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Autore: SkysCadet    07/07/2022    0 recensioni
La cittadina di Filadelfia sembra un borgo tranquillo, in cui la gente comune passa la giornata senza occuparsi degli strani avvenimenti che accadono da diverso tempo. Tuttavia, Simon si ritrova - suo malgrado - a combattere per la salvezza delle anime sfuggite al potere dei Lucifer. Tra questi c'è Joshua, un ragazzo con un dono particolare. Il giorno in cui Ariel - una matricola impulsiva dell'università di Filadelfia - lo incontra per la prima volta, capisce che in lui c'è qualcosa di diverso dagli altri ragazzi. Solo un nome sembra in grado di cambiare il corso degli avvenimenti, un nome che i Lucifer non possono nominare...
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Non puoi sfuggire al tuo compito! La tua anima mi appartiene!

Erano circa le due di notte e Acab non riusciva a dormire. Incubi fatti di sangue, urla e pianto, lo avevano raggiunto anche lì, nella Chiesa di Filadelfia.

Simon poi non l'aveva raggiunto e, nell'attesa, le oscurità stavano nutrendosi del suo risentimento.

Nessuno può salvarti! Sono solo uomini e donne privi di ogni potere!

Solo noi abbiamo il potere... su tutto!

Le voci dei sui demoni custodi riempivano la mente costringendolo a colpirsi ripetutamente il capo con i palmi delle mani.

Si mise seduto nel letto stringendo i capelli tra le dita, tentò di rinchiudere quelle voci in un urlo silenzioso stretto tra i denti, per non farsi sentire da nessuno.

In quel piano del Centro, oltre l'infermeria c'erano proprio le stanze delle famiglie, la maggior parte delle quali con bambini in età scolare. Tra quelle, c'erano anche le stanze di Heliu e Lucia.

Anche lei non riusciva a dormire. Si era svegliata di soprassalto con il rumore dei colpi di Acab alle pareti; era seduta sul letto e guardava lo schermo del telefono con il labbro tra i denti, combattuta sul da farsi: se Acab avesse smesso di lì a qualche minuto non ci sarebbe stato motivo di chiamare nessuno, ma la sensazione che quell'essere potesse fare qualche danno a se stesso e quindi alla Struttura la costrinse a digitare il numero di Ariel, pur a malincuore.

Chiamando lei, sperava di placare i demoni di Acab; infatti, tutti avevano compreso che tra i due ci fosse un legame particolare, diverso e, per certi versi, insensato.

Il Corpo di Cristo avverte tutto... si disse Lucia, in attesa della risposta con il telefono all'orecchio.

Anche i Lucifer sapevano quanto fosse importante il Corpo di Cristo, ovvero l'entità spirituale formata da tutti i componenti della Chiesa, legati dal legame del Cielo a un Mandato. In quel caso, il Corpo della Chiesa di Filadelfia era talmente diventato un pericolo per l'evoluzione del potere dei Lucifer, che non sarebbe bastato far fuori solo il Capo.

In effetti, erano i corpi di tutti i residenti del Centro di Aggregazione che Acab vedeva distesi su laghi di colore scarlatto. Tutti uccisi per mano sua. Tutti. Uomini, donne, bambini.

Lei.

«No! Lei no!» urlò, sbattendo più volte la spalla contro la porta dell'infermeria.

Le mura sembravano essere scomparse dentro un vortice di fumi neri che oscuravano i suoi occhi e bloccavano i polmoni e, per un attimo, vide il volto del padre a pochi passi da lui. Senza rendersi conto di dove si trovasse realmente, cacciò via quella visione sferrando un pugno che colpì il vetro già sfregiato dell'infermeria.

Al sentire il rumore di vetri rotti, Lucia si decise a uscire. Indossò la vestaglia, girò le mandate della porta e rimase per qualche istante in ascolto. Quei vetri sembravano rompersi nuovamente sotto il peso di qualcuno che ci passava sopra; sbirciò oltre l'uscio e, nel vedere che Acab si avvicinava all'ampia finestra con passo trascinato, uscì incedendo come un soldato. «Ehi! Ehi, tu!» lo chiamò. «Cos'hai intenzione di fare? Non ti basta quanto hai già fatto?» la fronte corrugata di Lucia non sortì alcun effetto in lui, tant'è che, dopo averle rivolto uno sguardo vacuo le mostrò un mezzo sorriso. «Hai ragione, Profetessa.» il dorso della mano a sfiorare la guancia. «Nessuno soffrirà più a causa mia.»

Lucia, raggelata da quelle parole e dal suo gesto, non appena lo vide salire sul davanzale che dava sul cortile urlò graffiandosi la gola.

 

***

Il telefono di Nathan vibrava già da qualche secondo sul comodino posto alla sinistra del letto matrimoniale. Miriam, con il sonno leggero di una mamma, lo strattonò un paio di volte con voce decisa. «Nathan, è Simon! Sta succedendo qualcosa!»

La luce del telefono mostrò agli occhi ancora semichiusi di Nathan il volto di Simon, spingendolo fuori dalla stanza senza nemmeno cambiarsi.

Mentre si stava allacciando le scarpe seduto sullo scalino dell'ingresso, la moglie dai lunghi capelli biondo ramato gli si avvicinò per porgergli la giacca di pelle. «Cosa pensi possa essere successo?» gli occhi di Miriam erano lucidi. Quello le diede un'occhiata fugace mentre finiva di sistemarsi le calzature; si alzò in uno scatto e indossò la giacca ma, mentre stava per andarsene, si fermò sull'uscio. Una strana sensazione di oppressione all'altezza del petto lo irrigidì, quindi si voltò verso la moglie con il volto corrucciato. «Prega e torna a dormire.» le disse, prima di chiudersi la porta alle spalle e correre via. Lei rimase lì, a fissare il vuoto con una mano sulle labbra come un saluto mancato.

Lo squillo di un telefono aveva svegliato anche Ariel che, nel vedere il nome di Lucia lampeggiare nello schermo, avvertì gli arti raggelare sotto il peso di una consapevolezza opprimente: Acab aveva compiuto un gesto terribile. Non mise nulla per coprirsi, si gettò nella corsa così com'era uscita da sotto le coperte: una canottiera bianca e i pantaloni lunghi di una tuta di cotone. Non poteva sapere che ad attenderla al terzo piano ci sarebbe stata una folata di vento gelido.

Tuttavia, non fu il vento a farla diventare di ghiaccio e sbiancare. Acab era sul davanzale dell'ampia finestra principale e si teneva dai due montanti dondolando il capo da un lato all'altro.

Puntò poi gli occhi oltre quell'orribile scena per osservare Lucia, che piangeva e tremava, piegandosi in avanti, come a voler prendere il ragazzo e tirarlo giù. Poi, i loro occhi si incontrarono e, fu allora, che le crepe del cuore di Ariel si allargarono fino a farle avvertire schegge al lato sinistro del petto.

«Digli di scendere, ti prego...» la voce rotta e piegata come una preghiera. «Ariel!» urlò poi e, nel farlo, Acab si girò di scatto verso di lei incatenandola lì, freddata da quegli occhi disperati.

Nell'ultimo periodo, le ferite profonde del suo cuore erano state ricucite e nello stesso tempo marcate da quegli occhi. Acab aveva avuto il coraggio di sacrificare suo padre, la sua vita, ma lei non provava che odio e disprezzo per se stessa; lei che qualche ora prima aveva dimenticato tutto dentro quelle pozze blu.

«I...Io» sussurrò lei. Lei, che era sempre stata la causa di tutto. Leone di Dio... La voce di Acab nel bar dell'Università le ripiombò alla memoria insieme al suo volto sfacciato...

Leone di Dio...così come la voce flebile di Joshua mentre le rivelava che quello era il significato del suo nome...

Il mio nome...

Un pugno prepotente allo stomaco le fece mancare l'aria. Leone di Dio, siedi con me e giudica il mondo... Quindi era tutto lì, davanti a lei.

Strinse tra le mani il ciondolo al collo e si avvicinò di un passo. L'unico che può far sì che la Loggia dei Lucifer abbia una fine...

Se era proprio Acab che avrebbe portato alla sconfitta dei Lucifer e se era proprio lei l'oggetto del suo amore e se proprio quell'amore avesse smosso tutto il mondo spirituale e materiale per la salvezza di una sola persona, come avrebbe fatto lei a fermarlo dal compiere un gesto tanto sconsiderato?

«Non ti avvicinare!» aveva detto lui, lanciandole uno sguardo di fuoco.

«Non puoi manipolarmi, Acab.» gli disse, deglutendo abbondante saliva, mentre le mani non smettevano di tremare così come i suoi arti inferiori.

«Io non ho mai voluto farlo...» confessò. «Almeno non dopo il Dark Lithium» il capelli gli sferzavano il viso e la sua stabilità sembrava essere sempre più precaria.

Ariel sentì come una lama all'altezza dello stomaco. Non è vero... e come avrebbe potuto contraddirlo in quel momento? Tenne per sé quel pensiero. Ci avrebbe riflettuto solo se quella situazione sarebbe volta nel migliore dei modi.

«Santo Nome di Gesù Cristo...» Nathan era appena arrivato al piano seguito da Simon che, non appena vide il quadro della situazione, capì che era già un miracolo essere arrivato prima della tragedia. «E' proprio Lui a tenerlo fermo lì...» pronunciò il Mandato di Filadelfia, inserendosi tra Ariel e il giovane.

Gettati e vedrai che la tua speranza è solo una menzogna. Vincerò sempre io.

Era quel pensiero a impedirgli di compiere il suo progetto. «Acab...» la voce di Simon, ferma e autorevole lo fece voltare nella sua direzione. «Tutto quello che stai pensando è una menzogna.»

Acab corrugò la fronte, facendo tremolare il mento. «Perché non sei venuto? Se fossi venuto prima non sarebbe successo...»

Quelle parole... Nei ricordi di Simon, qualcuno le aveva già pronunciate prima.

«Non voglio più manipolare...»

Non voglio più...

«Essere...»

Manipolato...

La mente di Simon aveva completato quella frase già sentita in un'altra occasione. E quando, in un "Addio", il ragazzo si era sporto in avanti, l'urlo di Simon fece gelare il sangue di tutti e immobilizzare Acab.

«No! Caleb!» Simon aveva urlato quel nome ritrovandosi interdetto e col fiato bloccato in gola.

Acab era ancora lì a fissare il vuoto, con le sopracciglia aggrottate e in bilico sull'oblio, mentre quel nome non aveva fatto altro che mandare flash intermittenti nella sua mente.

Flash della vita di un bambino dai capelli neri e gli occhi azzurri, accompagnato in una notte di pioggia vicino a quel cancello grigio che ora osservava dall'alto.

«La donna aveva suonato al cancello...» iniziò a dire , con occhi persi nel vuoto. «E poi gli aveva detto:"Devo cercare di salvarti da quello che vorrebbero farti diventare". Lui non capiva. Aveva quattro anni e, mentre il cancello stava per aprirsi, si gettò alle sue gambe, bagnandosi di fango, piangendo disperato. "Mamma vieni con me! Stai qui anche tu!". La pregò, ma lei non si voltò. Lei lo strattonò, mentre...Un uomo...» in quel momento, fiotti di lacrime scaturirono dagli occhi di Acab rivolti su Simon che aveva mosso un passo in avanti con una mano davanti alle labbra e una aperta verso il ragazzo. «... Mentre un uomo... mi stringeva a sé, così forte, da farmi sentire a casa...» Gli occhi blu ormai diventati pietre lucide erano fissi su quelli di Simon, prepotenti.

«Chi sono io, Padre?»








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Bene, bene, bene...
Chi sta piangendo?
No, tu stai piangendo!

Salve a tutti i lettori silenziosi che sono arrivati fino a qui. 
Io, mentre scrivevo questa parte, mi sono commossa come non mai. 
Vorrei sapere se anche per voi è stato lo stesso. 
Riflessioni, domande? Sono qui a vostra completa disposizione. 
Aiutatemi a continuare. Basta anche una sola parola. 
Grazie a tutti.
#Pace, la vostra Skys

   
 
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