Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Albascura_    18/07/2022    2 recensioni
[EreRi] [Ep.59]
Hanno finalmente raggiunto il mare, ma Eren sembra sempre più tormentato e distante. Levi vorrebbe aiutarlo, anche se non sa come fare.
Tutti devono ubriacarsi di qualcosa.
Scritta per la A Summer of Secrets del gruppo Hurt/Comfort Italia.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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ASK THE SEA FOR ANSWERS

 

Gli occhi di Eren hanno perso la scintilla che avevano un tempo, quando l’hai conosciuto.

Il dannato con la fretta di morire, lo chiamavano i suoi compagni. Forse era proprio quello che ti ha attirato all’inizio. Era solo un ragazzino, ma nei suoi occhi c’era il fuoco: il fuoco dell’odio, il fuoco della violenza, il fuoco della determinazione, incrollabile, instancabile. Il fuoco dell’affetto, brutale e incontenibile, il fuoco del sacrificio. Il fuoco dell’ammirazione, del rispetto, del voler essere utile a tutti i costi, speciale, indispensabile, l’unica speranza dell’umanità.

Se quel ruolo gli era pesato, non l’aveva dato a vedere. Sembrava nato apposta per quello.

Eri stato tu stesso a posargli quella zavorra sulle spalle? Forse. Sicuramente hai dato una mano. 

Ma come avresti potuto non farlo? Gliel’avevi letto negli occhi, quel fuoco. Brillava come il Sole d’estate, ardeva come quelle distese brucianti di cui parlava sempre Arlert.

L’unica speranza dell’umanità. L’unica. Dopo Shiganshina, dopo Erwin, ancora di più. Per te, l’unica speranza. L’unico.

Ma forse neanche la forza del fuoco può farcela nel vostro mondo malato. Dopo che ha bruciato tutto, riarso la terra fino alla roccia, consumato tutto l’ossigeno, tutta la speranza, inevitabilmente, si spegne. 

Non l’avresti mai creduto, quando l’hai visto per la prima volta. 

Pensavi che quel fuoco si potesse alimentare da sé, bruciare all’infinito, illuminare la strada per tutti, tenervi in salvo con il suo calore accecante. 

Vi ci siete raccolti intorno, come ad un falò, ci avete gettato dentro le vostre preghiere, i vostri sogni, l’avete usato per asciugare le vostre lacrime, per nasconderci dentro le vostre paure.

Eren, al centro di tutto, non ha fatto altro che accogliere. “Posso sopportarlo,” dicevano i suoi occhi, “Lo farò!” confermavano le sue parole. 

L’hai sopravvalutato? 

Quel ragazzino col furore negli occhi e voglia di libertà al posto del sangue nelle vene? Quel cadetto irriverente con una faccia tosta perfetta da prendere a calci, e poco più tardi, da sfiorare con la punta delle dita? Lividi da osservare mentre cambiano colore sotto la pelle, labbra rotte da lambire finché non senti i tagli rimarginarsi contro la tua lingua?

No. 

Tutti devono ubriacarsi di qualcosa.

Hai sottovalutato tutto il resto.

 

“Heichou… Hai mai sentito parlare del mare? E’ come un enorme lago, che, non importa quanto lontano guardi…  Arriva fino all’orizzonte… Ma è tutto fatto di acqua salata. Lo diceva Armin. Dicevamo che saremmo andati a vederlo, un giorno… Il mare che si trova oltre le mura…”

 

Ora siete qui. Le mura non sono più invalicabili. Uno spiraglio si è aperto nella vostra prigione. 

Alle vostre spalle c’è la vita di prima, quella dei topi. 

Sotto i vostri piedi c’è la sabbia, che scricchiola sotto le suole e rende i vostri passi incerti, ma euforici. 

Davanti a voi, c’è la verità. 

E’ satura, accecante, sconfinata. Aveva ragione Arlert: è come un lago, ma più grande, infinitamente più grande, così immenso che non si riesce neanche a guardarlo tutto. E’ troppo luminoso, troppo profumato, troppo pacifico. Troppo bello.

La consapevolezza che qualcosa di così bello possa esistere veramente ti fa rendere conto all’improvviso di quanto sia stata stretta la gabbia in cui siete stati rinchiusi tutta la vita. Ti fa girare la testa.

 

Guardi Eren, i pantaloni arrotolati attorno alle ginocchia, i polpacci che spariscono sotto il pelo dell’acqua.

Vorresti vedere un sorriso su quel volto, un guizzo di gioia, una scintilla di soddisfazione. Vorresti vedere un po’ del ragazzino che era. Ce l’avete fatta, dopotutto: quello è il mare.

Eren si volta, ma non è più il ragazzino che era. 

Di quel fuoco non è rimasto che un bagliore malinconico, l’aura aranciata di una fiamma che sembra estinta. Il crepitio di un incendio che giunge al culmine, il ricordo di qualcosa che ormai non è altro che cenere.

“Se uccideremo il nemico al di là del mare, noi… Saremo finalmente liberi?”

Disperazione.

Per cancellarla via dai suoi occhi useresti tutta l’acqua di quel mare. Temi che non basti.

 

Quella notte vi accampate in spiaggia, già troppo assuefatti allo sciabordio delle deboli onde per tornare indietro così presto.

Accendete un falò, un falò vero, e dentro ci finiscono risate, schiamazzi, idee rivoluzionarie, esperimenti folli, speranze che sembrano a portata di mano, sospinte da un leggero vento che sa di sale.

L’Eren del passato sarebbe stato partecipe di tutto quello, anzi, ne sarebbe stato il protagonista. Le sue idee sarebbero state le più audaci, il suo sorriso il più luminoso, il suo sguardo il più vivo. 

Stretto tra i suoi amici, avrebbe trovato la scusa più scioccamente credibile per allontanarsi dal gruppo e raggiungerti di nascosto, con un imbarazzo delizioso a colorargli le guance, mescolato alla spavalderia di chi non ha mai paura di rischiare. 

L’avresti amato, il vecchio Eren, se avessi saputo come si fa. Erwin aveva provato ad insegnartelo, ma forse non lo sapeva neanche lui. 

Forse, dentro alle mura, non lo sa nessuno.

Il nuovo Eren, invece, se ne sta in disparte, lo sguardo fisso sull’orizzonte che taglia a metà l’oscurità della notte, una linea sottile rischiarata dalla luce della luna. 

Il mare, tra le tante cose straordinarie che fa, riflette la luce delle stelle, brilla senza vergogna, quieto e implacabile. E’ proprio come lui: tanto affascinante quanto spaventoso.

Lo raggiungi e ti lasci cadere seduto al suo fianco. Nessun imbarazzo, nessuna scusa, nessun bisogno di nascondersi. Arrivati a quel punto, l’età conta davvero qualcosa nel potersi definire adulti? Eren ha sedici anni che pesano più di dieci vite. Non sapresti dire chi è veramente il più vecchio fra voi due.

Ti rivolge un debole cenno, senza smettere di guardare di fronte a sé, avanti, sempre avanti. Ha gli occhi stanchi, le spalle curve, l’espressione di chi, francamente, non ne può più. Ha solo sedici anni. Non sei capace di amare. Ma allora perché il petto fa così male?

“Eren…” La voce ti esce come un ordine. Finalmente distoglie lo sguardo dal mare, ma lo fa con una smorfia, come se gli costasse fatica.  

“Eren. Perchè non sei felice? L’umanità ha vinto, siamo usciti dalle mura. Abbiamo raggiunto il mare.” Conterà pur qualcosa.

Eren ti guarda in viso in modo strano, come se fossi qualcosa di estremamente ingenuo e prezioso insieme. Ti farebbe incazzare a morte se non fossi così dannatamente preoccupato. Lo prenderesti a calci anche subito se servisse a riaccendere la sua scintilla.

Invece gli prendi le mani e le stringi tra le tue. L’Eren del passato l’avrebbe apprezzato un gesto tanto sdolcinato. “Non era questo il tuo sogno?” 

L’Eren del presente resta immobile, non si ritrae e non si avvicina. Le sue mani sono tanto bollenti quanto la sua espressione è fredda. Poi tira un sospiro, e finalmente parla, sottovoce, quasi in un sussurro. Irriconoscibile rispetto a come era solito gridare per ogni cosa quando in lui c’era ancora il fuoco.

“Il mare era il sogno di Armin. Il mio sogno era di entrare nella Legione Esplorativa, poi di uccidere tutti i giganti. Chiudere la breccia nelle mura, riprenderci il Wall Maria. Uccidere Reiner e Berthold, raggiungere la cantina. Ho ottenuto tutto, a parte Reiner. Allora perché… Perché non sono ancora libero?” Le sue mani tremano tra le tue, lacrime gli rigano entrambe le guance. Il suo viso però resta impassibile. 

“Heichou… Che cos’è veramente la libertà? Vale veramente la pena di ottenerla?” La sua voce ormai suona come una supplica. Devi chiudere gli occhi, continuare a guardarlo ti sta lacerando.

“Io non lo so, Eren. Sai che odio dirlo, ma nessuno può sapere quale sia la scelta giusta. Nessuno sa che cosa accadrà.”

Eren esplode. 

Basta un istante perché la sua espressione indecifrabile si pieghi in una maschera di puro orrore, il corpo scosso dai singhiozzi, le lacrime che ormai scorrono come torrenti, scivolando lungo il mento, il collo, fino a bagnare la maglia dell’uniforme. E’ un disastro di dolore che lo scuote e lo contorce, dalle labbra escono grida strazianti, gli occhi gli si rivoltano all'indietro. Sembra che lo stiano facendo a pezzi dall’interno, strappandogli via la carne, o la fede, questo non lo sai. Ma è atroce.

Mikasa è la più veloce ad alzarsi. Fa per scattare verso di loro ma Armin la trattiene per un braccio. Ti rivolge uno sguardo eloquente e tu annuisci. Arlert è sempre stato quello più intelligente.

Lo stringi tra le braccia con tutta la forza che hai, senza trattenerti, sai che lui è l’unico che può gestirla. Ma tu puoi gestire tutto il suo dolore? Senza amore si può gestire qualcosa di così grande? Decidi che ci proverai, dovessi strapparglielo dalla pelle, scacciarlo a suon di calci, risucchiarlo via dai suoi polmoni. Berlo dalle sue labbra come fosse un veleno.

Lo sai che vi stanno guardando tutti mentre lo baci, lo sai perché non si sente niente oltre il crepitio del fuoco, lo sciabordio delle onde e le grida strazianti di Eren. Sono tutti zitti, immobili, impietriti. Chiederesti aiuto se pensassi che possa servire a qualcosa, ma sai che non è così. La crisi di Eren è viscerale, è profonda, è totale ed è sua, sola sua, non lascia uscire niente, non lascia entrare nessuno, nemmeno te. 

“Eren dimmi cosa posso fare. Ti prego, dimmi come aiutarti.” Lo ameresti se in quel mondo corrotto ti fosse concesso. Lo ameresti se ne fossi capace. Dio, quanto vorresti esserne capace.

“Non puoi. Io devo andare avanti.” Singhiozza.

“Allora verrò avanti insieme a te. Posso accompagnarti?” 

Speri che il mare sia grande come sembra, perché i lamenti di Eren sono così forti che forse anche gli abitanti delle stelle possono sentirli, figurarsi i nemici al di là del mare.

Li ucciderò per te, se è quello che vuoi. Uno ad uno, se è quello che serve per darti la libertà. Non dovrai farlo tu se non vuoi. Stavolta ci penserò io.

Vorresti dirglielo, ma non lo fai. Allora lo stringi e lo baci, sulla nuca, sulle palpebre, sulla fronte, sulle labbra, e gli asciughi le lacrime con le tue finchè non si seccano sulle vostre guance, finché i singhiozzi non diventano brevi spasmi, finché delle urla non restano che deboli gemiti. 

Siete entrambi esausti quando il sonno prende il sopravvento, ancora sopraffatti, ancora tremanti. 

Il suono dolce del mare vi culla, la sabbia è un giaciglio gentile. Eren ricambia il tuo abbraccio. Il suo corpo abbandonato è pesante contro il tuo petto. I suoi capelli disordinati ti solleticano il viso. Hanno un profumo indecifrabile.

 Respiri.

Tutti devono ubriacarsi di qualcosa.

Peccato che tu, di amare, non sia proprio capace.

 
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Ho scritto questa storia sul prompt di Valentina Baschetti "Hanno finalmente raggiunto il mare, ma Eren sembra sempre più tormentato e distante e Levi vorrebbe aiutarlo anche se non sa come fare" per la "A Summer of Secrets" del gruppo Hurt/Comfort Italia, venite a trovarci!

   
 
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