Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: coldcatepf98    30/06/2022    0 recensioni
Dopo che Historia decide di rivelare la sua vera identità, Erwin, indagando sulla faccenda, teme delle ritorsioni dal corpo di gendarmeria. Chiede quindi appoggio al comandante Pyxis, ma questo, non potendosi basare su fatti certi, concede al corpo di ricerca uno dei suoi soldati-spia che ha tenuto per sé gelosamente fino a quel momento: Siri, anche detta "il geco".
L'aiuto di Siri sarà fin da subito fondamentale per il corpo di ricerca, già provato dalle perdite dell'ultima spedizione, che avrà bisogno di un aiuto per affrontare il nuovo nemico: gli esseri umani.
Tuttavia Siri è una mercenaria, e non viene vista bene dagli altri soldati del corpo di ricerca, soprattutto dal capitano Levi che si mostra subito diffidente verso la ragazza sfacciata. Presto, però, si renderà conto che Siri non è quella che sembra.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Capitolo 25 – Amara verità

 
Levi seguì con la coda dell’occhio Erwin raggiungerlo e poi fermarsi accanto a lui.
- Sono tutti qui?
Quindi, rivolse lo sguardo davanti a lui, verso i soldati: - Sì. Le reclute sono rimaste di sotto coi cavalli.
Improvvisamente sentirono un’esplosione e si voltarono verso Shiganshina: la squadra di Hange, con l’uso delle lance fulmine, era riuscita a far saltare in aria le dita del corazzato che adesso capitolava in basso, atterrando con un tonfo sulle case sottostanti. Si sollevò una grossa nube di polvere e calcinacci dalla quale si stagliò, poco dopo, la figura del gigante confuso: con quanto gli rimaneva delle mani, parò due lance fulmine che i componenti della squadra di Hange gli lanciarono contro, tuttavia, con un’altra manata, riuscì a colpire un componente della squadra, schiacciandolo a morte contro un tetto. Levi assieme al resto dei soldati che ancora erano rimasti appostati sulle mura, sgranarono gli occhi mentre Erwin mantenne lo sguardo gelido e composto: - Soldati, raggiungete le reclute dall’altra parte delle mura, vi illustrerò il piano per abbattere il gigante bestia.
Il resto dei veterani annuì senza esitazioni e si fiondò verso le reclute, mentre Levi si rivolse ad Erwin, distogliendo lo sguardo dalla città fantasma: - Vuoi dirmi che sai come abbatterlo?
- Sì. – gli rispose l’altro, voltandosi verso l’accerchiamento nemico – Sarai tu a farlo, mentre noi ci occuperemo degli altri giganti. I veterani si getteranno in massa per abbattere l’ala sinistra e quindi consentire alla tua squadra e quella di Hange di fuggire appena potranno, mentre io e le reclute creeremo un diversivo per permetterti di avvicinarti al bestia.
Levi aggrottò le sopracciglia incredulo: - Che cosa? Questo è il tuo piano?
Erwin sospirò, dopodiché un lampo giallo che si stagliò all’interno di Shiganshina attirò di nuovo la loro attenzione, facendoli voltare: Eren si era trasformato e adesso lui e il gigante corazzato si fissavano a vicenda minacciosi. Il comandante sorrise sommessamente e tornò a guardare la radura costellata di giganti di fronte a sé: - A quanto pare Sigrid ha pensato fosse il modo più veloce per attirare il colossale, sono d’accordo. Se la caveranno Levi, stanno procedendo molto bene anche in nostra assenza. – fece qualche passo verso il bordo delle mura e rimase a fissare dall’alto i soldati raccolti attorno ai cavalli – Sarò sincero Levi. Se hai qualcosa da ridire sul mio piano accoglierò di buon grado le tue rimostranze: come ti ho già detto una settimana fa, il mio unico desiderio è vedere cosa si cela in quella cantina e preferirei di gran lunga rinunciare al mio sacrificio al fine di raggiungere il mio scopo.
Levi fu di nuovo colpito da quelle parole, esattamente come la prima volta che le aveva sentite pronunciare dalla persona verso cui provava più ammirazione in assoluto e che adesso, davanti alla morte e alla prospettiva di non realizzare il suo sogno, vedeva cedere quasi miseramente. In realtà, non poteva dire di ammirarlo nello stesso modo in cui lo faceva prima di conoscere le sue reali intenzioni, mascherate da ambizioni nobili con cui aveva attirato, non solo lui, ma centinaia di reclute, eppure in quel momento provava ancora qualcosa di simile, perché nonostante tutte le dinamiche in gioco era onesto con sé stesso, oltre che anche con lui. 
Ma se c’era un ruolo che Levi doveva ricoprire in quel momento e per il bene di tutti era quello di ricordare ad Erwin il suo. Fece qualche passo verso di lui ma si fermò non appena il comandante riprese a parlare: - Però… Levi, riesci a vederli? I nostri compagni? Loro ci stanno guardando e vogliono sapere che n’è stato dei cuori che hanno donato per la causa. È forse tutto solo nella mia testa, una stupida pretesa infantile?
Levi chinò la testa e si portò accanto a lui: - Hai combattuto bene Erwin. Davvero. È solo grazie a te se siamo riusciti ad arrivare così lontano. – girò la testa verso di lui e incrociò con sguardo truce il suo – Ma adesso decido io.
Il capitano aveva capito le vere intenzioni di Erwin da quando avevano scoperto della madre di Connie e di Ragako, ne era rimasto deluso a tratti disilluso, ma aveva accettato di aiutarlo comunque perché nella sua intera squadra aveva trovato qualcosa per cui ne valesse la pena. D’altronde, si rifiutava comunque di diventare cinico al punto da assomigliare a Kenny, per cui lo convinse definitivamente a sacrificarsi per tutti loro.
 
Siri raggiunse la sua squadra sui tetti accanto a dove, in linea d’aria, si trovava il corazzato: parte della squadra di Hange si era gettata invece sulle mani del gigante, facendole saltare in aria con le lance fulmine.
- Indietro! – Siri diede l’ordine alla squadra appena in tempo, giusto qualche secondo prima che si alzasse un’enorme nuvola di pulviscolo dalla caduta del gigante, la quale distrusse nell’impatto anche buona parte delle case vicine. I ragazzini proseguirono, fermandosi sui tetti poco lontani dall’impatto, Siri li superò: - Troppo vicini! Dobbiamo allontanarci, cercate di non farvi notare e nascondiamoci sui tetti più avanti.
- Sì! – risposero gli altri in coro. La loro superiore, constatarono, era diventata molto più veloce e abile nel movimento tridimensionale, tant’è che riusciva a rimanere nel gruppo mentre si spostavano, a differenza di quando l’avevano conosciuta. Non appena si furono allontanati abbastanza, Siri si fermò e scivolò sulle tegole seguita da tutti gli altri che si appostarono assieme a lei: lanciarono uno sguardo alle loro spalle e rimasero acquattati ad osservare il corazzato rialzarsi e cercare di contrattaccare la squadra di Hange.
Siri si rivolse poi verso i sottoposti, rimanendo di profilo al combattimento: - Allora, loro cercheranno di farlo indietreggiare, è importante che non esca da Shiganshina, mi sembra inutile farvi presente che solo qui possiamo effettivamente abbatterlo. – guardò le loro facce e si rese conto che avevano annuito ai suoi ordini ma, a parte Jean e Mikasa, non sembravano molto convinti. Un forte colpo attirò la loro attenzione verso il corazzato: aveva appena schiacciato un componente della squadra di Hange. Siri ridusse gli occhi a due fessure e arricciò le labbra per il nervoso, quindi si voltò seria verso i compagni che quasi ebbero un sussulto a vedere il suo sguardo: - Eren, trasformati. Lo attirerai da questa parte, usa l’indurimento, tutto quello che ti pare basta che lo porti qui e cerchi di bloccarlo.
Il ragazzino annuì prima confuso, poi la guardò pideciso: - Agli ordini.
- Aspetta. Connie, tu andrai dall’altra parte della strada e ti nasconderai. Appena ti darò il segnale, tranceremo le giunture delle gambe, aiuteremo Eren a mettere Reiner in posizione. – Siri non a caso usò il nome dell’ospite per riferirsi al nemico e, infatti, notò l’ennesima reazione dei suoi compagni – Dopodiché voi altri farete saltare in aria la nuca con le lance fulmine. Sarò molto chiara… – la voce di Siri si abbassò diventando più minacciosa – Se noterò il minimo ripensamento da parte vostra sarà mia premura picchiarvi fino a farvi supplicare. Non siete al campo cadetti, non stiamo giocando: se avrete ripensamenti morirete e i vostri compagni con voi. Pretendo che non abbiate alcuna pietà.
Mikasa, Jean ed Eren annuirono convinti, mentre gli altri tre lo fecero deglutendo a fatica.
- Bene. Eren va, noi approfitteremo del lampo per separarci e nasconderci senza dare nell’occhio.
Il ragazzo obbedì, Connie e Siri si separarono dal gruppo non appena la trasformazione di Eren coprì di luce la scena: Reiner abboccò e si gettò subito su Eren, iniziando una lotta corpo a corpo in cui nessuno sembrava prevalere sull’altro. Connie seguiva Siri di fronte a lei spostarsi per rimanere vicini ai piedi del corazzato e, non appena i due giganti si presero per le spalle spingendosi l’uno contro l’altro facendo peso sulle gambe, la spia guardò il sottoposto dall’altra parte della strada e gli fece un cenno con la testa. I due lanciarono i rampini, incrociando le direzioni delle loro funi: nonostante avesse preferito il contrario, Siri dovette ammettere che aver litigato con Levi e quindi essere stata costretta ad allenarsi coi compagni di squadra si era rivelata un’ottima idea. In quella settimana aveva imparato i loro trucchetti e avevano ideato delle manovre per coordinarsi in volo perfettamente, mentre il capitano era l’uomo che valeva da solo una squadra intera e non aveva bisogno di troppe tecniche a cui fare affidamento, per Siri e gli altri si erano rivelate parecchio d’aiuto. E la spia e Connie non vedevano l’ora, da una settimana, di mettere in pratica le nuove sequenze.
I due si lanciarono in alto e poi l’uno da una parte e l’altro dall’altra, tranciando con dei tagli netti e precisi dietro le ginocchia del corazzato, a cui cedettero le gambe. Quando s’incrociarono, Siri e Connie si afferrarono per un braccio e usufruendo dello slancio che il gas e le corde avevano dato loro, si lanciarono a vicenda ai tendini d’achille del corazzato, recidendoli per poi fargli scivolare all’indietro i piedi, tutto questo senza sprecare ulteriormente gas. Eren approfittò subito della caduta verso il basso e all’indietro di Reiner e con le gambe lo strinse in una morsa, dopodiché con le braccia cercò di bloccargli il busto.
- Connie! – il ragazzo si girò verso Siri che gli indicò le braccia dei giganti – Facciamogli esplodere i gomiti!
Si lanciarono all’unisono in avanti e raggiunsero le braccia di Reiner che stava cercando di liberarsi dalla stretta di Eren: la lancia di Connie andò a segno, ma quella di Siri venne deviata verso di lei che, cercando di allontanarsi, cadde verso il basso. Fortunatamente, il sottoposto se ne accorse e si lanciò su di lei, prendendola al volo prima che entrambe le lance esplodessero: quello fu il segnale per il resto della squadra di agire.
Non appena Connie atterrò al sicuro su un tetto ed ebbe posato la superiore sulle tegole, Mikasa, seguita a ruota dagli altri, fu sulla nuca di Reiner, che si disintegrò con la potente deflagrazione di tutte le lance fulmine che il gruppetto scaricò su di essa. Un’enorme folata di vapore iniziò a fuoriuscire dal corpo del gigante che adesso giaceva immobile a faccia in giù, mentre il gigante di Eren si fu sfilato da sotto.
- Ci è mancato poco… Stai bene Siri? – disse Connie, abbassandosi sulla spia.
- Sì, grazie Connie. – il resto della squadra li raggiunse e si mise al fianco dei due – Ottimo lavoro. Ma non rilassatevi troppo, non abbiamo ancora finito. – concluse Siri, lanciandosi verso il gigante abbattuto.
Nel frattempo, anche la squadra di Hange li aveva raggiunti ed esultava congratulandosi con la squadra di Levi che, invece, non sembrava molto entusiasta. Siri atterrò sulla nuca del corazzato da cui si sollevavano grossi e spessi rivoli di vapore: la ragazza si fece strada sventolando le mani, cercando di spostare parte delle esalazioni, fino a quando non si scontrò col corpo di Reiner piegato in avanti e ancora attaccato con gli arti al corpo del gigante. La spia, non appena lo vide, fece una smorfia seccata piegandosi su di lui; mentre valutava la situazione, Hange la raggiunse.
- Incredibile, l’abbiamo abbattuto!
- Argh. – la spia si mise in ginocchio e guardò l’amica contrariata – Incredibile un corno. Guarda. – indicò con una mano la testa mezza spappolata del ragazzo – Gli manca metà della testa, che dovrei fare, mi faccio le domande da sola?
Hange mise un indice sul mento: - Magari possiamo dargli il tuo farmaco per velocizzare la guarigione. Non credo sia morto, anche se gli manca buona parte della testa perde comunque vapore, segno che si sta rigenerando.
La spia si alzò e si grattò il capo: - Beh, anche questa è un’eventualità che non ci conviene, ora devo tagliargli gli arti per trasportarlo, però se gli do il farmaco si rigenererà troppo in fretta e sarà capace di trasformarsi di nuovo… Che palle!
Non appena Siri ebbe imprecato, dalla bocca del corazzato si levò un urlo roco che fece spaventare le due e rabbrividire i componenti delle due squadre. Quando si placò, la spia tolse i palmi delle mani dalle orecchie e tirò un calcio alle gambe di Reiner: - Mi hai spaventata, stupido ammasso di carne.
- Siri, staccalo da qui e portalo con te. – le ordinò Hange, guardandosi attorno preoccupata – Non ti sembra possa essere stato un segnale per il colossale?
L’altra abbassò lo sguardo e annuì: - Dobbiamo allontanarci di qui al più presto.
- Capitano! – le due si voltarono verso Moblit che indicava qualcosa in alto. Calò il silenzio tra le due squadre e tutti alzarono lo sguardo verso il cielo: per aria c’era una botte di legno che si dirigeva verso l’interno della città.
- Siri, credo non serva più chiedergli dove si trova il colossale. – disse Hange armandosi, mentre l’altra tranciava gli arti di Reiner con dei colpi precisi delle spade. Lo legò poi sulla sua schiena con una corda e si allontanò prima che, improvvisamente, la botte si rompesse e Berthold ne uscisse, dirigendosi verso ciò che rimaneva del corazzato: con suo orrore non trovò alcuna traccia dell’amico, visto che la spia si era già allontanata col suo corpo. Nascosta lì vicino, era rimasta nell’ombra mentre Armin tentava di percorre la via del dialogo con lui. Né la spia, né Hange erano in verità molto d’accordo, però acconsentirono lo stesso, sperando che il biondino potesse ribaltare la situazione per davvero. La squadra della scienziata circondava il perimetro mentre, contro ogni aspettativa, Berthold aveva acconsentito a parlare con Armin: dopo aver scambiato poche battute, a Siri, che nessuno avrebbe potuto notare per quanto quatta si era spostata da un tetto all’altro per seguirli, fu lampante che i buoni propositi del suo compagno di squadra sarebbero rimasti tali senza portare ad alcun risvolto positivo. Con la coda dell’occhio teneva sempre sotto controllo Eren.
- Sigrid, devi promettermelo. Anche se non ti piace.
Sentiva le parole di Erwin ancora nella sua testa, un monito costante per tenere lontano il minimo ripensamento verso l’incarico che il comandante gli aveva dato poco prima di separarsi dal suo gruppo.
- Come potrebbe anche solo lontanamente piacermi una cosa del genere?!
Siri scosse la testa e fece appena in tempo a rendersi conto che Berthold, attaccato alle spalle da Mikasa, si era allontanato. Il dialogo non era più una via percorribile, stava per trasformarsi. Realizzò di essere troppo vicina e cercò di allontanarsi quando fu ormai troppo tardi: venne colpita alle spalle dall’onda d’urto che la fece schiantare contro un tetto e poi cadere rovinosamente al suolo, battendo forte la testa. In pochi secondi divenne tutto buio, nonostante la forte luce dell’esplosione, e Siri giacque a terra quasi senza vita.
 
Rumore.
Un forte fischio nelle orecchie.
Le palpebre di Siri si alzarono a fatica, offrendole la visione completamente sfuocata di ciò che la circondava. Con la guancia schiacciata sul terreno, respirò a bocca spalancata inalando terreno e polvere: il forte odore di bruciato le arrivò dritto in gola facendola tossire debolmente. Fece leva con le braccia e si mise a sedere con estrema difficoltà, mentre si guardava attorno stranita, cercando di mettere a fuoco ciò che vedeva. Tutt’intorno a lei c’erano solo macerie, subito davanti una piccola fila di mura in pietra la divideva da una fine orrenda, a giudicare dalle case ridotte quasi in polvere dall’esplosione.
Siri in quel momento non riusciva a capire bene cosa stesse succedendo, il forte fischio nell’orecchio la faceva sentire stordita e confusa, e trovava difficile distinguere bene ciò che vedeva, tutto ciò più lontano di qualche metro le appariva come macchie di colore indistinguibili. Batté il palmo della mano sull’orecchio, nel tentativo di far cessare quel suono fastidioso ed insistente.
Sgranò gli occhi con orrore, mentre una scossa la fece rabbrividire da capo a piedi. Quella scarica di adrenalina la fece tornare abbastanza cosciente da rendere i suoi sensi più acuiti.
Si portò di nuovo il palmo accanto all’orecchio e, tremante, lo batté di nuovo sulla sua apertura, prima piano e con calma, poi sempre più forte e nervosa, ma continuava a non sentire assolutamente nulla. Non un tonfo sordo o un suono ovattato come avrebbe dovuto essere, soltanto quel fischio interminabile che perdeva d’intensità ogni minuto che passava.
- Cazzo. – anche quell’imprecazione le arrivò a metà, da un orecchio solo, quello che le era rimasto. Magari è solo temporaneo, pensò speranzosa, ma in fondo sapeva di averlo perso per sempre e un orecchio in meno non l’avrebbe angosciata più del dovuto. Ora che il mondo attorno a lei stava diventando più nitido, iniziò a percepire meglio il dolore della caduta lungo tutto il corpo, oltre che una sensazione umida scenderle dalla testa e poi sulla fronte: si toccò il capo e guardò le dita sporche di sangue. Questo, invece, era degno della sua angoscia: si tastò ancora con cura la testa e registrò a mente tutte le informazioni che riusciva a carpire, servendosi solo del tatto, sull’enorme taglio che aveva in testa, ma senza uno specchio non sarebbe riuscita a curarsi. Il cuore iniziò a martellarle nel petto al solo pensiero di ciò che una ferita aperta del genere avrebbe potuto comportare se non richiusa al più presto, senza contare tutto il tempo in cui era rimasta priva di coscienza.
- No, no. Respira. – si disse ad alta voce, il suo evidente stato confusionario l’aveva fatta agitare irrimediabilmente. Si strofinò un palmo sulla fronte e, mentre all’orecchio sano le arrivavano suoni di schianti e crolli, un pensiero, apparentemente senza alcuna correlazione, le attraversò la mente.
Devo trovare Eren. Tenerlo d’occhio. Aggrottò la fronte. Perché?
Si sforzò, sistemandosi sui polpacci. Erwin me l’ha ordinato.
Provò a riportare alla mente l’ordine del comandante ma era come se un enorme buco nero le stesse risucchiando via la memoria. Se prima si era agitata per il taglio che aveva sulla testa, a quel punto andò in panico completo: senza neanche accorgersene dei lacrimoni le inondarono gli occhi e iniziarono a cadere copiosi sul dorso delle sue mani che, sporche di sangue e aperte sulle sue cosce, tremavano incontrollate.
Non ricordo niente… - l’intera conversazione che aveva avuto con Erwin era sparita dalla sua memoria, non solo, anche gli ultimi avvenimenti erano totalmente confusi nella sua mente se solo provava a richiamarli. Un tonfo più forte degli altri la fece girare verso il centro della città: la visione di un gigante alto sessanta metri che lanciava macerie per aria la fece sbiancare. In quel preciso momento si convinse che quello non poteva che essere l’inferno, era in un’ecatombe di fuoco e detriti, anche respirare le risultava difficile con quell’aria satura di polvere e odore che non poteva che imputare alla morte. Si alzò e iniziò a camminare tra gli edifici, sperando di trovare qualcuno, magari solo privo di sensi, ma era più probabile che tutti fossero stati spazzati via dall’esplosione, perlomeno, la squadra di Hange era abbastanza convinta fosse stata completamente annientata, poiché si trovava troppo vicino all’esplosione.
No. Continua a camminare. Troverai qualcuno ancora vivo.
Camminava da qualche minuto quando un rumore più forte degli altri a cui era abituata attirò la sua attenzione: si voltò e vide il gigante di Eren giacere immobile sulle mura interne, su cui era stato scaraventato dal gigante colossale.
- Eren! – Siri alzò il passo per dirigersi verso di lui, quando un movimento alla sua sinistra la fece fermare all’istante. Dall’interno di un pozzo stava emergendo una figura umana, rimase completamente immobile fino a quando non comprese essere Hange, e la spia non poté che precipitarsi a perdifiato verso l’amica, altrettanto sorpresa di vederla ancora in vita.
- Siri! – Hange si arrampicò sulla pietra e si fece aiutare dalla spia che la prese tra le braccia per trascinarla fuori – Grazie al cielo sei ancora viva.
Siri strinse l’amica ancora più forte tra le braccia strofinando il lato della testa ancora integro sul suo petto: - Per un momento ho pensato fossi un sopravvissuto di Shiganshina di cinque anni fa, una sorta di abitante delle fogne.
Hange sorrise e accarezzò la testa della spia, prima di notare con una certa impressione il grosso taglio su di essa: - Siri, sei ferita! – l’altra scostò la testa dall’amica e la guardò facendo una smorfia sconsolata: - Anche tu non te la passi meglio. – disse toccandosi poi l’occhio per fare riferimento a quello leso di Hange.
Siri si alzò e fece scorrere la sua cintura per portare la sacca delle emergenze sulla vita: - Tra mezza sordità e mezza cecità ce la passiamo bene.
- Sordità? Vuoi dire che tu…
- Non provare a chiamarmi dalla mia sinistra perché non sento un accidente di niente.
- Oh… – Hange si grattò la testa, si alzò e prese la sacca da cui Siri aveva tirato fuori disinfettante e garze – Siri… dov’è Reiner?
La spia si toccò la spalla e si rese conto solo allora di non avere più il ragazzino legato a sé, continuò a toccarla anche se l’aveva già constatato e l’espressione vuota che le si dipinse in faccia fece preoccupare Hange: - Tutto bene?
Siri crollò sulle ginocchia e iniziò a prendere a pugni il terreno, fino a quando non emise un rantolo e tenendo le mani aperte sul suolo rimase con la testa piegata, senza avere il coraggio di alzarla sull’amica che nel frattempo le si era inginocchiata davanti e le stava accarezzando una spalla: - Siri non preoccuparti, lo ritroveremo…
- No Hange… non è quello… – alzò la testa su di lei e la guardò avvilita – Non mi ricordo. Non riesco a ricordare un cazzo, è come se… CAZZO! – strinse le mani sul terreno, scavandolo con le dita – Cosa sono senza la mia memoria?! Non sono niente, sono assolutamente inutile! Erwin mi aveva ordinato una cosa, non riesco a ricordarla, per colpa mia potremmo fallire tutti quanti!
- Siri, adesso calmati. Hai solo preso una bella botta, e non dire questo. – Hange si fece seria, le prese le spalle e continuò grave – La tua memoria non ti definisce. Sei un soldato e dobbiamo aiutare i nostri compagni, non possiamo perderci d’animo adesso. Per cui, facciamo un passo alla volta, ricuciamo le nostre ferite, la tua testa tornerà a funzionare. Abbi fiducia, va bene?
Siri annuì in silenzio e si lasciò ricucire e fasciare il taglio sulla testa in religioso silenzio, quando Hange ebbe finito, prese a toglierle delicatamente gli occhiali dalla faccia. Cominciò a rimuoverle i vetri che le si erano conficcati nell’occhio ma sapeva di non poter far altro che chiuderle le ferite, per la sua vista non poteva fare niente.
- L’occhio è andato. Non posso fare altro. – la scienziata si limitò ad abbassare lo sguardo e annuire, mentre Siri riponeva gli strumenti chirurgici, dopo averla fasciata con cura. Hange si alzò e controllò il suo dispositivo, diede poi un’occhiata a quello di Siri.
- Avanti, andiamo. Prendiamo le lance fulmine e cerchiamo Reiner, poi andremo ad aiutare gli altri, o quello che ne è rimasto.
Le due a quel punto si diressero col dispositivo verso il posto in cui avevano lasciato le altre lance, mentre si tenevano a debita distanza dal raggio del colossale che, notarono, oltre a spargere macerie e distruzione attorno a sé, era alle prese con la squadra di Levi: aveva scaraventato Eren sulle mura e gli attacchi dei ragazzini non sembravano scalfirlo in alcun modo.
Siri stava caricando le lance sulle braccia con Hange quando un fulmine si stagliò dal centro della città. Si bloccarono sul posto e alzarono lo sguardo che, da sorpreso, virò al contrariato.
- Sapevo di doverlo imbottire di analgesico.
- Sarebbe comunque stato inutile ai fini del piano: la testa non gli sarebbe ricresciuta in tempi utili e tu non avresti potuto interrogarlo.
- Quindi ci tocca abbatterlo di nuovo… – Siri scosse la testa – È proprio stupido, come l’abbiamo fatto una volta…
Hange si assicurò che le lance fossero ben agganciate: - Hai ragione, ma vedi, lui pensa che la tua squadra sia sola. Guarda. – Siri osservò con più attenzione e notò che i ragazzi si erano divisi, un gruppetto più numeroso si stava occupando del corazzato mentre il colossale sembrava procedere indisturbato verso l’interno delle mura – Li ha già messi in difficoltà, non so cosa hanno in mente i ragazzini, cerchiamo di osservarli e capire il loro piano per poter dare una mano. Finché Reiner ci crede morte possiamo sorprenderlo.
 
Essere stata testimone di tutta quella distruzione non aiutò di certo Siri a ricordare l’ultimo ordine che Erwin le aveva dato, sapeva che riguardava Eren e che non le era piaciuto e credeva che la sua mente le stesse giocando un brutto scherzo non solo perché aveva battuto la testa, ma perché nel profondo non voleva adempierlo.
- Siri, Reiner è pronto. Si ostina a dire di non voler dare altre informazioni.
La spia, sul tetto, si voltò a guardare Hange sotto di lei, assente. Aveva ancora la testa fasciata di Sasha tra le mani quando rivolse lo sguardo a Connie che teneva l’amica tra le braccia premuroso. Si chiese: cosa mi piacerebbe di meno, interrogare Reiner o eseguire l’ordine di Erwin? Scelse l’ignoto, vedendo Eren, pensò, probabilmente si sarebbe ricordata cosa il comandante le avesse chiesto di fare.
Si alzò e lanciò i rampini dirigendosi verso il punto in cui dovevano trovarsi Eren ed Armin che, a quanto pareva, erano riusciti ad abbattere il colossale: - Hange, occupatene tu. Devo raggiungere Eren.
Mikasa la guardò volare via con una strana sensazione sulla bocca dello stomaco mentre Hange accanto a lei cercava di richiamarla: - Maledizione! Giuro che Erwin lo prendo a calci appena lo vedo.
Siri si destreggiò tra le vie e infine vide finalmente il compagno di squadra su un tetto, piegato su qualcosa che non riusciva bene a distinguere.
- Eren! – atterrò alle sue spalle strisciando sulle tegole, alche il ragazzino si voltò verso di lei con le lacrime agli occhi.
- Siri! Ti prego! Aiuta Armin! – la ragazza si precipitò verso di lui e si bloccò all’istante quando realizzò a cosa l’altro stesse facendo riferimento. Accanto ad Eren c’erano due corpi incoscienti: uno doveva essere l’ospite del colossale perché presentava delle cicatrici sulla faccia e perdeva vapore dagli arti tranciati, mentre l’altro, constatò con orrore, era il corpo di Armin bruciato vivo. La spia mise una mano sulla spalla di Eren cercando di calmarlo, ma era tutto inutile esattamente come qualsiasi tentativo di salvare il suo migliore amico che, ad una prima occhiata, sembrava chiaramente morto. A Siri vennero gli occhi lucidi: credeva di essere preparata a tutto, ma quello le sembrava troppo. Improvvisamente sentirono un rumore al loro fianco, si girarono e videro un gigante che, camminando a quattro zampe tra le macerie, si dirigeva minaccioso verso di loro. Sguainarono entrambi le spade e quel fruscio delle lame che uscivano dall’astuccio si propagò nella testa della spia come una scossa elettrica.
- Siri, al momento opportuno, se la situazione lo richiedesse, dovrai uccidere Eren.
- Come?!
- Possiamo sopportare un altro fallimento, perdite ingenti, ma ora che la porta del Wall Maria è stata richiusa, potremmo accontentarci anche solo di questa vittoria parziale. Tuttavia… Se Eren finisse nelle mani dei nostri nemici, sarebbe la fine per tutte le persone all’interno delle mura.
Siri scosse la testa, riconnettendosi al mondo reale: un uomo biondo e barbuto con gli arti mozzati era a cavallo del gigante e stava parlando ad Eren, il quale teneva Berthold come ostaggio.
Non basta quel ragazzino per tenerli lontani. 
- Ti ho trovato… Sei Eren Yeager, giusto?
Eren affondò la spada sotto il mento di Berthold quando l’uomo continuò: - Tu… non assomigli per niente a tuo padre…
Siri approfittò dello sgomento del ragazzino per scivolare dietro di lui e incrociare le spade sul suo collo. Quel gesto, come previsto, mise in allerta i due di fronte a loro, mentre il ragazzino si voltò di poco per incrociare lo sguardo del superiore: - Siri, ma che…
- Tu, con la barba. Hai i segni dei giganti in faccia, sarai il bestia presumo. – la ragazza lo guardava dritto in faccia, per non lasciarsi intenerire dagli occhi increduli di Eren – Sì, lui è Eren Yeager, tanto piacere. Sappi solo che se provi ad avvicinarti anche solo di un centimetro gli mozzerò la testa di netto.
L’uomo sgranò gli occhi, il gigante quadrupede fece per avvicinarsi ma Siri chiuse appena le spade tagliando i lati del collo di Eren, da cui colarono dei rivoli di sangue. Al ragazzino scesero delle lacrime inconsapevoli mentre tentava di attirare l’attenzione del superiore per supplicarla, invano.
- FERMA PIECK! – gridò il possessore del bestia. La spia continuò a tenere i suoi occhi fissi sui due nemici minacciosa.
- Bravo, tieni a bada quella sottospecie di cavallo. Faccio sul serio. Non credere che il fatto che lo conosca possa fermarmi. – seguì per qualche secondo un silenzio innaturale durante il quale la mente della spia, per un attimo, andò a posarsi su Levi e tutti gli altri oltre le mura di cui non si vedeva né sentiva alcunché. Un brivido di timore l’attraversò al pensiero che potessero essere morti tutti quanti, incluso…
- Credimi Eren, – il possessore del bestia digrignò i denti – ti capisco, siamo entrambi vittime di tuo padre. So come ti senti ma, vedi… Entrambi siamo stati manipolati da lui.
Improvvisamente qualcosa attrasse l’attenzione dell’uomo che rivolse lo sguardo verso l’alto, terrorizzato. Siri lanciò furtiva un’occhiata nella stessa direzione e vide anche lei una figura in piedi sulle mura, grondante di sangue e immersa nel vapore.
Levi…?
- Eren! Tornerò a salvarti! – urlò l’uomo mentre il gigante che lo teneva sulla sua schiena si allontanava dirigendosi verso l’esterno delle mura – Te lo prometto!
Levi si gettò oltre le mura per raggiungerli, ma il gigante a quattro zampe si allontanò più velocemente che potette, sotto gli occhi di Siri che, solo quando Mikasa atterrò sul loro tetto, li abbassò sul ragazzo che la fissava terrorizzato. La spia ripose le spade facendo tirare ad Eren un respiro di sollievo misto ad incredulità: - Perdonami Eren… Ma era necessario. – in silenzio, poi, Siri si diresse verso il corpo di Armin e lo trascinò con delicatezza su una falda per permettergli, eventualmente, di respirare meglio.
Mikasa era rimasta paralizzata alla vista del ragazzino totalmente carbonizzato e fu solo l’atterraggio di Levi accanto ad Eren sul colmo del tetto a risvegliarla dal forte stato di shock, si sciolse nelle lacrime che iniziarono a colarle lungo il viso, mentre un forte mal di testa aveva iniziato a premerla come in una morsa.
- Eren, dammi il tuo gas, sbrigati. – Levi si era inginocchiato davanti a lui, mentre sganciava e gettava via le bombole ormai vuote.
- Capitano! Il siero, possiamo iniettarlo ad Armin e fargli mangiare Berthold per salvarlo! Siamo ancora in tempo! – Levi a quelle parole si voltò verso Armin e s’incupì alla vista del compagno morente.
- Eren… Armin è chiaramente…
- Respira. – lo interruppe Siri con un’espressione assente. Era a dir poco sollevata di vedere Levi ancora vivo, ma le condizioni di entrambi e tutto ciò che avevano passato fino a quel momento era a dir poco troppo per lasciar spazio al sollievo. Il capitano guardò la sua vice con uno sguardo altrettanto vuoto e poi tirò fuori l’astuccio contenente la siringa che Kenny gli aveva dato prima di morire, porgendolo ad Eren. Poco prima che quest’ultimo lo prendesse, Floch, sopravvissuto all’attacco suicida diretto da Erwin, si materializzò sul tetto attirando l’attenzione su di sé e sul comandante privo di sensi che trasportava sulle spalle: Levi non ci pensò due volte e ritrasse la mano col siero, si voltò poi verso Siri.
- Siri! – la spia rispose istintivamente alla voce alta e perentoria del capitano e si gettò su Floch. Sciolse i nodi con cui Erwin era legato al soldato e lo spostò lungo le tegole: con le mani iniziò a tastarlo e ad eseguire il triage il più velocemente possibile, il volto del comandante era pallido e sudato, non rispondeva ai suoi semplici richiami, sulla testa aveva un taglio profondo e il fianco, fasciato alla belle e meglio, perdeva sangue.
Tolse le dita dalla giugulare e sospirò stanca: - Posso curarlo e concedergli forse qualche giorno, forse qualche ora. Non posso dirlo con certezza. Ma per certo, con questa ferita sul fianco non durerà.
Levi ci mise qualche secondo per recepire le parole di Siri, ringraziò il cielo che non ci fosse lei al posto di Armin prima di annunciare laconico la sua decisione: - Daremo… Daremo il siero ad Erwin. – ritraendo la mano col siero, si alzò con lo sguardo basso, per non incrociare quello di Eren che lo imitò a sua volta per fronteggiarlo mentre Mikasa sguainò le spade.
- No, capitano! – allungò imprudentemente le mani verso l’astuccio, afferrandolo – Ormai lo stava dando ad Armin!
Levi guardò prima uno e poi l’altra contrariato: - Voi due… avete idea di quello che state facendo? È di Erwin Smith che stiamo parlando, il nostro comandante. Volete forse dirmi che starete qui seduti a lasciarlo morire?
Siri e Floch, seduti vicini, osservavano la scena a bocca aperta. La spia sentiva un forte malessere crescerle nel petto, lei, al posto di Levi, non sarebbe riuscita per certo a prendere una decisione coerente. Abbassò lo sguardo sui due corpi quasi privi di vita dei due soldati e si portò una mano alla bocca per trattenere un singulto mentre le lacrime le riempirono gli occhi.
- Adesso basta. Toglietevi di mezzo. – Levi fece per tirare a sé l’astuccio ma Eren lo trattenne – Eren. Metti da parte i tuoi sentimenti.
- I miei sentimenti?! Perché lei ha esitato quando mi ha dato il siero?
- Stavo considerando la possibilità che Erwin fosse vivo. – rispose, stringendo più strettamente l’astuccio.
- Non vedo come avrebbe potuto prevedere che Floch sarebbe riuscito a portare il corpo del comandante fin qui.
- Infatti. Ma ora che Erwin è qui, utilizzeremo il siero su di lui. – concluse Levi che cercò di tirare a sé il siero, ma incontrando nuovamente la resistenza del sottoposto, decise di agire con la forza. Spinse il pugno chiuso sulla scatola verso la faccia di Eren e lo scaraventò dall’altra parte del tetto con un pugno. Siri sobbalzò e fece per dirigersi verso il compagno di squadra quando notò con la coda dell’occhio il movimento fulmineo di Mikasa, che aveva preso la rincorsa per gettarsi su Levi, il quale cadde all’indietro spinto dalla ragazzina. La spia si lanciò di peso su di lei ed entrambe rotolarono sulle tegole, dal loro aggrovigliarsi volò via la lama della spada di Mikasa che Siri, infilando le dita nei bottoni dell’impugnatura, riuscì a sganciare.
Levi si voltò e tese una mano dolorante verso le due: - Siri!
Lei, con enorme sforzo, ribaltò la compagna e le afferrò i polsi saldamente: - Mikasa, basta! – sulla faccia sconvolta dalla rabbia della ragazzina caddero le lacrime del superiore – Non puoi comportarti così soltanto perché sei la più forte tra noi!
- Neanche il capitano allora! – le ringhiò contro l’altra che sfilando una gamba da quella della spia le piazzò una ginocchiata nella pancia, liberandosi quindi dalla sua presa spingendola indietro. Si diresse nuovamente verso Levi ma Siri le afferrò una caviglia e la tirò verso di sé facendola cadere di faccia sulle tegole.
- Non lo vedi? – Siri, distesa, tossì sangue, Mikasa, nonostante la rabbia, si allarmò non poco quando vide quella scena – Non siamo le persone più giuste per prendere una decisione del genere. Il comandante ha ordinato che fosse il capitano Levi proprio per questo motivo.
La spia, senza perdere la presa sulla caviglia della ragazza, si mise a sedere e portò la mano libera sulla pancia dolorante: - Dobbiamo lasciare che sia così e se il capitano ci dice che il siero andrà al comandante è perché è la decisione più giusta. E io posso capirla, perché senza Erwin Smith non saremo capaci di vincere contro i giganti o qualsiasi altro nemico ci sia là fuori.
Eren, dall’altra parte del tetto fece valere le sue di ragioni, ricordando le imprese di Armin in quei mesi. La cosa parve riscuotere Mikasa che, roteando la gamba libera, sferrò un calcio in direzione della faccia di Siri; quest’ultima ebbe i riflessi pronti per pararlo col braccio libero, ma il contraccolpo la scaraventò comunque lontano, facendola rotolare sul tetto prima di giacere infine su un lato senza forze. Mikasa quindi si diresse verso Levi, che a stento riusciva a contenere la rabbia: per loro fortuna, intervenne Hange che afferrò la ragazzina per le spalle; mentre Jean si precipitò sulla maestra, assicurandosi col braccio rimasto integro che stesse bene.
Levi si trattenne dall’unirsi al ragazzo e aprì l’astuccio, preparando il siero nella siringa sotto le urla di Mikasa.
 
Sulla cima delle mura soffiava una brezza estiva piacevole nonostante il sole fosse alto e picchiasse nel momento della giornata in cui era più alto. Siri stava per fare per la terza volta il giro tra i feriti, non era Armin ad impensierirla particolarmente, quanto più Sasha che aveva sbattuto la testa mentre stavano cercando di abbattere il corazzato e non si era più ripresa da allora. Jean, disteso anche lui assieme a Connie accanto all’amica infortunata, si accorse dell’apprensione della spia: - Dovresti stenderti anche tu, Siri. Non sei messa molto bene, e lo sai meglio di me.
Siri, tenendosi la pancia, si piegò lo stesso su Sasha per controllarle le pulsazioni: - Sono il vostro medico, non posso farmi una dormita. E poi Hange mi ha già curata a dovere.
- Ma non per la rissa con Mikasa. – Jean sospirò contrariato – Alle volte non capisco davvero il suo comportamento, ha davvero esagerato. La pancia ti fa ancora male.
- Sono stata peggio.
Jean si mise a sedere: - Ma ciò non togl…
- Siri. – la spia e l’allievo si voltarono verso Mikasa che, seguita da Hange, Eren e Levi, aveva fatto ritorno dalla sua vecchia casa – Devi perdonarmi. Come ti senti?
Si piegò su Siri che invece, con non pochi sforzi, si alzò: - Sto bene, non preoccuparti. Voi piuttosto, sembrate aver visto il fantasma brutto di Rod Reiss.
- Abbiamo effettivamente delle… novità abbastanza sconvolgenti da riferirvi. – esordì Hange che portava tra le braccia tre grossi libri – Ma aspetteremo che vi siate ripresi per comunicarvele.
- Che gioia. – commentò Siri sarcastica – Non vedevo l’ora di consumarmi dalla curiosità, per l’ennesima volta.
Levi, che teneva sottobraccio altri libri, rimbeccò la vice severo: - Data la situazione, Hange da oggi è il comandante del corpo di ricerca, saltimbanco.
Siri lo guardò altrettanto seria, aspettò qualche secondo prima di ribattere, facendo temere al capitano il peggio: - … Quindi questo significa… che non dovrò più condividere la stanza con lei?
Jean si coprì la faccia con una mano mentre Connie trattenne a stento una risata. Siri si girò verso la tenda di primo soccorso che avevano allestito e la oltrepassò, per andarvi dietro: - Voglio una stanza singola tutta mia quando torniamo, dopotutto dovrei essere schizzata in cima a tutte le liste d’attesa con oggi.
Quando fu nascosta dalla vista degli altri dietro la tenda, la spia aprì una cassa delle provviste e iniziò a tirare fuori le pentole e il cibo che avevano portato dal quartier generale. Prese una pentola e poi, piegando a fatica le gambe, vi si sedette davanti mentre contava e metteva al suo interno le verdure per lo stufato. Poco dopo, sentì un fruscio e dei passi, si voltò e alla sua sinistra apparve Levi: si fissarono a vicenda intensamente per qualche secondo, poi Siri, come a dargli il permesso, sospirò nervosa e tornò a concentrarsi sul pentolone. Lui le si avvicinò e si sedette accanto a lei, tenendosi cautamente a un passo di distanza, posò poi i libri che aveva tra le braccia davanti a lui, producendo intenzionalmente un rumore che attirò l’attenzione della spia.
- Questi… sono per te.
Siri li guardò di sbieco ma continuò a mettere gli ortaggi dentro la pentola, fino a quando lui non spinse la pila di libri davanti a lei che quindi si fermò. La ragazza accarezzò la copertina del libro in cima con delicatezza e la sollevò: iniziò a sfogliare incuriosita le pagine che si rivelarono essere piene di appunti e frasi stampate di medicina. Con una rapida occhiata si rese subito conto di non aver mai visto appunti di quel genere, né tantomeno quelle malattie che vi lesse di sfuggita. Levi notò lo sguardo rapito della compagna, quindi si affrettò a continuare, prima che lei si perdesse completamente in quei testi: - Il padre di Eren era un medico e proveniva da una società fuori dalle mura molto più avanzata della nostra. – Siri, con la bocca semiaperta, annuì in silenzio – Questi sono i suoi libri… Quando li ho visti ho pensato a te, che avrebbero potuto esserti utili. Quindi te li ho portati.
Siri era rimasta assorta a fissare i libri tra le sue mani, senza emettere il minimo suono: il capitano non sapeva come decifrare quella reazione. Era arrabbiata con lui o voleva ringraziarlo? Probabilmente, pensò, è stata una cattiva idea. Fece per alzarsi ma lei lo bloccò: - Aspetta. – si voltò a guardarlo con cipiglio – Sei ferito?
Levi la fissò stranito, mentre notò che con una mano stava chiudendo la copertina del primo volume e spingendo da parte la pila di libri: - No. Sono solo stan… – non terminò in tempo la frase che Siri gli si gettò addosso, stringendolo tra le braccia. Capitolò all’indietro sotto il peso di lei che si schiacciò più strettamente contro di lui: - Scusami, non dovevo essere così insistente, – scoppiò, in lacrime, la ragazza mentre affondava la testa contro il suo petto – mi dispiace, sono stata così ottusa, volevo farti aprire per aiutarti, ma ho sbagliato e se oggi fossi morto non me lo sarei mai potuto perdonare, ti prego, scusami.
Levi rimase sconvolto, portò una mano sulla testa di Siri e l’accarezzò, facendo attenzione alla benda sulla testa: - Ma che diamine stai blaterando, saltimbanco? Anche tu stai dando di matto come i mocciosi? – quindi portò l’altra mano sulla sua schiena per stringerla a sé, mentre la sentiva singhiozzare.
Siri alzò la testa per incontrare i suoi occhi, lui quindi continuò: - Puoi perdonarmi? – lei lo baciò rapida sulle labbra e poi affondò la testa nell’incavo del suo collo: - Ti perdono. Puoi perdonare me?
Levi la strinse ancora più saldamente a sé: - Ti perdono. – le bisbigliò, strofinando il naso sul suo collo, annusandone i capelli per collezionare anche quella sfumatura di Siri. Fino a quel momento poteva vantarne un buon assortimento, aveva quella di lavanda, di quando metteva i vestiti freschi di bucato o si era appena lavata i capelli; quella di disinfettante, di quando lo raggiungeva a mensa dopo una giornata passata in infermeria; adesso sentiva quella di bruciato e calcinaccio, ed era di quando andava in missione con lui. Adorava ogni singola sfumatura, adorava anche il fatto che il destino gli avesse concesso, per una volta, più tempo per conoscerne e assaporarne altre.
 
Passò qualche mese dalla missione di riconquista e, dopo un iniziale entusiasmo generale tra la popolazione, ci fu una ripresa della razionalità graduale che lasciava non poche problematiche sospese e di cui Hange dovette occuparsi. Prima fra tutte vi era quella di liberare il territorio del Wall Maria dai giganti, a cui si fece fronte non solo con l’invenzione ammazza-giganti della scienziata, ma anche con brevi e intense spedizioni guidate da Levi con l’appoggio di alcune squadre tra guarnigione e gendarmeria. Nel giro di poco tempo i territori furono finalmente liberati e, prima di poter permettere ai rifugiati di tornare nelle proprie case, si stava già pensando a progetti di ristrutturazione delle città perdute, oltre che di esplorazione verso i territori inesplorati al di fuori delle mura.
Ora che era stato assodato il fatto che all’esterno delle mura non solo l’umanità era viva e vegeta, ma al suo interno vi era una nazione potente ostile alla loro, Levi non faceva altro che pensare alla conversazione che aveva avuto con Siri quando le aveva riferito ciò che aveva letto assieme ad Hange sui libri di Grisha Yeager. 
Era appena tornato da una di quelle missioni lampo ed era immerso fino al petto nella vasca del bagno dei veterani, ormai praticamente di proprietà sua e di Siri, fino al momento in cui, nel giro di qualche settimana, non sarebbero arrivate le nuove reclute e i loro compagni di squadra non si sarebbero trasferiti nel loro stesso complesso.
- Boss, – gli aveva detto sospirando, dopo aver preso un sorso di whisky – ci penso da un po’, e credo proprio che tra non molto, per come si sono messe le cose, sarò sommersa di lavoro.
Levi tese un braccio oltre l’orlo della vasca e afferrò un asciugamano inumidito di acqua fresca e lo depose sugli occhi, abbandonando la nuca all’indietro sul bordo. Non c’era una volta che Siri non ci vedesse lontano e, difatti, dalla conversazione avuta con Hange poche ore prima, aveva appurato il fatto che la spia sarebbe stata promossa, a che posizione non era ancora ben chiaro.
Sentì aprire la porta ma non accennò a muoversi, né tantomeno a rimuovere l’asciugamano dagli occhi.
- Ah ma che bravo, hai preparato già la vasca. – riusciva ad avvertire l’avvicinamento di Siri solo dalla sua voce che rimbombava sulle mattonelle, il suo passo era praticamente impercettibile e per nulla d’aiuto a capire quanto vicina si trovasse.
- Non azzardarti ad entrare senza prima sciacquarti.
- Obbligami… se ci riesci. – Levi espirò dal naso fingendosi frustrato, poi alzò un lembo dell’asciugamano per scoprire un occhio e spiarla: la ragazza era seduta sul bordo della vasca, coperta unicamente da un asciugamano, era umida e stava spargendo nell’acqua dei fiori secchi di lavanda. Rassicurato dal fatto che si era effettivamente sciacquata, abbassò di uovo l’asciugamano, lei se ne accorse e sbuffò.
- E io che volevo farti arrabbiare.
- Ci riesci anche senza farlo apposta, non serve che ti sforzi. – sotto l’azione del calore dell’acqua, i fiori di aprirono, riempendo l’aria di un piacevole odore di lavanda. Siri tolse l’accappatoio e s’immerse all’altro capo della vasca mentre Levi piegava le gambe per lasciarle spazio.
- Hange ha parlato con Shadis: dicono che quest’anno ci sarà un incremento considerevole nel numero di chi si unirà alla legione esplorativa.
- Tch – commentò lui torcendo un labbro – Coraggiosi. Non è una buona notizia, non illuderti. Più lavoro per noi che dovremo formarli.
Siri emise un suono a bocca chiusa che esprimeva disaccordo: - Solo per voi.
Levi rimase in silenzio, strofinò con un dito la porcellana della vasca: - Quindi è ufficiale.
- Lo sarà da domani. – ammiccò anche se non poteva vederla e continuò seducente – Non potrai più darmi ordini.
- Non sarò più il tuo responsabile, è un sollievo.
- Hange ha già inviato i documenti, sarà una squadra segreta, un comparto “speciale” nel corpo di ricerca. Io ne sarò il capo e sceglierò i membri. – Siri, quindi, sciolse i capelli dalla crocchia che li teneva alti sulla testa – Pyxis non sarà molto contento di dover cedere di nuovo la sua spia migliore.
Levi all’inizio non capì, poi elaborò meglio le sue parole e tolse l’asciugamano dagli occhi alzando la testa per guardarla incredulo: - Mi prendi per il culo?!
- Volevo solo informarti, il tuo parere sulla cosa è superfluo.
- Devo ricordarti cos’è successo l’ultima volta? – le disse, calmo, mentre con una dolorosa fitta allo stomaco gli tornavano alla mente le immagini della missione alla dimora degli Aurille – Tu non ti fidi di lui, Erwin non si fidava di lui, io quindi ancora meno.
- Levi, ha dato la prova di fedeltà che bastava.
- Per me non è abbastanza.
Quando erano tornati dall’operazione di riconquista avevano parlato a lungo della loro relazione e avevano deciso di viverla senza pensare troppo al futuro. Levi le aveva esplicitato le sue paure, non riusciva a non pensare a quanto i loro sentimenti li avrebbe potuti rendere più deboli e vulnerabili, Siri gli aveva preso le mani e con quel “potere” che esercitava su di lui lo calmò così bene che non ci pensò più a riguardo: «Levi… Mio padre era un soldato del corpo di ricerca, era praticamente certo che sarebbe morto lasciando mia madre completamente sola. Ma hanno deciso comunque di stare insieme, hanno rischiato e se c’è una cosa che mi hanno insegnato, anche se non li ho mai conosciuti come avrei voluto, è che a volte vale la pena rischiare. Potremmo morire domani, potrei cadere dalle scale e rompermi l’osso del collo, potresti pungerti con uno spillo arrugginito, potrebbe accadere davvero di tutto e comunque non è detto che ci succeda qualcosa in missione. Capisci quello che voglio dire? Io… per te voglio rischiare.». Levi non poteva negare di essere spaventato, ma quel discorso non faceva una piega e non poteva negare nemmeno che sentirle dire quelle cose non faceva altro che consolidare la sua attrazione verso di lei. Non si erano dati dei ruoli definiti, erano semplicemente diventati la persona dell’uno e dell’altra.
Siri inclinò la testa e si massaggiò il collo con una mano, scostandosi poi i capelli per scoprire la clavicola: - E invece è abbastanza. Lo sai benissimo che so badare a me stessa, capisco come la cosa ti faccia sentire, te lo leggo in faccia anche se non me lo dici ma… – lo guardò più gravemente, mentre lui irrigidì i muscoli della mascella – Levi, quella sera le cose sarebbero potute andare in maniera decisamente diversa. Sì, i miei piani non sono azzardati come quelli di Erwin, ma quello in realtà è stato parecchio audace se ci pensi. Bernard avrebbe potuto attirare Hange e gli altri in una trappola o un finto scambio, avrebbe potuto lasciarmi uccidere Michel e io sarei finita in prigione, visto che non ci sarebbero state prove delle attività illecite a mio vantaggio.
Levi strinse i bordi della vasca tra le mani: - Erwin non avrebbe lasciato che accadesse. Io non avrei lasciato che accadesse.
Lei sospirò, massaggiandosi il cuoio capelluto, lui tentò d’ignorare quell’ennesimo gesto per non cedere: - Io avrei lasciato che accadesse. – disse lei quasi noncurante – Se siamo qui a chiacchierare è perché non ho ceduto, è perché ho dato valore a me stessa in quel momento, se fosse successo il contrario non avrei accettato qualche inganno di Erwin o Pyxis per tirarmi fuori da quel casino.
Levi rilassò la presa sulla vasca: - E per questo te ne sono grato, sono fiero di te e ti ammiro perché nelle stesse circostanze non so se avrei potuto vantarmi del tuo stesso sforzo. – la fissò così intensamente che gli occhi di lei gli rivolsero, per un istante, uno sguardo interrogativo – Siri, come ti ho già detto tante volte, ti avrei accettata anche in quel caso, questa volta però è diverso perché non stiamo parlando di te. Ma di una persona di cui non mi fido affatto, con cui starai giorno e notte, lontana da me. O Hange, o qualsiasi persona che tenga a te a parte Jean.
- Levi…
- No cazzo, stammi a sentire. Risparmiami tutte le belle parole che mi hai già propinato. Io ti sto solo dicendo come mi fa sentire la cosa. So perfettamente che sei capace di gestirlo, spero solo che se vi tradisca tu non gli faccia rimanere molto da rompere o tagliare perché, altrimenti, mi ci divertirò io. Hange offre dei buoni spunti in proposito.
Siri alzò un sopracciglio, senza parole, mentre Levi afferrava l’asciugamano fresco per rimetterlo sugli occhi, stendendo la testa all’indietro.

Fine seconda parte

  
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