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Autore: Soe Mame    06/07/2022    0 recensioni
C'era una volta un tritone che pensava che gli umani fossero stupidi. L'incontro con un pirata spagnolo lo convincerà di avere ragione.
[La millemilionesima rivisitazione de La Sirenetta feat. un sacco di robe pesciose e non.]
Genere: Generale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II
Figli del Mediterraneo ~ Avanti, inginocchiati!


«Vediamo chi c'è oggi...»
Nulla era più scomodo degli Scogli Scomodamente Stazionati, una conformazione roccea metà lame di pietra che emergevano dall'acqua metà letto di chiodi rocciosi pronti a sgusciare qualsiasi nave incauta - Il tutto posizionato in modo tanto pittoresco da sembrare un castello di sabbia realizzato per sbaglio da qualcuno con un pessimo senso estetico che, insoddisfatto del risultato, aveva lasciato libero sfogo alla sua ira. Lovino, in realtà, trovava quegli scogli piuttosto comodi - Le parti emerse erano piatte, perfette per sedervisi, e gli spunzoni ad mentula canis gli permettevano di osservare le navi senza che nessuno, marinai o visitatori della spiaggia, potesse vedere lui.
Una barca entrò nel suo campo visivo. Non era troppo grande e, facendo attenzione, si potevano notare due canne da pesca dritte come le antenne di un insetto.
«Barchetta di famiglia.» capì Lovino: «Pescatori. Neanche troppo ricchi. Tsk.» Si voltò, in cerca di altro. Le navi dei poveri non gli interessavano. Non erano divertenti, ecco perché non gli interessavano. Stupidi poveri.
Una zattera attraversò il suo campo visivo. Fu molto rapida, perché ci avevano attaccato il motore di un motoscafo. Le zattere truccate gli mancavano. Gli umani si divertivano davvero con poco - Le menti semplici non avevano bisogno di intrattenimenti sofisticati.
Finalmente, nel golfo fece il suo ingresso qualcosa di ben più interessante: un panfilo a caso. Lovino fece scroccare le dita. «Vediamo se anche questi sono così idioti.» Tra l'altro, quel panfilo ci aveva messo così tanto ad arrivare che la barchetta poraccia era scomparsa chissà dove. Bene. Così non avrebbe avuto distrazioni.
«Notte bianca di spavento, notte nera di terrore»
Non è che il panfilo fosse troppo veloce, se la stava indubbiamente prendendo comoda. Però bastarono pochi secondi perché iniziasse a rallentare.
«Acqua, pioggia, neve e vento, lampi e tuoni di furore»
Pochi istanti, e la nave cambiò rotta. A volte, Lovino aveva l'impressione che le navi tanto disposte a schiantarsi fossero capaci di sovvertire le leggi fisiche pur di assaporare la pietra sullo scafo.
«Con un rantolo agghiacciante, l’assassino col coltello»
Tra l'altro, un simile comportamento non poteva che far sorgere una domanda: cosa minchia pensavano di fare, gli umani? Volevano individuare la fonte di quel canto così ammaliante? Erano ubriachi di quella voce e perdevano il controllo delle loro azioni? Lovino non ne aveva idea ma, qualunque fosse la risposta, il risultato era divertente.
«squarta e taglia ad ogni istante»
Si aggrappò alla pietra.
«chiunque incontra nel castello.»
Lo scafo cozzò contro gli Scogli Scomodamente Stazionati. Sarebbe bastato andare ad una velocità normale, ma la zattera truccata doveva aver dato strane idee al pilota e la nave si era lanciata contro le rocce alla velocità di un motoscafo fuori controllo. In che modo un panfilo fosse stato in grado di raggiungere una velocità simile in una manciata di secondi, Lovino non lo sapeva, ma il botto che fece fu troppo comico per prestarvi attenzione. Pezzi di legno volarono oltre la sua testa, in sibili minacciosi simili a insulti, e lo scoglio sobbalzò come a volergli far fare compagnia ai legni volanti - Nessuno aveva mai detto che gli Scogli Scomodamente Stazionati fossero ancorati al fondale. Erano Scomodamente Stazionati mica per nulla.
Tante testoline umane emersero dalle finestre del panfilo, un vociare intenso riempì l'aria.
«Basta! È la terza volta che la nave si schianta qui!»
«Signora mia, mi creda, non vedevo uno schianto simile dall'altroieri.»
«Che bello! Lo rifacciamo?»
«Evacuare la nave! Ripeto, evacuare la nave! Abbiamo sette ore prima che la nave si inabissi, i tempi sono stretti!»
«Ma perché non la recuperano, invece di farla inabissare?»
«Perché ci vorrebbero sette ore e cinque minuti, caro, non farebbero mai in tempo!»
Lovino si gettò in acqua, mentre le zattere venivano fatte calare con tutta la calma del mondo - Qualche umano si buttò direttamente in mare, ché la spiaggia era a trenta secondi di nuoto.
«Quaranta.» Sorrise, trionfante. «Quaranta tonde, stronze!»
"Quanto sono teVVibili Scilla e Cariddi", "Quanto è spaventoso lo stretto tra Scilla e Cariddi" - Ma quelle due non erano niente, niente in confronto al principe Lovino del Regno del Mare! Quaranta navi affondate in appena sei mesi, danni economici a profusione (solo e soltanto per chi poteva permetterseli) e ogni singolo passeggero illeso e nel pieno possesso dei propri effetti personali! Ci voleva una tecnica raffinata per arrivare ad un simile traguardo, mica come quelle due rozzone! La fama dell'efferatezza del principe Lovino avrebbe fatto il giro dei Sette Mari e tutti - tutti! - l'avrebbero temuto e rispettato, molto più di Scilla e Cariddi!
Dato che ci sarebbero volute sette ore prima dell'inabissamento, Lovino aveva tutto il tempo per vedere fin dove fossero arrivati i legni sparati dall'impatto. L'ultima volta, il più lontano aveva raggiunto un punto indefinito molto lontano, e lui sperava che, prima o poi, almeno uno raggiungesse un punto abbastanza identificabile da potergli dar modo di vantarsi. Insomma, un conto era dire «È arrivato in un punto indefinito molto lontano!», un conto era dire «È arrivato fino alla Gretta Grotta Grama!». Come facesse poi una grotta ad essere gretta e grama, lo sapevano solo gli umani. Per lui, quello era solo un grottino buio. E ci stava pensando perché, proprio in quel momento, un'asse di legno fresca di volo galleggiava a pochi metri dalla Gretta Grotta Grama. Ancor di più, davanti alla Gretta Grotta Grama, c'era una barchetta.
Grande quanto un polpo sovrappeso, la barchetta altro non era che una bacinella di legno infilzata con un bastone, a cui era stato attaccato un fazzoletto nero. Un altro bastone era stato attaccato a mo' di sperone, e legato con una corda. L'altro capo della corda era dentro la Gretta Grotta Grama.
«... Ma che cazzo?»
Lovino si avvicinò. D'accordo, era una trappola. Stupida, ma pur sempre una trappola. Di certo non era l'imbarcazione privata di una fata o di uno gnomo - Loro avevano buon gusto, quell'accozzaglia di legno e disperazione non era certo opera di qualcosa di diverso da un umano scemo.
La trappola stupida iniziò a muoversi, trascinata placidamente in direzione del grottino buio. Dunque c'era qualcuno, nel grottino buio. Qualcuno che aveva notato che il suo fallimento miniaturistico aveva attirato l'attenzione di qualcun altro.
Doveva sapere. Doveva sapere chi fosse tanto coglione da fare una cosa del genere. Il fatto che la temibile trappola fosse stata posta nelle vicinanze degli Scogli Scomodamente Stazionati non lasciava troppi dubbi al fatto che fosse apposta per lui. Doveva trattarsi di uno di quelli a cui aveva fatto schiantare la nave - Dunque un idiota già certificato. Si immerse del tutto e seguì il guscio di noce gigante. Avrebbe potuto semplicemente seguire la corda, ma non era così crudele da infierire su un'autostima tanto bassa - per ora.
L'imitazione brutta di una nave si fermò, infine, a ridosso di una parete rocciosa. Lovino riemerse quel tanto che bastava per dare un'occhiata. L'interno del grottino buio era buio. E questo era confortante, perché il contrario l'avrebbe destabilizzato. Ad onor del vero, non era proprio buio: era un'intensa penombra, a causa della luce che entrava dai diversi buchi di diversa grandezza che crivellavano la superficie curva del grottino. La composizione novanta per cento acqua e dieci per cento semicerchio di roccia largo un metro scarso rendevano il grottino molto poco accogliente per creature che necessitavano di superfici solide per deambulare.
Eppure, esattamente davanti a dove si era fermata la barchetta fallita, c'era un baule. Un baule integro, dal legno non gonfio né rovinato, dal metallo non ossidato, privo di muschi e piante di cui a nessuno importava niente. Lovino si avvicinò. A meno che l'autore della temibile trappola non fosse un bambino, difficilmente si sarebbe potuto infilare là dentro per tendegli un agguato - Soprattutto, non avrebbe potuto tirare la corda. A meno che non ci fosse stato un complice. Qualora avesse scoperto che quel piano fosse frutto di più di una mente, Lovino avrebbe avuto la prova definitiva della deficienza umana.
Allungò le braccia verso il baule. Non era chiuso a chiave. Ma, dalla sua posizione, non sarebbe mai riuscito a sollevarne il coperchio. Sospirò. Di certo l'umano idiota doveva starlo guardando - Dove fosse nascosto non gli importava. L'unica cosa: quel baule aveva acceso un microscopico lume di curiosità. Perché cazzo gli aveva messo un baule? Perché non attirarlo nella grotta e lanciargli una rete? Perché un baule? C'era forse qualcosa di ancora più stupido, dentro?
Non c'era abbastanza spazio, su quel semicerchio di roccia, per sedersi accanto al baule. L'umano l'aveva messo in un punto infame, uno sputo pietroso incastonato tra grossi sassi. Forse c'era un significato nell'averlo posizionato lì, forse gli era solo sembrato carino. A prescindere, quell'umano iniziava a fargli sempre più pietà. Data la posizione ridicola, non poteva che approfittare di quelle due spanne di pietra orizzontale tra il baule e l'acqua.
Posò le mani sulla roccia, fece leva sulle braccia e le pieghe delle code atterrarono sul duro - e fecero un po' male. Quel bastardo l'avrebbe pagata. Altro che Scogli Scomodamente Stazionati. Finalmente potè aprire il baule.
La curiosità si spense. Quel baule poteva dirsi vagamente interessante solo perché intero e con colori originali, ma il suo interno era monotono - L'ennesimo baule ricolmo di dischetti gialli. Migliaia e migliaia di inutili dischetti gialli. Affondò una mano e ne riemerse con tanti dischetti gialli. Erano tutti incisi con le stesse cose, quindi non erano neppure pezzi unici o rari. Tutte le navi avevano quel tipo di baule, tutti rigorosamente pieni di dischetti gialli. Era una qualche superstizione? Un'offerta votiva? Erano troppo duri per essere mangiati, quindi cosa ci facevano?
«Quindi»
Giusto. C'era un umano, lì. Se n'era quasi dimenticato, negli ultimi cinque secondi. Era trasalito solo perché i suoi pensieri erano stati interrotti di colpo, non certo perché si era spaventato.
«sei tu la sirena che sta facendo naufragare le navi qui a Forlì.»
"Forlì?" Lovino si voltò in direzione della voce. "Ma siamo a Napoli, cazzo dice 'sto demente?"
L'umano era uno solo. La cosa lo rincuorò un pochino. Era un uomo ed era alto. La cosa lo irritò un pochino. Di certo non sarebbe rimasto accovacciato davanti ad un fallito. Si aggrappò al baule e fece scivolare le code fino a far toccare le pinne alla roccia. Si alzò. Quanto cazzo odiava farlo. Ora era pure costretto a rimanere nei dintorni del baule, ché col cazzo sarebbe rimasto in perfetto equilibrio per più di dieci secondi. Si rese conto che l'idiota rimaneva più alto. E che cazzo.
«E tu sei la mente sopraffina dietro questa trappola.»
«Hai capito che era una trappola.»
Parlare di filosofia esistenziale con una massa di plancton era più gratificante.
«Sono stupito.»
Lovino avrebbe voluto specificare che la frase corretta sarebbe dovuta essere "Sono stupido", ma aveva notato che anche l'umano, come lui, aveva un pugnale. Non era una spada e neppure una pistola, ma sapeva che certi umani, i pugnali, li lanciavano e voleva evitare di ritrovarsene uno in testa.
«Pensavo fossi una sirena.»
No, d'accordo, quell'imbecille era un caso perso, pugnale volante o meno. «E invece sono un fenicottero. Incredibile, vero?»

Quel che il capitano Carriedo intendeva - Ed è ovvio che l'umano in questione sia il capitano Carriedo - era ben lontano dalla scarsa intelligenza che Lovino gli attribuiva - Se a ragione o a torto, non è il caso di approfondire.
Antonio aveva rifiutato la coraggiosa offerta di Gilbert perché forte della sua sicurezza di essere immune al fascino della più bella delle donne. Il fatto che la sirena fosse un uomo non poteva che essere una punizione divina per la sua superbia: d'innanzi a quell'evidenza, la forza e la vulnerabilità di lui e Gilbert s'invertivano.
Il capitano Carriedo comprese quanto grande fosse il suo peccato di superbia quando, seppur nella penombra, indovinò le fattezze della sirena. Se non fosse affogato quel giorno, poteva dirsi certo che non sarebbe affogato mai.


«Non cercare di ingannarmi.» L'umano gli puntò contro il pugnale. Almeno, non sembrava volerlo lanciare. «So come sono fatti i fenicotteri.»
Lovino appoggiò i palmi al muro. Gli serviva un sostegno più stabile, ché lì si toccavano vette altissime.
«Qual è il motivo che ti spinge a fare una cosa simile?» Prima che potesse rispondere, l'idiota aggiunse: «A parte la tua natura di sirena.»
«Tritone.» Non poteva aspettarsi che un simile luminare conoscesse i termini corretti, quindi era meglio aiutarlo. «Perché lo faccio, mi chiedi?» Lui, come tanta altra gente prima di lui. «Perché è divertente.»
Lo scemo non disse nulla. Si limitò a guardarlo. Poi, finalmente, riprese vita. «Una motivazione piuttosto discutibile.»
«Nah.» Si puntellò sulle pinne. Le code iniziavano a cedere. «Sarebbe stata discutibile se ti avessi risposto di amare il suono delle urla disperate degli esseri umani o qualche cagata pseudosadica del genere.»
L'idiota non disse nulla, di nuovo. O non sapeva come rispondere, o aveva bisogno dei suoi tempi. Era quasi uno spreco che un tonto di tali proporzioni sembrasse avere un aspetto quasi gradevole - Per quanto gradevole potesse essere una creatura senza scaglie né pinne e con quattro arti troppo simili tra loro senza essere tentacoli.
«Qualunque sia il motivo,» Il cretino era uscito dalla sua bolla di pensieri - Forse, in effetti, le pause erano dovute allo stupore dato al percepire la presenza di un pensiero di senso compiuto. «smettila.»
«No.»
Tutto si sarebbe aspettato tranne un'espressione sorpresa. Con lui, le persone s'incupivano, si arrabbiavano, o alzavano gli occhi alla superficie. Forse anche lui era rimasto sorpreso da quell'espressione sorpresa.
«Non pensi di aver fatto abbastanza disastri?» Lo scemo tornò all'attacco. Verbale, non fisico. Aveva ancora un pugnale. «E poi non inizia a mancare spazio, là sotto?»
«Figurati.» Tamburellò le dita sul muro. Sperò davvero che l'umano stupido non si accorgesse del tremore alle code. «Tu, piuttosto. Perché sei così deciso a farmi smettere? Spirito di giustizia?»
«Trenta delle navi che hai affondato erano mie.»
Oh. Questo era un dettaglio molto più interessante. «Trenta.» ripetè. Gli sfuggì un sorriso soddisfatto. «Sei ufficialmente il mio cliente più affezionato.» Le code erano ormai al limite. Si sarebbe volentieri ributtato in mare, ma quell'ultimo dettaglio era troppo divertente per non infierire. «Come vuoi ripagarmi?» Indicò il pugnale con un cenno. «Vuoi uccidermi?»
«Era effettivamente l'idea iniziale.» confessò il cretino: «Però non sapevo se voi sirene foste una specie protetta e non avevo voglia di pagare penali.»
Lovino inarcò un sopracciglio. «Avresti potuto chiedere a qualche ente.»
«L'ho fatto, ma la risposta mi arriverà tra sei giorni e io ho bisogno di fermarti ora.» Una breve pausa. «Sei per caso una specie protetta?»
«E io che cazzo ne so.»
«Sarebbe educato informare le creature se sono specie protette o meno.» Un ragionamento degno di Feliciano. «Ciò mi fa propendere per il no.»
«Se questa era l'idea iniziale» Meglio distogliere l'attenzione, ché il deficiente rimaneva armato e dichiaratamente intenzionato a procurargli dolore fisico. «qual è l'idea finale?»
«Catturarti.»
«Mh.» Niente di originale, insomma. «E, dopo avermi catturato, cosa faresti?»
«Questa è la parte su cui devo ancora lavorare.» Lovino non sapeva se essere colpito o meno da tutta quella sincerità. Soprattutto, non sapeva se esserne colpito in positivo o in negativo. «Ti metterei in una vasca, suppongo.»
«E poi...?»
«Ci avevo pensato, ma ora non me lo ricordo.»
Oh. Forse c'era un altro motivo per cui quel coglione sembrava tanto rincoglionito. Come aveva fatto a non pensarci subito?
«Ti lascio al tuo piano.» In una qualsiasi altra situazione, sarebbe rimasto e sarebbe andato più a fondo. Magari avrebbe potuto tenere d'occhio quell'imbecille, e rimandare tutto ad Una Qualsiasi Altra Situazione. Magari sarebbe stato così rimbambito da dimenticarsi i suoi entusiasmanti intenti ai suoi danni. «Fammi sapere se ti torna in mente, eh! Addio!» Si lasciò cadere in acqua. Finalmente, le code ebbero tregua, e poterono sgranchirsi.
Sarebbe dovuto essere un momento di sollievo, se solo non avesse sentito una morsa stritolargli un polso, e strattonarlo verso l'alto. Una fitta al braccio, e si ritrovò con la testa fuori dall'acqua, fin troppo vicino ad un umano stupido che si era lanciato in mare per afferrarlo.
Quello poteva essere un problema.
«Ma che caz-»
«Ho detto che ti avrei catturato» gli ricordò il mentecatto: «ed è quello che ho intenzione di fare.»
Lo sguardo andò all'altra mano. Il pugnale non c'era più. Perfetto. Serrò il pugno libero e colpì in faccia l'umano. La presa sull'altra mano non diminuì - Anzi, si fece ancora più serrata, costringendo le sue dita ad aprirsi. Gli conficcò una coda nello stomaco e diede uno strattone con il braccio. Non riuscì a muoversi di un centimetro. Una fitta all'altro polso. Quand'era che gli aveva afferrato anche quello?
Fu lui ad essere strattonato, stavolta, e finì con lo schiantarsi addosso al deficiente. Se l'era spalmato addosso pur di non dargli modo di prenderlo di nuovo a codate. Tirò indietro la testa, per poi abbatterla sulla fronte del demente. Ancora una volta, non lo lasciò.
«Ma non potevi» Lovino ansimò. Troppo movimento tutto insieme. «lanciarmi una rete e basta?»
«Per farmela tranciare dal cimitero di navi qua sotto?»
Evidentemente, gli umani non avevano il senso della profondità. Meglio così.
«Bene.» Scoccò uno sguardo di sfida all'imbecille. Quello non sembrava affaticato - Sembrava, semmai, piuttosto offeso dal fatto che la creatura che aveva minacciato prima di morte poi di rapimento avesse cercato di scappare e l'avesse ripetutamente percosso. Percosse che, in realtà, non sembravano aver avuto troppo effetto - Difficile dirlo a livello fisico, in penombra. «Ora pensi di trascinarmi via com-»
La sua supposizione era stata corretta. Gli umani sapevano essere troppo prevedibili. Soltanto, non si aspettava arrivasse subito al punto - E anche con un certo trasporto.
Dovette interromperlo lui, quel bacio, perché gli stava venendo da ridere. «Ah, capisco.» Lasciò andare la risata. «Sei di quel tipo.»
«Voi sirene-»
«Tritoni.»
«-dovreste esserci abituate.»
«È raro che qualcuno di voi stupidi umani ottenga ciò che vuole, quando ci vede.» Lo guardò negli occhi. Erano verdi, come i suoi. Una coincidenza curiosa. «Lasciami.»
«Subito.» Allora anche quel demente era capace di ironia!
«Stammi a sentire, coso.» Poggiò la fronte contro la sua, stavolta senza intenzione di fracassargliela. «Sei l'umano più esteticamente accettabile in cui abbia avuto la sfortuna di imbattermi.» Un sussurro. «E non avrai alcun complimento più grande di questo in tutta la tua vita.»
«Ti ringrazio, sono onorato.» Non sembrava dovutamente colpito. «Ma non ti lascerò andare.»
«Non hai capito, ma la cosa non mi sorprende.» Gli avvolse le code alla vita. «Quindi te lo dirò in modo che anche tu possa capire.» Abbassò la voce. «Le mani mi servono.»

Non c'era un confine tra curiosità e buonsenso, soprattutto se c'era di mezzo qualcosa di divertente. Lo sapevano entrambi, così come entrambi sapevano che quello scambio di frasi sarebbe rimasto solo un insieme di parole dette con superficialità, e che non avrebbe mai portato a qualcosa di concreto.

Forse confidando nel fatto di essere prigioniero delle sue code, forse confidando nella sua apparente velocità di nuoto anche con tutte quelle vesti addosso, l'umano gli lasciò andare le mani. Lovino fu di parola. Infilò le dita tra i capelli - Erano ricci ed erano bagnati, una consistenza un po' bizzarra ma piacevole - e riprese il bacio interrotto poco prima. Spinse l'umano sott'acqua, con la bocca, con le mani e con il busto. Non aveva mai baciato un umano. Non sembrava troppo diverso da un tritone. Era strano sentire dita separate tra loro, come tanti piccoli tentacoli ossei, e pelle liscia che scivolava al tocco.

Tutto quello era solo e soltanto un gioco che presto sarebbe finito. Nient'altro che una manciata di minuti per spaventare uno sciocco umano.

Ah. Da quant'erano sott'acqua? Aveva perso il senso del tempo. Si scostò. L'umano sembrava ancora vivo. Gli lasciò andare la vita e lui, con assoluta calma, risalì in superficie. Lovino lo seguì, e riemerse quel tanto che bastava per vederlo in faccia. Era in penombra, ma era piuttosto sicuro non fosse blu. Quasi gli sembrava di sentire la voce di Feliciano - «Controlla se gli si stanno staccando i piedi!». Quanto cazzo erano delicati, gli umani?
Fece emergere tutta la testa. «Ma tu non saresti tipo dovuto morire male?»
L'umano gli rivolse un gran sorriso. Forse non era annegato, ma qualche danno mentale doveva averlo subito. O forse era così di natura. «Posso stare in apnea almeno venti minuti!»
E niente. Cosa doveva rispondere ad una frase del genere? Si sentì di nuovo trascinato, stavolta in modo meno violento.
«Volevi affogarmi.» Non era neanche una domanda.
Lovino scosse la testa. «Non ammazzo gli umani. Che schifo.»

Entrambi sapevano bene che non ci sarebbe stato nulla di

«Oh, perfetto, allora.» Stavolta fu lui a spingerlo sott'acqua. Forse era scemo, forse gli piaceva soffrire. Qualunque fosse la risposta, a Lovino piaceva stare sott'acqua, quindi poco gli importava.

Entrambi sapevano

C'erano troppe stupide stoffe di mezzo, perché gli umani erano troppo stupidi per regolarsi con le cose da indossare. Era una fortuna che la loro pelle senza scaglie fosse tanto scivolosa. Lo ricatturò con le code, e con le mani, e lui fece altrettanto con i suoi stupidi tentacoli d'osso.

Sentite, vaffanculo.

*



Gilbert passeggiava sulla spiaggia - O meglio, ciondolava senza meta lungo la spiaggia, gettando di tanto in tanto occhiate alla nave incagliata sugli Scogli Scomodamente Stazionati. Il futuro relitto era circondato da persone di varia età, sesso ed estrazione sociale, tutte intente a prelevare pezzi a caso della nave come souvenir - Con il passare dei naufragi poco casuali, gli aveva detto Manon, gli abitanti sembravano diventati esperti utilizzatori di fiamme ossidriche. C'era anche una delegazione del museo nautico locale che, gli aveva detto Abel, ormai aveva aperto un'intera ala dedicata - Come distinguessero i naufragi da sirena da quelli casuali, Gilbert non lo sapeva, ma supponeva che la verità passasse in secondo piano rispetto alla quantità e alla pubblicità. Oppure, semplicemente, nessuno nel pieno delle proprie facoltà mentali percorreva metri e metri fuori rotta apposta per buttarsi sugli Scogli Scomodamente Stazionati. Non aveva idea di quanto ci avrebbe messo la nave ad affondare, quindi si astenne dallo gettarsi al recupero di futuri reperti archeologici. Tra l'altro, gli aveva detto Lucilin, il traffico di reperti archeologici non era granché redditizio, data la loro altissima reperibilità.
I suoi pensieri furono spazzati via quando notò un cadavere sulla spiaggia. Ci vollero pochi istanti per riconoscerlo. «Oddio, m'hanno ammazzato Antonio!»
Corse da lui, e s'inginocchiò sulla sabbia. Metà faccia era gonfia, sulla fronte sembrava esserci l'ombra di un bernoccolo. I vestiti erano mezzi aperti, e sulla pelle spiccava qualcosa di simile a ferite circolari.
«Oddio.» Lo afferrò e lo scosse. «I creditori l'hanno trovato e gli hanno preso un rene!» Scostò la camicia. Quelle ferite ricordavano spaventosamente dei morsi. «E poi l'hanno gettato in pasto agli squali biscotto!»
«Gil, sono vivo.»
Vivo ma molto rimbambito. Più del solito, almeno. Non sembrava voler tornare nel mondo dei vivi di lì a breve, ma Gilbert voleva sapere. «Ma che cazzo è successo?»
Antonio riaprì gli occhi e scattò a sedere. La nave incagliata era esattamente davanti a lui, metri più avanti. «La sirena...»
Metà di Gilbert era stupita dalla repentina vitalità del moribondo. L'altra metà, però, prese il sopravvento. «La sirena?» Lo afferrò di nuovo, ma con un impeto diverso. «L'hai incontrata? Ma non eri andato solo a chiedere se fossero specie protetta?»
«È stata una decisione dell'ultimo momento.»
«Ed è pure sparita quella barchetta orrenda che hai fatto ieri sera!»
«Me l'ero portata dietro. Metti che avessi deciso all'ultimo momento di andare dalla sirena.»
«No, aspetta, chissene fotte della barchetta.» Gilbert scosse la testa. «Com'era la sirena? È lei ad averti ridotto-»
«Era bellissimo.»
Un'unica affermazione aveva rivelato troppe cose. La prima era che la sirena era un tritone. La seconda era che Antonio era un fallito. La terza era che quella voce sognante non poteva che essere la testimonianza della sua sconfitta.
«Ma porca puttana!» Gilbert lo lasciò andare e si sedette sulla sabbia. «Meno male che mi hai fermato, allora. Ci sarei rimasto di merda nel trovarmi un tritone.»
«Sì. Sono stato molto arrogante, e sono stato punito.»
Il quartiermastro gli sventolò una mano davanti agli occhi. Il capitano lo guardò, interrogativo. Almeno reagiva ancora agli stimoli esterni.
«Ci metterai un po' a disintossicarti.» affermò Gilbert, saggio: «L'ammaliazione da sirena è dura. L'importante è non consumarsi dal desiderio. So che ora ti metterai a fantasticare di poterlo sfiorare, o dargli un bacio, ma-»
«Me lo sono fatto.»
«-non devi lasciare che questi pensieri- Was?» L'acuto non era previsto.
«Me lo sono fatto.» Lo ripetè come se fosse la cosa più normale del mondo.
Gilbert non si azzardò neppure a chiedere se stesse scherzando. Il capitano non era tipo da scherzare - Non perché gli mancasse senso dell'umorismo, ma perché spesso le sue azioni trascendevano la barzelletta e la più incredibile delle stupidaggini era un fedele resoconto della realtà. E Gilbert era certo che quella frase non facesse eccezione.
«Ti sei scopato un pesce?» Spalancò le braccia, non sapendo cos'altro fare. «Così, di botto, senza senso!»
«C'era più di un senso, Gil.» Antonio era incredibilmente serio. Con lo sguardo perso nell'empireo, la voce sognante e la faccia di chi era stato gonfiato di botte, ma incredibilmente serio. «Era bellissimo.»
«Ma guarda come sei ridotto!» Solo in quel momento realizzò che quei morsi non potevano essere di squali biscotto. «Ti ha pestato e sbranato!»
Il capitano si passò una mano sulla guancia. Poi si diede un'occhiata ai vestiti. Forse stava iniziando a tornare nel giusto piano dimensionale. «Sì, ma-»
«Era bellissimo. Ho capito.» Piegò una gamba, puntò un gomito contro il ginocchio e posò la testa sul palmo. «Almeno non sarai perseguitato dal desiderio di toccarlo. Però...» Non riuscì ad evitarsi una nota di preoccupazione. «Lo sai che, se si è fatto toccare, è perché voleva tenerti a bada, sì? Non pensare che possa provare-»
«Gil.» Bene, era tornato alla realtà. Conservava ancora qualche traccia di rimbambimento, ma nessuno se ne sarebbe mai accorto. «Era solo bellissimo. Lo so che le sirene non hanno un'anima, non credo possano neppure provare emozioni effettive.»
Gilbert annuì, piano.
«E poi» Antonio toccò uno dei morsi. Forse si sarebbe dovuto far vedere. «era un bicaudato.»
«Oh, giusto.» Gilbert annuì con più decisione. «So che ce ne sono di bicaudate, da queste parti.» Ci pensò un attimo. «Gran porche, le bicaudate.»
«Magari ne troverai una anche te. Femmina.»
Il quartiermastro sbuffò. «Senti, non mi illudere. Sto ancora digerendo il fatto di essere la persona più magnificamente normale, qua in mezzo.»
Uno sguardo interrogativo.
«Eh, non lo so!» Indicò il castello. «Là ci sono due finti fattoni che cercano le pernici, qua c'è un demente che si scopa i pesci.»
«Stanno ancora cercando le pernici?»
«Tu non vuoi sapere cosa stanno facendo.»
«Ma anche tu vuoi scoparti un pesce.»
«Perché io sono Magnifico e posso!» Riportò le mani alla sabbia. Lanciò un'occhiata ad Antonio. «Comunque.»
«Sì?»
«Com'è scoparsi un pesce?»

*



Ludwig era certo di non essere mai stato nei guai come in quel momento.
Non solo aveva perso di vista il principe Lovino per ore intere, ma una nave era finita sugli Scogli Scomodamente Stazionati, e le probabilità che fosse opera dell'erede erano pari a Ovvio.
Doveva ritrovare il principe Lovino, e doveva farlo prima che la nave divenisse relitto. Feliciano gli aveva suggerito di non riportare al re la caduta di una nuova nave ma, se re Romolo avesse scoperto che alla sua lista di trascuratezze spiccava anche l'aver taciuto, l'esilio non gliel'avrebbe tolto nessuno.
«Tranquillo, Ludwig!» gli aveva detto Feliciano, deciso come non mai: «Se il nonno ti esilierà, io ti seguirò!»
Ludwig sapeva che Feliciano l'aveva detto per rincuorarlo, ma la verità era che gli aveva dato un ulteriore motivo di panico. Ovviamente, lui non gli avrebbe mai permesso di seguirlo ma, a volte, la testa di Feliciano era più dura di un carapace e nulla gli avrebbe vietato di andare a cercarlo.
Non aveva seguito il principe Lovino. Il principe Lovino aveva fatto schiantare un'altra nave. Lui avrebbe potuto tacere. Il suo esilio avrebbe potuto portare alla sparizione del secondogenito.
Doveva trovare il principe.
Quella mattina erano tutti e tre insieme, erano andati da Francis e, sempre tutti e tre insieme, erano andati a sbrigare delle commissioni per lui. Poi Feliciano aveva iniziato a parlare e, quando infine si erano voltati, Lovino era sparito. Non "sparito" nel senso "si era allontanato", "sparito" nel senso di "scheiße!".
L'aveva cercato nei luoghi più probabili - La sua torre, la torre di Feliciano, la sua grotta (Non era raro trovarvi il principe intento a mettergli ricci di mare sul letto o nella corazza di ricambio), l'area attorno agli scogli - e in quelli meno probabili - La sala del trono. Ormai non gli rimaneva che vagare, lasciarsi trascinare dalla corrente, e cercare di ricordare se nel Regno del Mare fosse ancora in uso la pena di morte.
Si bloccò. Qualche divinità marina doveva aver ascoltato le urla della sua voce interiore.
Mai come in quel momento era stato felice di vedere lo specchio rabbioso di Feliciano. Si avvicinò, e si guardò intorno. Erano nei pressi di quella che gli umani chiamavano Grave Grotta Grata, o qualcosa del genere. Certo, non era distante dagli scogli, ma perché il principe era lì? Non sembrava neppure troppo rabbioso. Se ne stava sul fondale, ad osservare quasi annoiato una montagnola alta neppure un metro che sbuffava acqua calda. Doveva essere rovente, in verità. Se non altro, il principe sembrava abbastanza lontano da non cuocersi.
Si schiarì la voce, per attirare la sua attenzione. Lovino si voltò verso di lui, piano. Non lo investì con una carica di insulti, né lo guardò male. Era una pura occhiata di sufficienza, con una certa sfumatura di disprezzo. Doveva essere di buonumore.
«Avete nuovamente provocato un naufragio, principe.»
«Mentre tu non stavi guardando, mio fedele pescecane da guardia.»
Una cosa che apprezzava di Lovino - L'unica. - era il suo inesistente desiderio di rimanere in sua compagnia, fatto che lo portava ad essere molto diretto.
«Sono colpevole.» Ludwig dovette riconoscerlo. «E sono pronto a ricevere la giusta punizione.» Non proprio, ma non era necessario che il principe lo sapesse. «Tuttavia, non pensate di-»
«Feliciano farebbe un sacco di storie.» Lovino distolse lo sguardo. Se per non vederlo oltre o se perché rapito dalla montagnola, potevano essere entrambe ipotesi giuste e sbagliate al tempo stesso. «Facciamo un patto, ti va?»
Ludwig sospirò. Avrebbe dovuto riportare tutto a re Romolo e accettare la punizione che gli sarebbe stata inflitta. Tuttavia, né lui né Lovino né Feliciano erano bendisposti ad accettarla, cosa che avrebbe reso inutile il fine correttivo della punizione.
«Ditemi prima i vostri termini.»
«La nave qui sopra è stato un puro incidente.» disse Lovino: «Tu eri con me e puoi testimoniarlo. Con noi c'era anche Feliciano. Non avrà problemi ad essere complice.»
Un accordo sensato e che non avrebbe arrecato danno a nessuno. Rimaneva un unico, piccolo problema.
«È un patto onesto.» Era difficile ammettere un errore tanto grande, ma era vitale per il buon fine di quell'accordo. «Tuttavia, più di una persona mi ha visto in compagnia del solo Feliciano.»
Il principe Lovino tornò a guardarlo. Stavolta era puro disprezzo. «Ma allora sei proprio coglione.»
«Stavolta ammetto di meritarmelo.» Più di una persona poteva confermare la sua assoluta serietà lavorativa. La presenza di Feliciano, però, lo portava a prolungati periodi di distrazione.
«È un passo avanti.» Si voltò del tutto verso di lui. «Per fortuna, ho la soluzione anche a questo.»
«Ditemi.»
«La nave qui sopra ha attirato un bel po' di curiosi.» Logico. «Tra loro, c'era un umano di mio gradimento. Voi due mi avete lasciato da solo con lui perché, in caso contrario, sareste stati disgustosi.»
Ludwig era certo di essere diventato del colore della sua corazza. «Arrivate a dire simili bugie pur di-»
«Non è una bugia.»
... Poteva ragionevolmente dire che quella giornata fosse piena di emozioni. «Avete sedotto un umano?»
«Con la mia sola presenza e senza neppure sforzarmi!» Il principe gli scoccò uno sguardo trionfante. «Non che stamattina mi sia svegliato con l'idea di farmi un umano, ma...» Alzò le spalle. «Gioisci, decapode imbalsamato. Ho un nuovo passatempo in cui la tua presenza è tutto tranne che richiesta.»
Ludwig deglutì. Si era distratto per un paio d'ore ed era successo di tutto. «Re Romolo vi crederà?»
«Al nonno importa solo che non caschino navi.» Mise le braccia conserte. «Se non ci saranno incidenti per un po', si scorderà pure di chiederti di fare rapporto.» Un'osservazione corretta.
Non sembrava esserci nulla di pericoloso, in quell'accordo. I vantaggi erano multipli, gli svantaggi inesistenti. L'unico a perderci sarebbe stato l'umano vittima del principe, ma re Romolo non avrebbe mai vietato ad una sirena di sedurre un umano e di farne ciò che voleva. Sì, era un buon accordo.
Allungò la mano. Lovino la strinse.
«Potrei dire che è un piacere fare affari con te» Il principe ritrasse la mano. «ma non sarebbe vero. La tua visione mi irrita.» La sventolò. «Sparisci.»
«Principe Lovino.»
«Cazzo vuoi, ancora?»
Non era una cosa bella da dire, ma non poteva non farlo. «Temo che potrò lasciarvi solo soltanto a partire da domani. Oggi avete comunque avvicinato una nave agli scogli.»
L'espressione di Lovino mutò in una di disgusto. «Quindi dovrò rimanere tutto il resto del giorno con te e quell'altro stordito.»
«Temo di sì, principe.»
«... Ma porca puttana.»

*



«Dunque» Arthur guardò le due piccole murene d'innanzi a lui. «cosa avete scoperto?»
«Cose noioooose!» Alfred allargò le braccia, come a voler dare una grandezza alla noia. «Re Romolo parla con una sirena diversa ogni ora!»
«Il principe Feliciano trascorre tutto il suo tempo con il capo delle guardie.»
«E il principe Lovino si sbaciucchia gli umani!» Buttò fuori la lingua. «Bleah, che schifo!»
«Anche il principe Feliciano e il capo delle guardie-»
«Infatti, che nooooia!» Alfred sbattè la coda a terra. «Pensavo che la vita dei re e dei principi fosse figa, invece è una palla!»
Arthur si tolse il bicorno nero e si grattò la testa. Che re Romolo fosse un donnaiolo era risaputo, che i principi fossero ancora in fase adolescenziale pur avendo superato la maggiore età da un po' gli mancava. O forse era una famiglia di pervertiti, chi poteva dirlo.
«Spero» disse, piano: «non siate rimasti a spiarli, allora.» Alfred e Alfred Due erano ancora piccoli, non dovevano vedere certe cose!
«Ma ti pare! Che schifo!» Di rado aveva visto un'espressione di tale disgusto sul viso di Alfred. A sua memoria, l'ultima - e unica - volta era stato quando aveva accettato i suoi biscotti di more fermentate.
«Eravamo piuttosto sicuri che né il principe Lovino né il principe Feliciano avrebbero offerto occasioni adeguate.» Alfred Due rimaneva immobile accanto al fratello esagitato. «Quindi siamo andati da papà Francis.»
Arthur quasi si strozzò con il nulla.
«Ah, a proposito!» si ricordò Alfred: «Ci ha detto di chiederti se sei libero domani sera.»
«Per l'amor d'Abisso, no!» I tentacoli si inarcarono, le punte si arricciarono. «Lo sapete che dovete sempre rispondere di no!» Era Francis a dover accettare un suo invito - quando e come gli saltava in testa di fare una simile follia -, non certo il contrario!
«Ad ogni modo.» Doveva cambiare argomento, ché Francis lo faceva rabbrividire con la sola pronuncia del suo nome. «Nonostante non mi aspettassi questa predisposizione dei principi alla natura di helostoma, devo ammettere che questa informazione potrebbe tornarmi utile.»
«Cos'è un helostoma?»
«Sssh, Arthur vuole spiegarci il suo piano, non interromperlo.»
«Avete detto che il principe Lovino è interessato agli umani, giusto?»
Alfred sbuffò. «Come re Romolo alle sirene.»
«Gli umani sono portatori di sventure.» Un sorriso troppo simile ad un ghigno gli curvò le labbra. «Sono certo che, presto o tardi, il principe Lovino verrà da me e sarà a causa di un essere umano.»
«Uffaaa!» Alfred diede una codata così forte da ribaltarsi. «E cosa vorrà? Una pozione d'amore?»
«Non so se sarebbe triste, banale o disgustoso.»
«Ma non sarebbe meglio» Alfred si raddrizzò. «se gli dessi una pozione che trasforma tutti gli umani in squali goblin e poi gli dicessi qualcosa tipo» Ingrossò la voce, aprì le braccia e assunse un'espressione truce. «"Prima che il sole cali sul terzo giorno, dovrai trovare il cristallo magico che fa tornare gli umani normali, altrimenti rimarranno tutti squali goblin!"»
«Ma, se rimanessero squali goblin, non soffocherebbero a stare sulla terraferma?»
«E si butterebbero in acqua, Matt! Sono umani, mica scemi!» Battè le mani. «Ma la verità sarebbe che» Il viso s'illuminò. «il cristallo magico ce l'avremo io e Matt e lui non potrebbe trovarlo mai e poi mai!»
Arthur guardò prima Alfred, poi Alfred Due. Nonostante tutto, li aveva cresciuti bene. Quasi si stava commuovendo.
«Purtroppo» Doveva farlo notare. «temo che il principe Lovino, secondo quanto si dice in giro, sarebbe più il tipo da rimanere seduto a guardare gli umani-squali-goblin che saltellano sulla terra per arrivare in acqua.»
Un «Oooh.» deluso quasi lo rattristò.
«Ma non temete.» Si sedette sullo scrittoio storto. «Arriverà il momento in cui avrà bisogno di me.»
«Perché ne sei così sicuro, Arthur? Non ha avuto bisogno di te fino ad ora.»
Un altro sorriso sinistro. «Perché gliela sto iettando, Alfred Due.»

.

Note:
* I titoli del capitolo vengono da Daughters of Triton / Le figlie di Tritone, e da Daughter of Evil (Aku no Musume), canzone composta da Mothy/Akuno-P e cantata dalla Vocaloid Rin Kagamine.
* La dolce canzone di Lovino è la sigla italiana di Bem, il mostro umano (Youkai ningen Bem).
* Il record umano di apnea è di ventiquattro minuti.
* «Così, di botto, senza senso!»: Da Boris.
* Le sirene bicaudate non se l'è inventate Starbucks, ed esistono come alto/bassorilievi e sculture fin dall'epoca etrusca. Conobbero una particolare diffusione in periodo romanico (X-XII secolo).
Nella quasi totalità dei casi, erano ritratte con le code divaricate, a mettere in mostra i genitali. Unito all'avere il seno nudo, erano un ovvio richiamo alla sessualità. Inutile dire che la loro funzione iniziale pagana era protettiva, per poi divenire l'ennesima incarnazione dello Dimonio con l'avvento del cristianesimo.
(Vi basta googlare "sirena bicaudata" per trovare tonnellate di articoli di ogni genere. Non ho idea del perché non abbiano una pagina Kiwipedia dedicata-)
* «Was?»: «Cosa?»
«Scheiße!»: «Merda!»
* Gli helostoma (helostoma temmincki) sono i famosi (?) pesci sbaciucchioni.

Ebbene sì, qui le sirene non sono monocoda ma bicaudate! ╭( ・ㅂ・)و (Nnnno, non si supponeva fosse un polpo di scena, è solo che nel capitolo precedente non c'era occasione di dirlo-)
Più che alle sirene bicaudate etrusche, sono più simili a Kougyoku Ren di Magi in djinn equip ([versione manga], [versione anime]) - Più versione anime che versione manga, ché nella seconda c'è più pelle che squame-
All'inizio non si supponeva avessero gonne o strisce di alghe, ma poi tutta la parte di Francis non avrebbe avuto senso, quindi eccoli un po' più coperti. *Questa cosa ha senso*
Lascio poi a voi pensare se i due scemi abbiano replicato la scena de La forma dell'acqua con apnea di settantadue ore o se siano stati a mollo ma non immersi.

Dato che il capitolo mi sembra piuttosto autoesplicativo, per stavolta niente venti metri di campi coltivati di note importantissime~
Spero sia stato di gradimento!
  
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