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Autore: Star_Rover    25/07/2022    6 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XII. Ribelli
 

Verner strinse il coltello tra le dita, continuando a scalfire sapientemente il legno. La sua era un’abilità innata, era un ottimo scultore come suo padre. Il giovane era orgoglioso di aver ereditato quell’arte del genitore, ricordava che quando era bambino amava osservare il padre intento nel suo lavoro.
«Che cosa stai facendo?»
Verner sollevò lo sguardo, suo fratello stava ammirando con curiosità la sua opera ancora incompleta.
Il ragazzo mostrò meglio la sua figura di legno: «è Saija…non le assomiglia?»
Hjalmar confrontò i lineamenti dell’oggetto con la cagnolina accoccolata ai suoi piedi.
«Già, è proprio lei!» affermò con un sorriso.
Verner tornò a dedicarsi alla sua attività di intagliatore, ma ben presto intuì che il fratello non fosse venuto da lui solo per parlare del legno.
«Qualcosa non va?»
Hjalmar esitò prima di rispondere.
«Non hai mai voluto sapere la verità sulla morte di nostro padre?»
Verner sussultò, per poco non si ferì con la lama. Sollevò la testa rivolgendo al fratello minore uno sguardo severo.
«Che cosa intendi?»
«È vero, egli ha ucciso e ha pagato per questo, ma io non credo che nostro padre abbia commesso un omicidio senza una ragione!»
Il maggiore sospirò: «lui non era un uomo violento, è probabile che abbia reagito per difendersi»
«Dunque potrebbe essere stato condannato ingiustamente» ipotizzò.
Verner cominciò ad esternare la propria insofferenza, quella conversazione stava diventando sempre più pericolosa.
«Non lo so, in ogni caso questo non cambia le cose»
Il ragazzino strinse i pugni: «davvero non ti importa conoscere la verità?»
Verner fu scosso nel profondo da quelle accuse, ma tentò di fare del suo meglio per non esternare le sue reali emozioni. Restò impassibile, limitandosi a riprendere il fratello per la mancanza di rispetto.
«Mi dispiace, ma sono stanco di tutte queste menzogne. Non sono più un bambino, posso accettare la verità»
Il fratello poté comprendere la sua frustrazione, così si mostrò più accondiscendente.
«Ti prometto che sarò sempre sincero nei tuoi confronti»
Hjalmar non dubitò delle sue parole.
«Mi dispiace, ma…sento che dobbiamo fare qualcosa per nostro padre, per la sua memoria» concluse con voce tremante.
 
Verner rifletté sulle parole del fratello per l’intera serata. Egli stesso si era posto le sue stesse domande in passato, senza mai trovare una risposta. Con il tempo si era rassegnato all’idea di non poter conoscere la verità, ma ora che il fratello aveva dimostrato interesse a riguardo era tornato a volerne sapere di più.
Il giorno seguente Verner si presentò a casa di Karl, egli era l’unico che avrebbe potuto fornirgli delle risposte. Non attese a lungo prima di rivelare il vero motivo di quella visita.  
«So che sei amico di mio zio da molto tempo. Conoscevi anche mio padre?» domandò.
Egli annuì: «non conoscevo Aaro bene come suo fratello, ma eravamo buoni amici»
«Immagino che tu sappia il motivo della sua condanna»
Karl impallidì: «non so se sia il caso di affrontare questo discorso»
Verner lo trattenne per la manica della giacca.
«Per favore, mio zio sta per morire e di certo preferirebbe portarsi la verità nella tomba piuttosto che rivelarla a me e a mio fratello. Da quando nostro padre è morto la mia famiglia non ha fatto altro che fingere che egli non sia mai esistito. Ho bisogno di conoscere la verità»
«Elmer sta solo cercando di proteggervi, non ho intenzione di tradire la sua fiducia»
«Non ritieni che un figlio debba conoscere come è morto suo padre?»
«Certo, ma…»
«Ho sempre considerato mio padre come un assassino, ho creduto che fosse un uomo motivato da buone intenzioni che avesse commesso un errore. Ma in fondo sentivo che ci fosse qualcosa di più»
«La verità non riporterà in vita tuo padre, anzi, servirà solo a rivivere il dolore per la sua perdita»
«Preferisco soffrire per la verità piuttosto che credere in una menzogna»
A quel punto Karl non poté più ribattere. Si trovava in una posizione delicata, non riteneva di essere la persona adatta per quel compito, ma dal momento in cui aveva scelto di intromettersi nella vita di quel giovane aveva accettato di avere delle responsabilità. Sapeva che Elmer aveva sbagliato, ormai Verner era un adulto, era giusto che potesse scegliere da solo in cosa credere.
Così alla fine si rassegnò.
«Coraggio, siediti. Parliamo con calma» disse invitandolo ad accomodarsi.
Verner si lasciò condurre al tavolo, era nervoso, ma era pronto a tutto.
Karl guardò il ragazzo negli occhi, freddi e trasparenti come quelli del padre. Finalmente si decise a parlare.
«Al tempo i russi stavano rafforzando le difese al confine. Quasi tutti gli uomini del villaggio erano stati obbligati a lavorare per l’esercito. La tensione tra civili e militari era sempre più difficile da gestire. Un giorno accadde l’inevitabile. Un finlandese si rifiutò di eseguire i comandi e un soldato per riportarlo all’ordine si accanì su di lui con estrema violenza. Aaro non era quel genere di persona che sopportava le ingiustizie, così non esitò a intervenire. Agì per difendere il suo compagno, non credo che avesse intenzione di uccidere quel russo, suppongo che il suo unico intento fosse fermarlo»
Verner non stentò a credere a tutto ciò, i ricordi che ancora conservava del padre supportavano la versione dei fatti. Egli era un uomo buono, che credeva nella giustizia e nella libertà.
«Dunque la mia famiglia ha sempre preferito considerare mio padre come un assassino piuttosto che lottare per la giustizia?»
Karl tentò di riportarlo alla ragione: «non è così semplice»
Verner si rialzò, sconvolto e indignato. Non poteva credere che i suoi cari fossero tutti dei vigliacchi, non voleva diventare come loro. Suo fratello aveva ragione, non potevano continuare a sopportare in silenzio. Ormai aveva preso la sua decisione.
 
***

Jussi frequentava assiduamente le riunioni del partito comunista. Era un rappresentate e un attivista, ormai da tempo aveva un ruolo di rilevanza in quegli ambienti.
Quella sera il giovane poté considerarsi soddisfatto, i partecipanti erano più numerosi del solito. Ciò significava che il popolo finlandese stava finalmente aprendo gli occhi, sempre più gente era disposta a lottare per i propri diritti.
Proprio in quel momento qualcuno entrò dalla porta, restando in disparte sul fondo della stanza. Jussi riconobbe immediatamente il nuovo arrivato, sorpreso e incuriosito si avvicinò a lui.
«Verner, sono felice di vederti qui. Hai deciso di unirti a noi?»
Il giovane annuì.
Jussi sorrise: «sapevo che sarebbe stata solo una questione di tempo. Ho riconosciuto fin dal primo momento il desiderio di rivalsa nel tuo sguardo»
Verner fu costretto ad ammettere la verità: «avevi ragione, ho sopportato anche troppo a lungo tutte queste ingiustizie. Anche per me è giunto il momento di reagire»
«Non deve essere stato semplice per te prendere questa decisione, so quanto tieni alla tua famiglia»
«È anche per la mia famiglia che ho scelto di agire. Non voglio che la morte di mio padre resti vana»
«Tutti noi siamo in cerca di giustizia» disse Jussi con convinzione.
L’amico si guardò intorno con aria curiosa, era ansioso di scoprire qualcosa di più a riguardo di quelle riunioni segrete. Jussi l’accompagnò a un tavolo e gli offrì un boccale di birra.
«Mi dispiace per quel che è accaduto a Olavi, so che la protesta purtroppo non ha avuto successo»
«Già, due dei nostri sono stati arrestati, ma non abbiamo intenzione di arrenderci»
«Avrei dovuto essere anche io al vostro fianco, mi sono comportato come un vigliacco»
Jussi non lo incolpò per la sua assenza: «l’importante è che ora tu abbia capito da quale parte stare»
Verner accennò un sorriso, non aveva più alcun dubbio a riguardo.
«Abbiamo bisogno di soldati disposti a combattere, questa è diventata una vera guerra» continuò Jussi con tono serio.
«Sono disposto a fare tutto il necessario per il bene del nostro Paese e del nostro popolo»
«I nazionalisti hanno scelto di combattere sotto un’altra bandiera, noi invece siamo intenzionati a restare fedeli alla nostra terra»
«Noi non siamo dei traditori» replicò il compagno, lasciando trasparire il suo disprezzo.
«Già, alla fine i più coraggiosi sono quelli che restano, nonostante tutto»
Verner assistette al comizio lasciandosi coinvolgere in discussioni politiche e patriottiche. Per la prima volta poté rendersi conto che le cose stavano realmente cambiando.
Non era certo di aver compreso a pieno tutti quei discorsi, ma si ritrovò a condividere gli stessi ideali di giustizia e uguaglianza.
 
Quella notte Verner rifletté a lungo sulla propria decisione. Era determinato a dimostrare a sé stesso e ai suoi compagni che era pronto a prendere parte a quella battaglia per difendere la sua terra e le persone che amava.
Era consapevole che quella scelta avrebbe avuto le sue conseguenze, ma ormai riteneva di non avere altra scelta. Era rimasto inerme anche troppo a lungo, era stanco di essere vittima degli eventi, non era mai stato quel genere di persona. In fondo aveva sempre saputo che non avrebbe potuto reprimere il suo innato istinto di ribellione per molto tempo. Avvertiva sempre di avere delle responsabilità, ma erano cambiate le prospettive. Era consapevole che suo zio gli avesse mentito a fin di bene, ma era stanco di vivere nel silenzio e nelle menzogne. Suo padre meritava giustizia.
Verner accarezzò il muso di Saija, la quale sembrava aver percepito la sua preoccupazione, rannicchiandosi al suo fianco.
Il giovane ripensò alle parole di Jussi a riguardo dei nazionalisti. Inevitabilmente il ricordo di Jari riaffiorò nella sua mente. La sua partenza era ancora una ferita aperta nel suo animo, questo non poteva negarlo. Si era sentito tradito e abbandonato dalla persona che amava. E anche in quel momento, pur provando rancore e disprezzo per le sue scelte, non riusciva ad odiarlo.
Era certo che non avrebbe mai potuto perdonarlo, egli era diventato un traditore a tutti gli effetti. Eppure una parte di sé tentava ancora di comprendere e giustificare le sue azioni.
Ripensò all’ultima notte trascorsa insieme nel loro rifugio. Per un istante socchiuse gli occhi percependo ancora le medesime sensazioni dei suoi baci e delle sue carezze sulla pelle.
Verner prese un profondo respiro, avrebbe dovuto lasciarsi quella vicenda alle spalle, ma ciò non era affatto semplice. Jari era stato il suo compagno per tutta la vita, per quanto cercasse di detestarlo per ciò che aveva fatto finiva sempre per avvertire la sua mancanza.
Nonostante tutto era stato sincero con Kaija, sperava davvero che Jari potesse tornare.
 
***

Aleks trasalì, risvegliandosi scosso dai brividi. Si sollevò a fatica dal suo giaciglio, avvolgendo il suo corpo denutrito intorno alla pesante coperta. Il freddo era insopportabile.
Da quando era stato costretto a tornare a nascondersi aveva dovuto adattarsi a quelle condizioni. Aveva abbandonato il villaggio per trovare riparo in un rifugio abbandonato. Per il momento poteva considerarsi al sicuro, sopravvivere in quei boschi non era un’impresa semplice, ma Aleks non era uno sprovveduto. Nella sua seppur breve vita aveva dovuto sopportare anche di peggio.
Il giovane si guardò intorno, scrutando nella penombra le quattro pareti del capanno. La stanza era avvolta dall’oscurità, soltanto un flebile raggio di luce filtrava attraverso le finestre sbarrate.
La sua mente lo riportò al periodo trascorso in Siberia, dove aveva scontato la sua pena in un rigido campo di prigionia. Al tempo aveva vent’anni, era soltanto uno studente innamorato degli ideali di libertà e uguaglianza. Non era un criminale, le sue uniche colpe erano state quelle di partecipare a riunioni segrete e scrivere articoli considerati sovversivi dalla censura zarista. Si era avvicinato da poco agli ambienti anarchici, era ancora ingenuo e aveva commesso l’errore di riporre fiducia nelle persone sbagliate. Qualcuno l’aveva tradito e una notte la polizia era giunta a prelevarlo dal suo appartamento per condurlo nelle prigioni, dove per una settimana era stato interrogato e torturato dalle guardie. Seppur fosse ancora un ragazzino egli si era dimostrato determinato a mantenere il silenzio, non aveva parlato, nemmeno quando gli avevano bruciato la pelle e strappato le unghie.
Ormai era pronto ad affrontare a testa alta la sua condanna a morte, invece qualcuno, forse impietosito dalla sua giovane età, aveva preferito rinchiuderlo in un campo di lavoro.
Durante il lungo tragitto in treno attraverso le lande desolate Aleks aveva rivolto ogni pensiero a Sofiya, la sua fidanzata. Aveva fatto di tutto per proteggerla, l’unico conforto era sapere che fosse al sicuro. Si era domandato se lei avesse saputo del suo arresto e se avesse tentato di ricevere sue notizie. Probabilmente era stato così…e poi cosa sarebbe successo? Lei sarebbe stata delusa da lui? Si sarebbe sentita tradita dalla persona che amava? Avrebbe scelto di dimenticarlo? Oppure avrebbe continuato a sperare e ad attendere il suo ritorno?
Aleks si era lasciato tormentare da questi dubbi durante l’intera sua prigionia. Poiché non sussisteva alcuna prova che lo collegasse a reati più gravi egli era stato rilasciato dopo un anno di lavori forzati.
Era tornato a Pietrogrado in uno stato pietoso, il fisico era consunto dalla fame e dalla fatica, ma il suo spirito non si era spezzato. All’interno del campo aveva avuto modo di conoscere altre persone che avevano condiviso le loro storie di sofferenze e ingiustizie. Il suo desiderio di rivalsa non aveva fatto altro che crescere giorno dopo giorno.
In libertà Aleks aveva rispettato la sua promessa. Si era presentato senza alcuna pretesa da Sofiya, per dirle che non aveva mai smesso di pensare a lei e che l’amava, ma che avrebbe capito se lei avesse scelto di non perdonarlo. Voleva solo che sapesse che era stato solo grazie a lei che aveva trovato conforto per tutto quel tempo.
Con sua sorpresa Sofiya l’aveva accolto tra lacrime di felicità e commozione. Anche quando era venuta a conoscenza della verità la ragazza non aveva perso la speranza.
Aleks si riprese per un istante da quei ricordi, era consapevole di aver commesso un errore. Non avrebbe dovuto permettere a quel legame di interferire con i suoi piani. Il suo amore era sincero, ma il suo cuore apparteneva alla causa.
Per un po’ di tempo Aleks era rimasto lontano dai guai, i traumi della Siberia tornavano spesso a manifestarsi nei suoi incubi. Il giovane si era illuso di poter vivere in quella pace apparente, cercando di lasciarsi il passato alle spalle. Si era sposato, aveva trovato un lavoro onesto, ma non aveva dimenticato la sua promessa. Portava sulla pelle i segni di una battaglia che non aveva ancora abbandonato, non aveva dovuto attendere a lungo prima di avvertire nuovamente la chiamata alle armi.
Così era tornato a frequentare gli ambienti anarchici, in quel periodo la rivoluzione sembrava già pronta a scoppiare. Ogni giorno si manifestavano atti di ribellione da parte del popolo, erano sempre più frequenti scioperi, attentati e omicidi. Purtroppo la violenza era l’unica soluzione per coloro che avevano scelto di lottare per i propri diritti.
Una sera un suo compagno l’aveva messo davanti alla dura verità.
«Sei davvero sicuro di voler continuare a combattere questa battaglia?»
Aleks aveva risposto con convinzione: «sì, certamente»
«Non fraintendere le mie parole. Non dubito affatto di te»
«Allora di che si tratta?»
«Hai una famiglia, presto diventerai padre. Non pensi al tuo futuro?»
«È anche per la mia famiglia che ho scelto di unirmi alla rivolta»
«Sai bene che presto dovrai prendere una decisione definitiva»
Aleks aveva distolto lo sguardo, il tono della sua voce si era incrinato leggermente: «non credere che sia stato semplice per me accettare questi compromessi. Sono disposto a compiere i dovuti sacrifici per raggiungere il nostro obiettivo. Il fatto che abbia molto da perdere significa che sono davvero convinto delle mie scelte»
Il suo compagno non aveva osato ribattere, non aveva potuto far altro che ammirare la sua determinazione, ma allo stesso tempo aveva riconosciuto il suo dolore.
Aleks avvertì un nodo alla gola e gli occhi umidi. Non provava alcun rimorso, eppure non poteva ignorare la sofferenza per aver abbandonato la sua famiglia. Ricordava suo figlio come un neonato in fasce, aveva i suoi stessi occhi. Faticava a credere che fossero trascorsi ormai quattro lunghi anni dall’ultima volta in cui l’aveva stretto tra le braccia.
Quel bambino stava crescendo senza un padre, pur difendendo le sue motivazioni non poteva evitare di sentirsi responsabile. Il senso di colpa non aveva mai smesso di tormentarlo.
Ogni notte prima di addormentarsi rivolgeva il pensiero ai suoi cari, si domandava che aspetto avesse suo figlio, se gli somigliasse. A volte si chiedeva se crescendo egli avrebbe potuto comprendere le sue ragioni, oppure se avrebbe scelto di non perdonarlo.
Aleks avvertì un’intensa fitta al petto, in quel momento fu costretto ad ammettere che desiderava tornare a casa, voleva rivedere la sua famiglia, anche solo per un ultimo saluto.
Inevitabilmente ripensò a quando aveva scelto di andarsene, a quando aveva stretto la moglie tra le braccia per l’ultima volta.
L’aveva guardata negli occhi prima di rivelarle la verità.
«Voglio che tu sappia che sto facendo tutto questo perché credo veramente in questi ideali, e perché desidero un futuro migliore per questa Nazione»
Lei aveva poggiato la testa sul suo petto: «lo so, posso comprendere le tue motivazioni. Questo però non rende questo addio meno doloroso»
«Non avrei mai voluto lasciarvi, ma è anche per il vostro bene. Devo fare tutto ciò che è nelle mie facoltà per proteggervi»
Sofiya aveva accarezzato dolcemente la sua guancia: «quando ti ho sposato ero consapevole che non avrei mai potuto averti, avevi già deciso di dedicare la tua vita alla causa»
«Il mio amore per te è sempre stato sincero, ma non posso restare, devo rispettare la mia promessa»
«Non ho mai dubitato sulla purezza dei tuoi sentimenti»
Aleks si era rassicurato nel sentire quelle parole.
«Farò il possibile per farti avere mie notizie in modo sicuro»
«Attenderemo il tuo ritorno»
«Qualunque cosa accada voglio che nostro figlio sappia che gli ho sempre voluto bene, e che ho fatto tutto questo per offrirgli un futuro migliore»
La giovane non era riuscita a trattenere le lacrime.
Egli non aveva potuto fare molto per rassicurarla, aveva stretto la moglie tra le braccia concludendo quell’addio con un intenso bacio.
Quella notte Aleks aveva abbandonato Pietrogrado insieme ai suoi compagni, fuggendo verso la sua unica salvezza.
In una stazione di confine però i fuggitivi erano stati sorpresi da una pattuglia di polizia.
Aleks non aveva esitato ad estrarre la pistola e a premere il grilletto. Aveva sparato agli agenti con estrema freddezza, il suo unico obiettivo era sopravvivere. In nome della causa aveva appena rinunciato alla sola cosa che amava, la sua famiglia, ormai non aveva più nulla da perdere.
Tutto ciò che era accaduto da quel momento in poi era stato un susseguirsi di eventi confusi, dove lui e i suoi compagni non avevano fatto altro che cercare cibo e riparo. Dopo aver varcato il confine Aleks aveva trovato rifugio nelle lande della Carelia, dove nonostante tutto sentiva di essere ancora vicino a casa.
Adesso però anche quella precaria sistemazione rischiava di essere pericolosa. I gendarmi dello zar erano ancora sulle sue tracce, forse anche i servizi segreti erano stati coinvolti.
Il giovane si prese il capo tra le mani, avvertendo la testa pulsare del dolore. Era stanco di nascondersi e fuggire, ma ormai era questo il suo destino.
Aleks fu riportato alla realtà dal rumore di alcuni passi nella neve, istintivamente portò la mano alla pistola, c’era qualcuno fuori dal capanno.
Il russo si rannicchiò contro alla parete di legno, sbirciando tra le fessure. Soltanto quando riconobbe la figura di Verner e udì i latrati del suo cane tornò a calmarsi.
Il finlandese spalancò la porta e batté gli scarponi sulle assi del pavimento per liberarsi dal peso del ghiaccio e della neve. Subito dopo poggiò a terra lo zaino e il fucile.
«Ti ho portato delle provviste e delle coperte, con questo freddo ti saranno utili»
Aleks nascose nuovamente l’arma e lentamente si avvicinò a Verner.
«Non saresti dovuto venire» lo rimproverò.
«Ho pensato che avessi bisogno di aiuto»
Il russo fu commosso da quel gesto, quel ragazzo aveva messo a rischio la sua vita per soccorrerlo.
Verner si preoccupò nel constatare lo stato in cui si trovava il suo compagno. 
«Stai tremando, devi avere la febbre alta»
Il finlandese sostenne il malato fino al suo giaciglio, aiutandolo a distendersi.
«Sei sicuro che nessuno ti abbia seguito?» chiese Aleks.
Egli annuì.
«Sei l’unico a sapere che sono qui»
Verner comprese l’importanza di quell’affermazione, significava che Aleks si fidava realmente di lui.
«Non preoccuparti, qui sei al sicuro. Adesso cerca di riposare, penseremo io e Saija a fare da guardia»
Aleks si lasciò rassicurare da quelle parole, sapeva di poter affidare la propria vita nelle sue mani.
«Perché stai facendo tutto questo?»
Verner passò un panno umido sulla fronte sudata dell’infermo.
«Perché voglio fare la cosa giusta» rispose con estrema fermezza.
 
***

Il tenente Smirnov consegnò il rapporto al suo superiore con la consapevolezza di aver fallito nella sua missione.
«Così la sua squadra non è riuscita a trovare il nostro uomo» fu la severa critica.
«Abbiamo perquisito ogni villaggio e pattugliato ogni bosco da qui fino al confine. Non c’è traccia di quel criminale»
Il maggiore sbuffò: «la polizia segreta non sarà lieta di ricevere queste notizie»
«Potrebbero mandare i loro uomini a morire di freddo su queste montagne» suggerì Smirnov con aria di sfida.
«Fingerò di non aver assistito a questa sua risposta irriverente e irrispettosa»
«Mi scusi signore, ma personalmente ritengo che esistano questioni più importanti di cui occuparsi piuttosto che perdere tempo alla ricerca di un uomo morto. Se davvero quel ricercato è fuggito nelle foreste ritroveremo soltanto un cadavere congelato»
Il suo superiore ascoltò con attenzione quelle frasi di protesta.
«Che cosa intende nel dire che esistono questioni più importanti?»
«Mi sto riferendo alle insurrezioni, agli attentati e agli omicidi messi in atto dai ribelli finlandesi»
«Questo è sempre stato un popolo indisciplinato, ogni tanto è utile ricordare che questa terra appartiene all’Impero»
«La situazione si sta aggravando, è probabile che i comunisti stiano organizzando una vera e propria rivolta»
«Tenente, lei sta esagerando con queste previsioni catastrofiche. La situazione è sotto controllo»
«Voglio sperare che sia così»
«Per il momento si attenga agli ordini, le ricordo che è questo il suo dovere»
«Sì, signore»
Il maggiore rispose con una frase di circostanza e congedò il suo sottoposto, ma l’espressione sul suo volto lasciò trasparire una viva preoccupazione.
   
 
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