Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: sissir7    02/07/2022    0 recensioni
Jimin è il rivale di sé stesso, un ballerino che ancora non mette la testa apposto, e al suo fianco c'è Jungkook, un ragazzino che ha tra le mani non solo anelli d'oro, ma tutta Seoul, e cerca di dargli ogni cosa al suo angelo, tutto quello che ha. Il destino però ha inserito in quello di Jimin anche Yoongi, il produttore più freddo e affascinante di Seoul, che in realtà ha alla spalle tenebre che Jimin, nella sua noiosa e perfetta vita, brama di assaporare.
Non si tratta di scegliere, si dice sempre Jimin, si tratta di zittire i rumori di fondo fastidiosi e monotoni per finalmente trovare l'armonia adatta alla sua anima.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quanto era triste vedere i ragazzi a bordo strada a quell’ora.
Gli faceva venire il prurito al dorso delle mani.
In cuor suo, tutto quello che inconsciamente lo faceva incazzare era che non poteva salvarli.
Non poteva prenderli e portarli a casa con sé e fargli una bella paternale inutile che loro avrebbero capito solo quando sarebbero stati
grandi come lui o di più.
Gli buttavano occhiate languide e sorrisi maliziosi, ma lui semplicemente li ignorava.
“Hey, bel micetto. Ti va di bere un po' di latte?”
Fissò la punta delle sue Nike e per poco non andò a prenderlo a pugni.
Chiuse gli occhi e pensò a Jimin che lo stava aspettando a casa e si calmò.
Arrivò con la cena e Jimin mangiò con gusto.
“Hai fatto tardi anche oggi.”
“Sì, e ho dovuto pure pagare un extra all’inserviente del piano del palazzo per farlo stare zitto, sennò spiattella al proprietario
che non abbiamo chiuso lo studio all’orario stabilito.”
Gettò la giacca di jeans scuro sul divano e dopo aver aperto una birra, si sedette lì a berla.
Si massaggiò le tempie.
“Sei stanco, mh?”
“Un po'.”
“Non torni mai così stanco.”
Lo ignorò.
Jimin finì il pollo e il ramen e tolse tutto di mezzo.
“So che tocca a te fare i piatti e l’essere stanco non è una giustificazione.” disse incrociando le braccia.
Yoongi alzò gli occhi al cielo.
“Va bene, va bene”
Mentre si alzò le maniche davanti al lavandino, sentiva il corpo di Jimin vicino al suo.
Una mano gli accarezzò piano i capelli.
“Ti aspetto a letto, se ti va.”
Il cuore iniziò a tartassargli il petto.
Fece spallucce perché la gola gli si chiuse e non seppe che rispondere.
Jimin gli lasciò un bacio al centro della nuca e andò via.
Yoongi tornò a respirare.


Bussarono alla porta e per poco non gli venne un altro infarto.
Nessuno dei suoi coinquilini era in casa e andò lui senza voglia di vedere nessuno, voleva solo riposare.
“Sì?” chiese, senza avere alcuna risposta.
Sembrava davvero non ci fosse nessuno.
La porta non aveva lo spioncino, era già tanto che stava saldata al muro.
Non era neanche una porta di entrata, tra l’altro, ed era il proprietario che ebbe la premura di aggiungerne una per poter alzare
un po' il prezzo dell’affitto.
Poi, sentì qualcuno schiarirsi la gola.
“Si può sapere chi è?”
“Se sei curioso, apri.”
Sentì da una voce femminile che era stata da sempre la voce che meno sopportava al mondo.
“Hyung, chi è?”
Il sangue gli si gelò nelle vene.
Gli fece cenno di stare zitto e gli disse piano:
“Vai via. Scendi dalle scale anti incendio, in camera mia.”
“Hyung ma…ma cosa dici.” disse Jimin ridendo, anche se la serietà dell’amico gli fece venire l’ansia.
“Jimin. Vai via, ADESSO cazzo!”
Jimin rimase ancora per qualche secondo impietrito, ma poi corse a mettersi i jeans.
“Mi hai stancata!”
Sentì urlare, e la porta cadde come se fosse stata la cosa più fragile al mondo.
Yoongi si ritrovò schiena a terra.
Jimin sobbalzò al rumore e iniziò a tremare.
“Corri!”
Sentì dire dal suo hyung, e fece di tutto per smettere di tremare e scendere quelle dannate scale in ferro.
“Oh, bene bene bene. Sempre il più intelligente rimani, mh fratellino?”
“L’ospedale psichiatrico ci ha rinunciato e ti ha sbattuto fuori vero?”
“Pessima scelta di parole.”
Lo prese per il polso e lo sbattette al muro.
Lui cercò di spingerla ma dio se era veloce, e si ritrovò con una mano al collo. Una presa salda.
“Non posso perdere tempo con te.” gli sussurrò glaciale all’orecchio e corse verso le camere da letto, sfondando la porta di ognuna.
“Cazzo MinHee smettila!”
La prese da dietro ma lei gli incassò una gomitata allo stomaco.
Andò subito a cercare quale stanza avesse le scale fuori al balcone e una volta trovate fu velocissima.
Yoongi si alzò e le corse dietro ma invano.


Era buio e quel quartiere malfamato era già tanto che aveva un lampione ogni tanto.
Non vedeva né sua sorella né Jimin.
Quando respirava gli faceva ancora male la pancia per il colpo di sua sorella.
La testa gli pesò e si sentì svuotato.
“Jimin…”
Sentì il cellulare vibrare nella tasca e lo prese subito.
Era un messaggio.
“Sono in camera tua.”
Corse come un pazzo e neanche lui sapeva di avere così tanta forza in quelle esili gambe.
“Jimin!”
Stava piangendo, il suo volto era tutto bagnato e le labbra gli tremavano.
“No, ti prego…” sussurrò Yoongi.
E di nuovo: “Ti prego, non fargli del male.”
Gli occhi felini come i suoi lo guardavano senza ombra di emozione.
“MinHee…”
Deglutì a fatica, non sapendo cosa dire perché la conosceva, conosceva il suo sangue freddo apprezzato dalle peggiori gang della città,
sapeva che lavorava con i peggiori criminali e con diversi gruppi della yakuza lì a Seoul.
Sapeva tutto di lei.
Sapeva che non scherzava mai, lo aveva sempre saputo, fin da piccolo, fin da quando anche lui si era ritrovato con la lama di un coltello
a fior di pelle sotto il mento, sapeva cosa si provasse, cosa stava provando Jimin con quel coltello puntato alla gola.
Lei chiuse gli occhi e inspirò forte.
“Non lo uccido, non lo uccido.”
Ma Yoongi aveva imparato a non credere ad una singola lettera che usciva da quella bocca.
Jimin strinse gli occhi e gli venne da vomitare.
“Non è il mio ragazzo, è solo un caro amico. Se vuoi farmi soffrire sai che non è lui che…”
“Cristo, lo so! Che mi prendi per scema? Ti ricordo che ho una laurea in matematica.”
“Lascialo, lo so che vuoi vedermi stare male, ma lascialo, farò quello che vuoi.”
Lei alzò un sopracciglio perché la cosa la allettava, ma ricordò che non era una questione personale ma un lavoro da portare a termine.
“Non sai quanto vorrei divertirmi come ai vecchi tempi, ma ho delle priorità.”
Yoongi fissava il coltello e tremava ad ogni minuscolo movimento che gli vedeva fare.
“Ha proprio un buon odore.”
Jimin sentì il fiato della ragazza tra i capelli e poi sulla guancia.
“MinHee!”
“Oh, qualcuno è geloso”, e rise in modo acuto e fastidioso.

Posò le labbra sulla guancia di Jimin e Yoongi strinse i pugni istintivamente.
Diede un piccolo morso alla guancia e le lacrime bagnarono di nuovo il viso di Jimin.
“Più hai paura, più la porterò alle lunghe questa sceneggiata.”
A quelle parole, Yoongi ebbe come il sentore che davvero non gli avrebbe fatto del male, e iniziò a ragionare.
“Sceneggiata…” ripetè.
La sorella lo guardò.
“E’ un lavoro.” disse calmo.
“Sei qui…per conto di qualcuno. Sei qui…”
“Oh, Yoongi, ma la smetti di vedere cose dove non ci sono! Avevo la serata libera e”
“Oh no…”
I pensieri di Yoongi andarono a manetta, aveva capito tutto.
“Che c’è dio santo! Non puoi stare al gioco e farmi divertire!”
“Jimin, mi dispiace.”
Jimin lo guardò con sempre più paura in corpo.
“L’ha mandata Jungkook. L’ha mandata per spaventarci e fare in modo che io ti faccia allontanare da me per colpa di mia sorella.”
MinHee lasciò Jimin e iniziò sbattere i  piedi come una bambina capricciosa mentre lui  corse tra le braccia di Yoongi che gli sussurrò:
“Scusami.”
“Pure la scenetta romantica no, vi prego.”
“Dì a Jungkook che è un pessimo fidanzato se pensa che con questo comportamento io possa-”
“Sì, sì, ho capito, dio mio, che seccatura che siete. Mi state facendo arrabbiare, avete fatto saltare tutto. Meno male che mi ha pagato in anticipo.”
Yoongi avrebbe voluto prenderla a schiaffi.


“Sentite, io non ci voglio entrare in questa storia e non ho intenzione di fare da intermediaria quindi, se hai qualcosa da dire a quel bambino,
chiamalo. E risolvi questa questione con lui. Vi state ferendo e ignorando come persone immature che non si vogliono prendere la responsabilità
delle proprie decisioni ed emozioni. Mi date il voltastomaco.”
“Vattene.”
“Vi ho dato solo un consiglio sincero da sorella maggiore” disse, e fece un sorrisetto compiaciuto.
Si voltò, riposò il coltello nella custodia che aveva alla cintura e sospirò.
“Ah, e solo per la cronaca…Non mi hanno cacciato dall’ospedale psichiatrico, sto davvero meglio.”
“Aspetto fra qualche giorno la chiamata dalla dottoressa Choi che mi dirà che ti hanno internata di nuovo. Non avrai mai la mia fiducia.”
Dopo qualche secondo, lei sparì da dietro la porta.


Jimin era ancora scosso, ma anche molto arrabbiato.
Parlò molto con Yoongi sul da farsi, ma non decisero nulla.
Yoongi si sentiva esausto.
Esausto di rivivere momenti del genere.
Esausto del suo passato che si ripresentava davanti alla sua porta e proprio non poteva evitarlo per quanto cercasse di risolvere le cose da solo,
come sempre.
“Domattina chiamo qualcuno per far mettere una serratura a quella porta.”
“Già, dovremmo.”
Jimin si avvicinò di più al suo compagno spingendo la guancia sul suo petto.
“Ora non pensiamoci, okay? Onestamente quello che ha detto tua sorella ha senso. Risolverò la cosa al più presto.”
“Dovrebbe essere lui a venire da te.”
“Non lo farà. Al massimo mi manderà un messaggio per vederci e vorrà andare in qualche ristorante di lusso dove cercherà di convincermi
con chissà quale scusa, mi dirà che cambierà e si scuserà mille volte e…”
Gli venne il nervoso solo a pensarci.
“Che cazzo gli è passato per la testa, dio mio.” commentò Yoongi.
“E’ sempre stato così. Perde la testa a volte.”
“La perde quando si tratta di te e questa cosa non è sana, per nessuno di voi due, solo per dire eh.”
“Basta, non ne voglio parlare. Ormai Jungkook è il passato, chiuderò la questione e andremo avanti.”
“Dovremmo vendicarci.”
“Yoongi!”
“Come minimo dovremmo farlo.”
“Quello che dovremmo fare è occupare le nostre energie facendo qualcosa per noi, okay? Non voglio portare avanti questa storia e istigarlo peggiorerebbe solo tutto. Dandogli corda ci abbassiamo al suo livello.”
“Mh.”
Jimin spense la luce fioca della piccola lampada che poggiava a terra.
Yoongi lo strinse un po' di più.
“Non ti lascerò solo in tutto questo comunque. Che mi mandi il peggiore degli assassini, non sa di cosa anche io sono capace."
"Non fare l'eroe, hyung. Jungkook vince sempre."
Lo disse così rassegnato che in Yoongi crebbe ancora di più la rabbia.
"Jimin."
"Mh?" rispose lieve, anche se aveva già chiuso gli occhi.
"Jimin, ascoltami."
Il minore gli rivolse lo sguardo attento. 
"Partiamo. Andiamocene da qui."
"Ma...ma il tuo lavoro e, e i soldi...Io ho pochissimo da parte. E poi qui ho la compagnia di ballo, ho dei progetti con loro che sto portando avanti."
Yoongi si incupì ed effettivamente, nonostante tutto, anche Jimin aveva una vita lì a Seoul.
"Capisco, ma...pensaci, okay? Solo...pensaci."
Gli rispose annuendo perchè in fin dei conti era una cosa che non gli sarebbe dispiaciuta, partire, cambiare vita. 
Ma Jungkook gli ronzava ancora in testa, in quel preciso momento, anche mentre stava ancora guardando i bellissimi occhi di Yoongi.
Lo amava. 
Amava quel ragazzino con tutto se stesso e doverlo lasciare per davvero...non voleva in fondo. 
Che fosse vero amore o il risultato di una relazione tossica e di malsana dipendenza ancora non lo aveva capito. 
Yoongi sì. 
Quella notte nessuno dei due dormì, anche se fecero finta di farlo. 
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: sissir7