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Autore: Enchalott    24/07/2022    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sangue
 
«Cos’ha preteso da voi Kaniša?»
I bracieri scaldavano la pelle di Rhenn, incollato alla schiena del fratello. Le spalle e il petto sbucavano dalle coltri a caccia di refrigerio, aveva raccolto i capelli ma alcune ciocche erano sfuggite al fermaglio.
«Niente.»
Yozora avvertiva sullo sterno la fronte gelida di Mahati, che non aveva dato segni di recupero, il respiro ridotto a un alito impercettibile.
L’erede al trono spostò un ciuffo argenteo dietro l’orecchio. Un rivolo di sudore luccicò sulla fronte corrugata.
«Vi ha legata con un giuramento?»
«No.»
«Non mentite. Lo conosco.»
«Mi ha rivolto una domanda.»
Rhenn pretese i dettagli e sgranò gli occhi all’udire la risposta.
«Entrambi? Gli avete detto così?»
«Ho sbagliato?»
«No, se lo pensate.»
«Ne dubitate?»
L’Ojikumaar abbassò lo sguardo: le braccia, che cingevano suo fratello per strapparlo a una morte che già lo avvinghiava tra le spire, erano le stesse che sentiva intorno a sé. Desideravano sottrarlo a un freddo parimenti insidioso.
«Siamo a letto in tre, meno dubbio di così» mormorò sensuale.
Yozora avvampò. Pur aderendo a Mahati, era impossibile nascondersi e la pelliccia condivisa favoriva sguardi che Rhenn non si preoccupava di celare.
«Il re ha alluso a mia madre. Non ho compreso, ma mi ha turbata.»
Gli occhi viola tornarono nei suoi.
«Sragiona» minimizzò «E le mancanze su cui ha fondato la sua ignobile esistenza assumono strane configurazioni. Non fateci caso.»
«Ha parlato di cuore e mente.»
«Appunto, vi pare il discorso di benvenuto del sovrano dei Khai? È possibile che abbia incontrato Kelya, ma chissà da quale angolo della memoria l’ha tratta. Vostra madre era solita partecipare alle disposizioni di guerra?»
«No, ma se si trattasse di un incontro privato? Forse Kaniša lo ha richiesto dopo aver letto la lettera per Hamari.»
«Figuriamoci! Non si sarebbe mosso neppure per portarsela a letto.»
Yozora trasalì. L’abbraccio si allentò.
Potreste essere mia figlia.
«Rhenn…»
Lui la guardò impallidire e impiegò un istante prima che il medesimo pensiero gli saettasse in testa. Pur scoppiando di caldo, avvertì un brivido.
«Etarmah!» sancì categorico «Non siete una Khai. Non avete il mio sangue e soprattutto non siete mia sorella. Vostra madre scrive che eravate già nata e Kaniša non avrebbe combinato le nozze con Mahati. Potete tornare a respirare.»
«Se si fossero conosciuti prima? E poi la prescelta era Hyrma!»
Rhenn si levò a sedere, un’incrinatura a minare le sue certezze.
Spregevole bastardo! Quante altre vite condurrai alla rovina!?
Yozora lo fissava con gli occhi colmi di lacrime. Il cuore pulsò feroce, carico di rabbia e di scompiglio. La ferrea convinzione di non condividere con lei alcuna parentela lo placò.
«Un Khai non piange. Ecco la vostra agognata prova.»
«N-non sono cresciuta a Mardan!»
«E si vede. Non vi fareste spaventare dai vaneggiamenti di un vecchio.»
«Perché la prendete alla leggera? Siete così sicuro?»
«Il vostro non è l’odore di un demone! Non avete nulla di noi!»
«Se in me prevalesse la natura salki…»
«Siete talmente terrorizzata da non realizzare che state insultando vostra madre! Secondo voi si è concessa a Kaniša? Un nemico! Un essere indegno!»
«Può averla violata o ricattata! Questo sarebbe da lui?»
Rhenn conosceva la risposta, ma l’astio lo rendeva di parte. Esaminò se stesso e avvertì una morsa al petto. Era della medesima pasta di suo padre: lo avrebbe fatto eccome. Avrebbe usato qualunque mezzo per raggiungere i suoi scopi.
Io e lei non siamo fratelli! Non lo siamo!
«Si è riferito a una scelta, no?»
«Sì, ma…»
«Se l’argomento fosse questo, il re non vi avrebbe invitata a prestare attenzione. Avrebbe accampato il suo diritto su di voi, perciò sono portato a pensare il contrario. Senza contare che qualunque donna di buon senso respingerebbe Kaniša e, dalle vostre parole, Kelya lo era. Indipendentemente dalla posta in gioco, voi accettereste un uomo come…»
… come me?
Yozora osservò ansiosa il subbuglio in cui era precipitato: travalicava l’eventualità che fossero fratellastri. Rhenn stava esaminando il proprio operato e sembrava lottare contro duecentocinquant’anni di vissuto.
«Vostro padre potrebbe essere all’oscuro del seguito. Voglio una garanzia, sto per sposarmi! Io e Mahati abbiamo quasi…!»
«Non fidarvi mai di quanto affermo è un’abitudine oltraggiosa! Credete all’istinto di Mahati, allora. I Khai non incrociano il sangue, è abominevole! Se ne sarebbe accorto all’ultima asheat. A meno che non l’abbiate mandato fuori di testa.»
Il principe studiò l’espressione tormentata della ragazza. Le congetture non le sarebbero bastate, avrebbe rinunciato alle nozze e mandato a monte la sua ascesa al trono.
Sempre che mio fratello torni tra i vivi.
Si sporse e con uno scatto del pollice liberò la spada corta dal fodero.
«La vostra mano» ordinò.
Le appoggiò l’indice sul filo. Yozora si ritrasse, ma la trattenne. Alcune gocce rosso vivo caddero sul vassoio d’argento che reggeva in grembo. Ripulì la lama e ripeté l’incisione sul polso di Mahati: dovette calcare, pareva che il sangue stentasse a sgorgare.
Che diavolo…?
Rinviò le ipotesi e convocò i guaritori.
«Verificate eventuali analogie. Esigo la massima priorità. E già che ci siete analizzate il contenuto di questo» aggiunse gettando l’anello sul piatto.
La principessa lo guardò in un misto di stupore e gratitudine, reggendosi il dito ferito.
«Almeno la finirete di assillarmi. Fate vedere, state sporcando le lenzuola.»
Si portò il taglio alla bocca e lo lambì, leccando le stille che si formavano finché non smise di sanguinare. Le impedì di sottrarsi all’operazione, lanciandole un’occhiata maliziosa.
«Se siete figlia di Kaniša, io sono illegittimo.»
«C-che dite?»
«Il sangue non mente. La verifica ufficiale è per pacificarvi l’animo, a me non serve. Non siete mia sorella, lo percepisco. Seguendo le vostre perplessità tuttavia, sarebbe bizzarro giungere alla conclusione che il re non è mio padre. Quasi quasi torno a esigere spiegazioni al tempio di Valarde.»
«Hamari non ha tradito suo marito! Siete voi quello irriverente, ora!»
Lui sorrise sfacciato, dimostrando di averla condotta per l’ennesima volta dove desiderava. Si sarebbe giocato la destra sull’assoluta fedeltà della madre.
«Lo dite per salvarvi il collo?» la provocò.
«Certo che no!»
«Allora non ci resta che collegare i punti, escludendovi dalla linea ereditaria e dichiarando Mahati e il sottoscritto frutti del seme regale. Potete accoppiarvi con lui quanto vi pare.»
«Siete volgare! È il trono che vi interessa, altrimenti non risolvereste la questione in maniera tanto superficiale!»
«Infatti vi ucciderei per conservarlo. È positivo che sia come sostengo.»
Sotto le ciglia scure, lo sguardo di Rhenn era penetrante, ironico: non avrebbe levato la spada ma lasciarla nel dubbio lo divertiva. Era deciso nella logica, sensuale nell’arroganza. Quando lei lo fissò a occhi sbarrati, infierì.
«Ancora non vi basta? Mi costringete alla prova sovrana!»
La attirò a sé. Un movimento accennato che annullò lo spazio.
Yozora pietrificò: il suo respiro era dolcezza e sangue come a Shamdar. Non la baciò, ma la contiguità le diede il batticuore, come se una parte incontrollabile attendesse il tocco audace delle sue labbra. Lo stomaco sfarfallò.
Non voglio, non…
Rhenn si scostò.
«Proprio no. Non sono il vostro iwadar. Mi sembrate convinta adesso.»
«Mancate di rispetto a Mahati per contraddire me! Se non fosse in tali condizioni…»
Lui la interruppe brusco.
«A tal proposito, il freddo gli è sceso nel sangue. Pare coagulato, temo che le vostre premure non stiano funzionando.»
L’immagine dell’assideramento spodestò ogni animosità. La principessa sfiorò la lesione sulla spalla del futuro marito e la memoria finalmente rispose.
 
Era solo una bambina. Durante le celebrazioni in onore di Eenilal si era avvicinata al laghetto del tempio, disobbedendo alle raccomandazioni.
Il rigore invernale lo aveva trasformato in una lastra trasparente, i cigni selvatici erano posati sulla riva e la vegetazione, stretta nella morsa del ghiaccio, era un arabesco bianco.
Si era specchiata sulla superficie congelata, inconsapevole che quegli uccelli fossero territoriali. Il maschio dominante l’aveva attaccata, spingendola a fuggire lungo il ciglio sdrucciolevole: non si era accorta che la terraferma era stata sostituita dall’acqua solidificata, un velo fragile e infido.
Era bastata una lieve pressione. La crosta aveva ceduto di schianto, trascinandola nell’acqua gelata, e il ricamo incantato era mutato in un incubo.
Aveva gridato, ma il freddo le aveva sottratto il respiro e le forze. Si era aggrappata agli sterpi irrigiditi, bucandosi le mani, tentando di rimanere a galla, intralciata dalle vesti appesantite e dai frammenti, taglienti come coltelli, che le cozzavano contro. La mente si era confusa.
L’avevano tirata fuori semi incosciente e trasportata al santuario, dove i sacerdoti del dio della Luce le avevano salvato la vita.
 
«Siete ancora una ragazzina» commentò sarcastico Rhenn «È il motivo per cui i vradak vi atterriscono?»
«Forse» arrossì lei piccata «I fori sulle mie mani erano identici a questo. È stato il ghiaccio, gli stecchi intirizziti sono penetrati nella carne come aghi, i guaritori li hanno estratti con le pinze. Nella ferita di Mahati non è stato trovato nulla, perciò…»
«Per l’Arco letale! L’arma è un aculeo di ghiaccio!» l’espressione dell’Ojikumaar era un amalgama di aspettative ed emozioni represse «Il calore corporeo l’ha sciolto, ecco perché non abbiamo rinvenuto tracce!»
«Se i Minkari avessero scoperto un preparato che abbatte la temperatura…»
«È così! Mahati sta morendo di freddo!»
Il principe la fissò ammirato. I Khai discendevano dai daama, avevano sangue rovente, il rigore li indeboliva sottraendo loro le virtù demoniache: era l’intuizione giusta. Sebbene le minuzie non le fossero note, Yozora aveva guadagnato tempo nell’unico modo possibile.
«Ricordate come hanno operato i sacerdoti di Eenilal?»
«Come stiamo facendo noi, però io non sono una…»
Una Khai. Rhenn sorrise malgrado tutto.
Sì. L’ho decisamente persuasa.
 
L’effetto del calmante era esaurito. Mahati respirava a fatica, le membra scosse dai sussulti. I pugni si contrassero al dolore privo di argini, un gemito eruppe dalla bocca. Si inarcò annaspando, sfuggendo all’abbraccio della promessa sposa.
«Rhenn!»
L’Ojikumaar gli afferrò i polsi, inchiodandolo al letto affinché non la colpisse e non si arrecasse danni. Fu costretto a piantargli l’avambraccio nell’addome, serrandogli le gambe tra le ginocchia. Il minore si divincolò gridando, digrignò le zanne, un rivolo di sangue gli sgorgò dalle labbra e fluì con inconsueta lentezza, descrivendo una scia vermiglia sulla pelle livida.
«Da dove viene tutta quest’energia, per gli dèi! Sei per metà sul rogo!»
Mahati rantolò ma non desistette, i gemiti aumentarono d’intensità.
«Aiutatemi a tenerlo fermo!»
Yozora si approssimò, gli occhi lucidi di lacrime, incurante della nudità di entrambi.
«Così non respira!» esalò terrorizzata, vedendo la mano del primogenito serrargli la bocca.
«Sì che respira! Non devono sentirlo! Un principe khai non strilla come un infante!»
«È questo che vi preoccupa!?»
Rhenn si girò furente.
«Morirà con l’onore intatto, fosse l’ultima cosa che faccio! Datemi quell’ampolla!»
Colse il lampo nei suoi occhi: anche lui sarebbe morto, prima di ammettere una pena. L’orgoglio era preponderante ma non poteva occultare i sentimenti profondi. Obbedì senza obiettare, il cuore che pulsava impazzito.
L’erede al trono rovesciò il liquido in gola al fratello, costringendolo a deglutire. Attese finché gli spasmi cessarono, finché la voce non si ridusse a un fioco lamento. Solo allora si sollevò. Rimase sulle ginocchia, il respiro accelerato.
«La prossima crisi se lo porterà via. Ci servono altre pietre e qualunque cosa atta a generare calore. Cos’altro rammentate?»
«Mi hanno fatto bere brodo caldo a più riprese.»
«Farò portare l’akacha. Queste coperte sono fradice, vanno sostituite. Siete sudata, concedetevi un bagno mentre le cambiano.»
Yozora si coprì con tardivo pudore.
«Anche voi» balbettò.
Lui scosse la testa. Si avvicinò al bacile di bronzo e prese a strofinarsi con un panno bagnato. L’acqua gli scivolò sulle membra scolpite.
«Io sono a posto. Sbrigatevi, Mahati non deve raffreddarsi. Se volete guardarmi, ripeterò lo spettacolo in privato.»
«S-scusate! Sono mortificata!»
Rhenn la osservò mentre si ritirava oltre i drappi che racchiudevano la vasca e le labbra si schiusero in un sorriso. Posò lo sguardo sul fratello.
Se per assurdo fossi illegittimo e loro consanguinei, Mahati erediterebbe il trono, il dovere della discendenza ricadrebbe su di lui, romperebbe il fidanzamento senza appello e prenderebbe in sposa una Khai. Il clan di Rasalaje non la vorrebbe legata a un uomo privo di sangue reale, domanderebbe l’annullamento del vincolo. Sarebbe tragico.
La mano si arrestò sul thyr, all’altezza del cuore. Avrebbe potuto scegliere. Un’altra vita, un altro ruolo, un’altra donna. Tragico.
Sì, sarebbe tragico.
 
Il blu magnetico di quelle iridi le penetrò nelle ossa. Mirai sguainò.
«Hanran!» soffiò, attirando l’attenzione di Solea.
Questa andò in guardia senza porre domande, richiamando i compagni.
Kamatar balzò all’indietro evitando il fendente. Ebbe a malapena il tempo di riconoscere la donna che lo aveva attaccato e di azzardare una panzana dal ricco repertorio.
«Sei tanto ubriaca da non distinguere un ufficiale, nisenshi?» sbottò facendosi udire dall’agguerrita platea «È inammissibile, ti farò rapporto!»
«Chiama a tuo piacimento, traditore! Ti lascerò il fiato utile a confessare!»
Fu costretto a sfoderare la spada, ma restò provocatorio.
«Mi hai scambiato per un amante infedele?»
Mirai imprecò. Lo scontro aveva attirato le sentinelle, che esitavano indecise poiché il presunto reikan appariva convincente.
«Avvisate Sheratan!» sbraitò furibonda.
Solea ripeté l’ordine, convinta del giudizio dell’altra, e i gradi sciolsero i dubbi a favore dell’obbedienza. I guerrieri snudarono le armi, circondando il comandante ribelle.
Elefter vide sfumare le opportunità e ingaggiò in attesa di rinforzi. L’impatto percorse le lame, trasmettendosi alle dita.
«Ottima mossa, bellezza» sorrise insolente «Ma devi migliorare.»
«Per disarmare te? Non sono una dorei indifesa!»
«Voleva essere un complimento!»
«Risparmia l’ipocrisia, assassino!»
«Assassino? Lo dice chi condanna a morte i dissidenti!»
«Lo dice chi rispetta la legge e non taglia la gola alle ancelle del tempio!»
«Cosa!?»
Gli occhi cobalto si spalancarono con sincero stupore, confermando i sospetti di Mirai: quell’uomo non ne sapeva nulla. Tuttavia era un hanran, i dettagli sarebbero venuti dopo. Attaccò, costringendolo a una nuova parata.
«È successo qualcosa alla prima sacerdotessa!?» domandò lui.
«Fare il finto tonto non alleggerirà la tua posizione!»
Kamatar ebbe un moto di fastidio.
Razza di testarda, li scelgono apposta così fissati!
Non si lasciò distrarre, ma avvertì la fretta. Oltre a reperire notizie di Ishwin, avrebbe voluto interrogare Shaeta e monitorare da vicino lo stato di salute del Kharnot. Farsi acciuffare avrebbe escluso quelle e altre missioni.
Pazienza, se ne occuperà lui.
Confidando nelle capacità della sua spia, decise di tranciare la discussione armata. Ma la ragazza era un osso duro.
«Enka!» gridò con un pizzico di reticenza.
Alla parola d’ordine i ribelli si precipitarono in supporto, il clamore increbbe e destò l’intero accampamento: le fiaccole si accesero, i guerrieri accorsero, gli hanran furono messi alle strette.
«Vogliamo spargere il sangue khai? Non ne versate abbastanza in nome di Belker?»
«Arrenditi e nessuna linfa bagnerà la terra!» ribatté lei.
«Tranne quella dei miei uomini, vero?»
«Voi non siete Khai!»
Ti faccio vedere io quanto lo sono!
«Da quando la rispettabilità dipende dal numero dei morti?»
Le mosse di Kamatar acquisirono precisione, avanzò implacabile, spostandosi come un ballerino. L’addestramento di reikan non era svanito, solo detestava ricorrervi.
Mirai indietreggiò, costretta alla difesa. La spada del nemico era un lampo di luce, contrastarlo divenne arduo. L’affondo le lacerò una manica.
Chi è quest’uomo? Ha il duello in pugno!
«Tu» sibilò tra le zanne «Sei un guerriero, non è così?»
Lui fissò lo strappo sull’uniforme, come per puntare a un’apertura da sfruttare.
«Mai sostenuto il contrario» la fissò impudente «Spiacente, danzeremo in un’altra occasione» soggiunse con un cenno ai suoi.
«Vigliacco! Non scapperai per la seconda volta!»
«Sei insistente, per gli dèi! È così che hai conquistato il tuo uomo?»
Il ribelle si portò le dita alle labbra ed emise un fischio. Uno stormo di predatori da guerra scese in picchiata, aumentando la confusione.
La nisenshi si gettò al suo inseguimento, tallonandolo nella mischia.
«Dovrai uccidermi!»
Lo raggiunse mentre stava per montare in sella, gli si gettò addosso e riuscì a trapassargli la spalla sinistra. Sbarrò gli occhi esterrefatta.
Non si è difeso! Ha permesso che lo colpissi! Che diamine…?
Non riuscì a trovare risposta. Un dolore insopportabile si irradiò dal diaframma, l’ultima cosa che vide fu il baluginio delle sue iridi blu.
   
 
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