell’operazione dovranno essere distribuiti per tutta la città. Hurricane, Klein, voi due andrete a coordinare le squadre in aeroporto, ho bisogno delle vostre abilità per difendere mia moglie e mio figlio, sono un punto debole che non posso permetter mi venga attaccato. – Aiden fece un grande respiro. – Ci siamo preparati a lungo per riuscire  contrastare l’Ægis, una volta messa al sicuro la mia famiglia, inizieremo la guerra…

- Sissignore. – risposero i presenti all’unisono.

- Queste sono le schede coi percorsi che prenderemo con le auto, vi prego di studiarli e organizzarvi al meglio per domani.

- Sarà fatto. Uomini, congedo. – ordinò il Generale Klein, uscendo dalla sala, seguito da Diego.
 
Aiden guardò un’ultima volta il terminale, eliminando dalla sua mente gli eventuali scenari catastrofici che avrebbero potuto verificarsi il giorno seguente. Uscì dalla sala, fermandosi nel suo laboratorio prima di abbandonare la struttura. Lì si avvicinò a un mobiletto scuro, probabilmente in noce.

- Non pensavo avrei mai dovuto ricorrere a queste… - disse fra sé e sé, intascando il contenuto di una delle numerose bustine presenti nel cassetto, che chiuse minuziosamente con il lucchetto digitale a impronte digitali e scanner della retina.

Ancora con la testa persa nei propri pensieri, l’uomo accese la sua bellissima Audi, sfrecciando nella notte verso casa. Erano ormai passate le due di notte, quando il biondo rientrò in casa, trovando i tre ragazzi addormentati l’uno vicino all’altro sul divano. Sorrise, lui, ripensando agli eventi degli ultimi due anni. Roy era cambiato così tanto, la loro vita era cambiata così tanto.
Si chiuse nella sua stanza, afferrando prima un paio di birre dal frigo, lanciandosi poi sul proprio letto e accendendo la televisione, finendo a guardare una vecchia serie televisiva che aveva visto una cinquantina di volte. Quella notte, Aiden sapeva che non sarebbe riuscito a chiudere occhio. 
   
 
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