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Autore: Happy_Ely    01/07/2022    0 recensioni
Dabi, si era posto molto spesso quella domanda negli ultimi tempi, senza mai riuscire a trovare una risposta che lo soddisfasse appieno. Era però un forse, non qualcosa di certo e sicuro, e non suonava meglio di continuare a cavarsela da soli come avevano sempre fatto.
Genere: Azione, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dabi, Nuovo personaggio, Shigaraki Tomura
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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¨You are my Heaven¨
 
I -
 
« È un ordine dannato di uno zombie carbonizzato! Non osare o nemmeno pensare di contraddirmi! » 
Spesso si chiedeva perché avesse accettato di far parte di quella stramaledetta banda di inetti – chiamarli così suonava più come un complimento però – e perché non avesse continuato per conto proprio, che forse sarebbe stato meglio per entrambi.
Dabi, si era posto molto spesso quella domanda negli ultimi tempi, senza mai riuscire a trovare una risposta che lo soddisfasse appieno. Era però un forse, non qualcosa di certo e sicuro, e non suonava meglio di continuare a cavarsela da soli come avevano sempre fatto.  
Voleva portare avanti gli ideali di Stain e la lega sembrava avere delle affinità con lui o voleva vendicarsi sul quel dannato bastardo incenerendolo o voleva vivere in pace?
Voleva darle una vita diversa?
Perché aveva deciso ­- accettato per giunta - di entrare a far parte della banda di quel maledetto stramboide che in ogni momento aveva i coglioni girati e la luna storta, il suo quirk era più che sufficiente a provvedere alla protezione di entrambi.
Poteva attaccare gli eroi senza l’aiuto di nessuno cremandoli in un solo colpo e se non avesse deciso di unirsi al gruppo si sarebbe potuto risparmiare le crisi di nervi del suo capo – quel dannato bambino viziato che stava tanto a cuore alla sua ragazza perché in qualche modo sentiva che aveva passato il loro stesso inferno – anche se in fin dei conti si divertiva un mondo, quasi godeva, nel far arrabbiare il boss e rischiare di essere ucciso nello stesso tempo, un po’ gli voleva bene, ma solo quel tanto per farlo arrabbiare per gustarsi quella sensazione di fratello maggiore che irrita il minore – gli mancava.   
Si sentiva così sadico e autolesionista nei suoi stessi confronti che alcune volte si chiedeva se non era impazzito del tutto, rischiare di farsi ammazzare e di lasciarla sola in balia di gente di cui non si fidava ancora tanto – si conoscevano da un quattro mesi scarsi e alcuni di loro li avrebbe volentieri cremati se non avessero avuto un ruolo importante e un quirk degno di nota non gli andava per niente a genio quella situazione –  ma era l’unico modo possibile per restare nascosti perché presto, prima o poi, li avrebbero rintracciati e catturati e non ci sarebbero andati leggeri con loro due.
Già riusciva ad immaginare la situazione: lui chiuso in una cella senza nessuna finestra con qualche strana sostanza che circolava nelle sue vene a renderlo inerme come un guscio vuoto mentre quei bastardi facevano esperimenti su di lei. Il solo pensiero gli faceva ribollire il sangue nelle vene e pizzicare pericolosamente le mani, pronte a rilasciare il loro potere e distruggere tutto.
Le ceneri venivano smosse per far nascere nuove fiamme.
E poi c’era lei che con un sorriso gli faceva tornare il buon umore – o almeno qualcosa che riusciva a farlo calmare – e i fantasmi del suo passato venivano scacciati via – quel tanto che bastava per non mandare tutto a fuoco – perché quei bastardi tornavano sempre insieme ai suoi pensieri catastrofici e poco allegri, ma ormai lui era fatto così, aveva solo una luce ad illuminarlo e l’avrebbe difesa a qualsiasi costo.
Poi, però, tornava a riflettere – quelle poche volte che il suo cervello non pensava al passato – possedere un quirk molto forte non significava essere invincibile. Era la dura è triste realtà e non riusciva nemmeno a convivere con quel pensiero, perché quelle fiamme blu erano la sua condanna, usarle per troppo tempo equivale a dire danneggiarlo ulteriormente.
Erano più calde del normale, alle volte le percepiva anche fredde, ma erano solo le sensazioni di una mente ormai bacata e marcia per la troppa sofferenza. Non recavano solo danni fisici ai nemici, ma anche a lui: le sue braccia, il suo collo, le sue spalle, le gambe e il torace erano tanti piccoli moniti che gli ricordavano di non strafare più del necessario.
Non aveva mai avuto un fisico molto resistente, da quando aveva mostrato i primi cambiamenti nei capelli anche il suo corpo era cambiato, e per questo si era odiato.
Anche e quello non era il termine giusto da usare, no al contrario aveva provato a dare il meglio di sé a tal punto da spingersi sempre oltre il limite solo per dimenticare per qualche secondo tutto il mondo e dimostrare che valeva veramente e che non era uno scarto da buttare.
Poi, però, aveva incontrato lei e da quel momento in poi quel desiderio di autodistruggersi si era affievolito, non era sparito del tutto, ma si era attenuato enormemente e la sua vita era migliorata.
Aveva imparato a controllarle, era diventato più forte per proteggerla ma ogni tanto aveva bisogno di sfogarsi, anche involontariamente. Succedeva sempre in modo diverso: o perché si era distratto o perché aveva perso la pazienza o quando si risvegliava dai suoi incubi durante la notte, non riuscendo più a respirare finché non sentiva che lei lo stringeva forte a sé.
In quelle occasioni aveva bisogno di bruciare qualcosa e di distruggerla fino a farla diventare un mucchietto di cenere o nei casi peggiori si auto infliggeva le sue bruciature – e quella santa era sempre con lui pronta a curarle con il suo potere
In quei momenti quasi febbrili aveva paura, una fottuta e viscerale paura di aver sbagliato tutto e di aver fatto le peggiori scelte e di aver condannato la sua compagna ad una vita di pericoli e di incertezze.
E spesso si chiedeva come lei potesse stare con uno come lui.
Come faceva? 
Continuò a fissare quelle bruciature sul dorso della sua mano che salivano fino all’avambraccio e le graffette chirurgiche per osservare la sua pelle, cicatrizzata ed irritata, saldata da quei punti.
Sospirò abbassando lo sguardo e chiudendo gli occhi, cercando un po’ di calma nell’oscurità che si creava nella sua mente. Una silenziosa amica in cui trovava una complice a cui dava il compito di smaltire i suoi pensieri più scuri per poter respirare senza fatica.
Sobbalzò appena sentì due braccia cingergli le spalle, un contatto leggero che fungeva da tocca sana per i suoi nervi e per i suoi muscoli tesi. Il solo tocco di quella pelle morbida e liscia, contro la sua violacea e rovinata, lo calmava.
Ogni dubbio cadeva insieme all’oscurità in cui cercava rifugio, perché quella vita che stavano cercando di costruirsi l’avevano scelta entrambi.
Si girò verso lei, abbozzò un sorriso – ghigno – e le posò un bacio sulla guancia mentre la diretta interessata arrossiva. Nonostante tutto il tempo passato era come se fossero sempre alle prima armi, dei ragazzini in preda agli ormoni ed impacciati – anche se poi a letto era un’altra storia.
Tra le lenzuola erano solo loro due nudi e le paure e i pensieri scivolavano via, lasciando solo i loro corpi avvinghiati l’uno all’altra. Stretti, in cerca di un porto sicuro in cui attraccare per poche ore per superare la tempesta improvvisa, e in cui perdersi per attendere l’arrivo dell’alba.
Amava perdersi nel corpo di lei - provato dai tanti esprimenti - sempre accogliente. Un corpo che in parte aveva plasmato negli anni, modellandolo di notte in notte, assaggiandolo e venerandolo come meglio poteva, godendo di ogni sua superfice ed imperfezione.
« Sei pronto? » Chiese la ragazza mentre gli stringeva la mano, la voce era bassa quasi impercettibile e non nascondeva una nota di paura, non gli aveva mai nascosto le sue paure, era sempre stata limpida e trasparente, piena di piccole incrinature ma non aveva mai avuto paura di mostrarle, al contrario di lui.  
Sorrise e appoggiò la testa su quella di lei mentre braccia e gambe nivee gli cingevano il torace. Le dita affusolate erano arpionate alla sua maglietta sgualcita e lo stringevano forte, in un muto gesto che esprimeva l’ansia e la paura della separazione imminente.  
« Non ci pensare, restiamo così ancora per un po’. » Rispose il ragazzo pieno di bruciature mentre socchiudeva gli occhi, cercando di placcare il turbine di emozioni contrastanti che sentiva per ogni singolo contatto con lei.
Erano rari quei momenti di calma, vivendo con altre persone – che avevano un ottimo sesto senso per beccarli anche quando volevano un po' di intimità solo per loro – avevano dovuto ridimensionare le loro abitudini, quasi drasticamente.
Quante volte aveva imprecato nel cuore della notte perché quel coglione di Twice era entrato nella loro stanza insieme alla svampita con i capelli strani per proporre qualcosa senza senso nei momenti meno opportuni, o delle volte che il boss era entrato sbraitando qualcosa, interrompendoli.
In quei casi nessuno sapeva come il covo rimanesse integro e senza nessun danno. Nonostante le minacce di morte e le porte che sbattevano.
Strinse tra le sue mani sfregiate quelle di lei e avvicinandole al suo volto le baciò.
Il loro concetto di amarsi era strano, qualcosa in continuo mutamento, ogni giorno Dabi provava sempre qualcosa di più per la sua amata e lo stesso valeva per lei. Poteva essere definito amore, ma aveva qualcosa di più alla quale non sapevano dare un nome, ma poco gli importava ad entrambi, finché fossero stati assieme niente li avrebbe sconfitti.
« Stavo pensando…che potrei venire con voi…insomma se succede qualcosa...» Disse dopo una manciata di secondi la ragazza mentre alzava gli occhi verdi su di lui, assumendo una delle espressioni più supplichevoli che avesse mai visto. È una di quelle abitudini dura a morire era la sua insistenza.
Insistere per la paura di perderlo per una qualsiasi possibile complicazione.
Dabi riusciva anche a giustificarla, per anni erano scappati e si erano nascosti dai loro incubi – lui per creare la sua vendetta e lei per cercare di ritrovare il suo equilibrio – si erano sempre affidati l’uno all’altra coprendosi le spalle a vicenda, e lei aveva sempre avuto paura di perderlo improvvisamente e di perdere insieme a lui l’equilibrio che si era faticosamente costruita.   
« Ne abbiamo già discusso, tu sei fuori dalle missioni Erena. Sei troppo importante. » Troppo importante per lui, avrebbe voluto aggiungere, ma conosceva troppo bene la sua fidanzata, non avrebbe ceduto così facilmente neanche con le lusinghe, Dabi non era tipo da smancerie, i gesti valevano molto di più delle parole ed Erena lo amava anche per questo.
Era testarda, diversa da ogni singola ragazza che popolava la terra.
Perché nonostante tutto i suoi occhi continuavano ad essere vivi e pieni di emozioni e tutti venivano incantati da quel color verde, speranza, intenso e pieno di sfumature, mentre i suoi occhi turchesi – quanto odiava quel colore – ormai apparivano troppo tranquilli, svuotati di ogni emozione, incutevano un senso di opprimete disaggio che aumentava quando le fiamme iniziavano ad animarli.
Occhi folli, accecati dalla rabbia e pieni dei desideri più nascosti dell’animo umano.
« Dabi... » Stava per ribattere ma prima che potesse farlo la baciò sulle labbra.
Perché per quanto amasse la sua testardaggine, la sua forza nella sua fragilità, alle volte voleva solo che lei non fosse così apprensiva e timorosa, le aveva promesso che sarebbe sempre tornato da lei, ad ogni costo.
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Era solo un semplice bacio, nulla di più, anche perché aveva sentito in lontananza quello che sembrava un grido di nervosismo di Shigaraki e quindi il loro momento di calma stava per finire. Si alzò dal letto, prese la giacca poggiata vicino a lei e tornò a fissarla dritto negli occhi.
« Odio quando fai così… » Disse Erena mentre gli sistemava la maglietta bianca, i suoi gesti erano spazientiti ma nonostante questo mostravano tutto l’amore che provava nei suoi confronti, nel suo tono si poteva cogliere una nota malinconica.
Il suo sguardo cercava qualcosa, come se volesse ancora continuare a discutere.
« Erena...non voglio che corri rischi inutili....non voglio e non posso perderti. » Disse prendendole il viso tra le mani, stando attento a non graffiarla con le graffette delle sue cuciture.
Con le dita premeva piano sulle guance, sollevandole come si fa con i bambini piccoli per coccolarli. Erano sopravvissuti a quel mondo crudele e bastardo rimanendo uniti e proteggendosi a vicenda, rischiando continuamente, e per una volta lei era al sicuro da tutti i mali di quella realtà.
Erena era una delle poche cose buone che gli erano capitate nella sua vita e non avrebbe permesso a niente e nessuno di portarla via.
« Con il mio quirk possiamo evitare questi rischi! Posso curare le ferite sul momento e… » Protestò la ragazza mentre alzava la mano destra, come per enfatizzare le sue parole anche se il suo tono era acuto e stridulo.
Dabi socchiuse gli occhi e prese un respiro profondo, avevano parlato centinaia di volte di quel discorso e lui era sempre stato categorico, sia con lei che con Shigaraki. Erena non avrebbe mai partecipato alle missioni e non avrebbe mai fatto il lavoro sporco che toccava a lui.
Lei doveva rimanere pulita, illesa e protetta a qualsiasi costo.
« Rischieresti di perdere il controllo del tuo quirk… non lo riesci ancora a controllare come si deve…» Aveva risposto alzando gli occhi al soffitto, odiava dirle quelle cose ma era solo per il suo bene, era l’unico modo per farla ragionare.  
Il quirk di Erena era uno dei più forti, non esistevano casi prima documentati su di esso, era apparso così dal nulla, letale quanto indispensabile. E tutti quegli anni passati a nascondersi dai loro aguzzini non l’avevano aiutata, ma al contrario avevano peggiorato solo la situazione e spesso Erena non riusciva a controllarlo.
Life in Death, era così che si chiamava.
Erena aveva ereditato i quirk di entrambi i genitori in una combinazione unica: il suo lato destro poteva curare ogni singola ferita o malattia e questo gli aveva salvati moltissime volte dal dover prendere medicinali di seconda categoria o peggio rischiare di doverli rubare e farsi beccare dagli sbirri.
Aveva poi una capacità auto rigenerativa così elevata che anche se veniva colpita da un proiettile letale riusciva a sopravvivere – ormai era troppo importante per loro.
Le persone cattive bramavano un quirk così forte e potente.
Ogni quirk, però, aveva sempre delle conseguenze e nemmeno lei poteva sottrarsi a ciò.
Il suo lato sinistro era capace di togliere la vita e causare malesseri, dal meno doloroso al più atroce di questi e inoltre Dabi pensava che quest’ ultimo potesse andare anche oltre il malessere fisico, perché quel quirk era sempre qualcosa in continua evoluzione.
Erena non riusciva a controllarlo, entrambi i poteri richiedevano un equilibrio: per qualcosa che veniva guarita o aggiusta un'altra doveva essere distrutta o rotta.
Spesso per evitare danni collaterali ed evitare di ferire uno dei loro compagni, sin da quando si conoscevano, Erena si era sempre auto inflitta ferite con il suo lato sinistro non appena notava che sul braccio apparivano strane macchie scure che a poco a poco lo ricoprivano tutto, in modo da attuare la sua autoguarigione che lentamente avrebbe annullato il processo di distruzione innescato dal suo corpo.
A Dabi tornano in mente le urla di Erena nelle volte in cui quelle persone avevano iniziato gli esperimenti su di lei spingendola al limite della sopportazione, lasciando cicatrici invisibili e un controllo molto precario del suo potere.
Un brivido gli percorse la schiena, ricordare quelle notti piene di grida e di disperazione rendendolo inquieto e pieno di rimpianti, se solo fosse stato più forte, se solo avesse avuto più coraggio.
« Lo posso controllare! » Dabi sorrise, quelle parole suonavano come una preghiera di una bambina piccola alla quale avevano vietato appena qualcosa. Appoggiò la fronte su quella della sua ragazza, sospirò profondamente e poi aprì gli occhi turchesi inchiodandoli in quelli suoi verdi.
 « Tu rimani qua... » Prese una pausa piena di tante cose non dette ma che Erena sapeva perfettamente quali fossero e poi aggiunse: « Basto io come pazzo della coppia. » La baciò, quasi disperatamente per cercare di cacciare vie tutti i brutti ricordi che li legavano, caddero sul letto ma nessuno dei due voleva interrompere quel bacio.
Al diavolo lo stramboide e il resto del gruppo, la missione poteva anche aspettare. Continuò a baciarla mentre sentiva il braccio destro di lei stringergli le spalle e le gambe intrecciarsi con le sue.
Erano due disperati, che cercavano di scacciare via i loro spettri.
Dabi aveva visto come lo sguardo di Erena si era rabbuiato appena aveva detto quella frase e subito si era pentito. L’aveva stretta di più a sé mentre premeva sui fianchi per fondersi con lei, stava per prenderle la sua mano sinistra e stringerla nella sua per essere certo che lei non fosse un sogno, ma Erena la chiuse velocemente e si scostò di poco.
« Non ho con me il guanto… » Aveva le guance arrossate e il respiro irregolare, gli occhi ricolmi di lacrime che volevano uscire e lui asciugò quelle che caddero con le sue dita. Erena si sentiva ferita, non era la prima volta che succedeva qualcosa del genere tra di loro, ma Dabi usava spesso quell’espediente su di lei, a fin di bene, ma ogni volta lo odiava.
Lo colpì sul petto, nel punto in cui la pelle buona era unita a quella carbonizzata dalle graffette, lo colpi piano ma con insistenza mentre le lacrime scendevano dal suo viso.
Dabi non disse niente, non fece niente se non stringerla ancora di più a sé.
Erena tremava, tratteneva i singhiozzi e tirava su col naso, i suoi occhi erano ancora più verdi ed erano bellissimi.
Era arrabbiata, lo leggeva nella sua espressione, ferita e anche triste, ma presto si sarebbe calmata, la conosceva bene.
Dabi sospirò e le prese il volto, una volta che la raffica di pugni si fu calmata, tra le mani per poi darle un altro bacio a fior di labbra, poi sulle guance, sugli zigomi, sugli occhi, sul collo, sulla mandibola e infine di nuovo sulle labbra, e la strinse a sé senza dire nessuna parola, bastavano i gesti in quei momenti.
« Non sono una bambina! » Erena lo aveva detto ad alta voce, quasi gridando, come se volesse intimorirlo, poi aggiunse: « So che mi ami e mi vuoi proteggere, ma posso farlo anche io con te… voglio proteggerti Dabi, perché non me lo permetti… perché siamo entrati in questo gruppo? » E nel suo sguardo c’era quella sensazione che Dabi odiava, perché lei aveva ragione, la trattava come una bambina quando in realtà lei era una donna capace di saper reagire alle situazioni, anche quelle più avverse.
Ma lui non riusciva dimenticare quello sguardo vuoto e freddo che era stato sul suo volto per tanto tempo. Anche lui aveva avuto per tanto tempo quello sguardo e se non ci fosse stata lei avrebbe abbracciato volentieri il sonno per poi non risvegliarsi più. 
Perché erano entrati nella lega se lei non poteva combattere al suo fianco?
Dabi non rispose, la guardò dritta negli occhi e quello sguardò bastò come risposta, si alzò dal letto e uscì dalla camera, che venne presto riempita dalle urla di Shigaraki, mentre Erena si rannicchiava sul letto e si stringeva le braccia intorno alle spalle, gli occhi erano di nuovo colmi di lacrime che scesero silenziosamente una volta che la porta si chiuse e lei rimase sola in quella stanza con pochi arredi.
Si amavano ma molte volte il loro amore feriva entrambi.
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Le urla di Shigaraki risuonavano lontane nella sua mente – lo aveva superato e si era fiondato sulla porta, non aveva nessuna voglia di discutere anche con lui, niente avrebbe salvato il covo in quel caso, niente.
Si sentiva teso e poco concentrato e tutto intorno a lui gli dava fastidio, dalla doppia personalità di Twice al saltellare costante di Toga. Gli altri membri camminavano dietro, ma il solo suono dei loro passi lo innervosiva.
Dabi continuava a pensare alla domanda di Erena e come l’aveva lasciata lì da sola in quella stanza a piangere.
Era stato uno stronzo, l’aveva ferita ancora di più.
Più pensava a quella domanda più si rendeva conto che entrare nella lega non aveva risolto il loro problema, ma al contrario l’aveva solo fatto crescere di più. Avevano bisogno di un posto in cui stare, sicuro e protetto e invece vivevano in un locale malandato nei bassi fondi della città, senza riscaldamento e con l’acqua e la luce presi abusivamente.
Un posto da favola.
Credeva negli ideali di Stain ma quelli passavano in secondo piano, erano solo una mezza scusa per non sembrare troppo debole per poterla meglio proteggere da quella merda di mondo e dal suo potere.
Ogni volta che lo usava il fisico di Erena ne risentiva molto, non era abituata ad usarlo troppo e la lega ne avrebbe abusato di lei, come altri avevano fatto in passato.
« Dabi che ne pensi del mio nuovo attacco non è fantastico? Zitto imbecille! Era uno schifo! » I commenti della doppia personalità di Twice lo riportarono alla realtà.
Erano in missione e lui non era per niente concentrato, non dopo aver lasciato a metà una discussione con Erena e averla messa davanti alla realtà in una maniera così brusca. Cercò di fare mente locale nei suoi pensieri, prima finivano la missione prima poteva tornare da Erena a scusarsi per il suo comportamento.
Shigaraki li aveva mandati a controllare un gruppo di malviventi che – tra i tanti luoghi possibili – avevano scelto uno degli edifici abbandonati vicino al loro covo.
Quel dannato stramboide aveva rotto tutto il giorno perché andassero a controllare, vedere se c’era qualcuno da prendere all’interno della lega, cercare di convincere con le buone o con le cattive quei malviventi ad andarsene da quel posto e se non ci fossero riusciti li avrebbero potuti eliminare cercando di mantenere un profilo basso.
Tutto quello solo per una paranoia del loro capo.
Dabi certe volte non riusciva a capire il comportamento di Shigaraki, aveva dato l’ordine, mobilitando tutti – per un capriccio, solo così poteva essere considerato – contro un gruppo di scarti della società, dicendo semplicemente che non voleva far scoprire prima del tempo il loro covo – quel bar disastrato – un luogo pieno di malviventi e di gente poco raccomandabile.
Lo avrebbe voluto incenerire nello stesso istante in cui forniva quella strampalata spiegazione: se il tasso di criminalità fosse continuato ad aumentare avrebbero mandato di sicuro qualche eroe a controllare o avrebbero fatto azioni mirate per smantellare le varie organizzazioni malavitose di quella zona. Il suo ragionamento non faceva una piega, era giusto mantenere un basso profilo ma nessuno sapeva chi erano loro, chi era la League of Villains.
Erano sconosciuti a tutti.
Solo Erena era riuscita a trattenerlo da usare le sue fiamme contro di lui, stringendolo per le spalle e portandolo nella loro camera – perché lui di pazienza ne aveva ben poca e lo avrebbe arrostito senza pensarci neanche un secondo di più – una piccola stanza squallida con un letto dalle coperte rosse e pochi arredi tra cui un armadio piccolo e un comodino. Un niente che a lei piaceva e che con tanta dedizione aveva reso il loro piccolo angolo di pace e di tranquillità.
L’aveva calmato stringendolo forte, evitando così che lui potesse usare il suo quirk e Dabi si era ritrovato a stringere ancora più forte la sua ragazza. Erano stati in silenzio per molto tempo, vicini e senza dirsi niente, non avevano bisogno di parole per capire cosa provava l’uno o l’altro, entrambi lo capivano e bastavano quei piccoli gesti per ritornare alla normalità – anche se la loro non poteva essere considerata una vera normalità.
E poi era successo quello che era successo e lui si sentiva ancora una merda.
« Ammazziamoli tutti! » Toga saltellava sul posto, era così eccitata che non riusciva a contenere il suo entusiasmo, anche troppo per una ragazzina della sua età. Era pazza, e ancora si chiedeva come lei ed Erena riuscissero ad andare d’accordo e a passare intere giornate insieme, era un mistero che non avrebbe mai avuto una soluzione. Toga era la prima vera amica di Erena dopo tanti anni, e lui poteva solo essere felice – in fondo, molto infondo, quella pazza malata di sangue era come una sorella minore.
 « Frenati, prima dobbiamo capire se qualcuno ci può essere utile. » Disse Dabi mentre la prendeva per il colletto della maschera, Toga era troppo imprevedibile, doveva essere controllata: « Twice cerca di non perderla di vista. » Aggiunse mentre spingeva indietro la ragazza dallo strano quirk del sangue. Si guardò intorno, l’aria era ferma e niente sembrava muoversi non ci voleva un genio per capire che qualcosa non stava andando per il verso gusto.
Avevano preso volontariamente delle vie secondarie per mescolarsi meglio con l’oscurità e passare così inosservati. Ma nonostante quello non avevano trovato nessuno, nemmeno gente che usciva a buttare la spazzatura per tornare a casa. Alzò il braccio per fermare il gruppo, la calma era insopportabile e tutto ciò rendeva ancora più tesa l’aria che si respirava intorno.
In più la sensazione di essere osservati non accennava a sparire.
« Dabi dobbiamo muoverci, non possiamo restare allo scoperto. » Mr. Compress si era avvicinato piano era alle sue spalle, aveva ragione rimanere allo scoperto era una pessima idea. Indicò con il braccio un vicolo accanto a loro, era abbastanza coperto ed in ombra ed inoltre dava un’ottima visuale sul loro obbiettivo.
Anche in quel caso una vocina nella sua testa gli disse di stare più attento e di tenere le fiamme pronte. Un punto così prezioso, che mostrava tutte le possibili entrate l’avrebbero dovuto tenere sotto controllo, mettendo delle persone ad occuparlo e invece era vuoto.
« Sappiamo qualcosa di quella catapecchia? » Chiese mentre con lo sguardo osservava l’edificio davanti a sé, sentiva che qualcosa non andava, si stavano per andare a cacciare in una stupida trappola e questo solo per un capriccio di Shigaraki.
« Niente che può essere utile ad elaborare qualche strategia, non sappiamo neanche in che stanza o in che piano si trovino, e agire alla ceca non è il caso. » Mr. Compress giocava con alcune delle sue biglie, a causa della maschera Dabi non riuscì a capire se sul suo volto c’era una espressione preoccupata o no, su una cosa aveva ragione, non potevano fare passi falsi o sarebbero stati fottuti in pieno.
« Twice crea due cloni a uno fagli controllare il perimetro, mentre l’altro lascialo qua di vedetta, Spinner tu invece sali sul tetto di questo edificio e controlla le varie finestre di quello di fronte a noi, cerca qualsiasi forma di vita o di luce all’interno e avvisaci. Usa il pugno per indicare che non c’è nessuno, mentre se vedi qualcuno segnalacelo e dici in quanti. » Dabi prese una pausa, doveva limitare le perdite ad ogni costo, erano in pochi e loro non potevano permettersi nessuna perdita, non finché non avessero trovato altri alleati.
« Mr. Compress… ti useremo come asso nella manica, intervieni solo se la situazione è critica, Magne tu stai pronto ad usare il tuo quirk e… Dove cazzo è finita la pazza del sangue? » Solo in quel momento Dabi si era accorto che tra le sue schiere mancava Toga all’appello.
« Eccola la! È davanti all’entrata. » Magne la stava indicando, Toga era ferma, saltellava sul posto con le mani portate alla bocca per cercare di coprire gli urletti esaltati.
« Cosa cazzo le è preso ci farà scoprire! » Spinner si era appiattito ancora di più alla parete, le luci dell’edificio si erano accese ma ancora nessun rumore. Poi si girò, verso il loro gruppo, lo sguardo che aveva era languido e pieno di eccitazione, saltellò un paio di volte sul posto e poi entrò dentro l’edificio. Magne non aveva avuto neanche il tempo di usare il suo quirk per riportarla da loro.
« Siamo fottuti Dabi. » Twice ricevette un pugno in testa da parte di Spinner mentre strane urla si sentivano provenire dell’edificio.
« Merda! »


Angolo autrice
Niente, una cosina che avevo scritto tempo fa, spero vi piaccia. Oggi c'è troppo caldo per scrivere qualcosa di serio ahah
Ci vediamo al prossimo capitolo!
Happy_Ely
   
 
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