Giochi di Ruolo > D&D - Forgotten Realms
Ricorda la storia  |      
Autore: ombranelbuio    12/07/2022    1 recensioni
Fiaba sulla tragica storia di una principessa, il suo amore per un mostro e la sua maledizione finale contro il regno.
(Storia inventata per un gdr, i giocatori la leggono su un libro di fiabe halfling e fornisce loro degli indizi per una quest secondaria)
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tanto tempo fa viveva in un regno prospero e felice una principessa di nome Rosaspina.
Tutti la chiamavano così perchè adorava le rose bianche del giardino reale e trascorreva gran parte del suo tempo a prendersene cura. Quelle le ricordavano sua madre, la regina, venuta a mancare qualche tempo prima per via di una malattia.
Il re suo padre la segui poco dopo ammalatosi di crepacuore per lo sconforto che la solitudine gli procurava.
Il regno passò dunque nelle mani dello zio di Rosaspina, un uomo crudele e vanitoso venuto da molto lontano, che fin da subito mal sopportava la presenza della principessa e le attenioni che gli abitanti del regno le riservavano. Infatti, al contrario di lui, Rosaspina era molto amata dai concittadini e spesso si intratteneva con loro in danze e giochi spensierati.
Lo zio invidioso di Rosaspina, un giorno si adirò con lei e convocata al suo cospetto le disse:
"Come mai una una fanciulla del tuo rango osa disquisire con umili popolani e intrattenersi con loro come una ragazza di bassa lega? Un simile atteggiamento reca offesa a me e a tutta la corte, per non parlare dei pericoli ai quali ti espone, rifiuti la scorta che ti ho assegnato ponendoti alla mercè dei briganti! Perciò ti proibisco di lasciare tue stanze fino a che non avrai imparato a comportarti come si confà a una principessa!"
Rosaspina provò a replicare dapprima furibonda, poi supplicando di lasciarla libera ma lo zio fu irremovibile.
Prigioniera di quella gabbia dorata che era il suo castello, Rosaspina patì per molto tempo l'assenza di qualcuno con cui poter parlare. Neppure ai servitori era permesso di trattenersi nelle sue stanze troppo a lungo perciò tutto quello che le rimase furono soltanto le rose bianche del suo giardino.
Durante il suo periodo di reclusione, nel regno si scatenò una calamità: un terribile mostro cominciò ad aggirarsi per le strade al calar del sole, divorando chiunque incontrasse sul suo cammino per poi svanire senza lasciare traccia alle prime luci dell'alba.
Lo zio di Rosaspina, spaventato e intenzionato a trovare la bestia, decretò che nessuno degli abitanti del regno dovesse trovarsi fuori di casa dopo il tramonto, poi convocò dei cacciatori esperti dai regni vicini, i quali insieme ai suoi soldati e alcuni coraggiosi cittadini, presero a dargli la caccia.
Accadde una sera che mentre Rosaspina se ne stava sconsolata a guardare il suo giardino attraverso la finestra dall'alto della torre, vide un uomo sbucare dalla foresta vicina e nascondersi in mezzo alle sue rose.
La principessa sorpresa e incuriosita si precipitò immediatamente nel giardino avendo però cura di non farsi scoprire dalle guardie.
"Chi siete oh viaggiatore che con tale ardire cercaste rifugio nel mio giardino? Non sapete che il re mio zio ha proibito l'aggirarsi in strada a chiunque, per via di un mostro sanguinario? Siete voi forse uno di quegli impavidi che lo van cacciando? Oppure siete uno straniero? Narratemi ordunque da dove veniste e cosa vi turbò a tal punto da spingervi fin qui al mio cospetto".
L'uomo si scoprì il capo celato dal mantello rivelando un aspetto giovane e di rara bellezza, tanto quanto lo era Rosaspina.  
"Sono il principe di un regno lontano giunto in cerca della bestia di cui parlate, ne seguii le tracce nel bosco ma i cacciatori credendomi lei, scagliarono su di me le loro frecce, per questo cercai un riparo".
Le voci dei cacciatori e delle guardie costrinsero i due a salutarsi in tutta fretta, non senza ripromettersi di rivedersi ancora.
Così trascorsi alcuni giorni, i due si rincontrarono nel giardino, dopo il tramonto.
"Come procede la vostra caccia, mio principe? Quali ragioni vi spingono a intraprenderla e per di piu da solo? Non temete per la vostra vita? Per il bene del vostro regno dovreste conservarla... e per il mio".
Disse Rosaspina arrossendo in volto.
Il principe provò a cogliere una rosa ma nel farlo si punse un dito che prese a sanguinare. Rosaspina gli si avvicinò e la colse lei stessa senza esistazioni e senza pungersi.
"Le rose sono tanto belle quanto fragili. Un tocco rude le ferisce perciò esse feriscono per prime, non per cattiveria ma per timore. Soltanto i gesti gentili e pazienti sono in grado di raggiungerle."
Poi ne annusò il profumo e la porse al principe. Lui ne colse un altra stavolta con gentilezza e senza pungersi, bagnò i petali bianchi col sangue sul suo dito e la donò a sua volta alla principessa.
"Inizio a comprendere quanto benevola possa essere stata questa mia sofferenza, se da essa potrò infine apprendere il tocco gentile col quale raggiungervi".
I due furono a quel punto nuovamente interrotti dai soldati e dovettero salutarsi.
Si incontrarono ancora altre volte e conoscendosi vicendevolmente i loro cuori presero a battere all'unisono come trafitti dai dardi incantati di Sunè, la dea degli innamorati.
Ma una sera, mentre il principe era giunto nel giardino, numerose guardie lo circondarono.
Lo zio di Rosaspina irruppe nelle stanze della principessa e si affacciò alla finestra nel momento in cui la fanciulla era intenta ad uscire, e disse.
"Gia da tempo sospettavo che vi fosse un qualche intruso nel castello. Chi siete dunque voi, oh straniero, che insidiate senza diritto alcuno la principessa trasgredendo le mie leggi? Mostratevi in volto!"
"Egli è un principe" Irruppe Rosaspina implorante "venuto da lontano in cerca della bestia come voi, non commise nessun crimine e venne qui per mio comando. Punite me perciò ma risparmiatelo".
"Giammai!" Replicò suo zio dopo aver visto in volto il principe e invidiata la sua bellezza.
"Che sia messo a morte seduta stante! Diremo al suo regno che il mostro lo ha divorato".
I soldati obbedirono e trafissero il principe, ma tra le urla di Rosapina qualcosa accadde. Il principe mutò il suo aspetto in quello della bestia: zanne, artigli e pelo irsuto, un muso ferale e una mole imponente.
Si agitava come impazzito, in preda alla furia, colpendo e mordendo i soldati per divincolarsi dall'accerchiamento mentre quelli a loro volta cercavano di sopraffarlo. Una lotta furibonda si scatenò nel giardino e Rosaspina vi si precipitò immediatamente.
Quando la bestia la vide si fermò un momento come ad aver riacquistato il senno. I soldati si fecero da parte al suo comando.
"Egli non è il mostro che pensate, posso giurarvelo! Per quanto il suo aspetto sia terrificante, sotto queste zanne e artigli si cela un uomo buono... lasciate che ve lo dimostri!" Disse la principessa avviciandosi. Tese la sua piccola, pallida mano verso l'enorme creatura, le toccò il muso e quella si lasciò accarezzare. Gli occhi accecati dalla furia ritornarono celesti d'improvviso, come il mare.
"Non guardarmi principessa" Bofonchiò il principe mostruoso coprendosi il muso, colmo di vergogna. I soldati nuovamente lo incalzarono e lo spinsero a fuggire nel bosco. Rosaspina strinse al petto la sua rosa bianca e rossa domandandosi se tutto ciò che egli le aveva detto fosse stata davvero una menzogna. Doveva scoprirlo.
Balzò su un palafreno e prese a galoppare veloce quanto il suo stesso cuore. I soldati con lo zio le tennero prontamente dietro.
"Ferma Rosaspina, torna indietro! Quello è il mostro che ha divorato senza pietà i tuoi concittadini, non gettarti anche tu nelle sue fauci!" Le urlava dietro lo zio, ma la ragazza in lacrime non si dava pace.
Nel fitto della foresta il principe in forma di bestia, ferito e sanguinante, raggiunse un vecchio tempio abbandonato dedicato a Berronar, dea della guarigione e dei giuramenti, nel quale si nascose oramai stremato, in attesa dei suoi inseguitori.
Rosaspina smontando, varcò la soglia per prima avanzando verso l'altare.
La bestia, che si era nascosta per tendere un agguato, le balzò addosso credendola un nemico ma quando stava per colpirla si fermò e la riconobbe.
"Siete stato davvero voi a commettere quei crimini?" Disse lei del tutto risoluta e per nulla spaventata.
Sopragginse quindi il re mentre il principe annuendo, ricercava il fiato per rispondere.
"Mi mentiste dunque, giocando col mio cuore, macchiando di sangue le strade del mio regno..."
"Si, ma..." Stava per dire il principe, quando la lama del re gli trapassò la schiena restandovi incastrata. E poichè quella era un arma incantata, nessuno eccetto il re avrebbe potuto rimuoverla. Il principe ancora in piedi si voltò e tese il braccio mostruoso verso il re cercando di afferrarlo, senza riuscirci.
"Tuu..." Il principe digrignò i denti verso di lui, poi disse a Rosaspina che era ancora dentro il tempio:
"Tuo zio viene dal regno che un tempo governavo, ma le sue trame, il suo cuore avido e crudele hanno portato la morte nella corte e tutti noi alla rovina. Voleva fare lo stesso anche qui e ho cercato di fermarlo, divorando coloro che egli inviava notte dopo notte a commettere crimini per suo conto. Volevo solo vendicare i miei genitori e proteggere il tuo regno". Disse il principe con voce rotta dal dolore e dallo sforzo.
"Ebbene si, quel che dice è vero, ma chi gli crederà? E' solo un mostro che merita di morire!"
Diede l'ordine di attaccare ma Rosaspina si pose davanti alla besta a braccia aperte per farle scudo. I soldati allora esitarono. Nel frattempo la voce che il mostro era stato trovato si diffuse nel regno e una folla armata di forconi e torce raggiunse il tempio nella foresta.
"Se così stanno le cose allora sarà il popolo a decidere!" Disse la principessa sollevata di vedere molte facce amiche.
"Questa creatura è in realtà un principe buono che ha cercato di proteggere il regno dalle malefatte del re mio zio, il quale si è macchiato di numerosi crimini. Miei cari concittadini, vi chiedo di schierarvi dalla mia parte per salvarlo e punire il re come merita"
Disse Rosaspina con orgoglio, fiduciosa che quelli che considerava amici l'avrebbero aiutata, eppure neanche uno di loro si fece avanti. C'era chi distoglieva lo sguardo, chi restava ammutolito, chi per timore della bestia o dei soldati non osava muovere un passo.
"La povera principessa è stata iretita da quel mostro abominevole, guardatela in che pietose condizioni l'ha ridotta! Una creatura sanguinaria come quella rappresenta un pericolo per tutti noi e non merita altro che la morte!"
Disse suo zio sogghignando ordinando ai soldati di attaccare.
Il principe cercò di difendersi come meglio poteva ma la spada che teneva conficcata nella schiena gli impediva di guarire, così poco a poco i soldati ebbero la meglio, uccidendolo.
Rosaspina lo abbracciò in lacrime sperando con tutta se stessa che non morisse. Pregò la dea con quanto fiato avesse in corpo affinchè lo salvasse. La luce divina si irradiò dal cielo sul corpo del principe e per un attimo egli riaprì gli occhi. Ma a quel punto le frecce dei soldati cominciarono a colpirlo, la lama nella sua schiena a lacerarlo ancora e lui morì di nuovo. La luce divina splendeva ancora, alimentata dalle preghiere della principessa e il Principe si risvegliò e di nuovo i soldati lo colpirono.
"Vi supplico, vi imploro, basta! Io lo amo. Lasciateci andare. Se è il regno che vuoi zio, prenditelo, rinuncio al mio titolo e ai miei diritti, ma lasciami salvare il principe" Li pregò Rosaspina come poteva, singhiozzando ma nessuno ebbe pietà di lei.
"L'avete sentita tutti gente, ha rinunciato al titolo per un mostro, ha tradito voi e il suo regno, per tanto non merita misericordia!"
Sentenziò il re soddisfatto, intenzionato a giustiziare pure lei.
Il principe continuò a risorgere e a morire ancora e ancora senza tregua, finchè Rosaspina, straziata dalla vista di tutta quella sofferenza, non cessò le sue preghiere. La luce sacra allora si estinse e la bestia cadde a terra priva di vita.
Rosaspina vide allora gli occhi colmi di disprezzo verso di lei e il principe, di coloro coi quali aveva condiviso le giornate fino a poco tempo prima, sentì le loro grida festose nell'aver ucciso colui che amava, orgogliosi di averla gettata nella disperazione.
La sua collera a quel punto fu inarrestabile così come le sue lacrime.
"Oh voi che siete stati sordi alle mie suppliche, che avete calpestato la mia fiducia, senza pietà ne rispetto per chi vi era amica e così poveri nell'animo da non discernere il buono dal malvagio, io vi maledico! Che nessuno di voi lasci piu questa foresta, che nessun altro osi mettervi piede o colpire un cuore innamorato! Resterete qui con me a marcire per l'eternità assieme al corpo del mio amato e nessuno dei vostri cari vi rivedrà mai piu! Che il mio cuore sanguinante vi ferisca come spine per sempre e tutto il regno cada in rovina!".
Pronunciando quelle parole al cospetto di Berronar, esse presero forma. La maledizione si estese in tutta la foresta rendendola mortifera e marcescente mentre il tempio veniva avvolto dai rovi della rosa bianca e rossa che Rosaspina stringeva ancora a se, le cui radici crebbero senza sosta alimentate dal suo odio profondo. Tutti i presenti furono uccisi e i loro spiriti condannati a restare in trappola nutrendo la foresta per sempre. Il principe e la principessa furono anch essi imprigionati in quella tomba, destinati ad amarsi e a odiare il mondo per l'eternità.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > D&D - Forgotten Realms / Vai alla pagina dell'autore: ombranelbuio