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Autore: DalamarF16    10/07/2022    1 recensioni
Si riparte dall'ultima scena dei Crimini di Grindelwald. Newt è con lo snaso nell'ufficio di Silente, dove ha modo di parlare apertamente della morte di Leta, ma anche di Theseus. E proprio in quell'ufficio, tra i due fratelli, le cose inizieranno a cambiare.
Dal testo:
I loro sguardi si incrociarono, davvero, forse per la prima volta da anni, e Newt avvicinò le loro fronti fino a farle toccare.
Theseus non si mosse, grato per quell’inusuale, ma decisamente apprezzata, manifestazione di affetto.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Newt Scamander, Theseus Scamander
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A/N: Ciao, 
questa storia parte dall fine dei Crimini di Grindelwald, ma nasce, fondamentalmente, dal cambiamento del rapporto tra Newt e Theseus per come li abbiamo visti ne "I segredi di Silente", ma non preoccupatevi, non ci sono spoiler nè riferimenti al terzo film!

Spero vi piaccia!

 



Newt seguì Silente all'interno del castello.

Era la prima volta che ci tornava da quando era stato espulso, e provò una sensazione strana e non del tutto piacevole, a essere sincero.

Un misto tra nostalgia, e qualcosa che gli bruciava dentro ogni volta che ripensava alla sua espulsione.

Certo, con gli anni se ne era fatto una ragione, aveva anche, forse, perdonato Leta per aver assistito alla sua cacciata e non essere intervenuta, anche se il sentimento che aveva provato nei suoi confronti non era più stato lo stesso.

Non a caso, non se l'era presa (troppo) quando Theseus gli aveva annunciato che la stava frequentando e, successivamente, che l'avrebbe sposata. 

Ovviamente, aveva preso da parte la ragazza e le aveva raccomandato di non illudere il fratello, aveva cercato di capire se il sentimento di lei fosse sincero, e non fosse l’ennesimo sfruttamento di uno Scamander per mettersi al sicuro.

Con suo grande, sollievo, Leta sembrava nutrire un affetto sincero per Theseus, anche se non perdeva occasione per risollevare i vecchi sentimenti. Gli aveva fatto chiaramente capire, più e più volte, che era Newt che lei ancora amava, e le sue ultime parole, il magizoologo ne era convinto, non erano state per Theseus. Era a lui, a cui lei aveva rivolto l’ultimo pensiero prima di morire, complice il fatto che, in quel momento, i due fratelli si trovassero uno accanto all’altro.

Questo, naturalmente, era un segreto che Newt si sarebbe portato nella tomba. Non avrebbe mai fatto questo a Theseus, non dopo tutto quello che stava passando.

In quel momento, era stata una fortuna che i due si trovassero vicini; Newt era certo che, se non l’avesse trattenuto a forza, a quest’ora si sarebbe trovato a piangere non solo Leta, ma anche il fratello, un pensiero su cui non si concedeva di indugiare per più di un istante, quando gli balenava in testa.

Il solo pensiero di cosa sarebbe potuto succedere era in grado di mandarlo sull’orlo del panico, nonostante i rapporti tra loro fossero turbolenti, a voler essere gentili nel definirli.

Certo, era cosciente che col proprio lavoro, Theseus rischiava ogni singolo giorno di non tornare a casa, e questo Newt lo sapeva da quando era ancora un bambino, ma pochi giorni prima, la possibilità era stata più concreta che mai, letteralmente a un incantesimo di distanza, e aveva scosso il magizoologo più di quanto fosse disposto ad ammettere perfino a sè stesso.

“Come stai?”

La voce di Silente, pacata come sempre, lo riportò alla realtà, e il suo sguardo andò al piccolo snaso, che leccava felicemente la tazza di latte che il professore gli aveva promesso e offerto nel momento in cui avevano messo piede in ufficio.

Un sorriso spontaneo gli salì al volto quando le piccole zampette cercarono di staccare con le unghie il sottile filo dorato (probabilmente di oro vero, riflettè Newt) che decorava la tazzina.

“Ehi, ladruncoletto… piano, così ti fai male.” Mormorò dolcemente abbassandosi per impedire che l’animaletto si facesse male alle unghie nel tentativo “E ricordi cosa ho detto? Non si tocca ciò che non è tuo!”

Rise, questa volta di gusto, quando lo snaso lo guardò con uno sguardo tutto impertinente, che di certo aveva imparato da Pickett, come a dirgli “beh, a Parigi però ti ho fatto comodo eh?” “Ok, ok.” Si arrese. “Hai ragione, ma non si toccano le cose degli amici!”

La parola amici gli scappò di bocca prima che potesse davvero realizzare cosa avesse detto, e subito sentì le guance in fiamme, mentre si rendeva conto che aveva appena definito il suo ex professore come un amico.

“I-i…io… mi… mi s-scusi, non… non volevo… cioè…i-intendevo…s-sa…”

Preso dal panico, iniziò a blaterare le proprie scuse, senza osare guardare in alto verso gli occhi del più anziamo che, lo sapeva, lo stava guardando attentamente.


 

Silente si ritrovò a reprimere un sorriso di fronte all’imbarazzo di Newt.

Il magizoologo non era cambiato.

Silente aveva perso ben presto il conto di quante volte si erano ritrovati, lui e Minerva, a cercare il giovane Tassorosso in giro per il castello, salvo poi trovarlo infilato in un qualche angolo a fare amicizia con qualche creatura, quasi sempre un po’ troppo velenosa per i gusti della povera giovane assistente del preside.

Allo stesso modo, Albus aveva trovato assolutamente interessante come Newt riuscisse a instaurare un legame con qualsiasi animale, trovando immancabilmente i gesti e le parole giuste per indurli a fidarsi di lui e a non usarlo come spuntino; eppure, non riusciva a mettere in fila due parole di senso compiuto quando si trattava di rapporti umani.

Non che fosse stupido, tutt’altro.

Silente aveva sempre trovato Newt brillante e dalla personalità intraprendente, fargli da insegnante non era mai stato facile, a meno di non sapere come prenderlo. 

“No, va bene, Newt.” Silente si concesse un sorriso, mentre a propria volta riportava l’attenzione dai propri ricordi, alla versione attuale del ragazzo, che ancora si affannava a cercare di mettere insieme delle scuse decenti, senza mai alzare davvero lo sguardo verso di lui. "Ho capito… va bene." Lo fermò con una voce quasi paterna. "Apprezzo la tua preoccupazione per le mie tazzine e il nostro amichetto, qui. Posso fargli un regalo? Visto che per colpa mia non ha più il ciondolo?"

Silente represse un secondo sorriso di fronte alla reazione del ragazzo alle sue parole. Il viso gli si era aperto in un sorriso spontaneo, grato, e meravigliato, come fosse stupito dal fatto che considerasse lo snaso più di un oggetto, o di un banale animaletto.

“N-non…non… è necessario…” 

Di nuovo quel balbettio.

“Vorrei farlo, col tuo permesso, naturalmente.” Albus lo bloccò di nuovo, più che altro per stoppare il nuovo flusso di parole.

Newt, questa volta, si limitò ad annuire.

Albus sorrise, ed estrasse da un cassetto uno dei cucchiaini che aveva nascosto su suggerimento del ragazzo.

Si inginocchiò vicino all’animaletto, tenendo l’oggetto bene in vista.

Lo snaso si immobilizzò, dritto sulle zampe posteriori, gli occhi puntati sul piccolo pezzo di argenteria, come ipnotizzato.

Con un gesto gentile, lo porse al piccoletto.

“Tieni, Teddy. Tutto tuo. Grazie per quello che hai fatto.”

Veloce come solo uno snaso di fronte a un oggetto luccicante poteva essere, Teddy fece sparire il cucchiaino nella propria tasca anteriore, guardando Newt con un’espressione che, Silente non aveva dubbi, era di mera ripicca.

I due uomini si scambiarono uno sguardo, poi scoppiarono a ridere.

Silente preparò un veloce tè caldo per sé e per l’ex allievo, prendendo tempo mentre il ragazzo convinceva un recalcitante snaso a rientrare nella valigia.

Il professore ricordava ancora come Newt amasse la bevanda: fruttata, ma senza zucchero o latte. Entrambi, sosteneva, alteravano troppo il sapore originario.

“Grazie…” Sorride il ragazzo, infatti, quando gli porse la propria tazza, accompagnata da un piattino con qualche biscotto che teneva sempre nella dispensa.

“Come stai?” Ripetè la domanda, conscio che lo snaso li aveva entrambi momentaneamente distratti dal rispondere.


Come stava?

Ovviamente, Silente non era mai stato uno da lasciar cadere una domanda nel vuoto, a meno di non conoscere già la risposta, e a quel punto, il silenzio sarebbe stato solo una mera conferma di quello che già pensava.

La verità era che Newt aveva una miriade di cose in quel momento, nel cuore, così come nella testa.

La morte di Leta era stata inaspettata, un fulmine a ciel sereno che, però, non lo aveva distrutto come si sarebbe aspettato, e non era così sicuro di come questa realizzazione lo facesse effettivamente sentire.

Sapeva come avrebbe dovuto sentirsi, come la società, come suo fratello avrebbero voluto che si sentisse, ma la realtà era che… non ci si sentiva.

Non era felice, sia chiaro, ma più di tutto, se avesse dovuto cercare di mettere ordine tra le proprie emozioni, se avesse dovuto dare un nome a quella che sentiva più potente, da quella sera, era la preoccupazione.

Ma non era la risposta che si sarebbe aspettato qualcuno. 

Newt era un pessimo bugiardo.

Non era mai riuscito a mentire a Silente, quindi cercò semplicemente una deviazione.

“Beh…sono stati giorni difficili” iniziò, gli occhi che vagavano curiosi per lo studio del professore, più che altro una scusa per non guardarlo negli occhi.

“Newt.”

Era durato anche meno del solito. Newt odiava quando Silente usava quel tono, quel tono che fin da quando era arrivato a Hogwarts, durante il suo terzo anno, era riuscito dove tutti gli altri, eccetto Theseus, fallivano. Ottenere che Newt lo guardasse negli occhi.

Non era duro, Silente lo era stato forse solo una volta con lui in tutti quegli anni. No, il tono dell’uomo era pacato, ma autoritario, e Newt si ritrovò, come da ragazzino, a incrociarne lo sguardo senza nemmeno accorgersene.

“Con me puoi essere sincero, lo sai.”

Era una frase fatta, forse, di quelle che tanti gli avevano già detto nel corso degli anni, ma, detta da lui, Newt sapeva essere vera, sentita, onesta.

Silente non lo avrebbe giudicato.

“Preoccupato.” Gli uscì di bocca ancora prima che riuscisse a fermarsi un attimo a pensare.

L’uomo si limitò ad annuire, incoraggiandolo con uno sguardo ad articolare.

“Theseus…” iniziò “Lui, lo sa com’è, no, professore?”


Certo che sapeva com’era fatto Theseus.

Silente non aveva mai avuto il piacere di insegnargli, era arrivato a Hogwarts quando il maggiore degli Scamander era ormai un Auror qualificato, ma non poteva certo dimenticare quante volte si era presentato a Hogwarts, o a Hogsmeade, per tenere d’occhio il fratello.

E come dimenticare il giorno in cui era stato chiamato per l’espulsione di Newt?

Albus lo aveva praticamente portato via a forza dall’ufficio del Preside prima che mettesse le mani addosso a qualcuno.

Portarlo fino al proprio ufficio era stata una vera lotta, e lui stesso si era ritrovato con qualche livido prima di riuscire a immobilizzarlo e a trascinarlo sulla sedia ora occupata da Newt.

Il ragazzo si era calmato solo dopo che Silente era riuscito a farsi ascoltare a sufficienza da fargli capire che non era l’unico certo che Newt non avesse nulla a che fare con quello che era successo.    

Eppure, nemmeno i loro sforzi congiunti, nemmeno urlargli contro, era servito a far parlare il ragazzino, il che, ovviamente, aveva dato a Silente la risposta di cui aveva bisogno.

C’era una sola persona in tutta Hogwarts che l’allora aspirante magizoologo avrebbe protetto in quel modo; peccato che Silente non avesse prove, e che la suddetta persona non si fosse minimamente fatta alcuno scrupolo a lanciarlo sotto il Nottetempo in corsa.

Il punto era, che Silente capiva benissimo le preoccupazioni dell’ex allievo.

Theseus era anche una persona piuttosto vendicativa, e non era difficile pensare a cosa potesse fare, dotato dei pieni poteri di capo Auror.

“Come sta reagendo?” Chiese dopo aver annuito brevemente.

“Non bene. I… funerali lo hanno distrutto. Si trascina al lavoro solo se è richiesta la sua presenza, ed è venuto qui oggi solo perchè gliel’ho chiesto io. Sa… non sono più tornato qui dopo…”

Silente annuì, Newt non aveva bisogno di terminare la frase. In effetti, nessuno studente espulso aveva mai rimesso piede a Hogwarts prima d’ora, anche se, personalmente, Albus riteneva che Newt avrebbe fatto faville come professore, anche solo per una lezione con chi aveva intenzione di proseguire la carriera nel campo degli animali.

Non lo stupiva nemmeno che Newt avesse usato un sotterfugio a fin di bene, il ragazzo, seppur all’apparenza strano, non era mai stato stupido, anzi, Silente lo aveva sempre trovato piuttosto brillante.

“E’ arrabbiato?”

“Non… non ancora.”


Newt in realtà era quasi grato per l’apatia del fratello.

Sapeva che non era un atteggiamento sano, che era semplicemente un modo per negare la realtà, ma il magizoologo sapeva che, una volta che avesse reagito, lo avrebbe fatto con rabbia vendicativa, e Newt aveva il terrore che a quel punto, avrebbe fatto qualcosa di talmente stupido da farsi ammazzare, e lui non poteva permetterlo.

Theseus era forse l’unica persona in grado di farlo infuriare al punto da decidere di stare alla larga dalle proprie creature, per il terrore di far loro del male inavvertitamente, ma era suo fratello, e non poteva perderlo.

Solo, non aveva la minima idea da che parte cominciare ad aiutarlo.

“Newt?” Silente fermò sul nascere i suoi pensieri. “A che pensi?”

“N-non… posso perderlo Al– Professore”


Silente quasi sorrise mentre Newt inciampava sul suo nome per tornare, come resosi conto di quello che stava per dire, al più formale appellativo.

“Albus va benissimo Newt, non credi? Non sono più il tuo professore…”

Newt annuì in maniera quasi distratta, ed era evidente che non lo stesse davvero ascoltando, i suoi pensieri fissi a quel rapporto amore/odio che era però tutta la sua famiglia.

“Devi stargli vicino allora, Newt. So che non sarà facile, so che vorrete ammazzarvi a vicenda, ma la famiglia, in questo momento, è tutto, per entrambi voi.”

New annuì, prendendo un sorso di tè, proprio mentre qualcuno bussò alla porta.

“Avanti!” 

Chiamò il professore, e il soggetto del loro discorso si materializzò su per la scala a chiocciola.

“Newt? Se hai fatto dovremmo andare.”

“Ehm… sì. Sì” Newt raccolse nervosamente la propria borsa e il logoro cappotto blu. “Grazie di tutto, p-professore.”

“Grazie a te, Newt. Theseus? Permetti una parola?”

Il maggiore degli Scamander sembrò quasi stupito, ma annuì, probabilmente più per cortesia, che per altro. “Newt, credo che troverai interessante il nuovo arrivato al lago.” Sorrise Silente, in un educato congedo.

Non poteva fare molto per i due fratelli, ma se fosse riuscito anche solo a intermediare in qualche modo, forse un tentativo valeva la pena farlo.

Il giovane annuì con un sorriso appena accennato e scese le scale, sicuramente diretto al lago. Albus non aveva mentito: Newt avrebbe trovato il nuovo abitante, un pacifico polpo gigante, decisamente interessante.

Theseus distolse gli occhi dalla scala per guardare dritto negli occhi il professore; evidentemente, da quel punto di vista Theseus aveva preso anche la parte del fratellino.

“Ho saputo di Leta, le mie più sentite condoglianze, Theseus.”

“Lei lo sapeva, vero?” 

“Che cosa?”

“Di Leta. Per questo mi ha avvisato.”

Silente poteva sentire la rabbia montare nelle parole del ragazzo, e scelte le sue prossime parole con estrema cura.

“No. No, naturalmente, non potevo saperlo. Non vi avrei mai permesso di lasciare il castello, in quel caso.” Fece una pausa, senza mai staccare gli occhi da quelli dell’Auror, sapeva che una parola sbagliata, e Theseus non avrebbe risposto delle proprie azioni, che la rabbia tanto temuta da Newt sarebbe finalmente esplosa.
Non che stesse mentendo, eh.

Per quanto Leta fosse una persona dalla morale discutibile, non l’avrebbe mai mandata consapevolmente a morire. 

“Ma,” riprese, “sapevo che avrebbe riunito i suoi seguaci, prima o poi, che avrebbe chiamato tutti a raccolta e provocato tutti voi a una reazione, che avrebbe confermato quello che cerca di far credere a tutti…”

“Che siamo noi i cattivi…” Finì amaramente Theseus.

“Però sì, ti ho avvisato perchè temevo che le cose potessero degenerare…”


Theseus era entrato nell’ufficio di Silente con il preciso intento di…Non lo sapeva neppure lui.

Sapeva solo che non appena aveva congedato Newt, aveva visto la sua occasione di ottenere risposte, e, forse, trovare un colpevole.

Eppure, la risposta di Silente gli era sembrata sincera, e d’improvviso tutta la rabbia che sperava di sfogare sul professore, si volatilizzò come Newt all’idea di un ricevimento ufficiale, lasciandolo talmente svuotato che si ritrovò seduto a terra sul pavimento dello studio senza nemmeno sapere come ci fosse finito.

Rimase semplicemente lì, senza riuscire nemmeno ad alzare gli occhi, almeno finchè non sentì una presenza confortevole accanto a lui.

Voltò appena lo sguardo, riconoscendo la giacca blu e logora del fratello appoggiata alla sua. Newt in qualche modo era ricomparso e si era seduto accanto a lui, il proprio profilo ​​​attaccato al suo, in un gesto che tra i due era sempre stato di mutuo conforto.

Un modo efficace di aggirare la reticenza di Newt agli abbracci.

Per la prima volta, lì, sul pavimento di pietra dello studio di Silente, Theseus si concesse di appoggiare la propria testa sulla spalla del fratellino, facendosi ancora più vicino quando, a sorpresa, sentì il braccio di Newt allungarsi e cingergli la vita, stringendolo più vicino a sè.


Newt non aveva assolutamente idea di cosa fare.

Silente lo aveva richiamato al volo in ufficio, quando ancora non era nemmeno uscito dalla sala grande.

Ora che si trovava di nuovo a Hogwarts, si era ritrovato ad ammirarne la volta incantata e le mille candele sospese che lo illuminavano, e il tempo si era semplicemente fermato, mentre guardava le nuvole rincorrersi nel cielo, finchè un aeroplanino di carta non gli si era quasi infilato nell’occhio.

Lo aveva preso in mano solo per sentire la voce di Silente provenire dalla carta incantata.

Nel mio ufficio. Ora.

L’urgenza, il tono che non ammetteva repliche, gli aveva fatto balzare il cuore in gola, e Newt si era ritrovato a correre verso l’ufficio come se ne andasse della propria vita.

Silente lo aveva accolto ai piedi della scala a chiocciola che portava nella stanza principale, indicandogli con un sussurro di salire e di stare vicino a Theseus.

Non si era aspettato di trovare il fratello seduto per terra, la testa tra le mani, come se fosse esausto, all’improvviso.

Così lo aveva visto solo dopo giornate particolarmente dure da bambino, durante i primi mesi del suo lavoro come Auror.

Rimase per un attimo interdetto, poi pescò nuovamente da quelle memorie, e fece l’unica cosa che gli venne in mente.

Certo, non aveva più nove anni, per cui non poteva accoccolarglisi in braccio, perciò si limitò a un adattamento di quella pratica, e si sedette talmente vicino da essere praticamente attaccati, fianco a fianco. 

Quando, dopo un attimo, Theseus si lasciò andare, appoggiando la propria testa sulla sua spalla, Newt riuscì solo ad avvolgerlo in un abbraccio impacciato.

Non era lui l’abbracciatore di casa, e con le parole era messo anche peggio.

Poi Theseus affondò il proprio viso nella sua giacca, e, quando lo sentì singhiozzare, Newt ebbe un attimo di pieno panico.

Come dove gestirla?

Cosa doveva fare?

Cosa doveva dire?

Come doveva dirlo?

Come sempre, la soluzione venne dall’esterno.

Pickett uscì goffamente dalla tasca interna, probabilmente infastidito dall’essere schiacciato tra i due fratelli, e sembrò studiare per un attimo la situazione.

Senza lasciare il fratello (Newt aveva l’assurda sensazione che se avesse spostato anche solo un dito Theseus sarebbe crollato in, letteralmente, mille pezzi), il magizoologo guardò l’Asticello, e la sua espressione doveva essere talmente smarrita che perfino Pickett sembrò dargli dell’idiota, prima di arrampicarsi con un espressione esasperata e abbracciargli il collo.

Oh.

Istintivamente, pregando che Theseus non se ne fosse accorto, cambiò leggermente posizione, ruotando per essere di fronte all’Auror, prima di tirarlo al proprio petto e stringerlo più forte che poteva, provando un’ondata di sollievo quando, di riflesso, sentì Theseus aggrapparsi a lui.

Non riusciva a trovare nulla da dire.

Cosa si dice a qualcuno che ha appena perso la donna che amava, che stava per sposare?

A Newt non veniva niente, quindi si limitò a stringerlo ancora più forte, quasi volesse fondersi con lui.

“Sono qui, Thee. Sono qui.” Riuscì alla fine a sussurrare, cercando, sperando, di essere di qualche conforto.

In tutto questo, Pick ci mise del suo, accoccolandosi tra i due fratelli e abbracciando entrambi.


Theseus non sapeva bene come o perchè, ma ad un tratto ogni sua barriera, ogni diga che aveva fieramente eretto per riuscire ad alzarsi ogni dannata mattina, si era infranta a contatto con quel semplice gesto di vicinanza, e ora si ritrovava a singhiozzare tra le braccia di Newt senza riuscire a fermarsi.

In realtà non ci stava nemmeno provando.

Lo strinse più forte, come se così facendo potesse tenere per sempre al sicuro l’unica famiglia che ormai gli rimaneva.

Non poteva minimamente pensare di perdere anche Newt.

Certo, tante volte non andavano d’accordo, e certo, entrambi erano stati in guerra, ma, finora, mai gli aveva realizzato che avrebbe potuto perderlo e, al momento, il pensiero minacciava di sommergerlo completamente.

Poi sentì una punta di solletico, qualcosa che era un misto tra delle dita e la consistenza di un rametto sottile toccargli il collo.

Si staccò pochi centimetri, quel tanto che bastava per vedere… 

“P-Picket?”

Sentì, più che vedere, il sorriso del fratellino, e quando alzò gli occhi, vide in quegli occhi verdi, simili ai suoi eppure con un’innocenza ancora intatta, un’espressione mista tra il divertimento e la rassegnazione.

“Sono appena… stato consolato… da… un asticello?”

Theseus lasciò trasparire un po’ del suo solito scetticismo quando si trattava di Newt e di Creature Magiche, più per scena che per altro. Aveva bisogno di vedere… eccola, la risata di Newt, incerta, come se non fosse certo fosse opportuna, ma comunque sincera.

“Beh, gli Asticelli hanno un gran senso della famiglia e…”

Theseus rise.

Rise di gusto, anche se non c’era niente da ridere, ma l’improvvisa loquacità di Newt, l’intera situazione, l’essere stato abbracciato da un Rametto Verde animato, era tutto, onestamente, troppo.

Picket, forse offeso, gli fece quella che era, inequivocabilmente, una pernacchia, e i due fratelli risero di nuovo, ancora abbracciati sul pavimento dell’ufficio di Silente.

I loro sguardi si incrociarono, davvero, forse per la prima volta da anni, e Newt avvicinò le loro fronti fino a farle toccare.

Theseus non si mosse, grato per quell’inusuale, ma decisamente apprezzata, manifestazione di affetto.

“Andrà tutto bene, Thee.” Sussurrò Newt, e lui si limitò ad annuire. 

Sapeva che, in qualche modo, doveva andare avanti.

Grinderwald era ancora in circolazione, e il suo consenso tra la popolazione magica aumentava di giorno in giorno.

Dovevano andare avanti.

C’era solo una cosa che Theseus, lo sapeva, non sarebbe mai riuscito a sopportare, ed era arrabbiato al pensiero di averci messo così tanto a capirlo.

“N-non… allontanarti.” Implorò il fratello.

“Sono… sono qui.” Nella voce di Newt, ancora nella stessa posizione, c’era una punta di confusione.

“No… non… basta.”

“Theseus… “

Lo sapeva.

Sapeva che le sue parole non avevano senso, ma non riusciva a mettere insieme la frase che nella sua testa era chiara come il sole.

Per una volta, forse, capì come si sentiva Newt ogni giorno, e, di nuovo, rise amaramente.

Sentì la mano di Newt posarsi delicatamente sul proprio collo, come a volerlo stabilizzare, e Theseus scoprì che effettivamente, quel semplice contatto, lo ancorava un pochino di più al presente.

“Respira, Thee. Una parola alla volta.” 

Stranamente, anche la sua voce, stranamente calma e ferma, lo guidò un altro passo verso la calma. Si ritròvò a obbedire, a fare lunghi respiri e a cercare di mettere ordine prima di parlare, una cosa che, notò distrattamente, solitamente era lui a fare con il fratello.

Quando si erano invertiti i ruoli, e perchè?

Non voleva pensarci ora.

Il suo respiro tornò poco a poco regolare, ma non si mosse dalla propria posizione. Quella ritrovata vicinanza era confortante, sapeva di famiglia, di un passato non sereno, ma unito, e non voleva interrompere quel momento. 

Non voleva tornare alla realtà in cui la maggior parte delle volte non sapeva dove Newt fosse, e, quando lo sapeva, solitamente era per via di qualcosa di vagamente illegale, il che portava a litigi e discussioni.

Ma doveva essere per forza quella la loro realtà? Davvero non c'era una via d'uscita al loro rapporto?

Theseus sapeva che, per molti versi, era colpa sua.

Newt era Newt. Certo, anche lui ci metteva del suo, con la sua testardaggine e il suo continuo perseguire ciò che era giusto fare, anche se non sempre saggio, il che era, principalmente, quello che lo aveva portato a New York, e poi a Parigi, ma Theseus non si era nemmeno mai soffermato (troppo) a cercare di capire cosa muovesse il fratello.

Forse, era possibile trovare un punto di incontro.

Newt aveva già fatto un primo passo, quello di schierarsi.

Ho scelto da che parte stare.

Così gli aveva detto al cimitero, a Parigi, e, finora, si era attenuto a quella scelta.

Ora stava a lui.

Raccolse le proprie idee e cercò di metterle in una frase. Si staccò appena, per sollevare la testa e guardarlo negli occhi. 

Per una volta Newt non scostò lo.sguardo, rimase fermo, gli occhi incollati nei suoi.

"Basta." Ripetè. "Newt… noi… basta."

Newt annuì.

"Basta litigare." Sussurrò e Theseus annuì, stupito che l'altro avesse colto al volo quello che intendeva.

"Siamo… rimasti solo…noi due."

Uno squittio indignato e un morso (che era più una puntura, a dire il vero) fecero ridere Newt, e sorridere Theseus. "Scusa Pick. Ci siete anche voi." Si corresse, e gli occhi di Newt si illuminarono.

Capì di aver fatto il primo, importante passo; accettare che Picket e gli altri non erano solo un lavoro, non erano animaletti da compagnia  dalle dimensioni e pericolosità discutibili.

"Siamo… una famiglia Thee."

"Più un branco, direi."

"Sì… passeggiata?" Newt si staccò e lo aiutò ad alzarsi. 

"Passeggiata."

Lasciarono un biglietto di ringraziamento e tolsero il disturbo, dirigendosi insieme verso il lago.

E fu lì che a Theseus venne un dubbio.

"Newt?"

"Sì?"

"Mi hai parlato come a uno dei tuoi animali per calmarmi?"

"Chi? Io? Assolutamente no."

La finta innocenza sul suo viso non avrebbe ingannato nemmeno un cieco.

Theseus rise ancora.

Non era finita, non aveva ancora elaborato il lutto e lo sapeva, ma, almeno per adesso , quella strana famiglia gli bastava.










 
   
 
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