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Autore: mortifero    10/07/2022    1 recensioni
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«Morty vorrebbe capire suo nonno, abbastanza da non farsi mille domande ogni volta. O capirlo del tutto, così almeno non avrà mai più brutte sorprese, non si farà più del male, perché avrà già prevenuto la pugnalata alle spalle.»
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Morty Smith, Rick Sanchez
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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L'homRick qui aimait les femMorty

«Era decisamente impossibile provare del piacere senza far soffrire qualcuno»



Parte I

Morty guarda l'orario riportato sul suo computer: sono le dieci di sera di sabato, ed è nel suo appartamento a terminare il saggio di antropologia generale che avrebbe dovuto consegnare venerdì. Si lascia andare a un lungo sospiro, rimpiangendo per la millesima volta in quell'ora le sue scelte di vita. Cosa lo ha spinto a studiare Scienze del Servizio Sociale? Ride amaramente a sé stesso, perché ne sa abbastanza di psicologia generale per capire che il suo è un fastidioso trascinarsi dietro la sua sindrome da crocerossina; vede qualcuno con un problema che gli ricorda il proprio e proietta, proietta all'impazzata. Ha l'insaziabile bisogno di dover salvare le persone da qualcosa dove a nessuno è mai importato abbastanza da salvare lui: è questo il motivo che ha fatto sì che condannasse se stesso nel voler diventare assistente sociale. Si stropiccia gli occhi, sentendosi un relitto, le lettere sullo schermo che appaiono incorporee, ancorate in qualche universo metafisico che gli farà venire solo un gigantesco mal di testa.



È ora di cena, ha gli avanzi della pizza di ieri sera che lo aspettano nel frigo, pronti ad essere riscaldati. Mangia davanti la TV, la riproduzione di The Office appena arrivata alla quarta stagione, e si gode il tempo con se stesso. In casa sua non c’è nessun altro rumore, tranne il suo masticare, e tra il mobilio in stile moderno, dove spiccano solo il bianco e il legno chiaro, e lo spruzzo di colore delle varie piante, non c’è da sorprendersi che Summer, l’unica volta in cui è andata a trovarlo, lo abbia definito asettico. Ma a Morty piace così: pulito, ordinato, minimalista. Senza quel maledetto caos che ha insudiciato la sua vita per anni, ma con le sue piante, perché è come se fosse fisiologicamente portato a prendersi cura di ogni essere vivente. Per lui esistono due famiglie: la propria, quella dei legami di sangue, e quella del mondo, dove tutti son fratelli, ma molto spesso se ne scordano.



La California la sera è bellissima, e si ritrova ad asciugare i piatti con aria sospirante alla vista del cielo illuminato di stelle dalla finestra della cucina. Riconosce le costellazioni, i pianeti visibili, come Venere, ricordi della sua prima adolescenza si scaldano all'attraente immagine dell'infinito — di una vita che sembra essere durata cento anni e per sempre, di una spensieratezza che non ha mai tenuto conto che ogni cosa, dopotutto, è precaria. Niente è davvero eterno. Niente dura cento anni e per sempre, le promesse sono solo aria che esce dalla bocca.



Sente la nostalgia della sua famiglia, perché il Michigan è molto lontano. Non sente per fortuna la nostalgia degli amici, perché non ne ha mai avuti. C'è stato Rick, però, questo lo deve ammettere, ma tutto è cambiato quando…



Un tonfo proveniente da infondo la strada fa scattare le orecchie di Morty, come un cane che sente il suono di un fischio, perché è così familiare e inaspettato che quasi non salta un battito del suo giovane cuore, e non parte a sbavare, da brava cavia comportamentista quale potrebbe benissimo essere.



Quando si parla del diavolo…



Morty fa spallucce e continua a pulire le stoviglie, imperturbato dai rumori che sente provenire dall'ingresso. Se non sapesse di chi si tratta, penserebbe che qualcuno stia cercando di scassinare la porta di casa.



«È aperto!», grida al suo visitatore. Morty sente poi i passi per il corridoio e canticchia contento, non ha bisogno di saluti o altro per capire chi è.



«Ma guardati, chiuso in casa di sabato sera, che sorpresa», Rick commenta spocchioso, appena entrato in cucina. Morty appoggia un piatto sul lavabo e si gira verso suo nonno. Non risponde, ma Rick non ha finito: «Ancora nessun amico, eh?».



«Non fingere che ti importi», Morty decide di chiudere l'argomento in fretta. Rick sa che ha toccato un nervo scoperto, sogghigna ma non aggiunge altro. Morty invece sì, lui sì che ha altro da aggiungere. «Tu, piuttosto, come facevi a sapere che ero a casa?».



Rick si stringe nelle spalle. «Te l'ho detto, sei prevedibile, Morty», appoggia il bacino al tavolo e incrocia le braccia, strafottente. «E ho controllato la tua agenda. Sai, dovresti cambiare password. Hai la stessa da otto anni».



Morty non riesce a trovare nulla per smentirlo, metterlo in una situazione in cui sia in errore. Rick sbaglia sempre, Rick non sbaglia mai.


Usare la ripetizione del nome di Jessica per tre volte non è mai stata una genialata, tutto sommato. Rispecchia però quella parte di sé che lo rende incapace a lasciarsi le cose alle spalle (lo avrà preso da qualcuno in famiglia, pensa, ma non ci dà tanto adito), come una parte impetuosa di lui venga sempre investita dalle passioni, e non riesce a scagionarsene, finché qualcos'altro non attira il centro delle sue attenzioni. E Morty è pigro come la maggior parte delle persone, per questo non pensa che cambiare password sia così urgente — è uguale a tutti, non è unico, né speciale. Rick gliel'ha insegnato molto bene, ripetendoglielo per anni.

Eppure credeva di essere diverso, almeno per qualcuno, quando…



Morty non si lascia terminare il pensiero, si impedisce di trovare una scappatoia tra i ricordi, che pronuncia subito: «Che ci fai qui?». La sua voce sembra estranea alle proprie orecchie, perché la sua mente è ancora persa in un ricordo che per ore, giorni, mesi non ha fatto altro che risucchiare ogni briciolo della sua sanità mentale, come lo abbia ingabbiato in interrogativi come "e se?", "e ma?", "è sempre stato così?", "oppure è cambiato qualcosa?".



«La sparaporte», Rick risponde schietto. Si riferisce a quella che gli ha regalato prima di partire con i corvi, e poi è ritornato, perché Rick non sa stare da solo.



Non è una visita di cortesia, mai stata, e Rick non ci tiene a mascherare le sue intenzioni. Eppure Morty fino a cinque secondi prima ci avrebbe creduto, che fosse solo una scusa stupida per vederlo, ma a Rick questo genere di cerimonie non sono mai piaciute, ed è vero che non si è fatto sentire da tempo. Non gli interessa di lui. Morty invece non l'ha mai chiamato perché è stanco di dare attenzioni a chi non se le merita, di diventare approvvigionamento per i narcisisti patologici. E lui per anni è stato lo snack preferito di Rick, da mangiare appena gli stuzzicava un po' l'appetito di rovinare vite, per questo Morty ha amato ogni singola briciola del potere che si illudeva di avere ogni volta che resisteva alla tentazione di chiamarlo e chiedergli come stesse, di raccontargli la sua giornata. Si è sempre sentito solo, però, perché senza Rick nella sua vita, chi c'era a criticarlo costantemente? Morty ha costruito la sua identità su ciò che non è — intelligente, carismatico, affascinante. Ma cos'è, in realtà? China lo sguardo, le nere ciglia si fondono con i pozzi scuri nei suoi occhi, e ripensa che non ha fatto altro che ignorare Rick da quando si sono detti un arrivederci che ha sempre avuto il sapore agrodolce di una bugia, da quando…



La voce di Rick rioccupa spazio nel campo sonoro, e Morty gli è quasi grato, perché così è costretto a non pensare. «Devo controllare alcune coordinate, delle-delle coordinate molto importanti, Morty. Non-non capiresti».



Il moro annuisce placidamente. «È in camera mia». Non fa altre domande, tanto è come ha detto Rick, no? Non potrebbe mai capire, è fin troppo stupido per farlo. Alza gli occhi al cielo all'ipocrisia di suo nonno, perché nulla conta davvero, tranne tutto ciò che riguarda quell'ego smisurato che si ritrova, e ogni cosa diventa subito questione di Stato.

Si dirige verso la propria stanza, sentendo incanalare in ogni suo muscolo tutta la sua spossatezza. Antropologia non è tra le materie che gli riescono meglio, e Rick sta risucchiando ogni altra energia che gli è rimasta. Morty sente dei passi dietro di sé; il vecchio lo sta seguendo, senza invito.

Ma Rick non ha mai bisogno di chiedere permesso, vive sempre e solo secondo le proprie regole, le proprie condizioni, che in realtà regole non sono mai, ma solo un edonistico e cieco seguire le proprie pulsioni. Rick fa ciò che vuole, perché non gli importa di niente — delle buone maniere —, o di nessuno — di Morty. Rick è una pericolosa mina vagante che può decidere di distruggere, corrompere, schiavizzare intere galassie, soltanto perché gli va. La ragionevole paura di Morty nel venire costretto ad abbracciare la morte si è scontrata un miliardo e più di volte con la certezza che, nonostante tutto, Rick lo avrebbe sempre salvato. È questo che gli ha reso Rick così bello. Sono stati i rari momenti di genuino affetto a rendere Morty incapace di dirgli davvero addio, perché prima che una navicella spaziale si schiantasse sopra casa sua, non ha mai avuto la possibilità di capire come ci si sentisse ad essere amati, amati per davvero, così tanto che qualcuno fosse capace di rischiare la propria vita per lui — anche solo per un secondo.



Alla fine è stato Rick a tagliare i rapporti, e forse è meglio così.



Almeno fino ad adesso.



La fitta agenda di Morty sembra non aver lasciato completamente indifferente Rick, che gongola dentro di sé, leccandosi le labbra alla prospettiva di poter punzecchiare il caro nipote. Non può esimersi, dal dargli fastidio. E perché privarsi di qualcosa che garantisce ottimi risultati con minimi sforzi? Facile, veloce per giunta, rendere le gote e le punte delle orecchie del moro di un profondo vinaccia. Basta davvero poco, come un "Hai ripreso a fare corsi di cucina esotica, eh, nonna papera? Non riesci a fare a meno di ricchi bianchi che interpretano male conoscenze orientali che hanno a che fare con loro come il mio buco del culo ha a che fare con il cesso di casa tua?" o un "Studio dalle tre alle sette? Vuoi davvero buttare la tua vita per rimanere chiuso in un ufficio squallido dove nessuno ti rispetterà mai? Sei proprio la copia di tuo padre. Chissà come fate a sostenere la vostra vita patetica. S-sei coraggioso Morty, devo ammetterlo, nessuno andrebbe mai così fiero di una merdata simile".



Morty rimane in silenzio ad ascoltare, perché non ha mai voglia di litigare, di passare del tempo con Rick, finché non sbuffa e il suo viso inizia a colorarsi. Sánchez no, non può proprio trattenere una risata canzonatoria. Ben gli sta.


Morty è davvero infastidito. «S-sei un tormento!».


«Sì sì, è bello vedere pure te, testa di cazzo».



È bello vedere pure te.



Morty non riesce a concentrarsi su altro e ama come la consistenza delle cose intorno a lui per un secondo cambi, come sia bello fluttuare nella voce di una persona che non sente da tempo. Sarebbe ancora più bello poter avere un contatto, confondersi in un abbraccio, ma con Rick le parole bastano e avanzano, saranno l'unica carezza che mai gli arriverà, e Morty si stringe al petto, ma arriccia le labbra.



È il primo sorriso che si scambiano da mesi, una complicità di pensiero che è sembrata persa, forse solo e addirittura immaginata, perché è passato troppo tempo, e il moro ha sprecato troppe ore a chiedersi cosa sia stato davvero vero, sincero, con Rick. È sempre un'incognita. Morty vorrebbe capire suo nonno, abbastanza da non farsi mille domande ogni volta. O capirlo del tutto, così almeno non avrà mai più brutte sorprese, non si farà più del male, perché ha già prevenuto la pugnalata alle spalle.


Rick è davvero complicato da decifrare e Morty si sente al confronto troppo facile, da leggere e manovrare. Forse è per questo che suo nonno ha sempre fatto scacco matto nella sua vita. Forse è per questo che di Rick non se ne riesce a fare a meno, e di Morty non si sente mai l'assenza. Rick è capace di stregare le persone con la sua divina presenza e il carisma spudorato, Morty rimane indietro e non parla davvero, come la comparsa in un film, senza lasciare nessun segno.



Al moro di certo non sarebbe dispiaciuto qualche messaggio da parte suo nonno, una notifica improvvisa e inopportuna, qualche testo indecifrabile scritto da ubriaco.



Smettono di sorridere, perché si sono ricordati che si vogliono bene, ma purtroppo l'amore non sempre basta per far funzionare un rapporto.



«Ho letto il tuo saggio sulla devianza nelle varie culture, sai?», incomincia Rick, cambia argomento, e Morty si chiede dove abbia trovato il tempo per farlo. «Il tema è cosi-così b-banale, davvero, e devi-dovresti farti una bella ripassata di genetica prima di avventurarti in argomenti che non conosci. Non distingui nemmeno fenotipo e genotipo, e ci riuscirebbe anche un neonato».



«Sei ubriaco?», chiede. È un'accusa, un "stai zitto, stai solo delirando".



«Non lo sono da cinque mesi».



Summer e i suoi genitori glielo hanno raccontato, che per chissà quale intervento divino Rick ha deciso di smettere con l'alcol, e Morty ha riso. Forte, sguaiato, come se non riuscisse a credere alle proprie orecchie. L'universo ha raccontato la battuta più bella mai sentita, e Morty non ha potuto che agire di conseguenza, divertito — irato, perché per anni si è dovuto subire il lato peggiore di suo nonno, e ora chissà chi si starà godendo gli aspetti più genuini e meno violenti di Rick.



L'universo è proprio una grande testa di cazzo, e Morty vorrebbe spalancare le fauci e scoppiare in un ghigno canzonatorio, bastardo, perché Rick Sánchez non è e non potrà mai essere una persona sana, ma dentro di sé non ne trova l'energia. È solo infastidito. Non sopporta più Rick, non vede l'ora che se ne vada.



Il cervello di Morty mastica ancora le sue parole, quei "cinque mesi" che proprio non gli vanno giù, come carne stopposa in bocca; un insulto ben assestato, colpo preciso in pieno petto, perché cinque mesi è la stessa quantità di tempo da quando è successo…



Morty si accorge di essere davanti alla porta della sua stanza quando per poco non ci va a sbattere. Fra un brevissimo lasso di tempo Rick se ne andrà, e decide così di lanciargli uno sguardo cupo, un invito a sbrigarsi a prendere quella maledetta sparaporte e partire!



C'è della luce nelle sue orbite nere, fiamme impetuose che se solo potessero salterebbero addosso a Rick per dargli fuoco. Lo scienziato non è per nulla terrorizzato, tantomeno colpito. Nessun sentimento domina il suo volto ceruleo, niente tradisce la sua maschera di indifferenza, e Morty comincia a pensare che forse sotto sotto non è più una una misera facciata. Se perfino da sobrio è inespugnabile, allora Morty ha un significato ben preciso nella sua mente: nulla. Non gli importa niente se il moro è arrabbiato o triste a causa sua, perché tanto Morty non rientra nemmeno nella scala dei suoi interessi. Non occupa neanche il posto più infimo fra le sue priorità. Il moro allontana lo sguardo, perché continuare a guardare Rick negli occhi lo ridurrà in lacrime. Lo odia così tanto, suo nonno, perché nonostante tutti gli sforzi, c'è sempre qualcosa che rende Morty debole, fa sgorgare acqua dai rubinetti irrequieti nei suoi occhi, rende molli le ginocchia, trucida il suo cuore. È quello sguardo gelido nei suoi occhi cristallini? Quelle labbra così sottili e rigide? Portano il peccato, portano mille insulti, armi bombardiere contro la povera anima del più giovane. Il fatto che sembri ancora così alto e possente, in confronto a lui? O che Rick sia semplicemente uomo, un concentrato di virilità che vive nell'odore di colonia sui suoi vestiti, nei piccoli manierismi che rendono Lui semplicemente Lui, le mani in tasca e lo sguardo apparentemente distratto.



Morty fa un grosso respiro e spera che Dio, ma chiunque altro andrà bene lo stesso, abbia pietà di lui. Apre la maniglia della porta, e in quanto ad impetuosità Rick è quello che ne ha da vendere: per poco non spintona via Morty, precipitandosi dentro la camera da letto del giovane adulto. Individua la sparaporte su una mensola e si accinge a prenderla. Morty si siede sul proprio letto, senza proferir parola, perché più che un padrone di casa sta iniziando a sentirsi come il commesso di un Costco. Poco dopo anche Rick si siede sul letto, si rilassa e beatamente inizia a farsi i fatti suoi, come se il posto fosse di sua proprietà. Morty ogni tanto si è chiesto quale fosse l'identità dell'anonimo donatore che caritatevolmente gli ha pagato la retta per l’università privata e alloggio, ma preferisce non soffermarsi troppo sulla questione, e il suo sguardo indugia su suo nonno.



Rick domina. È questo a renderlo affascinante a milioni di donne e non solo. Non importa quale azione stia compiendo, dove si trovi, perché anche nel gesto più ridicolo, nel luogo più angusto, Rick ha il potere. E ogni pianeta non è poi diverso l'uno dall'altro, vige la stessa regola ovunque: esiste chi domina, esiste chi subisce.



Ma Morty è veramente stanco.



Sembra una legge dell'universo impossibile da cambiare: il moro non è destinato ad avere grandi amici o amori se non… «Rick?», incomincia, ma non sa dove andare a parare veramente, quindi opta per la soluzione più banale. «Quali coordinate devi guardare?».



Rick brontola. «Cazzo, Morty, ti ho detto che…».



«Voglio saperlo lo stesso», il moro si impunta. «Perché sei a casa mia, a quest'ora, e io dovrei dormire —».



«Dormire? Dormire?!».



«Sì!».



«Cristo, Morty, tu a quest'ora dovresti essere in qualche locale a divertirti, magari a incontrare qualche bella ragazza, o ragazzo, come cazzo ti pare, e—».



«Non mi piace…».



«Stronzate».



«Davvero».



«Non prendermi per il culo».



«Sono serio!», Morty si sorprende a gridare, ma con Rick è inevitabile arrabbiarsi. «Sono stanco di sentirmi dire come dovrei vivere la mia vita! Vorrei non sentire queste voci nella testa, ma tu da sempre non hai fatto altro che dirmi "Morty devi" e "Morty non devi" e io sono stanco, stanco, delle tue stronzate, di come tu voglia comandare la mia vita! Sono anni che mi fai sentire sbagliato, e per cosa, poi? Cosa ci hai guadagnato?».


Rick è visibilmente teso. «Morty…», lo chiama, e ironia della sorte è anche il motivo per cui non ha fatto altro che sminuire suo nipote per anni e anni.

Umiliare una persona di continuo, toglierla di ogni fiducia in se stesso, farle credere che non è nulla senza di lui. Sono stati questi gli ingredienti magici che hanno trasformato da tempo Morty nel docile cagnolino che è sempre stato, e il moro questo lo sa bene, lo ha imparato sulla propria pelle, bastoni e pietre incorporei di materia ma tangibili nel suono, che hanno scalfito i brandelli di ciò che è adesso. Un giovane adulto a metà, perché non ha ancora capito veramente chi è.



Morty si lascia andare a un «Ti odio, Rick Sánchez. Ti odio con tutto me stesso». È liberatorio, ma non privo di una certa sofferenza. La sua voce è tremolante, e a malincuore scopre che anche il suo corpo è incapace di restare fermo. Non l'ha mai provato, un sentimento così. Non è pronto per il rancore — non sente di avere spazio nel suo cuore, ma con Rick ogni volta è la stessa storia: vuole sempre più di quando Morty possa offrirgli.



«Se ti dà così fastidio la mia presenza…», incomincia Rick, visibilmente punto sul vivo. Una parte di Morty gongola per aver scalfito quella sua aria sempre così indifferente e superiore, l'altra si ritrova persa, nell'avvertimento di un bisogno di qualcuno che colmi spazio in casa sua, al suo fianco, nella sua vita. Niente gli è mai stato tanto caro come Rick. Non ha mai provato così tanto affetto, se non per Rick. Lo ama e lo odia al tempo stesso, lo desidera e lo disprezza. Non ha mai compreso Catullo fino a quel momento. E la Lesbia di Morty è l 'unica persona capace di regalargli emozioni così forti da penetrargli sottopelle e prendere il possesso di tutto ciò che gli rimane della propria sanità mentale.



Morty schiude le labbra, in gola gli nasce l'intento di fermare Rick e… blackout.

Le luci si spengono. Il buio li immerge e sembra che intorno a loro ogni cosa abbia smesso di respirare. Il silenzio li conquista, lascia spazio a sospiri, ma ingloba ogni immagine, ogni luce riflettente di realtà. Il suono dell'orologio, che come un cuore pulsante segna il suo battere, cessa di funzionare. Rick e Morty sono prigionieri in un cadavere di mattoni e ferro. Prigionieri tra loro, di quelle parole che non si sono ancora detti.


NdA



Hola!

Ho finito la maturità, ma vivo ancora, quindi rieccomi qua! And guess what...non è un aggiornamento di LTSI! Incredibile, no? Settimana prossima lo riprenderò, ma adesso sono qui con quella che doveva essere una OS, ma è davvero troppo lunga, quindi la sto spezzando in più parti.

È ispirata (prendete con le pinze questa parola) al film «L'uomo che amava le donne», del '77 (da cui ho tratto la cit. a inizio storia), ma anche l'omonima canzone di Nina Zilli ci ha messo del suo, eh.

Ormai io fin troppo amante dei topic in cui Rick e Morty combinano qualcosa ma il lettore deve aspettare gli ultimi capitoli per capire che cosa diamine sia successo LMAOO.

Ho provato a fare sempre un'indagine introspettiva sui pensieri di Morty, ma ci ho aggiunto un pizzico di quelli di Rick, perché so che a voi piashe e questo non è da paraculo (semicit).

Spero che questa sua versione aged up piaccia, perché è un po' particolare con la scelta della carriera, lo stile di vita e gli sbalzi continui d'umore (ma quelli li ha anche il nostro Morty quattordicenne, dai! lol)

Protip: se siete amanti del cinema francese o volete un film che vi mandi RickMorty vibes, vi consiglio un sacco «L'homme blessé», dove un giovane ragazzo solitario si innamora di un criminale, che è anche suo aggressore, e tra i due si crea una relazione ossessiva e contorta. Angst e nichilista, as we like it.

Con questo è tutto, vado a creare una playlist pure su questa ff perché sì, e ricordatevi che su Amazon ma anche nelle librerie potete trovare il mio libro “Anche i pesci sanno mentire” appena uscito!!

Alla prossima!





   
 
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