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Autore: Roberto Turati    01/07/2022    0 recensioni
Una storia che dedico a Maya Patch, mia amica e mentore.
 
Per capire del tutto questa storia del mio AU, è meglio se leggete la storia di Maya, prima di questa.
Mentre la tribù dei Difensori si sta ancora riprendendo dall'assedio dei Teschi Rossi, Aurora attende con impazienza il ritorno di Lex da Ragnarok per poter continuare ad indagare con lui sugli indizi sparsi per l'Isola. Tuttavia, fa una scoperta inaspettata: rinviene un antico oggetto portato nel mondo delle Arche da un'altra dimensione. Studiandolo, scopre il luogo d'origine del suo defunto proprietario: ARK, l'isola preistorica.
 
Aurora e Lex vi si perderanno loro malgrado. Saranno in grado di trovare un modo per ritornare sulle Arche, nonostante tutti gli ostacoli che ARK riserva per loro?
Genere: Avventura, Mistero, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'Isola Unica al Mondo'
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Lex si maledisse per non aver sospettato una svolta del genere: in fondo, gli era sembrato troppo facile, quando avevano ripreso il controllo della situazione. Però, prima che potesse fare qualunque cosa, lo spinosauro emise un gorgoglio e partì all’attacco: aveva puntato lui. Il sopravvissuto riuscì a saltare a terra appena in tempo: non appena si separò dall’orso, la sua povera cavalcatura fu afferrata dalle fauci del teropode. Lo spinosauro si alzò in piedi, schiacciò l’orso fra i denti e si fece largo tra la carovana: con artigliate e codate, fece allontanare tutti e marciò verso monte. Verso il carico di petrolio. I tre fratelli esultarono e lo seguirono a nuoto.

«Lex! Tutto bene?!» gridò Aurora.

La rossa lo raggiunse in fretta col deinonico, con un’espressione apprensiva. Lex si alzò da terra e la rassicurò, con un cenno. Era un peccato aver perso la cavalcatura, ma era comunque tutto intero. Bartolomeu si fece avanti col suo stegosauro e gli tese il braccio:

«Salta su, forza»

Il sopravvissuto gli afferrò la mano e il Portoghese lo aiutò a issarsi sulla sella dello stegosauro, dietro di lui. La carovana si radunò, ancora stravolta per l’accaduto. Tereroa fece accomodare dietro di sé il Piede Sabbioso, rimasto senza lo stegosauro. Terrorizzato, esortò:

«Non possiamo farcela contro quel mostro! Scappiamo, lasciamo perdere il petrolio!»

Bartolomeu, invece, esclamò:

«Hanno preso Ikko! Non possiamo lasciarlo indietro!»

Aziz, dal canto suo, sembrava già rassegnato:

«Si sono impossessati del carico e di un nostro compagno. Non voglio essere catturato come lui: non possiamo fare niente, contro quel mostro con la vela sulla schiena»

«Perché siamo ancora qui?» borbottarono i balenieri, agitati.

Lex guardò Aurora negli occhi e vide che la rossa lo fissava con aria di attesa; la sua espressione era incerta, ma fiduciosa. Il sopravvissuto capì che la sua compagna di tribù avrebbe appoggiato qualunque scelta avrebbe fatto di lì a poco. Ragionò sul da farsi: ora che era apparso uno spinosauro, i rischi erano enormi. Avevano perso il vantaggio. Ma qual era l’alternativa? Finire quel lavoro per i fratelli Braddock era la chiave per riavere indietro la sfera e tornare sull’Isola. Se si fossero arresi, cosa avrebbero fatto? Avrebbero preso la sfera con la forza? Accettato un’altra richiesta scomoda? In entrambi i casi, le cose si sarebbero complicate molto più del dovuto. Lex fece un respiro profondo e prese la sua decisione. Quindi annuì e dichiarò:

«Sono d’accordo con Bartolomeu: dovremmo fermarli, o comunque provarci. Per salvare Ikko e per il carico»

Come si aspettava, Aurora annuì subito con determinazione e disse:

«Ci sto anch’io»

Gli altri erano ancora scettici, quindi il biondo tentò la prima argomentazione che gli venne in mente:

«Ascoltate, anche se provassimo a scappare, chi gli impedisce di inseguirci? Li avete sentiti, prima: ci vogliono catturare. Pensate di riuscire a sfuggire a uno spinosauro? Dovremmo affrontarlo a prescindere»

Il gruppo lo fissò in silenzio per un po’, ma alla fine si convinsero e si annuirono. Bartolomeu, allora, si mise in testa col suo stegosauro, affiancato da Aurora e seguito dagli altri naufraghi e i pochi compagni arkiani rimasti. Avanzarono a passo svelto verso monte e giunsero in vista del carro. Adesso lo spinosauro teneva le zampe anteriori sui barili, come se li stesse custodendo, mentre i tre coccodrilli facevano la guardia. Stavano per attaccare, prima che dal bosco di salici apparisse ancora lo sciame di falene. Alla loro vista, tutti trasalirono.

«Non di nuovo!» esclamò Aziz.

Lex controllò chi aveva delle armi da lancio: il Piede Sabbioso e Tereroa avevano degli archi. Dunque li esortò subito a colpire le falene del deserto, prima che spruzzassero altra polvere urticante. Entrambi si sfilarono gli archi di tracolla senza esitare e cominciarono subito a tirare. Per fortuna, le falene erano lente e goffe in volo, bersagli facili: una alla volta, furono trafitte e caddero in acqua in modo sgraziato. Le falene rimaste, invece, si spaventarono e volarono via. Lex stava per tirare un sospiro di sollievo, quando notò che c’era un’ultima falena sopra le loro teste; era cavalcata da una persona.

«E quello chi è?» chiesero i balenieri.

La falena scese di quota davanti al gruppo. A quel punto, il nuovo arrivato saltò a terra e si frappose tra loro e il carro rubato. Incrociò le braccia e lanciò una rapida occhiata delusa al trio coi coccodrilli, prima di squadrare Lex e gli altri con aria di sufficienza. Il sopravvissuto lo osservò: era un uomo calvo e imponente, indossava una spessa armatura rivestita di ossi e, alla sua cintura, pendevano cinque teschi umani. Portava una grossa clava di legno coperta di spuntoni a tracolla. Bartolomeu lo ammonì, stizzito:

«Hai una bella faccia tosta, per guardarci così! Venite ad ammazzarci e derubarci e pensi di fare lo splendido davanti a un contingente intero? Ti conviene sparire! E porta quei tre idioti con te, già che ci sei!»

Lo sconosciuto pelato si rivolse al maggiore dei tre fratelli, senza voltarsi a guardarli:

«Edef, cosa ti avevo detto prima di cominciare?»

L’uomo coi baffi si grattò il collo, imbarazzato:

«Di aspettare che le falene finissero? L’abbiamo fatto, Oirebit»

«Non quello, prima»

Il fratello di mezzo fece un’espressione strafottente, tirò un pugno al braccio del fratello minore e rivolse uno sguardo provocatorio al maggiore:

«Ti aveva detto di tenere d’occhio questo piccolo sfrontato che vuole sempre leccare il culo al capo» gli disse.

Edef lo fulminò con lo sguardo, ma l’altro rise solo di gusto. Il pelato annuì e continuò:

«Eppure mi è toccato scomodare Yar, perché stavate perdendo tempo. Stasera vi aspetta una bella predica»

Il fratello minore si arrabbiò e fece per protestare:

«Senti, stavo per…»

Oirebit chiuse gli occhi e lo zittì ad alta voce:

«Chiudi la bocca, bimbo! Ora guarda come i veri guerrieri compiono una missione»

Il pelato fischiò e, come se appartenessero a lui, i coccodrilli dei tre fratelli partirono subito all’assalto. Lex, che era ancora sorpreso per la discussione a cui aveva appena assistito, sfoderò la spada appena i tre rettili si fecero avanti e superarono il guerriero calvo. Il kaprosuco balzò subito alla gola dello stegosauro di Bartolomeu. L’erbivoro si impennò con un gemito, Lex perse l’equilibrio e cadde a terra.

«Forza, difendetevi!» esortò il Portoghese.

Lex si rialzò subito e decise di allontanarsi dalla mischia: il rischio che una delle bestie lo schiacciasse nella foga dello scontro era troppo grande. Appena si allontanò dalle creature, però, il guerriero calvo si parò davanti a lui e gli sorrise, con aria di sfida. Il sopravvissuto afferrò l’elsa della spada con entrambe le mani e alzò la guardia. Oirebit prese la sua clava e ridacchiò:

«È la prima volta che vedo uno straniero che sa usare la spada. Non vedo l’ora»

L’Arkiano si avvicinò, ma Lex notò che alle sue spalle stava per arrivare il terizinosauro e rispose:

«Dovrai aspettare»

Oirebit si voltò e, all’ultimo istante, schivò un’artigliata dell’erbivoro piumato con una capriola. Adesso che il nuovo arrivato era distratto, Lex diede un’occhiata alla battaglia, per capire dove fosse meglio intervenire. Si allontanò dagli scontri per studiare la situazione; si arrampicò su una roccia che affiorava dal corso d’acqua e iniziò a osservare i combattenti dall’alto. Poco dopo, sentì un fruscio nella boscaglia, poco lontano. Guardò in direzione del rumore e vide Aurora spuntare dalla vegetazione: lei e il suo deinonico avevano aggirato il campo di battaglia di soppiatto e, adesso, si stavano unendo a lui.

«Tutto bene?» gli chiese Aurora.

«Per adesso» rispose Lex.

Un fragore di passi e un cigolio legnoso attirò la loro attenzione. Si voltarono verso il corso d’acqua e videro che lo spinosauro, nel frattempo, stava spingendo via il carro del petrolio e lo stava trasportando verso monte. Mentre tutti erano distratti dai ladri, il carico se ne stava andando sotto il loro naso.

«Cosa facciamo?» domandò la rossa, preoccupata.

Lex ragionò, poi le disse:

«Fermalo»

Aurora sbarrò gli occhi, incredula:

«Io? Dovrei fermare quello?»

«Sì»

«Come dovrei affrontarlo, scusa?!»

Lex alzò una mano, per rassicurarla:

«Non voglio che lo affronti, solo che lo tenga occupato. Distrailo e cerca di non farti prendere»

«E tu cosa farai?»

«Cercherò di aiutare gli altri, poi veniamo da te»

Aurora indugiò, titubante, ma alla fine la sua espressione diventò determinata e la ragazza annuì, dopo aver fatto un respiro profondo. Lex le sorrise e le augurò buona fortuna, quindi si divisero. Il compagno di carovana più vicino era Bartolomeu: il suo stegosauro tentava di tenere a distanza il sarcosuco del fratello di mezzo con le sferzate della sua coda, ma non faceva che indietreggiare, mentre il coccodrillo lo incalzava e avanzava. Il rapinatore sghignazzò:

«Hai paura, vero?»

«All’inferno!» gli replicò il Portoghese.

Fece un fischio e lo stegosauro muggì. L’erbivoro partì alla carica, si voltò e sferrò una fortissima codata. Gli spuntoni graffiarono il muso del sarcosuco, ma l’impatto non lo sbilanciò. Il fratello di mezzo fece una smorfia trionfante e agitò le redini. Il coccodrillo, allora, gorgogliò e scattò con un saltello. Afferrò di colpo la zampa posteriore dello stegosauro, che gli dava ancora le spalle. L’erbivoro spalancò gli occhi ed emise un fortissimo gemito di dolore.

«Merda!» imprecò Bartolomeu, spaventato.

L’aggressore si appiattì sul dorso del sarcosuco, il quale iniziò a rotolarsi sulla fanghiglia subito dopo. La sua preda perse l’equilibrio e si rovesciò sul fianco; Bartolomeu fu scaraventato a terra e rotolò lungo la sponda.

«Prendilo, bello» ordinò l’Arkiano.

Il sarcosuco mollò la presa sulla zampa dello stegosauro, ormai dilaniata e fratturata, e puntò l’uomo. Lex era stato costretto ad assistere alla scena mentre si avvicinava di corsa, ma adesso doveva agire in fretta, prima che Bartolomeu venisse divorato. Ma cosa poteva fare? Senza il suo orso, aveva solo la spada per difendersi.

“Al diavolo, me la farò bastare” pensò.

Proprio mentre il sarcosuco apriva le fauci, all’inseguimento di Bartolomeu che tentava di strisciare via, Lex lo raggiunse e alzò la spada sopra la sua testa. Poi, con tutte le sue forze, la abbatté sull’occhio del coccodrillo. La lama squarciò il bulbo oculare e lasciò un solco verticale lungo il lato del muso. La bestia barcollò di lato, disorientata e furibonda, mentre il suo padrone si guardava in giro, sbigottito.

«Ma che cazzo?! Tu! Pezzo di merda!» urlò, quando lo vide.

Lex tirò un sospiro di sollievo per avercela fatta. Senza dire una parola, guardò l’avversario negli occhi e gli puntò la spada insanguinata contro, in segno di sfida. Il fratello di mezzo digrignò i denti:

«Ti credi un duro, eh? Puoi scordarti che ti prendiamo vivo, stronzo!»

Strattonò le redini e il sarcosuco si voltò verso Lex, con le fauci spalancate. Iniziò ad avanzare e Lex, mentre stringeva l’elsa della spada con entrambe le mani, arretrava. Bartolomeu si alzò in piedi ma, prima che facesse qualunque cosa, il coccodrillo dal naso grosso piegò la coda e lo travolse con una potente sferzata che lo buttò via. Il Portoghese andò a sbattere contro il suo sventurato stegosauro e rimase a terra, privo di sensi. Più Lex indietreggiava, più il rettile apriva la bocca e il suo cavalcatore rideva di gusto:

«Che c’è, ti sono cadute le palle? Non è stata una buona idea far incazzare il mio bestione con quella spadina, vero?»

Il sopravvissuto non faceva caso alle sue provocazioni: era impegnato a guardarsi intorno, in cerca di qualcosa nei paraggi che potesse sfruttare per guadagnare un vantaggio. Il sarcosuco piantò le zampe e appiattì il ventre contro il suolo: stava per balzare. Lex si preparò a rotolare via per schivare la sua presa. All’improvviso, però, un ruggito fece eco per l’intero guado e tutti i combattenti, sbigottiti, interruppero la battaglia per guardare. Lex guardò il canale e non seppe trattenere un sorriso soddisfatto: Aurora stava facendo il suo dovere a meraviglia.

Lo spinosauro stava barcollando in giro per il corso d’acqua, in preda alla furia. Girava su se stesso di continuo, mentre andava avanti e indietro alla cieca, e si graffiava e mordeva le spalle e i fianchi. Il deinonico della rossa era aggrappato al teropode anfibio, sfregiato da decine di graffi profondi. Continuava a spostarsi da un lato all’altro della vela dorsale, ogni volta che il predatore gigante provava ad afferrarlo. Ogni tanto, gli strappava anche pezzi di carne con un morso. Aurora si teneva saldamente aggrappata all’agile rettile piumato e cercava di non farsi disarcionare dagli sbalzi continui.

«Yar! Quale cazzo è il tuo problema? Prendilo subito!» sbraitò Oirebit.

Lex diede un’occhiata alle spalle del sarcosuco: l’omone calvo si era distratto per urlare allo spinosauro. Fece un grave sbaglio: il terizinosauro ne approfittò subito per colpirlo coi suoi artigli. Oirebit fu scagliato in acqua e uno schizzo di sangue sporcò la riva.

«Oirebit!» esclamarono Edef e Orutr, quasi in coro.

«Oh, no!» sobbalzò Oig.

Il biondo, in quel momento, ebbe un’idea. Agitò le braccia per farsi notare dalla Freccia Dorata, ancora in sella al terizinosauro, e gli disse a gran voce:

«Lo spinosauro è distratto! Fallo cadere!»

Gli occhi dell’Arkiano si illuminarono, quindi la Freccia Dorata annuì, determinata. Spronò il terizinosauro e gli indicò lo spinosauro. L’erbivoro piumato si avvicinò con cautela al predatore, osservando bene i suoi movimenti casuali. Pochi istanti dopo, nel tentativo di mordere il deinonico alla sua destra, uscì dal canale e si frappose proprio fra il sarcosuco e il resto del gruppo. La Freccia Dorata fischiò in quel momento; il terizinosauro sollevò una zampa e sferrò un colpo di artigli alla caviglia dello spinosauro, proprio sul tendine. Il grande carnivoro zoppicò, con un gemito, prima di perdere l’equilibrio. Dapprima lentamente, poi all’improvviso, si inclinò verso il sarcosuco.

«Oh, cazzo!» sobbalzò Oig.

Il fratello di mezzo si alzò in piedi e si gettò a terra a peso morto, all’ultimo secondo. Il suo coccodrillo, però, non fuggì in tempo e fu schiacciato dall’imponente mole dello spinosauro. Lex sentì le voci dei suoi compagni esultare, ma aveva in mente altro: doveva portare Bartolomeu al sicuro. Lo raggiunse di corsa, se lo caricò sulle spalle e lo sistemò sulla sella del suo stegosauro. Dopodiché, mentre confortava la povera creatura con carezze e parole dolci, la fece zoppicare fino a dietro il carro. Lo spinosauro l’aveva spinto abbastanza lontano, prima che Aurora lo fermasse: Bartolomeu avrebbe dovuto essere al sicuro lì, finché non si fosse svegliato.

«Salta! Salta!» esclamò Aurora.

La rossa si affrettò a spronare il deinonico, appena capì che lo spinosauro stava per cadere. La cavalcatura balzò a terra all’ultimo secondo, con una grazia sorprendente. Tutti quanti esultarono. Aurora, dal canto suo, era solo felice di essere ancora tutta intera dopo quella follia. Le sembrava che il suo cuore fosse sul punto di scoppiare e, a giudicare da come il deinosuco ansimava, anche lui doveva essere stremato. La sopravvissuta decise di riprendersi e mandò la sua bestia a rifugiarsi tra i salici. Dalla boscaglia, Aurora poteva osservare come procedeva la battaglia senza farsi notare.

Da un lato, lo spinosauro e il sarcosuco si contorcevano l’uno sopra l’altro, entrambi incapaci di rialzarsi. Invece, alla sua destra, Aziz stava coordinando i due rinoceronti lanosi per fronteggiare il deinosuco di Edef. Il fratello maggiore guardava di continuo i due erbivori, che camminavano in cerchio intorno al rettile; il coccodrillo stava sulla difensiva, soffiando a fauci spalancate. I due rinoceronti sbuffavano con le narici e agitavano i corni.

«Arrenditi e ti lascerò in vita. Affrontami e ti farò patire quanto gli uomini che avete ucciso» lo minacciò Aziz.

L’Arkiano dai folti baffi lo schernì:

«Sei sfortunato: se tu fossi un Arkiano, accetterei l’offerta»

«Hai fatto la tua scelta» sentenziò l’Arabo.

Aziz alzò le redini, pronto a partire alla carica. All’improvviso, però, il kaprosuco di Orutr spuntò dall’acqua e galoppò verso il rinoceronte del cocchiere. Senza dargli il tempo di reagire, lo afferrò al volo con un balzo e lo strinse tra le fauci. L’Arabo fu subito lanciato via e poi bloccato a terra, con la faccia contro il fango. Orutr diede un’occhiata colma di aspettativa al fratello maggiore, che esultò:

«Bella mossa! Vedi che, quando vuoi, torni utilissimo?»

«Grazie» rispose il ragazzo, fiero.

Adesso i due rinoceronti lanosi erano disorientati, senza Aziz che li coordinava. Edef ne approfittò subito: ordinò al suo deinosuco di attaccare quello davanti a loro. Il gigantesco coccodrillo spalancò la mandibola e la serrò sul collo del mammifero, lo sollevò di peso alzando il capo e, con un’ultima stretta, gli spezzò il collo. Aurora sentì lo scricchiolio delle ossa fino al suo nascondiglio e fu scossa da un brivido. D’istinto, si portò la mano sul collo, come per proteggerlo.

Il secondo rinoceronte, dapprima spaventato, emise un muggito e colpì una zampa posteriore del deinosuco col corno. Il rettile gigante, per tutta risposta, si voltò di scatto e gli lanciò addosso il suo simile morto. Il povero rinoceronte fu sbattuto quasi fino all’altra riva e andò a sbattere contro un macigno. Senza esitare un secondo, il deinosuco lo raggiunse, gli afferrò la testa e lo tenne fermo con una zampa. Dopo un lungo strattone, il capo del rinoceronte lanoso si staccò dal suo collo.

«No! Maledetti, ero affezionato a quei rinoceronti! Li ho allevati di persona!» urlò Aziz, disperato.

«Avreste dovuto arrendervi all’inizio» gli rispose Orutr.

Aurora decise che doveva intervenire. Il deinosuco era andato all’altra riva, mentre il sarcosuco era bloccato sotto lo spinosauro: aveva un’occasione per cogliere di sorpresa il kaprosuco e liberare il cocchiere. Dunque, dopo aver rassicurato il deinonico con una carezza sulla testa, lo fece preparare all’agguato con un tocco di talloni. Il teropode sibilò e si accucciò, pronto a scattare. Aurora fece un respiro profondo, prima di emettere un fischio. Il deinonico partì di corsa e balzò, con gli artigli protesi verso Orutr. All’improvviso, però, Aurora fu investita da una grossa massa scura e il mondo iniziò a vorticare intorno a lei. Un istante dopo, era distesa su un fianco e dolorante, a pochi passi dal deinonico, stordito a terra come lei. In mezzo a loro, giaceva la carcassa massacrata del terizinosauro.

«Cosa?» mormorò Aurora.

Un grido disperato attirò la sua attenzione e la rossa si voltò, appoggiandosi su un gomito. Lo spinosauro era tornato in piedi e, proprio in quel momento, stava masticando quel poco che rimaneva della Freccia Dorata. Attorno a lui c’erano i corpi esanimi dei balenieri e delle loro cavalcature, brutalmente dilaniati. Il grande predatore gorgogliò, con pezzi di armatura e budella incastrate fra le zanne, si alzò su due zampe e iniziò ad avvicinarsi al carro. Aurora sapeva che Lex era lì vicino, e anche Bartolomeu, privo di sensi. Doveva fare qualcosa per aiutarli. Quindi gattonò in fretta e furia fino al suo deinonico, si rialzò assieme a esso e montò in sella. Senza badare ai due fratelli che la fissavano sorpresi, spronò la cavalcatura e la fece correre a tutta velocità all’inseguimento dello spinosauro. Alle sue spalle, sentì Orutr gridarle:

«Dove credi di andare?!»

Ma Edef lo fermò:

«Lasciala andare: ci penserà Yar. Oirebit! Ripesca Oirebit!»

Aurora li ignorò e si avvicinò allo spinosauro, che ormai aveva quasi raggiunto il carro del petrolio. Il deinonico giunse accanto al grande carnivoro, si abbassò e spiccò un balzo. Affondò gli artigli nelle ferite che aveva già aperto nella carne dello spinosauro poco prima e strappò un lembo di carne con un morso. Lo spinosauro ruggì e Aurora, costretta a stringere le redini per non cadere, fu assordata dal frastuono. Il teropode anfibio sbatté il fianco contro il carro, per schiacciare il deinonico. La bestia di Aurora, però, vi saltò sopra all’ultimo e mantenne l’equilibrio, nonostante lo scossone che fece traballare i barili legati. Lo spinosauro e il deinonico si fissarono e si sfidarono, rispettivamente con un gorgoglio furioso e un fischio acuto. Ansimando, forse per il dolore dovuto ai tagli, lo spinosauro allargò la zampa anteriore sinistra: era pronto a sferrare una potente artigliata. Aurora si tenne pronta, mentre il suo deinonico si preparava a saltare giù. Tuttavia, sentì la voce di Lex alle sue spalle:

«Ehi, dove vai? Fermo!»

Prima che la rossa si voltasse per vedere cosa succedeva, accanto allo spinosauro apparve lo stegosauro di Bartolomeu. L’erbivoro attirò l’attenzione del predatore con un gemito. Lo spinosauro si voltò, perplesso, e abbassò un po’ la zampa. E così, all’improvviso, lo stegosauro girò su se stesso e affondò gli spuntoni della coda nell’arto dell’avversario; lo perforò con tanta forza che le punte emersero dal lato opposto della zampa. Il grido che lo spinosauro emise a quel punto fu atroce: Aurora si sentiva inorridita e in pena allo stesso tempo. Quella scena era raccapricciante. Lo stegosauro tirò, ma lo spinosauro gli schiacciò la testa con l’altra zampa e gli azzannò la gola. Con uno scatto della testa, gli frantumò le vertebre del collo. La bestia cercò di sfilare gli spuntoni dalla sua zampa, ma non ci riusciva. A ogni suo movimento, le punte laceravano di più le sue carni e le ossa sporgevano fuori dalle ferite. Aurora dovette sforzarsi per non vomitare.

«Non ce la faccio» mormorò.

Ordinò al deinonico di voltarsi dall’altra parte e di scendere a terra. A quel punto, la ragazza chiuse gli occhi e si prese una boccata d’aria: cercava di non pensare a cosa aveva appena visto. Ma lo strappo e il rumore di schizzi di sangue che sentì subito dopo le provocarono un conato. Aprì gli occhi, in cerca di Lex: voleva almeno sapere se il suo amico stava bene. Lo vide poco lontano: stava trascinando il corpo svenuto di Bartolomeu verso il bosco di salici. Aurora tirò un sospiro di sollievo e iniziò ad avvicinarsi a lui. Ma sentì il gorgoglio di un coccodrillo alle sue spalle; Lex alzò il capo, guardò alle spalle di lei e sbarrò gli occhi.

«Salta giù!» esclamò.

Aurora non sapeva cosa stesse succedendo ma, come in automatico, obbedì all’esortazione del suo compagno senza esitare. Appena scese dalla sella del deinonico, la sua cavalcatura fu afferrata dal sarcosuco di Oig. Il coccodrillo scosse il capo, ignorando i graffi disperati della preda, per poi rotolare di lato senza lasciarla andare. Aurora sentì numerosi scricchiolii e vide la terra sporcarsi di sangue a poco a poco. I lamenti del deinonico si interruppero quasi subito. Appena il sarcosuco si accorse che la sua vittima non si opponeva più, la mollò. La rossa era così sconvolta che non urlò nemmeno: rimase zitta e immobile, a guardare la carcassa sfigurata del deinonico di Aisapsa. La splendida cavalcatura che, in un singolo pomeriggio, l’aveva salvata più e più volte.

«Ora basta» disse una voce dietro di lei.

Un istante dopo, Aurora avvertì una botta fortissima sulla nuca. Le sue orecchie fischiarono e il mondo diventò sfocato e ondeggiante. La rossa si sentì flaccida tutto d’un tratto e si afflosciò sulle ginocchia, prima di cadere prona. Nonostante il fischio, sentì Lex esclamare il suo nome e vide la sua sagoma indistinta correre verso di lei. Ma una figura imponente, con la schiena ferita, si frappose tra loro e gli puntò contro una clava.

«Voi due state davvero tirando fin troppo la corda. Adesso ti inginocchierai accanto a lei con le mani dietro la schiena, o giuro che le spappolo il cervello con la mia clava!» tuonò l’uomo.

Lex indugiò per qualche istante, ma alla fine gettò via la sua spada e alzò le mani. Si accostò ad Aurora e si mise in ginocchio. La ragazza, con uno sforzo tremendo, alzò il capo per guardare il suo amico. L’uomo pelato gli si avvicinò, afferrò la mazza di legno a rovescio e colpì Lex alla tempia col manico. Il biondo gemé, prima di accasciarsi su un fianco. In quel momento, la vista di Aurora iniziò a offuscarsi ancora di più e tutto prese a diventare nero. Riconobbe la voce di Oig, il fratello di mezzo:

«Caspita, bestione, ti credevo fottuto! Come hai fatto a salvarti? Quegli unghioni sono tremendi!»

«Mi ha colpito di striscio» borbottò l’omone.

Edef sbuffò:

«Uff, che giornata di merda. Tutto quello che poteva andare storto, è andato quasi storto»

«E il povero Yar ha una zampa conciata malissimo! Secondo voi dovremo tagliarla?» chiese Orutr.

«Molto probabile – sospirò Oirebit – Gli stranieri sono tutti vivi?»

«Sì, a parte i tre stronzi che mi hanno tirato una lancia. Abbiamo il petrolio e gli ostaggi: missione compiuta» affermò Edef.

Oirebit annuì:

«Bene. Ora ficcate questi due nella rete e prepariamoci. La rossa e il biondo li regaliamo alla piccola Aramat: hanno alzato troppo la cresta»

L’ultima cosa che Aurora vide furono Oig e Orutr che torreggiavano su di lei e calavano una rete sul suo corpo, prima che tutto sprofondasse nel buio.

   
 
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