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Autore: Jasmine54    14/07/2022    3 recensioni
Un ritratto che, con lievi pennellate colorate, descrive la vita in una cittadina italiana non bene identificata. Le diverse classi sociali che la abitano e i personaggi pittoreschi che compaiono sullo sfondo costituiscono, con tinte talvolta tragiche e talvolta comiche, l’anima della cittadina.
Nota: rating alzato ad arancione per un solo capitolo.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Erano le diciotto e Marisa aveva finito il suo lavoro alla rivendita di laterizi. Era un’impiegata modello, di buon carattere, generoso e altruista, ma a volte si adombrava in modo cupo e passivo, come se fosse impotente davanti a un evento.

Un evento che nell’ultimo periodo si stava ripetendo con frequenza.

La sua collega, nonché amica, Elisa, la stava scrutando da un po’ di tempo e, quando le chiedeva cosa avesse, Marisa tergiversava, perché non ne voleva parlare.

“Sembra che abbia paura di qualcosa…” questo pensava tra sé e sé Elisa. L’unica cosa da fare era osservare Marisa attentamente.

Quel giorno le due donne avevano deciso di andare a fare un aperitivo in piazza del Duomo, con altri amici della cittadina.

“Ti farà bene stare con noi per un po’,” disse Elisa a Marisa, la quale ricambiò con un mesto sorriso.

Salvatore, il ragazzo di Marisa, quella sera era di turno in caserma, quindi lei era sostanzialmente libera. Da quindici giorni, poi, l’uomo era piuttosto tranquillo e carino, le portava dei fiori profumati e piccoli doni inaspettati. Quante volte lui le aveva chiesto scusa, quante volte aveva ripreso…

“Questa sera sono contenta, voglio divertirmi fino a tardi!” disse quindi Marisa a Elisa, mentre le due donne si incamminavano verso le rispettive macchine.

In piazza del Duomo, al bar, gli amici le stavano già aspettando, seduti, e con sorrisi divertiti. Quando Marisa ed Elisa li raggiunsero, i ragazzi si alzarono, le abbracciarono e le baciarono, come sempre succedeva ai loro incontri.

Nessuno del gruppo vide passare, lentamente, proprio a ridosso di piazza del Duomo, una mobile della polizia, con al volante Salvatore. Questi, dopo aver guardato a destra e a sinistra della piazza, si fermò bruscamente. Aveva visto Marisa sorridere a un suo amico al tavolino. La rabbia gli salì subito al viso, diventò tutto rosso, come notò anche il collega Peppino.

“A casa, questa sera, faremo i conti!” pensò iroso Salvatore, continuando il giro di ispezione per le vie della cittadina.

Alle venti e trenta circa Marisa salutò gli amici e ritornò verso casa, nell’appartamento che lei e Salvatore avevano preso in affitto nella parte ovest della cittadina, nel quartiere Barnabei.

La mamma di lei aveva aiutato Elisa ad arredarlo e lì lei credeva di avere trovato il proprio nido definitivo.

La ragazza aprì quindi la porta di casa, sapendo che Salvatore sarebbe rientrato intorno alle ventitré. Calma e serena si spogliò, e decise anche di fare una bella doccia, di lavare i capelli e di profumarsi per il suo uomo; poi lo attese, guardando uno spettacolo divertente alla televisione, tra brevi pisolini.

All’ennesimo risveglio, sentì girare la chiave nella toppa della porta d’ingresso e vide Salvatore sulla soglia, accigliato. Gli corse incontro, abbracciandolo e baciandolo, ma non fece in tempo a chiedergli se la sua giornata fosse trascorsa senza problemi quando una potente sberla la scaraventò a terra.

Lo stupore e lo shock dipinsero e trasformarono il suo bel viso.

La donna, di scatto, si ritirò in un angolo dell’ingresso, accovacciata con la testa tra le mani: la paura aveva avuto il sopravvento.

Salvatore la prese per i capelli e la trascinò sul pavimento in sala, le alzò il viso e le dette un’altra sberla, spaccandole il labbro e facendole sanguinare il naso. Con un pugno le chiuse l’occhio destro, che subito si gonfiò all’inverosimile.

“Ti ho vista questo pomeriggio in piazza del Duomo, con i tuoi amici, o meglio ‘con il tuo amichetto’… gli sorridevi, smorfiosa… Quante volte ti devo dire che non devi uscire dopo le diciotto da sola, non lo puoi fare!” Allora le dette un calcio nel fianco destro.

Marisa, ora, era in balìa della paura, non capiva cosa stesse succedendo e dove avesse sbagliato.

“Mamma, aiutami…” sussurrò la ragazza, piangendo.

La testa le girava, il fianco le faceva male, ma doveva riuscire ad alzarsi e a raggiungere il proprio cellulare.

La madre, dopotutto, l’aveva avvertita dall’inizio: c’era qualcosa nello sguardo di quel Salvatore che le faceva paura.

Marisa però, in preda al primo innamoramento, le aveva semplicemente sorriso, dicendo che andava tutto bene. In quel momento preciso, invece, pensò che la madre aveva ragione: “… niente va bene, mamma…”

Salvatore intanto, era andato in bagno a farsi una doccia, tentando di placare quella sua maledetta ira.

Per Marisa era proprio il momento adatto per chiedere aiuto. Strisciando per terra, si avvicinò alla sua borsa, posata sul divano, estrasse il telefonino e scrisse: “Aiuto!”, indirizzando il messaggio a sua madre e ad Elisa.

Le destinatarie del messaggio non risposero, ma si affrettarono a cercare soccorsi. Subito la mamma di Marisa chiamò il marito e suo fratello Emilio, che viveva di fianco a loro. Insieme salirono in macchina e si diressero verso la casa di Marisa, questa volta portando la copia delle chiavi dell’appartamento della ragazza e - non si sa mai - il mattarello di legno.

Nello stesso momento, Elisa chiamò il suo amico carabiniere Angelo e, insieme, andarono verso l’abitazione dell’amica.

Lì, Marisa aspettava, per terra, raggomitolata e tremante. Salvatore, ritornato in sala, non la degnò di uno sguardo, si sedette sul divano, e accese la televisione. Il tempo passava, sembrava non succedere alcunché, quando la chiave nella toppa incominciò a girare, la porta d’ingresso si aprì decisa e i genitori di Marisa con lo zio entrarono trafelati in casa. La mamma guardò la figlia raggomitolata a terra, sporca di sangue, e con passo deciso si avvicinò a Salvatore, dandogli un pugno nello stomaco. Il papà e lo zio lo presero e lo immobilizzarono a terra. Intanto Elisa e Angelo avevano raggiunto l’appartamento e videro ciò che sta accadendo. Tutto si svolse velocemente, i movimenti di chi stava aiutando la ragazza erano precisi e amorosi, le loro parole arrivavano da lontano a Marisa, che svenne.

La giovane donna venne portata d’urgenza al pronto soccorso e la denuncia al poliziotto Salvatore prese il suo corso.

 

Pinuccia, la mamma di Sara, l’indomani, dopo aver letto l’articolo sul giornale cittadino, esclamò: “Povera ragazza, avrà bisogno di tanto aiuto…” e intanto scosse la testa, amareggiata.

La cittadina era sorpresa e ne parlava. Per le strade, nei caffè, tutti sussurravano…

“È pure un poliziotto, che vergogna!” esclamavano tutte le donne e parte degli uomini. Gli altri alzavano le spalle dicendo: “Chissà come sarà andata veramente…”

La loro indifferenza e il loro scetticismo li attanagliavano ancora di più nella morsa dell’ignoranza.

   
 
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