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Autore: Brume    01/07/2022    4 recensioni
Avviene tutto una sera: Girodelle, a causa di un incidente, colpisce con la preziosa e crinita testolina il legno della carrozza. Nonostante in un paio di settimane le sue condizioni migliorino fin quasi a tornare alla normalità, c'è qualcosa di strano in lui...e tutto questo non sarà senza conseguenza, anzi!
NOTA: Breve - 3, 4 capitoli al massimo - esperimento letterario, senza pretese, improvvisato. Critiche e considerazioni gradite, soprattutto se possono aiutare a migliorarmi! B.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Missing Moments, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una frazione di secondo: tanto ci misi a svolazzare nella mia forma eterea (alla quale mi stavo abituando decisamente) per raggiungere Fersen - che quel giorno indossava un completo in raso color lavanda in perfetta armonia cromatica con pelle e capelli – e tanto impiegò, lui, per ritrovarsi lungo disteso a causa della sua scarpina, n. 44 (e mezzo)  , che si era incastrata in una radice fuoriuscita dal terreno bloccando il suo incedere e lanciandolo in uno splendido volo d’ angelo triplo carpiato. (Fu una cosa talmente veloce che mi ci volle più di un attimo per rendermene conto e circa cinque minuti di meditazione per cercare di non ridere).Non potendo intervenire, logicamente, pensai a come dare soccorso: mentre spremevo le meningi, sentii i passi di Nanny avvicinarsi… (Per fortuna pensai, restando in attesa…)

“Che qualcuno abbia bussato? Mi…mi è  sembrato di sentire un rumore… che abbiano davvero bussato alla porta???” borbottò, aprendo il pesante portoncino in noce contro il quale lo svedese  aveva cozzato con il capo facendo vibrare la piccola campanella. I vispi occhietti sondarono il panorama che si trovò davanti, scendendo man mano verso il basso.
 “ ah…siete voi, Conte di Fersen…” disse  quasi con noncuranza quando lo vide “ ma… ma che ci fa li ha terra? E’ una usanza del vostro paese?” domandò. Lui , con un a espressione mista tra lo stupore ed il rassegnato, rialzò la testa e parte del tronco appoggiandosi ai gomiti.
“Ehm…Perdoni la maleducazione e la grave mancanza di un dignitoso saluto Madame, ma al momento mi trovo impossibilitato a compiere qualsiasi movimento. Se mi permette tuttavia vorrei chiederle: Oscar è in casa?” disse con la solita flemma, come se nulla fosse accaduto con un sorriso stampato sul volto.
Nanny, quasi scocciata, lo fissò.
“Si, ma prima si rialzi: insomma, cosa è, una moda di voi giovani, questa? Ed abbia la compiacenza di seguirmi” rispose la donna, mettendo le mani sui fianchi per sottolineare come quelle parole fossero in realtà un ordine.
Fersen, allora, si prese un paio di minuti e si rimise in piedi; barcollando, cercò di rendersi presentabile ed entrò in casa, accomodandosi sul primo divanetto utile, uno dei tanti presenti nel grande salone alla sua destra. Naturalmente  lo seguii, ancora incredula per la scena appena vista…giusto per sincerarmi che tutto fosse a posto.
(…Eh si….Era davvero conciato. Presa da pietà, anche se per le sue uscite non se lo sarebbe mai meritato, andai nelle cucine e tornai con una pezza intrisa di acqua fresca che casualmente egli si trovò a pochi centimetri da dove sedeva, pezza che lui afferrò senza pensare e posò sulla sua fronte…)
Insieme  a lui attesi Oscar, che giunse poco dopo.

“Fersen, cosa vi è capitato?” disse lei non appena lo vide, ferma in cima alle scale, una espressione sorpresa sul volto.
“Madamigella , perdonate la mia venuta così… su due piedi, senza alcun annuncio…ma…debbo parlarvi di una faccenda assai curiosa” rispose, serio. Oscar scese le scale e  si avvicinò all’ uomo accomodandosi dirimpetto ad esso. Andrè non si vedeva; forse, era impegnato in qualche mansione.
“Ditemi, mi avete incuriosito” disse lei “ devo…devo preoccuparmi?” domandò.
Fersen la fissò, indeciso sulla risposta da dare. Poi, in qualche maniera si alzò e andò verso la grande finestra che dava sul giardino di rappresentanza.

“Ecco, vedete, gira voce che il vostro sottoposto voglia presentare una commedia alle Loro Maestà, affinché possa ricevere
l’ autorizzazione per la rappresentazione” rispose “ e… diamine!, non trovo le parole esatte! …ecco, pare che voi siate la protagonista indiscussa di tale scritto!”
Oscar si alzò in piedi.
Sapeva, perché glie lo aveva riferito Andrè con il passare dei giorni, che Girodelle stava architettando qualcosa ma era ben lungi dal conoscerne la reale portata…

“…e come hanno preso la cosa a palazzo?” domandò.

Fersen si girò, la fissò. Era stupito che non si fosse subito alterata. Conoscendone il carattere…
“Sono tutti molto curiosi e aspettano una vostra reazione…” rispose.
Oscar annui e si alzò in piedi a sua volta.
“Bene, Conte di Fersen… credo proprio che andrò a trovarlo, dunque… “ disse, lasciandolo basito. In quel momento dalle cucine arrivò Andrè, che non appena mi vide si avvicinò a me nell’ angolino più discreto del grande salone.
“Che vuole, questo? “ mi domandò sottovoce, con una leggerissima punta di fastidio. (Nemmeno mi voltai a guardarlo; tenevo gli occhi fissi sulla scena.)
“Ha appena riferito ad Oscar che  De Girodelle si è recato a Corte con l’ intenzione di presentare la sua commedia” risposi, con un soffio di voce. Lui mi guardò e sorrise.
“Speriamo bene!” rispose solamente; io, in quel preciso istante, decisi che non avevo più tempo da perdere e, giusto in un battito di ciglia ed il tempo di fare un pensiero, raggiunsi il novello commediografo. Dovevo affrettare le cose, cogliere l’attimo. ( Di questa strana faccenda, la cosa positiva constava nel fatto che potessi praticamente comparire e scomparire a mio piacimento….)
Come avevo ben  immaginato trovai Girodelle nei giardini di Versailles circondato da una crocchia di dame con ventagli piumati delle più disparate forme e colori; era allegro, ridanciano…lontano mille miglia dal serio ed eterno secondo di  Oscar!
Rimasi a guardare quel siparietto divertita, per un po',  finchè, accortosi della mia presenza il Conte si congedò con una scusa qualsiasi e prese a camminare, le mani dietro la schiena, nella mia direzione; lo osservai mentre mi superava e si dirigeva, come se nulla fosse, in un piccolo boschetto li vicino. Lo seguii.
“Conte de Girodelle, vorreste dirmi di grazia cosa state combinando?” domandai, non appena fui accanto a lui.
“Oh, nulla. Sondavo il terreno… mia Musa, la commedia è pronta e ora mi chiedevo…come e cosa fare. Non ho svelato a nessuno il contenuto, prima debbo mostrarlo ai Reali…che dici, faccio bene?” borbottò levandosi il cappello e sistemandosi la chioma fluente.

Vorrei leggerla.” Risposi. Secca.

Lui voltò il capo verso di me, basandosi sulla mia voce.
“…ne sarò lieto, Musa. Stasera, quando rientrerò a casa” disse. E si calò nuovamente il cappello in testa.
“Siete preoccupato?” domandai. La sua espressione aveva appena preso un non so chè di malinconico.
Il conte fece alcuni passi, avvicinandosi ad un cespuglio di rose. La sua mano ne sfiorò una, delicatamente.
“…no, preoccupato no; mi sto chiedendo solo se…ho fatto bene. Ho passato la vita a fare il soldato, ora ho questa smania… “ (che stesse tornando in sé? Che gli prende, cosa è questo tono di voce? Queste parole? Pensai)
“E la cosa vi crea fastidio?” domandai.
“No. Solo che… ho paura delle reazioni di mio padre. Io, figlio primogenito, lascio le armi per darmi alla scrittura…”
La sua voce era leggermente incrinata.(Si, qualcosa stava cambiando, dopo quella capocciata…)
Mi avvicinai, per la prima volta cercando un contatto, sperando potesse percepirlo.
 
Gli strinsi la mano.

“ Conte, dovete sapere che i tempi che verranno non saranno esattamente rosei come questo fiore; ascoltate il mio consiglio: fate ciò che vi sentite e poi…fuggite. Andrà a finire male, qui. Molto male.”
I suoi occhi si sgranarono. Girodelle prese un grosso respiro.
“….immagino che tu, mia musa, abbia cognizione delle parole che pronunci, quindi…ti credo; ho visto anche io cosa sta accadendo. Dimmi, dimmi solo una cosa: Oscar si salverà?” chiese.
Feci segno di no con il capo.
“A meno che non si intervenga in qualche modo, no. Lei e Andrè periranno. Lo stesso vale per la maggior parte dei nobili che sono più vicini al Re. Fersen riparerà in Svezia…” risposi.
Le gambe del conte ebbero un cedimento e gli toccò allungare le braccia verso il tronco di un piccolo acero per reggersi in piedi.
Io, dispiaciuta, restai a guardare. Poi, lui, sembrò ridestarsi e mi fissò.
“C’ è un modo per salvarla?” chiese. Le guance avevano ripreso colore.
Ci pensai un attimo.
“….Non so cosa abbiate scritto nella commedia, ma fate si che alla fine della rappresentazione Oscar abbia modo di fuggire. Sicuramente anche Andrè  la seguirà. Dopo, sparite anche voi dalla circolazione, magari fatevi dare una mano da Fersen, potreste seguirlo nel suo paese Natale…” dissi.
Girodelle accennò la sua approvazione con un lieve movimento. (Per essere risoluto…lo era. Decisamente.)
“Sia. Musa, ti aspetto, stasera. Daremo una occhiata alla mia opera” rispose; poi, lo vidi correre verso i suoi vecchi uffici, dove fu accolto con stupore e inondato di domande dagli ex compagni e sottoposti. Io restai li, a guardarmi intorno….
(Che situazione…Forse è meglio finirla qui e….per il meglio pensai. Infine, rimasi a gironzolare negli splendidi giardini chiedendomi quando, e come, sarei tornata alla mia vita di sempre.)


Non so cosa accadde a Palazzo Jarjayes , onestamente, dopo la visita di Fersen; la priorità era rappresentata da questa benedetta commedia e dalla piega improvvisa che avevo dato alla situazione quindi raggiunsi la magione dei Girodelle. Ovviamente ancora nessuno era rientrato ed io mi portai – dopo aver curiosato tra ritratti degli avi e vari cimeli di famiglia – negli appartamenti del conte. Tutto era in ordine, profumato. Sulla scrivania una pila di fogli, penna d’oca, calamaio. Un profumo di lavanda e resina raggiunse le mie narici.
Svolazzai qui e la  ( ci stavo prendendo gusto, non mi ero mai sentita così leggera) per un po'.
Poi, dopo un tempo che non riuscii a quantificare,  sentii il rumore di una carrozza sul vialetto di candidi sassolini. Era Girodelle, in compagnia del padre.
Lo attesi, dunque. Non tardò a palesarsi: meno di dieci minuti più tardi, entrò in camera.
“Musa, sei già qui?” domandò non appena aprì la porta, la marsina rosso fuoco appoggiato sul braccio.
“Si. Sono giunta ora” risposi. Mentiì.
Lui si avviò  a grandi passi verso il letto e davanti ai miei occhi si levò, quasi non ci fossi, qualsiasi indumento. Poi, presa una pezzuola bagnata dal vicino bacile, procedette con le abluzioni ed infine si infilò una tunica…(ma che…? )
“Sono pronto, mia cara” disse, infine. Io, basita, non profferii parola.
“Che c’è? Non avete mai visto un umano nudo?” disse, passandomi vicino.( Giurerei di avere anche visto un sorriso beffardo, su quel viso…)
Lasciamo stare….” Risposi, osservandolo mentre si metteva a sedere alla scrivania. Lui prese il plico di fogli dalla cartella di pelle che vi aveva posato sopra e me li porse.
 “C’è ancora tempo per la cena e non ho alcuna voglia di sentire le rimostranze ed i soliti lamenti di mio padre quindi, se vuoi, possiamo metterci al lavoro” disse; io mi avvicinai a lui ed iniziai a leggere.

Fu una giornata e poi…una serata spassosa ma soprattutto, una vera sorpresa:  aggiustai qualcosa qui e la…tuttavia, dovevo ammetterlo,  la storia che aveva scritto era davvero migliore di quanto mi aspettassi. Così, dopo aver riportato una variazione sostanziale al finale finalmente – ed entrambi – soddisfatti,  decidemmo che l’ indomani sarebbe tornato a corte sottoponendo il tutto alla Regina, di più larghe vedute e grande amica di Oscar. Il giorno del giudizio si stava avvicinando.
 
 
 
Casa Jarjayes, quella stessa notte, più tardi.
“….hai compreso, André? …tu ed Oscar, alla fine della rappresentazione, potrete fuggire senza che nessuno sospetti alcunché. Così come avete pensato….Ma non posso dirti altro…”
Lui, rintronato dal sonno, fece segno di si con la testa. Lo avevo svegliato da forse un quarto d’ora e speravo che le sinapsi si fossero messe in funzione adeguatamente.
“Ma siete sicura? Posso fidarmi di voi?” domandò.
 La voce era impastata dal sonno (e lui…tremendamente sexy)
“Si, ne sono certa. Preferisci forse finire con una pallottola in pieno petto e chiudere gli occhi sotto un ponte? Fai tu, eh…” risposi. Lui si mise a sedere, pallido.
“Oddio, i produttori mi avevano avvisato che non avrei fatto una bella fine, ma da qui a morire così… “ cercò di sdrammatizzare. Non risposi. Avevo avuto la fortuna di poter cambiare il loro destino e lo avrei fatto ad ogni costo.

Andrè si stiracchiò, pensieroso.
Raccolse le ginocchia contro il petto, le cinse. Poi vi appoggiò il capo ed i capelli si appoggiarono come seta alla pelle.

“Perché vi vedo?” domandò, quasi sottovoce.
Lo fissai, pensai a cosa rispondere (proprio ora ti salta in mente questa cosa? pensai) ma, davvero, nessuna frase logica e di senso compiuto mi passò per la testa; così lasciai la stanza, silenziosamente rifugiandomi nel mio mondo fatto di sogni, etereo e leggero.
 
 
 
Due settimane dopo, - 10 al giorno del giudizio
 
Girodelle
“Ma dove si è cacciata? Silvie, Silvieeee!” Quando la cerchi, non la trovi mai…. Deve acconciarmi i capelli al più presto, stasera ci sarà la rappresentazione e devo assolutamente recami a Corte entro i rintocchi di mezza, per supervisionare tutto…
“Eccomi, Conte…sono qui….”. Finalemente….
“Sempre in ritardo, tu….dai, sbrigati” le dico “ Devo essere pronto al massimo tra mezz’ora….”
Mi guarda, i ferri in mano. Sbuffa.
“Ma è un lavoro lungo! Devo lasciare scaldare il ferro, pettinarvi i capelli, applicare l’ impacco sul vostro viso…”
La fisso, ancora.
“Beh, ti avevo avvisata già due giorni fa….” Le ricordo.
“SI! Ma voi non tenete conto che io, in questa casa,  non sono solo a vostra disposizione: devo correre appresso a vostra sorella, vostra madre, la governante. Senza parlare del fatto, poi, che mi avete chiesto di far parte della vostra… opera e passo le notti a leggere, studiare… non ce la faccio più!” esclama.

Oh, povera Silvie.
Forse ha ragione, ho tirato troppo la corda; ma l’ ho fatto senza pensarci ed in virtù della confidenza che ci ha sempre uniti, siamo praticamente cresciuti insieme….è quasi una novella André, per me…
Sorrido.
Mi chino, raccolgo i ferri e li colloco sul tavolo; li scalderò dopo.
Faccio sedere Silvie sulla poltrona accanto alla scrivania, rimango in piedi vicino a lei che mi guarda stupida. Poi la mia mano accarezza i suoi capelli raccolti in un semplicissimo chignon.
“Conte….” Mormora, paurosa. Trema. Eh si che non l’ ho mai sfiorata con un dito e mai le ho mancato di rispetto….
Mi abbasso alla sua altezza, più o meno, la guardo. Senza che riesca a comandare il mio volere sento la mia voce uscire sicura dalla gola.

Silvie, ti piace la Svezia?” domando. Lei forse mi prende per pazzo ma…annuisce;  ci abita mia sorella dice,  io allora sorrido di rimando, annuisco, mi allontano. Prendo una candela ed inizio a scaldare i ferri.
“Cosa fate?” mi domanda lei, curiosa.
“ Vi acconcerò i capelli. Poi, sarete voi a farlo per me” rispondo. Guardo la grande pendola in fondo alla stanza. Mancano dieci ore alla rappresentazione, siamo in ritardo…ma va bene così. Va bene così.
   
 
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