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Autore: Krgul00    30/06/2022    0 recensioni
Quando Astra, un pastore tedesco di cinque anni, entra a far parte della sua vita, Maddie Foster non aveva pensato che questo avrebbe potuto portarla ad incontrare un uomo bellissimo e misterioso.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO DUE
 
Da uno dei tavoli del Red, unico Caffè di Sunlake, dove era seduta, Charlie Royce poteva tranquillamente far spaziare lo sguardo su tutta la pizza, al cui centro torreggiava, indifferente alle semplici attività di paese, un abete con lunghi rami che si facevano strada verso l’alto in spirali via via sempre più strette, fino a culminare in una punta un po’ spelacchiata. Era facile notare, tra gli aghi verdi, i fiori rosso scuro dalla forma conica che aveva portato l’arrivo della primavera. Il prato sottostante era stato appena pulito e sembrava risplendere al Sole, sia per il suo vivido color smeraldo, sia per i getti d’acqua degli irrigatori che, per effetto della luce, formavano archi argentati con riflessi d’arcobaleno.
Quelli non erano gli unici colori che illuminavano la giornata. Le facciate gialle degli edifici che davano sulla piazza – come il municipio e la biblioteca pubblica – sormontate da rossi tetti spioventi, da sole erano sufficienti a viziare l’occhio di un qualsiasi osservatore; eppure, l’effetto era amplificato dai fiori d’ogni forma, dimensione e colore che decoravano i balconi delle case e che spargevano il loro profumo tutt’intorno, senza avarizia alcuna.
Anche le bandiere che garrivano al vento sopra il municipio attiravano l’attenzione e, come se non bastasse, le antiche montagne sullo sfondo, con le cime ancora innevate, insieme al cielo azzurro attraversato da bianche e soffici nuvole, sembravano dipinte dall’esperta mano d’un pittore.
Era il luogo ideale dove godersi un fantastico latte macchiato.
Tuttavia, c’era un’unica nota che stonava in quell’armoniosa perfezione: Maddie.
Non era il suo silenzio distratto ad impensierire Charlie, bensì il modo svogliato con cui piluccava la povera ciambella difronte a lei. Non una ciambella qualsiasi, in verità, ma una ricoperta di cioccolato e cosparsa di polvere di cocco: la sua preferita. Era così che gliela portava Benjamin, ogni mattina.
Solo Maddie poteva credere che il riguardo dell’uomo nei suoi confronti – la polvere di cocco, infatti, era un’aggiunta fatta solo per lei – fosse una cortesia in onore dei vecchi tempi. Non riusciva a credere di come l’altra non si accorgesse della palese ammirazione con cui lui la guardava.
In ogni caso, Charlie aveva già una vaga idea di quali potessero essere i pensieri che avevano risucchiato l’attenzione di Diddi. L’unica sorpresa era l’ostinazione di lei a non parlarne.
Nonostante le due donne avessero passato tredici anni lontano – dopo che una Charlie quindicenne era stata mandata alla scuola militare – il loro legame non si era mai allentato e, quando si erano ritrovate l’inverno dell’anno prima, avevano ripreso la loro amicizia da dove l’avevano interrotta, come se non fosse passato nemmeno un giorno.
Maddie non era mai stata brava a mantenere dei segreti con lei. Durava a malapena ventiquattr’ore, prima che il bisogno di confidarsi con Charlie la sopraffacesse. Stavolta, però, pareva esser diverso.
Era da una settimana, ormai, che Maddie chiudeva la biblioteca con un’ora d’anticipo e si precipitava a Twin Lake City. Non che avesse fatto chissà quale sforzo per nasconderlo, ed infatti Charlie non era l’unica ad averlo notato.
Non aveva detto nulla. Insomma, era anche giusto che Diddi avesse dei segreti con lei; tuttavia, stava morendo dalla curiosità. Perciò, mercoledì, quando c’era mancato poco che Maddie la buttasse fuori dalla biblioteca di peso, farneticando di alcune commissioni in città, Charlie aveva sentenziato: “Va bene, ti accompagno.” E per poco non era scoppiata a ridere difronte all’espressione impanicata dell’amica.
“C-cosa?” Aveva farfugliato. “Perché? Non c’è bisogno, davvero. È meglio che me la sbrighi da sola.” E poi, mentre chiudeva a chiave le porte, si avvicinava alla sua macchina – non aveva mai auto bisogno di prenderla per andare al lavoro – e vi faceva salire Astra, aveva continuato a parlare senza sosta e ad ogni frase le aveva suggerito un motivo sempre più assurdo per non accompagnarla. Addirittura, verso la fine, aveva avanzato l’idea che facesse una sorpresa a Logan e Jake con una bella cenetta preparata da lei. Insomma, Charlie Royce – il terrore delle cucine e il flagello d’ogni fornello – che cucinava la cena.
L’aveva lasciata andare, facendo finta che quella fosse una fantastica idea.
In ogni caso, il suo fare distratto, il sorriso sognante che, sempre più spesso, le curvava le labbra senza alcun motivo apparente, così come tutta quella fretta di scappare in città senza dire nulla a nessuno, erano un indizio più che sufficiente per chiunque.
Giusto Annabelle King – avversa a credere che la causa di quel comportamento potesse essere un uomo – si era convinta che ruotasse tutto attorno al lavoro e a una nuova libreria aperta in città che, finalmente, avrebbe risolto il problema della fornitura di nuovo materiale di cui ormai Maddie si lamentava da mesi.
Non c’è bisogno di dire che Annabelle era completamente fuori strada e che Charlie avesse ragione. Anche in quel momento, mentre strappava un piccolo pezzetto della sua ciambella e se lo infilava in bocca, i pensieri di Maddie Foster ruotavano attorno ad un unico fulcro.
Anche lei si era chiesta più volte il perché di tutto quel mistero. Di solito, non avrebbe esitato un solo istante a confidarsi con la sua migliore amica. Il cielo solo sapeva quante volte, nel corso degli anni, avrebbe voluto crogiolarsi nelle rassicurazioni dell’altra e come avesse odiato la distanza che gli eventi avevano interposto tra loro; eppure, ora che l’aveva difronte, taceva.
La verità era che aveva paura.
Maddie aveva paura che pronunciando anche solo una parola relativa a quell’uomo avrebbe potuto causare un dissesto nelle leggi cosmiche che regolano l’universo e quindi rompere un delicato equilibrio che faceva sì che, ogniqualvolta si ripresentasse in quel parco, ci fosse Max ad aspettarla.
Solo Max.
Non sapeva quale fosse il suo cognome. In realtà, non sapeva proprio nulla su di lui; sennonché, ogniqualvolta metteva piede in quel parco, con Astra al guinzaglio, lo trovava sempre lì, sulla stessa panchina di una settimana prima. Quando lo vedeva e la tensione l’abbandonava, si rendeva conto di quanto avesse lo stomaco annodato dal timore che lui le desse buca.
Non voleva pensare al calore che le pervadeva il petto alla sua sola vista e al potere che aveva di stemprare la sua insicurezza, come lamponi bollenti che sciolgono delizioso gelato alla vaniglia, in uno dei suoi dessert preferiti.
Buffo, perché quel dolce, servito con panna montata e gustosissime cialde, si chiamava Amore Caldo.  
In ogni caso, semmai Max avesse deciso di averne abbastanza di lei, tutto quello che doveva fare era, semplicemente, smettere di presentarsi e, così, sarebbe sparito per sempre.
Lei, allora, si sarebbe risvegliata da quel sogno, e per i successivi tre mesi – almeno – si sarebbe rigirata nel letto chiedendosi cosa diavolo avesse detto per farlo scappare e cosa c’era di tanto sbagliato in lei.
Proprio come era successo con Christopher quattro anni prima.
Anche in quel caso, aveva incontrato quell’uomo in città, allo stesso locale che Aubrey Morgan – una sua cara amica - aveva scelto per festeggiare il suo compleanno. Christopher era lì con dei suoi amici e le aveva chiesto di ballare. Maddie era troppo gentile per rifiutare un’offerta del genere; inoltre, era stata davvero lusingata da quel gesto: non le capitava spesso che qualcuno le si avvicinasse per un invito simile. Sua madre diceva che era a causa del suo modo di vestire – troppo serio e ingessato – se gli uomini si tenevano a distanza.
Dunque, aveva accettato, e lei e Christopher avevano ballato tutta la notte.
Prima di andare via, lui le aveva strappato la promessa di un appuntamento la sera seguente e, ancora una volta, Maddie aveva detto di sì.
Era così che avevano iniziato una relazione, nonostante i ripetuti avvertimenti di Aubrey. La donna, infatti, non l’aveva risparmiata dalla sua impressione su Christopher: era solo un farfallone – nemmeno troppo bello – alla disperata ricerca di un passatempo per l’estate. Non era stata l’unica a cui aveva chiesto di ballare, era solo l’unica che non lo avesse rifiutato.
Non aveva dato retta a quegli avvertimenti, e anche se fin da subito aveva saputo che la loro storia aveva come data di scadenza la fine della stagione, Maddie si era lasciata coinvolgere così tanto che, ad un certo punto, aveva pensato che Christopher avrebbe deciso di restare o, quantomeno, di chiederle di andar via con lui; invece, quando lei l’aveva pregato di non lasciarla, prima di addormentarsi nel suo abbraccio, nella loro ultima notte insieme, si era risvegliata in un letto vuoto.
Lo aveva chiamato, dopo, ma non aveva mai ricevuto risposta e aveva capito che Audrey aveva avuto ragione fin dall’inizio: era stata l’unica ad esser stata davvero coinvolta emotivamente per quei tre mesi trascorsi insieme.
Quella, oltre ad esser stata l’ultima volta in cui l’aveva visto, era stata anche l’ultima volta in cui aveva permesso ad un uomo d’entrare nel suo letto e quindi, di fatto, di lasciare un segno nella sua vita.
Ripensandoci, poi, non riusciva proprio a capire cosa l’avesse attratta di Christopher; in ogni caso, sapeva di dover assolutamente parlare con Charlie di Max. Qualcuno doveva metterla in guardia e ricordarle cos’era successo l’ultima volta che aveva pensato che un uomo potesse trovarla davvero interessante.
Perché la verità era che, nonostante lo conoscesse da una settimana e nonostante non sapesse assolutamente niente su di lui, Max le piaceva.
Le piaceva il modo in cui lui la faceva sentire, rimanendo semplicemente in silenzio ad ascoltarla come nessuno mai aveva fatto prima. Non c’era stata volta in cui Max si fosse estraniato o avesse perso interesse per i suoi discorsi sconclusionati. Persino sua madre non era in grado di riuscirci.
Invece, di fianco a lui, su quella panchina, si sentiva una donna diversa da quella che si era sempre creduta: decisamente non banale e, forse, addirittura affascinante.
Naturalmente, quella con Max era una relazione platonica. Non aveva nulla a che fare con ciò che aveva condiviso con Christopher. Non che Maddie non avesse mai fantasticato sull’eventualità che quell’uomo potesse essere a sua volta interessato ad una come lei. Insomma, le era sempre piaciuto immaginare scenari impossibili – decisamente più avvincenti della realtà – ma un conto era figurarsi un mondo in cui i broccoli avevano lo stesso sapore della crema pasticciera e, ben altro, era concepire un universo in cui quell’uomo, in qualche modo, potesse effettivamente corteggiarla. Se la prima eventualità era difficile ma possibile – con l’aiuto della chimica e della genetica era sicura sarebbe potuto accadere – il secondo, per quanto la riguardava, era proprio fantascienza.
Tuttavia, ogni giorno, quando arrivava il momento di tornare a casa, Max le chiedeva sempre di incontrarsi di nuovo lì, l’indomani, e Maddie non si permetteva di vederci nulla di più di ciò che era: semplice simpatia.
Però, rimaneva il fatto che aveva urgente bisogno di condividere quella novità, e fu per quello che, in un mormorio basso, si lasciò sfuggire: “Ho conosciuto una persona.”
Occhi blu incontrarono subito i suoi e, senza distogliere lo sguardo da quello color caramello di lei, lentamente, Charlie si portò la tazza alla bocca. Schioccò le labbra e prese un piccolo sorso del suo latte macchiato, per poi posarla di nuovo sul tavolo. Si appoggiò alla spalliera della sua sedia e la studiò con calma per un lungo momento.
Lei, sotto quell’esame, iniziò ad agitarsi e fu sopraffatta dal sollievo quando furono interrotte. Ma il sollievo durò davvero poco quando si accorse che era arrivata Annabelle e che si stava sedendo accanto a Charlie.
“Eccomi! Ce l’ho fatta, scusate il ritardo ma Daisy non mi lasciava più andare…” Disse, mentre sistemava la borsa sullo schienale della sedia e si metteva comoda. Si accorse subito della strana atmosfera che si respirava a quel tavolo e fece scorrere lo sguardo tra loro, improvvisamente consapevole di aver interrotto qualcosa. “Che succede?”
Fu solo allora che le labbra di Charlie si schiusero e la donna le rivolse il suo fantastico sorriso. Un sorriso che diceva tutto e che le procurò un brivido lungo la schiena: lo sapeva.
Avrebbe dovuto aspettarselo.
“Sei arrivata giusto in tempo, Anne. Diddi mi stava appunto dicendo dov’è che se ne va, in tutta fretta, dopo il lavoro.” Se il suo tono gongolante non fosse stato un indizio sufficiente, ci avrebbero pensato le sue iridi azzurre, brillanti di soddisfazione, a rivelarle quella verità.
“È per quella nuova libreria in città, vero?” Chiese Annabelle, stranamente speranzosa.
Fu Charlie a rispondere al suo posto. “Oh, no. Ha conosciuto una persona.
L’altra si sporse in avanti. “Sicuramente non un uomo. Giusto, Maddie?”
Lei si sentì stranamente sotto pressione, come se la sua risposta dovesse sancire il destino dell’umanità; pertanto, ancora una volta, si ritrovò a borbottare sottovoce: “Si chiama Max.”
Le reazioni delle due donne furono diametralmente opposte: Charlie buttò la testa indietro e scoppiò a ridere, mentre Anne si accasciò sulla sua sedia brontolando un “maledizione” a mezza bocca.
“Mi devi cinque dollari.”
Quello catturò tutta l’attenzione di Maddie. “Avete scommesso su di me?” Domandò, incredula.
Ma le sue parole caddero nel vuoto, perché le altre due la ignorarono completamente.
“Non posso crederci.”
“Avresti dovuto dare retta a Logan, ti aveva avvertito che avrei vinto io.”
“Probabilmente hai barato.” Borbottò imbronciata Annabelle.
L’altra ridacchiò e soffocò il suo divertimento con un altro sorso di latte macchiato. “Ti assicuro di no. Non scomodo i servizi di intelligence per poter vincere una scommessa tanto facile.”
Annabelle, alla fine, dovette capitolare e a malincuore posò cinque dollari sul tavolo. Dopodiché, l’attenzione di entrambe tornò su di lei.
“Dove vi siete conosciuti?” Chiese Charlie, proprio mentre Anne domandava: “Almeno è carino?”
Maddie indugiò un momento prima di rispondere: “L’ho incontrato sabato scorso, in una caffetteria giù in città e lui è…” Abbassò gli occhi e con un sospiro ammise: “È davvero mozzafiato.”
Si sentì i loro sguardi addosso ma non osò alzare la testa per verificarlo, invece, con la punta di un dito iniziò a seguire nervosamente il bordo della sua tovaglietta.
Anche Astra, sdraiata comodamente per terra, di fianco alla sua sedia, si accorse del suo lieve disagio, perché alzò la testa a guardarla. Evidentemente, però, decise che avrebbe potuto cavarsela benissimo da sola e tornò di nuovo a sonnecchiare.
Anne batté le palpebre dalla sorpresa. “Mio dio, ti ha lasciato senza parole…” E subito dopo, battendo una mano sul tavolo, aggiunse: “Voglio conoscerlo!”
Il suo tono fu un po’ troppo alto e Maddie vide la testa della signora Young – nota pettegola del paese – voltarsi nella loro direzione. Dicerto, non voleva farlo sapere a tutti. Anche perché, con tutta probabilità, avrebbero travisato.
Ed infatti, non fece nemmeno in tempo a concludere quel pensiero che Charlie affermò: “Quindi vi frequentate.” E la sua non era affatto una domanda.
Maddie si raddrizzò sulla sua sedia e si sforzò di usare il suo miglior tono categorico. Non poteva permettere che le sue amiche si facessero strane idee. “Assolutamente no.” Tuttavia, difronte all’incredulità dell’altra concesse: “Cioè, non nel senso che intendi tu. Siamo solo amici.”
O, almeno, lei immaginava lo fossero. Sicuramente Max sapeva un sacco di cose sul suo conto; anche se lei non poteva dire lo stesso di lui.
“Solo amici.” Ripeté Charlie in uno sbuffo derisorio. “Diddi, davvero vuoi farmi credere che ti fai più di due ore di macchina al giorno, ogni giorno da sette giorni consecutivi, al solo scopo di andare a trovare un amico?
Ci pensò su un momento e arrivò alla conclusione che, si, lo avrebbe fatto se questo amico, ogni giorno, le avesse chiesto di rivederla. Perciò, poté rispondere con sicurezza: “In realtà, si. Lo farei.”
Si fissarono negli occhi, in una gara di sguardi che le ricordò la loro infanzia, quando si sfidavano a chi rideva per prima. Solo dopo un lunghissimo momento Charlie annuì. “D’accordo, hai ragione. Sei una delle persone più dolci e gentili che io conosca, quindi probabilmente lo faresti. Ma che mi dici di lui?”
“Di Max?”
L’altra annuì e Maddie iniziò ad avvertire una punta di disagio farsi strada in lei. Era arrivato il momento di ammettere un’imbarazzante verità. “Beh, veramente non so molto su di lui. Per lo più sono io a parlare. Max è un tipo molto gentile, mi chiede sempre della mia giornata, ma è anche una persona parecchio riservata e non si lascia sfuggire molto sul suo conto.” Abbozzò un piccolo sorriso. “Una volta l’ho trovato a leggere, mentre mi aspettava. Il Grande Gatsby. Ha detto che era curioso, visto che ne avevo parlato il giorno prima.” Arrossì e ammise: “Forse mi sono dilungata un po’ troppo sul tema, ma sapete quanto mi piace Scott Fitzgerald! Comunque sia, anche io avevo un libro con me, quindi ci siamo messi a leggere insieme.” Al ricordo delle piccole interruzioni che ogni tanto uno di loro due faceva, per condividere qualche considerazione su ciò che avevano appena letto, il sorriso di Maddie si fece più profondo e con un sospiro – vagamente sognante - che non poté trattenere, concluse: “È stato un bel pomeriggio.”
Così come tutti gli altri pomeriggi che aveva trascorso in sua compagnia, in verità. Quella soggezione iniziale che Maddie aveva provato in sua presenza era evaporata quasi subito, e aveva scoperto di trovarsi incredibilmente a suo agio con lui. Inoltre, era sicura che il sentimento fosse reciproco. Nonostante fosse ancora avvolto da un mantello di malinconia, aveva l’impressione che l’uomo sorridesse ogni giorno di più.
A volte lo vedeva da lontano, prima di varcare i cancelli del parco, con quello sguardo fisso e perso, il busto proteso in avanti e gli avambracci poggiati sulle ginocchia, come se da un momento all’altro dovesse accasciarsi sotto il peso di qualsiasi cosa l’opprimesse. E poi, come raggi solari che squarciano la foschia della nebbia, arrivava il momento in cui si accorgeva di lei e si voltava a guardarla. Quegli occhi scuri, per un momento, parevano rivivere e brillare mentre l’osservava avvicinarsi, e quel piccolo accenno di sorriso e fossette le faceva sempre contorcere lo stomaco come un boa constrictor e le provocava un leggero formicolio ad ogni più piccolo follicolo.
“Solo un amico.” Ripeté ancora Charlie, strappandola ai suoi pensieri. “Tu ci credi?” Chiese, voltandosi verso Annabelle.
“No, direi di no. Guarda la sua faccia…” La spalleggiò subito l’altra, alzando una mano ad indicarla.
Maddie le osservò scambiarsi un’occhiata cospiratoria e si ritrovò a chiedersi come diavolo era possibile che quelle due, che prima si erano sopportate a stento, fossero diventate tanto affiatate.
In ogni caso non fu preparata per quello che disse Charlie, dopo: “Devi invitarlo a cena a casa nostra.”
“Cosa? Ma…” Fece rimbalzare lo sguardo dall’una all’altra, prima di concentrarsi nuovamente sulla bionda. “Ti ho detto che lo conosco poco. Non so quasi nulla su di lui.”
“Presentarlo ai tuoi amici è il modo perfetto per approfondire la vostra amicizia.” Intervenne Anne.
Non diede troppo peso alla vena ironica con cui sottolineò l’ultima parola, era troppo impegnata a cercare un’altra scusa per cavarsi d’impiccio. “Non posso portarlo a cena da te, Charlie. Come minimo rischieresti d’avvelenarlo.”
In un altro momento, sarebbe stata fiera di sé stessa per aver provato a sdrammatizzare, ma quel suo tentativo fu fiacco anche alle sue orecchie; soprattutto considerando che, pochi giorni prima, nella foga di farla desistere ad accompagnarla in città, la stessa Maddie aveva suggerito a Charlie di mettersi ai fornelli.
“Logan fa un’ottima lasagna, sono sicura che a Max piacerà.”
“Io potrei portare un secondo, che ne pensi?” Si accodò Annabelle e, poi, rivolgendosi a lei: “Chiedi a Max se gli piace la trota.”
Maddie represse una smorfia. “Veramente, la trota non è proprio il mio pesce preferito…” Il che era un eufemismo, ma non avrebbe mai detto ad Annabelle che la sua trota al forno – che aveva fatto finta di adorare in diverse occasioni – le faceva schifo, proprio come qualsiasi altra trota al forno che avesse mai mangiato.
In ogni caso, avrebbe anche potuto dire che preferiva mangiare carne umana e le altre due l’avrebbero semplicemente ignorata, troppo prese dal loro importantissimo nuovo progetto.
Guardò con orrore il viso di Charlie illuminarsi per l’entusiasmo. “Potrei chiedere a Luke di fare le sue fantastiche enchilada. Sono sicura che non gli dispiacerebbe.”
Aveva ragione, non gli sarebbe dispiaciuto. Dopo aver contribuito ad arrestarla, l’anno prima, Luke era disposto anche a stendersi al suolo per evitare a Charlie di sporcarsi le suole delle scarpe, se solo la donna glielo avesse chiesto.
Si ritrovò a sospirare e non poté far altro che capitolare: “D’accordo, glielo chiederò.” Anche se, da come reagirono, le altre due parvero aver dato per scontato la sua collaborazione al loro piano.
Tuttavia, da qui sorgeva un problema a cui, nel corso di tutto quel venerdì, Maddie cercò di far fronte: come fare a convincere un uomo ad accompagnarla ad una cena a casa dei suoi più cari amici, senza che questi travisasse le sue intenzioni e pensasse che lei volesse portare il loro rapporto ad un nuovo livello?
Perciò, per non dover affrontare il futuro impreparata, aveva pensato ad un discorso. Lo aveva ripassato più e più volte nella sua testa, mentre era immersa tra i libri e il suo lavoro, e lo aveva modificato e revisionato finché non ne era stata soddisfatta.
Era davvero un gran bel discorso, peccato che non appena entrò nel parchetto pubblico, quella sera, e riconobbe subito la figura seduta ai piedi della piccola fontana circolare, si rese conto d’aver dimenticato ogni singola parola del suo monologo e il suo cuore iniziò subito a martellarle nel petto come un tamburo.
Si costrinse a prendere un respiro profondo e si chinò per togliere il guinzaglio ad Astra che, non appena fu libera, si precipitò a salutare Max. Era assurdo con quanta rapidità e intensità quel cane si fosse affezionato a lui, ogni volta che vedeva Astra corrergli incontro per fargli le feste se ne stupiva.
Osservò l’uomo chinarsi verso il pastore tedesco e accoglierlo con carezze vigorose che non fecero altro che aumentare la frequenza delle scodinzolate del cane.
Poi, successe. Alzò gli occhi su di lei e le sorrise. Sempre quel suo sorriso a bocca chiusa che, chissà come, aveva il potere di farle tremare le gambe.
Lei gli andò incontro, torturando il guinzaglio che ancora stringeva tra le mani e cercando di ricordare il suo discorso. Iniziò ad agitarsi, come in uno di quei brutti incubi in cui ti presenti ad una verifica di matematica, dopo aver passato interi pomeriggi a studiare, e ti ritrovi il testo del problema scritto in una lingua che non esiste. Perciò, se fino a quel momento s’era sentita preparata nell’affrontare Max, adesso le sembrò di dover intavolare una conversazione in spagnolo.
“Ciao.” Esordì quando si fermò difronte a lui e, per la prima volta in vita sua, non riuscì più a dire nulla. La mente sembrò come essersi svuotata, quindi se ne rimase lì in piedi, come una sorta di bambola inquietante, a cercare di metter ordine nella sua testa.
“Ciao, Maddie.” Come al solito, le parve che nel pronunciare il suo nome, l’uomo ne accarezzasse ogni sillaba, come se volesse assaporarne la musicalità, e quello le valse un brivido di piacere che fomentò il suo nervosismo. Naturalmente, Max si accorse del suo disagio e si mise anche lui in piedi, il sorriso ormai sparito e al suo posto un velo di preoccupazione. “Tutto bene?”
“Si, scusa.” Scosse la testa. “Come stai?”
Gli occhi di Max si addolcirono, tuttavia non smisero di scrutarla, chiaro segno che non l’aveva convinto. In risposta si limitò ad annuire e, ancora con la sua espressione impassibile, disse: “Ti ho portato una cosa.”
“Oh.” Maddie spalancò gli occhi e lo guardò stupita mentre raccoglieva un piccolo sacchetto anonimo di carta dalla panchina. Quando glielo porse, portandosi una mano al petto, mormorò estasiata: “Per me?”
Claro que sì.” I suoi occhi color cioccolato si ammorbidirono e non le stacco gli occhi di dosso mentre apriva il pacchetto leggermente unto.
“Adoro le sorprese.” Ammise Maddie senza fiato, non riuscendo a trattenere l’enorme sorriso che iniziò a spuntarle sul viso e che, incredibilmente, s’allargò ancor di più quando finalmente vide cosa le aveva portato.
Churros.
Ne avevano parlato il giorno prima e lei aveva ammesso di non averli mai assaggiati. Una volta aveva passato un’intera estate a cercarli tra le pasticcerie della città, ma nessuno a Twin Lake City, o tantomeno a Sunlake, sembrava venderli.
Maddie si strinse il sacchetto al petto. “Grazie.”
Al suo tono, così pieno di meravigliata gratitudine, Max abbassò la testa, per nascondere il suo divertimento e con una scrollata di spalle minimizzò: “Sono solo Churros…”
Non erano solo Churros, non per lei almeno, ma non disse nulla e si limitò a sedersi sulla panchina, seguita dall’altro. Tra loro calò un silenzio amichevole, fatto di sguardi e sorrisi, mentre si godevano quella deliziosa merenda.
Arrivando all’ultimo morso, però, a Maddie sovvenne nuovamente quale fosse la missione che le era stata affidata. Si percepì un mutamento in quell’atmosfera serena e rilassata, soprattutto perché lei si bloccò, l’ultimo boccone ancora in mano, e si schiarì la voce una, due, tre volte senza mai iniziare a parlare.
“Cosa succede, Maddie?” La voce calda di Max la fece voltare e si ritrovò difronte alla sua espressione curiosa e un po’ preoccupata.
D’accordo, era il momento di farsi valere. Le aveva appena dato l’opportunità perfetta per introdurre il discorso e, comunque, Max era un tipo gentile, non l’avrebbe mai respinta in malo modo. Sicuramente, avrebbe inventato qualche scusa di circostanza per sottrarsi al suo invito.
“Sono un po’ nervosa.” Ammise, quindi.
La piccola rughetta tra le sopracciglia di lui si fece più profonda. “C’è qualcosa che ti preoccupa?”
Maddie si mordicchiò il labbro inferiore prima di prendere un profondo respiro. “Ho fatto colazione con le mie amiche, oggi. Ho raccontato loro di… beh, di te in realtà e hanno pensato che-”
“Charlie cos’ha detto?” La interruppe lui e alzò la testa per guardarsi intorno, soffermandosi brevemente sugli alberi e le siepi sul limitare del parco, prima di riportare gli occhi sul viso di lei.
Maddie ridacchiò nervosamente, il modo in cui la fissò, come se volesse carpire la più piccola informazione anche dalla sua espressione, contribuì ad agitarla.
“È un po’ questo il problema, in realtà. Insomma, io le ho detto che non credevo fosse una buona idea, ma quando Charlie si mette in testa una cosa diventa peggio di Astra con la sua ciotola di croccantini.” Al sentire il suo nome, il pastore tedesco le si avvicinò e le poggiò la testa sulle gambe. Il calore del cane, e il poter affondare le dita nella sua pelliccia morbida, le diede un po’ di fiducia. “Comunque, non è niente di ché. Dicerto una cena non mi trasformerà in una nuova Didone che, presa dal furor d’amore, ti maledice. No, aspetta, forse questa non è la similitudine migliore. Dopotutto, noi siamo solo amici. Forse una nuova Arianna?” Scosse la testa, non stava andando per niente come aveva sperato. “No, decisamente no. Direi che è meglio non attingere affatto dal mito e lasciar perdere con le similitudini. Comunque, per farla breve: ti piace la trota?”
Quello lo fece rilassare e Max allungò le gambe davanti a sé. “La trota?” Si passo una mano sul viso, incredulo. “Vuole invitarmi a cena?” Scosse la testa e parlando tra sé e sé mormorò: “Questa sì che è bella.”
Evidentemente l’uomo non si accorse del lampo di dolore che illuminò le iridi color caramello di lei al suo tono ironico e, ignaro, preso da un divertimento tutto suo che ancora gli danzava negli occhi, aggiunse: “Non credo proprio che sarebbe una buona idea, in ogni caso.”
Maddie non poté sottrarsi all’ondata di cocente delusione e mortificazione che la investì, nonostante vi fosse preparata. “No, certo. Non ci conosciamo ancora così bene, in effetti.”
Dal viso di Max sparì ogni traccia di calore, quando si rese conto di come la donna avesse interpretato le sue parole. “Non è per quello che-”
“No, va bene.” Maddie sperò di riuscire a convincere anche sé stessa. “Ho capito.”
“Sinceramente, chica, ne dubito…”
“Mi rendo conto che a volte parlo davvero tanto, e già mi sopporti tutti i giorni. Immagino che anche una cena sia davvero troppo.” Si sforzò di ridacchiare, per alleggerire il tono delle sue parole. Non sapeva nemmeno perché non se ne rimanesse semplicemente zitta.
Per tutta risposta, Max mormorò: “Madre de dios.
“Sarebbe stata una cosa tra amici, comunque.” Continuò, assolutamente concentrata sulle sue mani che affondavano nella pelliccia di Astra ad ogni carezza. “Non ho mai creduto che tu… insomma, sarebbe davvero assurdo, lo so perfettamente. Sarebbe come mettere del bacon su un tiramisù. Sapevo che non era una buona idea, ma dico solo che mi avrebbe fatto piacere, tutto qui.”
Maddie si costrinse a chiudere la bocca e arrischiò un’occhiata a Max, ancora in silenzio vicino a lei, che  guardava i pesci nuotare sereni nel laghetto, sforzandosi di comprendere quello che aveva appena detto. “Non credo di seguirti.” Sentenziò infine.
Ma riprendere quel discorso era l’ultima cosa che lei avrebbe voluto; quindi, fu davvero grata che il suo splendido cane scelse quel momento per scostarsi da lei e avvicinarsi all’altro.
Con il muso toccò la mano brunita di lui, poggiata sulla gamba, e dopo una brevissima annusata, Astra iniziò a leccargli le dita. Fu davvero una cosa carina, come se ci tenesse a fargli sapere che non s’era scordata di lui. Gli diede tre piccoli bacetti prima di strusciare la testa sulla sua mano, ad implorare una carezza: non ebbe bisogno di insistere molto, l’uomo l’accontentò subito.
Dunque, Maddie prese la palla al balzo e virò il discorso con una brusca sterzata. “Gli piaci davvero tanto.” Osservò, quasi ipnotizzata dal ritmo delle carezze di lui.
Un angolo delle labbra di Max si alzò verso l’alto, unico segno della sua approvazione.
“Ad Astra piacciono tutti, in realtà, ma con te ha una sintonia davvero particolare.” Stavolta si voltò verso di lei rivolgendole il suo solito sorriso a mezza bocca. Tuttavia, questo sparì non appena lei continuò e Maddie fu troppo presa dal sollievo d’esser riuscita a sviare il discorso per accorgersene. “Sembra felice, non è vero? Sai, qualche mese fa non ha passato un bel periodo: il suo padrone è morto.”
Il corpo di fianco a lei si irrigidì e le carezze si arrestarono.
“Non ne so molto, ma credo che sia stata una tragedia. Astra è piuttosto piccola e dubito che una persona anziana si sarebbe presa in carico una responsabilità del genere. Certo, questa è solo una mia idea. Ma non posso fare a meno di pensare che abbia avuto la mia età. Mi si spezza il cuore solo al pensiero di tutte le persone che ha lasciato dietro di sé e che ora saranno-”
“Piantala. Smetti di parlare, malediciòn.” Ringhiò Max e Maddie si bloccò di colpo, alzando lo sguardo scioccata.
Lo osservò piegarsi in avanti e portarsi le mani alle tempie, per sorreggersi. Lo sentì prendere respiri profondi, come se cercasse disperatamente di calmarsi. Le sue dita, tremanti, si fecero strada tra i suoi cortissimi capelli scuri.
Preoccupata, Maddie iniziò a protendersi verso di lui, allungando una mano per accarezzargli la schiena e cercare di aiutarlo ma fu gelata dalle parole dell’uomo: “Non toccarmi.”
“Cosa ci faccio qui? Non ne vale la pena.” Dopodiché, iniziò a ripetere queste ultime cinque parole in un mantra che, per qualche motivo, parve calmarlo.
Quando il suo respiro tornò normale e le sue spalle si rilassarono, Maddie rilasciò il fiato che aveva trattenuto fino a quel momento e le parole che aveva ripetuto in quell’interminabile minuto – che le era sembrato un anno – la colpirono in pieno, con tutta la loro forza.
Pareva che, ancora una volta, avesse travisato le intenzioni di un uomo.
Proprio come era successo con Christopher.
Non capiva cosa avesse spinto Max a chiederle ogni giorno di rivedersi e, a quel punto, nemmeno le importava.
Sentì le lacrime iniziare a salirle agli occhi ma si sforzò di tenerle a bada e le ricacciò indietro. Non avrebbe pianto davanti a lui, le rimaneva ancora un briciolo d’amor proprio.
Il tornado d’emozioni che l’aveva travolta così bruscamente - prima la delusione per il rifiuto al suo invito a cena, poi la paura di vederlo star male e, infine, la mortificazione nel rendersi conto di aver frainteso anche la sua simpatia – le fece girare la testa e sentì una parte di sé, quella piena di speranza e ottimismo per il futuro, iniziare ad appassire.
Odiò che qualcuno avesse il potere di farla sentire in quel modo e Maddie seppe di dover andar via di lì al più presto. Non sarebbe riuscita a trattenere quel pianto rabbioso e liberatorio ancora per molto.
Doveva assolutamente raggiungere la sua macchina, lì le lacrime avrebbero potuto scorrere libere.
Così, fissando gli alberi sul limitare del parco, Maddie riuscì a trattenersi dallo scoppiare a piangere e aspettò finché non fu certa che Max si fosse ripreso.
“Maddie, io…” La voce di lui si insinuò tra il dolore del suo stordimento ed ebbe lo stesso effetto di uno sparo che dà inizio ad una gara.
Lei scattò in piedi e afferrò subito il guinzaglio posato sulla panchina. “Devo tornare subito a casa!”
Anche Max si tirò su, guardandola impotente mentre lei fissava il moschettone al collare di Astra. “Di già?”
“Si, mi sono appena ricordata che ho da fare.” Disse, lapidaria, e non sentì nemmeno il bisogno di giustificarsi.
“Maddie…” Sospirò Max, prima che lei potesse girarsi e andarsene.
“Si?” Lo sguardo della donna si concentrò sulla sua mascella liscia e squadrata, non trovando il coraggio di guardarlo negli occhi.
“Io…” Per un momento, sembrò indeciso su cosa dire, ma poi si riprese e con la sua solita espressione imperturbabile domandò: “Ci vediamo sempre qui, domani?”
“Certo che sì.” Mentì lei. “Non vedo l’ora.” Aggiunse, forzando un sorriso.
   
 
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