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Autore: nachiko_nene    29/06/2022    0 recensioni
Nina è una cacciataglie piuttosto vivace e, ancor prima, un'umana. Annoiata dalle questioni politiche, riesce ad accendersi solo quando si parla di missioni avvincenti, feste scatenate e storie romantiche, di quelle che fanno battere il cuore.
Ormai rassegnata all'idea che nella galassia non ci sia più posto per gli umani, civiltà alla quale è stata inferta una grave ingiustizia, volge lo sguardo al futuro consapevole che nulla potrebbe più sorprenderla ormai.
E se, durante una missione, Il ricercato più pericoloso e irriverente che abbia mai conosciuto dovesse iniziare a mettere in discussione ogni sua certezza?
DAL CAPITOLO 1:
" Si avvicinava con calma. La visiera della maschera luccicava nell'oscurità donandogli un'aura ancora più sinistra; Indossava un lungo mantello nero dall'aspetto piuttosto pesante che celava armi di vario genere.
(...)
«Sei un completo disastro» La prese in giro, osservandola rantolare sul pavimento, esausta e dolorante. «Dovresti assicurarti di essere all'altezza del nemico prima di uno scontro.»
«Ma stai un po' zitto... » Boccheggiò tenendosi lo stomaco con entrambe le mani. "
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo due: Di ingranaggi e medicina

 
 
Talelah Lakroa

Il Capitano di Talelah Lakroa, Releim, entrò nell'infermeria senza premurarsi di salutare. Si limitò a lanciare un'occhiata gelida a Nina, seduta sul bordo del letto.
«Hai un aspetto terribile.»
Lei chinò la testa a disagio, cercando di nascondere le ferite.
Rimasero a lungo in silenzio. Poi Releim parlò di nuovo:
«...A dire la verità mi aspettavo ferite più profonde, sembri uscita da una semplice scaramuccia con un tuo simile.»
«Lo so.» mormorò Nina stringendo la coperta tra le dita, «Sono stata fortunata.»
Gli occhi del Capitano vagarono sui graffi e sui lividi che attraversavano il viso della giovane fino a scomparire sotto le bende che fasciavano il collo.
«A quanto pare un civile è stato catturato mentre tentava la fuga.»
«Il Dottore...» pensò ad alta voce Nina, ricordando la scialuppa di salvataggio mentre cadeva dal cielo come un meteorite.
«Kayes è un medico nativo del pianeta Kerlin, ma soprattutto è un sacerdote del culto dei Grandi Spiriti.» spiegò « ormai si è diffusa la notizia del rapimento anche tra i suoi adepti e si è generato il caos.»
Mosse qualche passo verso l'oblò della stanza, ammirando il tessuto di stelle, poi riprese a parlare.
«Sorvolerò su quanto sia stato stupido da parte tua affrontare Haeist da sola, ma non posso ignorare il fatto che tu abbia volontariamente disobbedito al mio ordine e abbandonato la squadra di supporto nel momento più critico della missione.»
Nina si morse il labbro assalita dalla vergogna. Aveva ragione. Si era comportata da vera sciocca lasciando i propri compagni in balia dei criminali, e per cosa poi? Non era nemmeno riuscita a trattenere Haeist.
Il Capitano osservò freddamente l'espressione irrequieta di Nina, consumata dai sensi di colpa, quindi aggiunse:
«Non fraintendermi, penso che non avrebbe fatto alcuna differenza avere il tuo sostegno in missione.» 
 
•••
 
Estus
 
 
Il Dottore rimase per svariate ore accovacciato a terra contro la fredda parete della cella. Teneva stretta tra le braccia la bambina androide cullandola dolcemente e mormorandole all'orecchio un'antica ninna nanna.
Come ubbidendo ad un comando i lunghi capelli verdi della piccola iniziarono improvvisamente a rilucere nella stanza angusta illuminandola quel tanto che bastava per permettere al suo padrone di vedere.
«Jah jah, Edneth...» la ringraziò, venendo ricambiato da un debole sorriso «Non temere, siamo nelle grazie degli Dei, ci salveremo.»
Proprio in quel momento un inquietante tintinnio proveniente dal corridoio attirò la loro attenzione e le luci si accesero di colpo abbagliando il Dottore.
Sulla soglia della stanza comparve lo stesso androide dagli occhi violacei che li aveva scortati in cella poche ore prima. 
Haeist lo chiamava Morlin e sembrava rivolgersi a lui in modo particolarmente gentile rispetto al resto dell'equipaggio, cosa che a Kayes fece supporre una sorta di affezione nei suoi confronti. 
Il pensiero lo confortò, mentre stringeva al petto Edneth. Quel criminale avrebbe anche potuto ucciderlo, ma forse avrebbe risparmiato lei. 
«Seguitemi, il Comandante vi sta aspettando.»
 
•••
 
Heist torreggiava su di loro imperioso, a braccia conserte.
«Benvenuto a bordo dell'Estus, Dottore. Se non le dispiace vorrei scambiare due parole con lei e la sua creatura.»
Il prigioniero contrasse i muscoli della faccia irsuta mostrando i canini appuntiti: 
«Ci avete sparato, trascinati qua contro il nostro volere e messo in gabbia come delle bestie. Non ho nulla da dirti, maledetto.» 
Le catene limitavano i suoi movimenti costringendolo a rimanere inginocchiato a terra impotente, ma la ferocia del suo sguardo stava trapassando come una lama la testa di Haeist, a pochi passi da lui.
«Non siamo abituati ad avere prigionieri vivi.» rispose con semplicità, osservandolo dall'alto.
«A proposito» aggiunse con calma, «Mi lanci ancora una di quelle occhiate e le garantisco che caverò entrambi gli occhi da quella sua cazzo di testa.»
Dopo un breve attimo di esitazione Kayes seguì l'avvertimento e chinò il capo, stritolando compulsivamente la stoffa dei vestiti tra le mani.
Il mercenario se ne compiacque, accomodandosi sul bordo del tavolo.
«Bene.» 
«Cosa volete da noi?»
«Oh, sono felice che me l'abbia chiesto. Ci arriveremo subito, ma prima lasciatevi raccontare un breve aneddoto.»
Si frugò nella tasca ed estrasse una piccola ampolla che sventolò sotto al naso di Kayes. Dentro vi erano tanti minuscoli frammenti simili ad ossa di animale.
I suoi occhi furono attraversati da un bagliore di cupo presentimento.
«Sa, ho passato gran parte della mia esistenza su Aratia. La conosce Dottore? Il mercato nero di Jazaroth è famoso in gran parte della galassia; laggiù si trova l'introvabile e si vende l'invendibile. Si presume che un viandante possa acquistare qualsiasi cosa egli desideri.»
«Si...mi è giunta voce.» mormorò guardandolo con diffidenza.
 
«In effetti è in parte vero, ma conservo un ricordo che mi ha aiutato a comprendere cosa in particolare non può essere trovato. Un giorno giunse a Jazaroth un contadino che stufo degli ingenti danni causati dai gilak, un tipo di bestia selvaggia che tende ad invadere le lande del pianeta, scelse di rivolgersi ai mercanti per risolvere definitivamente il problema. Gli vendettero uno speciale repellente in grado di allontanare qualsiasi tipo di animale; sarebbe bastato ungere il perimetro della sua abitazione e pazientare qualche giorno per goderne i risultati.»
 
Si interruppe qualche secondo studiando la faccia sospettosa e al tempo stesso incuriosita del prigioniero.
 
«Inutile dire che fu un ottimo affare, il contadino seguì alla lettera le indicazioni dategli e nessuna bestia varcò più i confini delle sue terre. Poco tempo dopo però il contadino si ripresentò chiedendo aiuto per un altro problema e la scena si ripeté ancora e ancora poiché il mercato nero si era rivelato la panacea per ogni difficoltà che inaspriva la sua dura vita di agricoltore. Un giorno però giunse avanzando una richiesta insolita: "Desidero diventare forte, così che nessuno osi più picchiarmi e derubarmi del raccolto". Quella purtroppo era una richiesta impossibile da soddisfare per un normale mercante, per cui lo indirizzarono agli unici individui in grado di servirlo...»
«Titari.» Lo interruppe il vecchio con un ringhio gutturale.
«Gli schifosi, immondi, Titari
 
Gli occhi della bambina si accesero di una scintilla di curiosità e non comprendendo il significato di quella parola si voltò verso il padre in cerca di spiegazione. Lui lo notò e si rivolse per un attimo a lei addolcendo lo sguardo: 
«Profanatori di luoghi sacri. Vendono le sante reliquie ad un prezzo salatissimo, chi si rivolge a loro è generalmente un collezionista...»
«Risposta esatta!» si complimentò Haeist, «Reliquie dal potere oscuro un tempo facenti parti di mostruose e gigantesche creature erranti per le galassie: i Titani. Il contadino se ne era fatto un'ossessione ed era pronto a pagare qualunque prezzo, poiché quello era l'unico modo per emanciparsi in una società dove vige la legge del più forte.»
Gettò la piccola ampolla a terra che infrangendosi sparpagliò il contenuto ai loro piedi.
«Purtroppo nonostante le promesse dei Titari tutto ciò che riusciva ad ottenere era un semplice fantoccio o al massimo resti la cui magia era ormai completamente estinta, e di fatto, inutili. Nessuno sa dove vengano custodite le reliquie ancora attive. Nessuno, eccetto i sacerdoti come lei.»
 
Edneth ascoltava la storia rapita, seduta a gambe incrociate accanto a Kayes.
Al contrario del padre non sembrava affatto preoccupata della situazione in cui si trovavano. Ciondolava la testa canticchiando e di tanto in tanto lanciava delle occhiate incuriosite verso Morlin che però la ignorava nel modo più assoluto.
Se non fosse stato per i capelli luminescenti e gli occhi retroilluminati sarebbe stato estremamente facile confonderla per una bambina umana.
Haeist spostò lo sguardo su di lei.
«Ti è piaciuta la mia storia?»
Edneth gli sorrise, ma non disse nulla.
«Lei non parla.» Intervenne bruscamente il Dottore, nel tentativo di dissuaderlo a rivolgersi a lei. 
«E in quanto a me non ti aiuterò a trovare ciò che cerchi.»
Il comandante rise. 
Morlin si mosse verso il prigioniero, ma il suo padrone lo bloccò subito con un cenno della mano «No, ci penso io.»
Si alzò e con calma estrasse un pugnale acuminato.
«D'accordo, sarò più convincente.»
Con uno scatto afferrò la piccola androide per i capelli facendola pigolare per la sorpresa, davanti allo sguardo inorridito del padre.
«EDNETH, NO!» Gracchiò, cercando di soccorrerla, ma le catene lo costringevano a terra impotente.
«Lei non sa nulla, non è programmata come gli altri androidi!»
Haeist fece scivolare la punta del pugnale contro la gola della bambina, con una lentezza straziante, poi si fermò.
«L'intelligenza artificiale è affascinante.» Sussurrò studiando le reazioni di Kayes,
«Non possono morire, poiché non sono mai stati effettivamente vivi. Ma ciò che li rende unici e irripetibili è il complesso di esperienze e ricordi registrati e racchiusi in un piccolo chip dentro i loro corpi. È la loro memoria.»
Aumentò la stretta e la costrinse a inclinare il capo scoprendo maggiormente il collo.
«Anche la nostra amica Edneth ne ha una, proprio qui.» Indicò picchiettando la punta del pugnale contro la carne, «E se decidessi di estrarla e distruggerla la sua coscienza, se così vogliamo chiamarla, andrebbe compromessa per sempre.»
Respiri sofferti riempivano la stanza mentre l'androide, sospesa a mezz'aria, scalciava energicamente per divincolarsi dalla presa, ma con scarsi risultati.
Kayes tremava dalla rabbia, ma non poté fare altro che sbattere i pugni contro il pavimento in uno sbotto di ira.
 
«Tu...non hai idea di cosa stai facendo...» Sibilò in un moto di profonda disperazione, «Tutti voi, alla ricerca di frammenti di Titano, non capite...»
Alzò lo sguardo bruciante verso i suoi aguzzini: «Gli Dèi non ci hanno creati per fare uso delle arti oscure.»
Haeist fece un verso annoiato.
«Ma sentiti, parli a nome di divinità che nemmeno esistono. In realtà sei tu a non sapere nulla, dico bene?»
«La religione non c'entra, ne va della sopravvivenza della galassia. Anche nel malaugurato caso in cui riuscissi a sopravvivere finiresti per perdere il senno diventando a tua volta un mostro. Comuni esseri mortali come me e te non possono gestire un potere del genere!» 
«Forse puoi manipolare i tuoi fedeli, ma non me.» la voce del criminale si inspessì facendosi più aggressiva, «Ora, ti suggerisco di non mettere alla prova la mia pazienza e dirmi dove nascondete le reliquie!» 
«FERMO!»
 
Ci fu un lungo silenzio e negli occhi del sacerdote si susseguirono diverse emozioni contrastanti, poi emise un sospiro sofferto.
«Ti prego...parlerò, ma lascia andare mia figlia.»
Lo sguardo vitreo andò a posarsi sul pavimento. Rimase immobile, con le mani inermi abbandonate mollemente sulle ginocchia.
Haeist mollò la presa su Edneth che si affrettò a sgambettare tra le braccia del padre. Lì osservò mentre si consolavano in silenzio, appoggiati l'uno contro l'altra.
 
«Se mi darai ciò che cerco, libererò entrambi.» 
 
  
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