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Autore: Giorgi_b    11/07/2022    9 recensioni
Non avevano mai più parlato di cosa era successo in Cina, fatta eccezione, il giorno del matrimonio andato a monte, per la “velata allusione” a quello che lui aveva detto o meglio: a cosa lei credeva che lui avesse detto ma che in realtà non aveva detto, e che - in tutta sincerità - non avrebbe mai voluto averlo nemmeno pensato, perché dal momento in cui quella gigantesca verità si era fatta strada prepotente e rumorosa tra i suoi pensieri, nulla era più stato lo stesso. E lui detestava i cambiamenti.  
(...) Quanti anni relativamente felici erano già passati in questa maniera? Uno? Due? Dieci?! Secondo il suo modo perverso di vedere le cose, avevano trovato un equilibrio perfetto in questa eterna adolescenza, dunque perché complicare tutto dicendo parole che avrebbero avuto il peso di bombe atomiche radendo al suolo la loro - la sua - tanto cara isola felice?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Kasumi Tendo, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Tofu Ono
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Baciare.
 
Nonostante i capelli di Ranma fossero scuri, nella luce abbagliante del sole estivo, apparivano traslucenti come argentee ragnatele tese tra i rami di un albero.
Mossa da una leggera brezza, la folta frangia si era aperta lasciando scoperta parte della fronte, le belle sopracciglia distese e gli occhi chiusi.
Le foglie intanto, in un fruscio sussurrato, proiettavano geometrie variabili di luci e ombre sulla sua pelle interrotta da qualche cicatrice leggera, sulla quale gli zigomi alti, il naso dritto e pronunciato, la bocca rilassata altro non sembravano che alfieri, torri, re e regine su una disordinata scacchiera in movimento.
Akane si soffermò assorta sulle labbra che si schiudevano umide ad ogni respiro, calmo e profondo, in un ritmo regolare e rassicurante al quale tentò di sovrapporsi: lui inspirava, lei inspirava. Lui espirava, lei espirava. 
La casacca rossa - che cominciava ad andargli stretta e oramai lasciava ben poco margine all’immaginazione - si alzava e si abbassava lenta; la mano sinistra, mollemente abbandonata sul ventre, ne seguiva docile il movimento, mentre la destra, assecondando il braccio piegato in un angolo acuto che accentuava le linee asciutte del bicipite, gli faceva da cuscino contro il tronco dell’albero. 
Con un sospiro Akane si chiese senza sarcasmo quale dei due fosse più duro, se la testa di Ranma o il ginkgo sotto il quale era caduto in un coma profondo da circa mezz’ora, subito dopo aver spazzolato in un tempo da guinness dei primati il bento preparato da sua madre.
Lontano, il suono lungo e riverberato di una mazza da softball che colpiva una palla richiamò la sua attenzione. 
Quella stessa mattina aveva farfugliato alle sue compagne di squadra che agli allenamenti pomeridiani avrebbero dovuto fare a meno di lei - purtroppo! - perché doveva assolutamente finire di leggere il libro che le era stato assegnato dalla professoressa Ninomiya - un tale mattone! - e, distogliendo imbarazzata lo sguardo dal loro viso, accennato un inchino frettoloso con la testa prima di fuggire in classe, aveva concluso dicendo che le dispiaceva davvero tanto, anzi: tantissimo
“Bugiarda”.
N-non era una bugia… Questo libro non si leggerà certo da solo! Si strinse il pesante tomo al petto strizzando gli occhi, tentando di mettere a tacere la fastidiosa vocetta nella sua testa con risultati piuttosto scarsi, tanto che quella rilanciò beffarda: “Bugiarda e pure vigliacca!”.
Si fece coraggio e inspirò, montando come panna in un cipiglio fiero e battagliero.
Ok, ok. La verità è che volevo…
Deglutì. Non riuscì nemmeno a formulare la frase che si sgonfiò come un palloncino, maledicendosi.
La verità è che volevo passare del tempo con Ranma perché speravo si ricordasse che oggi…
“Akane, Akane… quando imparerai? Come puoi pensare che lui si ricordi? Illusa!” 
La tizia antipatica che abitava i suoi pensieri non le dava tregua, ultimamente. Quella mattina, poi, si era svegliata ancora più petulante del solito.
Alzò gli occhi sconsolata, le fronde dell’albero le restituirono un’immagine frastagliata e mossa di cielo, foglie e ritagli di luce. 
Per qualche minuto rimase con le palpebre abbassate, accarezzata dal calore del sole e cullata dal canto delle cicale. Poi, attirata come una calamita, tornò su di lui.
“Avanti, dillo che ti piace da morire guardarlo dormire”.
C-Cosa? Ora non esageriamo! Akane la redarguì arrossendo, senza però riuscire a staccargli gli occhi di dosso.
Ranma aveva un modo di abbandonarsi al sonno pieno di fiducia, quasi infantile. Il suo volto perdeva la durezza della competitività, la bocca diventava innocua e indifesa, svuotata della ferocia degli insulti che le urlava durante i litigi o dei sorrisi beffardi che le rivolgeva per prenderla in giro. 
“Va bene, va bene… Diciamo allora che ti mette in pace con il mondo? Troppo melodrammatico?!”
Con un sospiro mesto Akane dovette ammettere che, in effetti, spiarlo mentre dormiva, allineandosi a quel calmo respirare, era diventato rapidamente uno dei suoi piccoli piaceri segreti. 
Quando si accorse di fissare le labbra di Ranma da un po’ troppo tempo e con una certa insistenza, Akane si riscosse guardandosi intorno imbarazzata. 
Stranamente nei paraggi non c’era nessuno pronto a beffeggiarli, sfidarli, ricattarli, corteggiarli o incitarli. Sarebbero stati completamente soli se non fosse stato per un gruppo di ragazze del secondo anno a una ventina di metri di distanza, che pranzava tra chiacchiere e risate all’ombra di un acero, senza far caso a loro due. 
Akane sospirò. Di nuovo.
Beate voi che avete una vita semplice e spensierata. Una vita normale con una famiglia normale, amici normali e, soprattutto, fidanzati normali con cui festeggiare normalmente un normalissimo anniversario. 
Si immaginò per un attimo seduta lì insieme a loro senza doversi preoccupare di niente. Niente sorgenti maledette. Niente teiere. Niente amazzoni sexy, cuoche di okonomiyaki vendicatrici, ginnaste avvelenatrici, pericolosi rivali, subdoli rimedi cinesi… eccetera, eccetera. Improvvisamente si sentì terribilmente stanca. Scrollò la testa e, per l’ennesima volta nell’ultima mezz’ora, aprì il libro alla pagina dove aveva lasciato l’indice e il medio della mano sinistra; cercò senza successo il capoverso dove la sua lettura si era interrotta, ma la sola presenza del baka addormentato di fronte a lei non le permetteva di ritrovare il segno né tantomeno la concentrazione.
“Non essere ridicola e metti via quella noia mortale, entrambe sappiamo che era solo una scusa!”.
Con un gesto esasperato Akane spinse con decisione il libro contro il viso come fosse un paravento.
“Ragazza, ascoltami: approfitta di questo momento di tregua e riempiti gli occhi di quella vista celestiale!” sghignazzò ammiccante la voce.
Arrossendo per i suoi stessi pensieri, ma incapace di disubbidirgli, Akane abbassò di qualche centimetro il pesante tomo, quel tanto che bastava per permettere ai propri occhi di tornare ad osservarlo, pronta a fingersi infastidita dal suo leggero russare casomai si fosse svegliato, sorprendendola a fissarlo. 
“Mi sembra un’idea eccellente, ottima scusa, brava! Vedi che quando ti impegni…”
All’improvviso le ciglia scure di Ranma ebbero un fremito, le pupille si mossero rapide sotto le palpebre sottili, le sopracciglia si aggrottarono in un moto di fastidio, poi mugugnò qualcosa di incomprensibile e tornò la regolarità del respiro, la serenità del sonno sui suoi lineamenti tranquilli. 
Con chi starai litigando, Ranma?
Akane ripose il libro sulle gambe e si sporse su di lui per scansare con delicatezza una ciocca di capelli dai suoi occhi. 
“Ti ricordi? Sono stati la prima cosa che hai notato.”
Un sorriso appena abbozzato addolcì il volto di Akane.
Sì, certo. Come avrei potuto non notarli?!
Non erano neppure suoi in quel momento, ma di una ragazzina dai capelli rossi.
Mentre gli occhi di Ranma-kun le ricordavano la palpitante sfumatura del crepuscolo estivo oppure, a seconda del suo umore, la minacciosa promessa della neve nel cielo di fine gennaio, Ranma-chan aveva due laghi scuri e profondi, di un cobalto intenso, febbricitante, pericoloso eppure caldo e appassionato.
Fino ad allora Akane aveva pensato che quel colore appartenesse solo alla notte, invece: eccolo, prigioniero delle iridi di una bizzarra coetanea che, in un afoso e umido pomeriggio di due anni prima, era piombata all’improvviso in casa sua, trascinata da un panda.
Le era piaciuta da subito, vestita con quegli abiti cinesi maschili inzuppati di pioggia e il portamento fiero: in quella manciata di ore prima di scoprire il suo segreto, aveva pensato che sarebbero diventate grandi amiche e che le sarebbe stata eternamente grata per il solo fatto di essere una ragazza e aver dissipato la minaccia di un matrimonio combinato con un perfetto sconosciuto.
“Già…” chiosò la voce.
Già, sospirò Akane.
Fin da bambina si era sempre proiettata in un futuro da sensei alla guida del dojo della scuola di Lotta Indiscriminata Tendo; l’idea di un uomo forte al proprio fianco come requisito per la realizzazione del suo progetto di vita non l’aveva mai nemmeno sfiorata. 
Quel giorno, invece, scoprì che la sua più che legittima eredità si era tramutata in una squallida dote e con il cuore a pezzi aveva giurato a se stessa che si sarebbe opposta accanitamente a quella unione forzata e infelice.
“Tuttavia, eccoti qui, a distanza di due anni, a sdilinquirti e scioglierti davanti a questo deficiente con il codino! Come è successo?”
Akane schioccò la lingua incrociando le braccia indispettita, le labbra arricciate in un broncio infantile e molto poco convincente. 
Sdi-sdilinquirmi…? Io?! Figuriamoci! Non è assolutamente vero! 
“Oh, sciocchina, sì che lo è!” ridacchiò frivola la sua coscienza.
Prima che Akane potesse replicare, un movimento impercettibile catturò la sua attenzione: una piccola foglia a ventaglio volteggiò nell’aria avvitandosi su se stessa. La seguì con lo sguardo danzare tremula verso il terreno e interrompere la sua leggiadra corsa in bilico sul naso perfetto di Ranma che, con un grugnito infastidito, la fece sollevare per un attimo e scivolare aggraziata sulla propria bocca, illuminata da un raggio di sole intermittente.  
Al primo respiro di Ranma, Akane trattenne il fiato.
Odiandosi, si ritrovò a desiderare con tutte le forze di essere al posto di quella misera foglia quando lui inspirò e lei si avviluppò alle sue labbra carnose aderendo alla loro forma qualche istante, giusto il tempo di un battito mancato del cuore di Akane. Poi, con un soffio poco deciso Ranma la respinse debolmente facendola fremere e sollevare, allontanandola senza tuttavia permetterle di fuggire altrove, catturandola - crudele - con un nuovo respiro.
Beffandosi dei suoi turbamenti, la voce rise soddisfatta: “E allora, stupidina, avevo ragione o no?!”
Akane, sconfitta, assistette impotente alla dimostrazione di quanto fosse in errore altre due volte, finché la foglia non riuscì a liberarsi dal giogo delle labbra di Ranma e non planò leggera sulla casacca rossa.
Senza pensarci un istante, Akane si sporse a raccoglierla e, bramosa ma delicata, se la portò alla bocca.
“Invidiosa di una foglia: come ti sei ridotta, povera te!”.
Cercando di ignorare la voce, con entrambe le mani spinse la sottile lamella verde sulle proprie labbra, chiuse gli occhi alla ricerca di una qualche traccia residua del suo calore e le tornò alla mente, prepotente, la percezione della tiepida morbidezza sotto la plastica tesa del nastro da pacchi alla recita scolastica. 
Quante notti aveva cercato di rievocarne il tepore prima di addormentarsi e in quanti sogni si era intrufolata la sensazione dei loro volti perfettamente incastrati come tessere di un puzzle o la reminiscenza dei suoi capelli che le solleticavano le palpebre chiuse, l’odore inebriante della pelle di Ranma che si mischiava al suo…
“Nulla a che vedere con quella volta che ti ha baciata in versione felina. Non te lo sei nemmeno goduto, quel microscopico bacio, eri troppo concentrata ad arginare la figuraccia davanti a tutta la scuola…” Akane sentì il proprio cuore cadere con un tonfo sordo da qualche parte, dentro di sé, ma la voce, sadica, continuò: “E volendo proseguire la gloriosa carrellata delle esperienze insoddisfacenti che costellano il firmamento del vostro fidanzamento, non dimentichiamo tutti quei quasi: Il quasi bacio nel dojo, il quasi bacio nell’armadio, il quasi bacio quando Ranma aveva frainteso il tuo salvataggio dalla katana di Nodoka, il quasi bacio sull’albero… e chi più ne ha, più ne metta!”
Akane trascurò il rovo di spine che le impediva di deglutire, inspirò profondamente con la bocca socchiusa e la foglia aderì alle sue labbra.
Quando espirò, l’invidia era passata lasciandosi indietro solo un piccolo sorriso malinconico.
Si prese qualche secondo, sotto le palpebre serrate scorrevano rapide le immagini di tutte le carezze, gli sguardi e i sorrisi collezionati in quei due lunghi anni.
“Patetica.”
Akane convenne con la voce che, in effetti, lo era e si biasimò per questo.
Cosa ne era stato dell’Akane orgogliosa e combattiva che odiava gli uomini? Come sarebbe stata la sua vita, oggi, se i Saotome non fossero mai piombati a casa loro? Di getto si rispose: Noiosa. Piatta. Vuota.
Meravigliata dal suo stesso pensiero, aprì gli occhi senza fretta e trovò Ranma sveglio, intento ad osservarla in silenzio.
“Ops… sei stata beccata!”
Non riuscì a dire o a fare nulla, rimase immobile con la foglia sulla bocca, gli occhi sbarrati e il cuore che le batteva all’impazzata.
La voce non perse tempo: “Ascoltami bene, Akane, ci siamo: questo è il vostro momento. Sarebbe così facile mettere un punto a tutta quella sfilza di quasi…” fece una pausa ad effetto poi la incalzò: “Basterebbe avvicinarsi ancora un po’ assecondando la naturale gravità che esercita su di te, chiudere gli occhi per non rimanere abbagliata e...”  
Io… io… mi basterebbe solo un piccolo segno dal cielo, qualsiasi cosa per farmi coraggio… magari un suo gesto o una parolina gentile e… sì! Giuro su tutti i Kami che lo bacerò! Ora. Qui. Adesso!
Quasi rispondendo a quella richiesta, lui la guardò con determinazione e si inginocchiò di fronte a lei; poggiò i palmi a terra avvicinandosi pericolosamente al suo volto, scrutandola come se la stesse osservando per la prima volta.
Akane avvampò, incapace di muoversi, sentì il respiro di Ranma posarsi sulla sua pelle d’oca e un’onda si infranse contro il suo ventre. 
“Oh, Kamisama! Sta succedendo davvero?!” cinguettò eccitata la voce.
Prendendosi tutto il tempo del mondo, Akane, incredula, liberò le proprie labbra dalla foglia abbandonando le mani sul grembo; inclinando leggermente la testa socchiuse gli occhi mentre un batticuore selvaggio la assordava rimbombandole nella testa e nelle viscere, più intenso dei fuochi d’artificio visti qualche sera prima a Sumidagawa, più caldo di quelle labbra perfette così carnose, così invitanti, così vicine… Oh, Ranma…
 
«Ma sei scema, Akane? Che diamine ti ha fatto quella povera foglia?!»
 
Il frastuono dei cocci dell’ennesima speranza infranta riecheggiò dolorosamente dentro di lei.
“Aggiungo subito alla lista: quasi bacio sotto il ginkgo, a scuola, il giorno del vostro secondo anniversario. Ecco fatto!”.
Akane si sentì invadere da una furia cieca e mentre uno tsunami di lacrime stava per esondare dai suoi occhi, il braccio destro, in completa autonomia, era già scattato verso l’oggetto del suo odio profondo, in uno dei fendenti più feroci che avesse mai prodotto.
Ma Ranma fu più veloce di lei e in una frazione di secondo svanì.
«Troppo lenta, maschiaccio!» cantilenò, ridendo appeso a testa in giù, le gambe agganciate ad un ramo basso dell’albero, mentre con l’indice si abbassava la palpebra inferiore esibendosi in una buffa linguaccia. 
Dopo qualche secondo di stordimento, il braccio ancora rigido, teso e vibrante di rabbia, Akane tornò in possesso delle proprie facoltà e balzò in piedi urlando: «Vigliacco! Vieni giù se hai il coraggio!» 
Senza esitare un secondo afferrò da terra “The complete works of William Shakespeare” - milleottantuno pagine, ventinove centimetri per quindici, per sei, Spring Books editore, Londra - e, mettendo in pratica anni di allenamenti di softball, lo lanciò contro Ranma centrandolo in pieno volto e facendolo rovinare al suolo con uno sgraziato tonfo sordo.
Cercando di tenere a freno le lacrime, Akane gli saltò a cavalcioni sul petto e, preso per il colletto della casacca, cominciò a scuoterlo urlando: «Come osi… tu… stupido… idiota… egocentrico… arrogante…! Ti odio, Ranma Saotome! Mi hai sentito? Ti odio!»
«A-Akane… m-mi stai s-soffocando! Fe-fermati… ti prego!».
In un secondo tornò in sé, si bloccò e lo guardò, vedendolo.
Aveva i capelli scarmigliati e striati d’erba, le mani serrate intorno ai suoi polsi nel tentativo di fermarla, il pomo d’Adamo che saliva e scendeva mentre deglutiva, gli occhi spaventati e un bernoccolo che andava gonfiandosi rapidamente sulla fronte.
“Sai, Akane” sussurrò melliflua la voce “non credo che i fidanzati normali festeggino il loro anniversario in questo modo…”
Si sentì stanca e svuotata, non riuscì più a trattenere le lacrime e lentamente si accucciò, posando la fronte sul petto di Ranma che rimase impietrito trattenendo il respiro. Quando Akane cominciò a singhiozzare, lui, incerto, slacciò le mani dai suoi polsi e prese ad accarezzarle i capelli e la schiena con goffa dolcezza. 
«Non ne posso più, Ranma,» sbottò «non voglio più essere così. Non voglio più essere la fidanzata maldestra e violenta!» 
Lui le prese il capo tra le mani e lo sollevò il poco che bastava per guardarla negli occhi; arrossendo un po’ le asciugò le lacrime con i pollici, poi, con un tono che probabilmente voleva essere gentile e quel sorriso sfrontato che le faceva allo stesso tempo prudere le mani e tremare le gambe, le sussurrò: «Akane, non ci vuole niente… guarda me! Quando mi trasformo in una ragazza riesco ad essere perfettamente carina e sexy. Puoi farcela, è molto semplice, credimi: volere è potere!» 
Cosa ha appena detto l’idiota?
“Sono quasi certa che abbia detto che, se vuoi, ti insegna lui a comportarti da femmina. Ha detto che volere è potere, che non ci vuole niente ad essere carina e sexy e quindi, se leggo bene tra le righe, ha implicato che sei tu che non vuoi essere carina e sexy e che quindi è colpa tua. Ha detto: è molto semplice.”
Akane risucchiò l’aria e rigida come un pezzo di legno si tirò su con il busto come fosse di nuovo nel corpo della bambola vendicatrice, le braccia incrociate con forza e i pugni serrati. 
«Ma certo, baka che non sei altro, come ho fatto a non pensarci prima, è davvero molto semplice: TU non ti comporti più come un perfetto imbecille insensibile così IO smetterò di picchiarti!»
Ranma si alzò sui gomiti, le sopracciglia aggrottate e un tono indispettito: «Adesso cosa ho fatto di male?! Non sono IO a comportarmi da imbecille, sei TU che fraintendi in continuazione!» 
«Ah sì?» sibilò «Allora spiegami in che modo avrei frainteso “puoi farcela”, “non ci vuole niente”, “volere è potere”? O quando, appena sveglio, mi hai dato della scema?!» 
«Akane, ti comportavi da pazza! Cosa stavi facendo a quella foglia? A me sembrava che la stessi baciando, per tutti i kami!» 
«Certo che lo stavo facendo, baka!» gridò. «Se aspetto che sia tu a baciarmi…!»
All’unisono spalancarono gli occhi e ammutolirono.
Non… non l’ho detto. Vero?!
“Oh… sì, mia cara… e lo hai detto anche a voce bella alta!” sghignazzò la sua coscienza con un gridolino.
Akane scattò in piedi velocemente, raccolse il libro, la cartella e senza guardarsi indietro farfugliò con voce strozzata: «Lascia stare, devo tornare a lezione. Ci vediamo a casa!»
Prima che fuggisse lasciando l’ombra del vecchio ginkgo come se fosse una stanza, Ranma la prese saldamente per la spalla e la fece voltare. Akane con lo sguardo basso si aggrappò con forza al suo libro e si appoggiò con la schiena al tronco dell’albero.
Con due dita lui le sollevò il mento costringendola a guardarlo e quando Akane lo fece, faticò a mettere a fuoco ciò che si trovò davanti agli occhi.
Ranma le stava porgendo un piccolo fiore stropicciato e mezzo appassito. Lo prese titubante e poi posò su di lui uno sguardo interrogativo. 
La sua tipica posa imbarazzata le strappò un flebile sorriso. 
«B-buon anniversario…» sussurrò talmente in fretta che lei credette di averlo immaginato. 
«Scusa s-se è un po’ rinsecchita» e abbassò ancora di più la voce «ma stamattina… mi-mi sono svegliato presto e ho s-setacciato il parco alla ricerca di una ma-margherita con i petali d-dispari, po-poi l’ho tenuta in tasca tutto questo tempo… e oggi fa così caldo…»
Pensando di aver capito male, Akane istintivamente si chinò verso di lui aggrottando la fronte. 
«Dispari?»
«Ehm sì, di-dispari, perché, ehm, sai… quando… beh, perché qu-quando li s-strapperai… insomma… hai… capito, no?» rispose balbettando e arrossendo fino alle orecchie, mimando il gesto di chi sfoglia un fiore.
«Strappare?» 
Lui divenne se possibile ancora più paonazzo e cominciò a sudare copiosamente artigliando con la mano destra la casacca all’altezza del cuore.
«S-sì… s-strappare i pe-petali di una m-margherita per sapere se qualcuno t-ti a-am…ama… i-in questo c-caso s-se io t-ti… ehm… p-perché, s-sai A-Akane io… ehm… t-ti… i-insomma è un mo-modo p-per di-dirti che…»
 
Sta… sta per caso cercando di dire quello che penso? Sto… di nuovo fraintendendo…?!
 
La voce si prese qualche secondo, poi dolce e commossa le rispose:
La domanda è un’altra, testona: cosa diavolo stai aspettando ancora, che gli venga un infarto?!”
Akane si portò la margherita alle labbra e inebriata da un’improvvisa, fulminante felicità le sfuggì un sorriso così luminoso che Ranma accennò un passo indietro, quasi volesse mettersi in salvo allontanandosi il più rapidamente possibile da quella esplosione. Con il cuore impazzito e un gesto sicuro, Akane lo afferrò per la casacca e lo tirò a sé, si alzò sulle punte dei piedi e poi, riversando il caldo miele dei suoi occhi nel cielo sconfinato di quelli di Ranma, fiduciosa e colma di amore, gli andò incontro e si sporse lanciandosi, senza più alcun timore, verso l’ignoto.
 
 
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Allora? Soddisfatti del modo trovato da Ranma per dire?! XD
Nella mia linea temporale Baciare si colloca qualche giorno dopo Dire, ma ammetto di aver barato perché il festival di Sumidagawa si tiene l’ultimo sabato di luglio (quest’anno il 30) mentre la scuola in Giappone solitamente finisce qualche giorno prima, intorno al 20… lo so, una imprecisione gravissima , ma insomma, confido nella vostra elasticità!XD
Il librone di Shakespeare esiste davvero… eccolo qui: https://www.abebooks.it/prima-edizione/COMPLETE-WORKS-WILLIAM-SHAKESPEARE-Skakespeare-Spring/1043574298/bd; inizialmente non avevo inserito nella os le sue caratteristiche perché mi sembrava un’informazione superflua, poi ho pensato che il nome dell’editore fosse una simpatica coincidenza che non poteva essere ignorata (“Spring Books”, spring = sorgente)! 
Un enorme ringraziamento va, come al solito, alla mia preziosissima e adorata beta Tiger Eyes e un altro va a Neechin/Cinzia per avermi dato consulenza su tutti i “quasi baci” dei nostri fidanzati preferiti: GRAZIE!
Alla lista avremmo aggiunto volentieri anche quello di Ryugenzawa (durante lo scontro con l’Orochi) e chiaramente quello di Jusenkyo, ma, volendo essere scrupolosi, nel manga non viene tecnicamente esplicitata nemmeno l’intenzione di un bacio, sebbene ci fosse l’atmosfera perfetta (chettepossino Rumiko!!) e quindi, alla fine, ho preferito non inserirli nella lista. A voi ne vengono in mente altri?
Un GRAZIE dal profondo del cuore e un abbraccio a voi che continuate a seguire e a commentare, spero vi sia piaciuta e che vi siate divertiti, fatemi sapere anche stavolta cosa ne pensate!
A prestissimo con Lettera!
 
 
 
 
 
   
 
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