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Autore: andromedashepard    25/07/2022    1 recensioni
Questa è una raccolta di one-shots slegate dalla timeline ufficiale di Mass Effect, una serie di 'what if's che hanno come protagonisti i miei personaggi preferiti alle prese con le situazioni più disparate. Only smiles allowed!
1. Una vacanza indimenticabile.
2. After the war.
3. Ingredienti di un Natale perfetto.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Thane Krios
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Albero di Natale



“Più a destra…”
Andromeda Shepard strinse le palpebre, concentrata.
“No, a sinistra… Ecco. Un po' più indietro… No, non così tanto. Leggermente più a destra.”
“Siha…”
“Ok, perfetto, non muoverti. Ora appoggialo… piano!”
“Così va bene?”
“Mmm… Si, vai, spingilo leggermente indietro…”
“Siha!”
“Ok, ok, va bene… puoi venire adesso.”
Shepard osservò per l’ultima volta l’albero di Natale e decise finalmente che quella sarebbe stata la collocazione definitiva, per la gioia di Thane che continuava da più di venti minuti a spostarlo da stanza in stanza e da angolo in angolo.
“Sei soddisfatta ora?” le domandò lui, intrecciando le braccia mentre la affiancava, per guardare quello che per lui era solo una copia artificiale poco fedele di un albero terrestre neppure particolarmente bello, solo esageratamente grande.
“Scherzi? Mancano ancora tutte le decorazioni.”
“Decorazioni?”
“Certo! Anche se quest’anno penso abbandonerò quelle tradizionali. Ho visto delle statuette a forma di Volus davvero adorabili. Pensa, indossano delle deliziose salopette rosse e un paio di corna da renna,” rispose lei, con sguardo sognante. “Oriana mi ha promesso che me le avrebbe portate oggi pomeriggio, insieme alle lucine.”
“Fammi capire… un enorme albero terrestre finto, ricoperto di Volus cornuti, illuminato da lucine… Non sono sicuro di capire di che festività si tratti.”
“Non essere pedante,” disse lei, dandogli una gomitata amichevole, “festeggiamo lo spirito della famiglia, cose così.”
“Cosa c’entrano gli Spiriti, adesso?”
“Ma non quegli Spiriti, scemo… Era per dire.”
“Sono confuso.”
“Ti basta sapere che sotto quell’albero andremo a mettere i nostri regali e che li apriremo la notte di Natale, dopo il cenone.”
“Che genere di regali?”
“Ognuno di noi regalerà qualcosa all’altro.”
“Perché?”
“Oddio, Thane. Ti lamenti sempre del fatto che non mi tengo informata, giusto? Per una volta potresti farla anche tu una ricerchina su Extranet.”
Lui sbuffò, traendola verso di sé con un braccio. “D’accordo. E per il cenone che mi dici?” chiese, sollevando un’arcata sopraccigliare con evidente scetticismo.
“Ho pensato a tutto io, non preoccuparti” rispose lei con un sorriso che voleva essere rassicurante, poggiando entrambe mani sul suo petto.
“Non farai saltare di nuovo in aria la cucina, vero?”
“Ancora quella storia? Ti ho detto che non è stata colpa mia” si lamentò Ann, imbronciandosi.
“Lo so, lo so, me l’hai detto almeno un milione di volte” rispose lui. “Almeno stavolta accetterai di farti aiutare?”
“Non se ne parla.”
“Sei sempre più testarda.”
“E’ anche per questo che mi ami, non nasconderlo.”
“Chi ha detto che voglio nasconderlo?” replicò lui, posandole un bacio sulle labbra prima di caricarsela sulle spalle.


 

Decorazioni



“Dunque, dunque… statuette Volus… Volus, Volus, no, non Elcor… e neppure… Diamine, anche gli Hanar quest’anno? Ah, eccole!” Oriana scoppiò a ridere, nel vedere quelle che dovevano rappresentare decorazioni per albero di Natale, ma avevano tutta l’aria d’essere statuine per un presepe. “Beh, tocca ammetterlo… Shepard ha dei gusti veramente strani” mormorò, mentre ne sistemava una buona quantità nel carrello, sotto allo sguardo inespressivo di Kolyat.
“Che c’è? Come mai non dici nulla? Questa sarebbe la classica situazione in cui il Kolyat che conosco io avrebbe tirato fuori il meglio di sé” proseguì, cercando il suo sguardo.
Lui sospirò, avanzando in modo da sorpassarla. “Sinceramente me ne importa poco.”
Oriana scosse il capo, perfettamente consapevole che anche questa volta avrebbe dovuto metterci tutta sè stessa per convincerlo a prendere quell’occasione in un modo positivo.
“Mi assicurerò di portare un gran numero di alcolici, se può servirti. L’ultima volta ha funzionato.”
“No, grazie,” replicò lui, burbero, “preferirei non dover passare tutta la notte a vomitare. Anche se forse lo farò ugualmente.”
Oriana decise di lasciarlo cuocere nel suo brodo, continuando il suo giro fra gli scaffali ricolmi di roba natalizia.
Era il primo Natale che avrebbe passato lontana dai suoi, in una casa poco familiare, senza nessun vassoio di biscotti appena sfornati ad aspettarla la mattina del 25, senza sua madre in pantofole che la invitava a sbirciare sotto l’albero, continuando a fingere che fosse stato Babbo Natale a portarle quei doni.
Ma d’altra parte era anche il primo Natale che avrebbe passato insieme a Kolyat, anche se non era più così convinta che sarebbe stata una buona idea.

Inizialmente nessuno aveva pensato di festeggiare, figurarsi se Shepard aveva tempo per pensare a queste cose. Era stata Oriana a proporlo, durante una cena tranquilla quasi due settimane prima. Non si sarebbe aspettata tanto entusiasmo da parte del Comandante, che da quel momento aveva preso la faccenda parecchio a cuore, forse perfino eccessivamente. Da quanto Kolyat le aveva raccontato quella mattina, aveva costretto suo padre a passare in rassegna tutti i negozi di articoli per la casa esistenti sulla Cittadella, fin quando non aveva trovato l’albero che, secondo lei, faceva al caso loro. Anche ad Oriana sarebbe piaciuto addobbare un albero di Natale, ma sfortunatamente Queequeg non era stato della stessa opinione. Si era limitata così ad intrecciare tante piccole lucine intorno alla spalliera del suo letto, l’unico posto dove non avrebbero dato nell’occhio, infastidendo di sicuro Kolyat.

Passò allo scaffale successivo, notando un’enorme quantità di parrucche e vestiti da Babbo Natale, cerchietti con le corna da renna, nastrini a tema per capelli e sacchi di varie dimensioni che avrebbero contenuto eventuali regali da portare. Ci pensò su per un attimo… Sarebbe stata veramente stupida a fare una cosa del genere, ma si conosceva tanto bene da sapere che alla fine non avrebbe resistito. Mise nel carrello un po’ di quella roba e sorrise al pensiero di come avrebbe reagito Kolyat vedendola conciata da aiutante di Babbo Natale.


 

Biscotti
 


La vigilia di Natale era arrivata in un batter d’occhio. Shepard quasi non riuscì a crederci quando sul suo factotum scorse il numero 24, appena dopo aver zittito la sveglia. Normalmente sarebbe rimasta a crogiolarsi fra le lenzuola, aspettando che Thane tornasse con la colazione; perché mai, mai una volta aveva mancato a quell’appuntamento. All’inizio aveva tentato di dissuaderlo, cercando di fargli capire che avrebbe preferito di gran lunga svegliarsi e trovarlo accanto a sé, anziché scoprire con delusione che la sua metà del letto era vuota. E lui aveva accettato, per almeno un paio di mattine. Poi era diventato tutto… parecchio deleterio, per così dire.
Aveva scoperto infatti che scrollarsela di dosso non era esattamente un’operazione semplice. Ecco, lei aveva quella strana abitudine di avvilupparsi stile polipo “perché lui era deliziosamente caldo”, così si giustificava. E chiaramente, quella vicinanza non lasciava indifferente neppure lui. Finivano sempre per fare gli sconsiderati, e Shepard passava il giorno intero a grattarsi convulsamente in preda ad allucinazioni più o meno intense. Dopo l’ultima volta, l’aveva guardata stampandosi in faccia l’espressione più seria che riuscì ad esibire e le aveva promesso che non sarebbe successo mai più, non senza il suo consenso almeno. E no, non si sarebbe fatto ingannare ancora dalle sue richieste innocenti, come la scusa di avere terribilmente freddo o peggio, le menzogne, come “credo di avere la febbre altissima”. E neppure le minacce, in ultimo, “giuro che se non torni subito qui stanotte dormi nella camera degli ospiti”.
Lei, a malincuore, aveva dovuto accettare le sue ragionevoli condizioni, scoprendo in seguito che non era poi così male trovare ogni mattina una tazza di caffè fumante e zuccherato come piaceva a lei, insieme ad un paio di ciambelle glassate e, ultimamente, anche un fiore.
La prima volta, davanti ad una rosa rossa, aveva riso, e di gusto, fino al punto di offenderlo seriamente. Perlomeno il suo broncio le aveva dato quell’impressione (e, diamine, aveva dovuto fare uno sforzo immane per non dirgli quanto assomigliasse a Kolyat in quel momento). Poi si era sentita tremendamente in colpa, realizzando quanto fosse fortunata ad avere qualcuno che oltre a passare tutte le mattine in caffetteria, si fermava anche dal fioraio. Aveva pianto, quella volta. Beh, non un vero e proprio pianto da smidollata… diciamo che le erano venuti gli occhi lucidi e poi aveva tentato di cucinare una torta per farsi perdonare. Era stato allora che aveva rischiato seriamente di appiccare un incendio in cucina. Thane aveva trovato la porta spalancata e un paio di aitanti Turian vestiti di giallo intenti a spegnere le fiamme, mentre Shepard, in un angolo, finiva di rosicchiarsi tutte le unghie.
Quella notte, dopo una lunga chiacchierata, avevano finito per ridere della loro stupidità (quella di lei, più che altro), l’una nelle braccia dell’altro, e da quel momento ogni rosa era diventata più preziosa della precedente.

Shepard si voltò verso il comodino, osservando che nel vaso ce n’erano adesso almeno quaranta di quelle rose. Era interessante notare quanto fossero diverse le une dalle altre, ma sicuramente quella più brutta era anche quella a cui in assoluto teneva di più. Non le ricordava solo quella giornata, le ricordava tutte le volte che in passato avevano rischiato di perdersi e di non trovarsi mai più. L’ultima, invece, quella risalente al giorno prima, era invece al massimo dello splendore, esattamente come la loro vita adesso.
Non si chiese se quel giorno ne avrebbe ricevuta una, non se lo chiedeva mai. Odiava dare per scontati i piccoli gesti che ogni volta lui faceva per lei, nonostante fosse così semplice inserirli nella lista delle abitudini, ora che persino lui era diventato un’abitudine. Una di quelle belle, però, come trovare ogni giorno il proprio animale domestico a farti le feste dopo il lavoro.

Si stiracchiò, sbadigliando sonoramente. Aveva pianificato tutto nel dettaglio per quella giornata, aveva fatto le dovute telefonate, aveva visualizzato mentalmente come apparecchiare la tavola e, in ultimo, aveva scelto la playlist adatta per la serata. Persino Thane sarebbe rimasto sorpreso di quanto bene ricordasse ogni piccolo tassello.
Si alzò finalmente dal letto, rinvigorita dalla prospettiva di avere una giornata piena di impegni e non attese neppure che lui facesse ritorno. Tutt’al più avrebbe mangiato con lui in cucina, una volta tanto. Probabile infatti che fra qualche tempo avrebbero dovuto sostituire il drone delle pulizie, sempre intento ad eliminare briciole dal letto.
La casa era piacevolmente calda, segno che lui aveva già acceso i riscaldamenti. Shepard s’infilò dentro la sua vestaglia e fece le scale verso il piano di sotto, contemplando con soddisfazione la vista dell’albero di Natale giù in salotto. Era immenso e maestoso, proprio come ogni piccolo Volus attaccato ai rami. Il tocco di classe, però, era sicuramente la riproduzione della Normandy in cima a tutto: un regalo di Joker, che si era meritato un abbraccio a tradimento per la genialità del pensiero.
Constatò con piacere che Thane aveva anche acceso tutte le lucine e c’era un regalo sotto l’albero, non più grande di una Carnifex. Si domandò perché dovesse sempre fare il paragone con le armi, ma dopotutto era difficile abbandonare certi metri di paragone. E poi segretamente sperava sempre di ricevere qualche nuova pistola da sfoggiare al poligono di tiro.

Si avvicinò al grande finestrone della sala, come d’abitudine. Premette il pulsante per far scomparire le tapparelle artificiali e si perse ad osservare la Cittadella di mattina, quando ancora era lontana dal miscuglio di colori neon della notte.
“Che diavolo” imprecò all’improvviso, spalancando le palpebre.
Era tutto bianco. Tutto incredibilmente bianco. L’aveva vista la neve su Mindoir, due o tre volte, ma mai si sarebbe aspettata di vederla anche sulla Cittadella. Era chiaro che fosse neve artificiale, ma a chi era venuta l’idea?
Si sentì improvvisamente euforica, proprio come da bambina, e dovette ricordare a sè stessa di essere ancora in pantofole prima di lanciarsi verso la porta d’ingresso. Stava giusto per andare a cambiarsi, quando udì il familiare rumore della serratura elettronica e fece dietro-front.
Si era quasi aspettata di trovare Thane imbacuccato come un esquimese, con tanto di cappello, sciarpa, e guanti di lana, ma lui era quello di sempre, solo di un colorito più spento.
Entrò con l’aria di chi non vede l’ora di attaccarsi a un termosifone, reggendo con una mano un sacchetto di carta piuttosto malconcio. Shepard lo raggiunse con uno slancio, fermandosi a dargli un bacio sulla guancia.
“Sei gelido!” esclamò, togliendogli dalle mani quella che probabilmente doveva essere la colazione.
“Buongiorno, Siha” rispose lui, sorridendole con dolcezza.
“Hai visto la neve? Ovvio che l’hai vista. Chi è stato, cioè… Come…?”
Thane avanzò, togliendosi la giacca lentamente. “Ho sentito alcuni Volus parlarne, sembra sia stata un’idea delle Asari. E’ presente solo in alcune zone della Cittadella, però.”
Shepard lo seguì, imboccando con lui le scale per il piano di sopra.
“Beh, siamo stati fortunati allora! E’ splendida! Dobbiamo assolutamente uscire a fare una passeggiata.”
Lui non rispose subito, limitandosi invece a raggiungere la camera da letto mentre iniziava a togliersi anche il resto dei suoi vestiti.
“Thane? Stai bene?” incalzò lei, poggiandogli una mano sulla spalla.
“Non proprio,” rispose lui, sollevando le coperte dal letto per distendersi.
“Che succede?”
“Credo di essermi ammalato” sospirò, coprendosi fino al naso con il piumone.
Shepard si sedette sul bordo del letto con aria sconsolata.
“Stai tremando” constatò imbronciata, poggiandogli una mano sulla fronte.
Thane la afferrò, spostandola sulle sue guance. “Non sono un Umano, Siha” le fece notare, indicandole dove avrebbe potuto sentirgli correttamente la temperatura.
“Giusto,” disse lei, dissimulando l’imbarazzo. “Beh… E te ne stai nudo sotto le coperte? Vado a prenderti un pigiama” aggiunse poi, avendo effettivamente appurato che era freddissimo.
Cinque minuti dopo si presentò con quello che a Thane sembrò uno scherzo di pessimo gusto. Il pigiama, come l’aveva chiamato, era un completo formato da pantaloni e giacca, entrambi enormi e dalla trama spessa, decorati con la stampa di un Hanar con un cappello rosso. Lei glielo sventolò davanti con un sorriso d’incoraggiamento.
“Sto bene così, non è necessario.”
“Non fare lo stupido.”
“Davvero, non è necess…”
“Thane Krios! Indossa questo fottuto pigiama. Ieri sera non ho sfornato 217 biscotti per nulla.”
“208. Sei erano bruciati, e tre li hai mangiati tu.”
“Dettagli. Ora smettila di fare l’idiota e copriti” imprecò lei, sollevando di botto le coperte.
Thane, a malincuore, dovette obbedire.


 

Neve



Oriana aprì gli occhi in seguito ad una strusciata impertinente della coda di Giza sulla punta del suo naso e contemporaneamente un morso di Queequeg sull’alluce del piede sinistro. Mugugnò qualcosa come “maledette bestioline” prima di costringersi a stiracchiarsi e ad uscire dalle coperte per dare loro le attenzioni e soprattutto i croccantini che reclamavano con impazienza. Giza era cresciuta tantissimo nell’ultimo anno e mezzo, superando come dimensioni persino Queequeg. Kolyat spesso gliela affidava, specialmente a ridosso dei i turni di notte, quando sapeva che avrebbe passato l’intera mattinata successiva a dormire, non potendo effettivamente esserle di compagnia. E poi i gatti si erano talmente affezionati l’uno all’altra che era un peccato tenerli separati a lungo. Oriana sospirò, mentre versava una modesta quantità di croccantini a basso contenuto di grassi nelle due ciotole in metallo. Si ritrovò a pensare al perché non fosse ancora venuto loro spontaneo considerare di andare a vivere insieme, dato che oramai si frequentavano da parecchi mesi. Questa però era una cosa che non riusciva proprio a chiedergli, visto che per tutto il resto a fare il primo passo era sempre stata lei. Aveva imparato a portare pazienza a livelli assurdi, conoscendo ormai bene il pattern comportamentale del suo compagno e sapendo che forzare le cose da parte sua non avrebbe mai prodotto il risultato sperato.
Accompagnata dal tintinnio che i gatti provocavano scontrando i musi contro le ciotole metalliche, Oriana si avvicinò al finestrone del salotto, lanciando il comando che direttamente dal suo factotum avrebbe disattivato le tapparelle artificiali. Quello che vide la lasciò a bocca aperta. Appiccicò la fronte sul vetro, sorridendo nel vedere un gruppetto di bambini Asari e Turian lanciarsi delle palle di neve mentre si rincorrevano indossando guanti e stivali pesanti. Dovevano essere figli di famiglie benestanti per potersi permettere quel tipo di vestiario, lì sulla Cittadella. Probabilmente potevano persino permettersi il pass per il bioma Invernale, dove la neve era simulata tutto l’anno e si poteva praticare qualunque tipo di sport legato alla montagna. Una volta Miranda ce l’aveva portata e si erano divertite tantissimo a sciare e provare lo snowboard, anche se con risultati non proprio eccezionali.
Appena finito di mangiare, i gatti le si avvicinarono strusciandosi sul suo pigiama felpato e lei si chinò a fare loro una carezza ciascuno. “Chi sono i gatti più belli del mondo?” chiese, utilizzando la vocina che tipicamente si usa con i bambini molto piccoli, “siete voi i gatti più belli del mondo!”

Kolyat si passò una mano sugli occhi dopo aver constatato che il factotum segnava ormai l’una passata. Sbadigliò sonoramente e si alzò con un rapido movimento, dirigendosi verso il bagno. L’occhio gli cadde sulla marea di prodotti umani che costellavano il mobiletto accanto alla doccia, ricordandogli involontariamente di tutte le volte che Oriana si era fermata a dormire a casa sua, dispiaciuto che questa non fosse una di quelle. Dovette reprimere l’istinto di cadere in uno di quei ricordi, fra i quali quello che la vedeva proprio lì, nel suo bagno, a pregarlo di fare la doccia con lei. Se dapprima gli era sembrata un’ottima idea, dopo il primo minuto passato in quel cubicolo asfissiante, ricoperto d’acqua calda dalla testa ai piedi, dovette ricredersi e promettere a sé stesso che non avrebbe mai più ripetuto l’esperienza. Poi si ritrovò a dover ricordare ad Oriana che la sua specie era avversa all’acqua. Essendo natii di un pianeta arido e desertico, i Drell si eravano evoluti come una specie a sangue freddo. Quando Oriana gli aveva chiesto “ok, ma come vi lavate?”, Kolyat aveva risposto “perché dovrei lavarmi?”, attirandosi uno sguardo perplesso. Aveva poi iniziato a spiegarle che usavano altri tipi di prodotti per trattare le loro squame, specialmente vicino al periodo della muta e che su Rakhana soprattutto, un’attività molto apprezzata da fare anche in compagnia erano i bagni di sabbia.
“Fammi capire: avete delle piscine,” principiò, mimando il simbolo delle virgolette, “piene di sabbia e… cosa fate esattamente?”
“Ci rotoliamo.”
“Vi… rotolate…” Oriana non riuscì a fermare la risata che stava per esplodere.
Kolyat a quel punto aprì le braccia, rassegnato. “Capisco che tutto qui sia a prova di Umano, Turian o Asari, ma non esistete solo voi.”
Kolyat si guardò allo specchio, emergendo dal ricordo e non potendo fare a meno di notare come ogni volta lui si mostrasse sempre sulla difensiva. Non era di certo colpa di Oriana se l’unico appartamento che era riuscito a trovare era a misura di Umano. C’erano a malapena 4500 Drell sulla Cittadella e a parte una piccolissima porzione eccezionalmente benestante, il resto doveva adattarsi esattamente come aveva fatto lui.
Dal mobiletto del suo lavandino estrasse un unguento di fattura Salarian che era molto simile agli oli che riusciva a reperire solo su Kahje. Questo in particolare sapeva piacesse molto ad Oriana, che più di una volta aveva fatto apprezzamenti sul suo profumo. Ne estrasse un po' e iniziò a passarlo sulle guance e sul collo, le parti della sua anatomia che maggiormente avevano bisogno di protezione e idratazione. Poi lavò i denti e tornò in camera da letto con l’intenzione di vestirsi. Il bip del factotum indicò un messaggio in arrivo, avviò il terminale con un braccio e ne lesse l’anteprima.
- Kol, vedi di indossare abiti pesanti, c’è la neve! 😍 -
Kolyat si accigliò, avvicinandosi alla finestra e disattivando le tapparelle. “Per Arashu…”
Poi un altro messaggio.
- Senti, ho avuto un idea per il regalo che dobbiamo fare a tuo padre ed Ann, però ho bisogno che mi vieni a prendere 🙏 -
Kolyat sbuffò. Aveva quasi dimenticato tutta quella storia assurda del Natale.


 

Idee



Oriana aspettava sotto al portone del complesso residenziale, stretta in un cappotto rosso. Non faceva particolarmente freddo, però la temperatura era stata considerevolmente abbassata per mantenere intatta la neve artificiale, tanto che il respiro formava nuvolette di vapore una volta lasciate le labbra. Dopo un paio di minuti vide arrivare Kolyat in astroauto e si avvicinò al mezzo. Lui comandò allo sportello di aprirsi e le fece cenno di entrare. Si sporse per dargli un bacio, lei, mentre lo salutava sorridendo.
“Allora, che ne pensi della neve?” domandò divertita.
“Che è uno spreco inutile di risorse.”
“Ti pareva…”
Kolyat alzò le spalle, l’astroauto già incolonnata nel traffico. “Dove andiamo?”
Oriana si sporse verso la console di navigazione ed impostò il distretto di Bachjret come destinazione.
“Puoi essere più specifica?”
“Tu pensa a guidare, una volta lì ti indirizzo io.”
Il Drell diede una breve occhiata al percorso stradale, notando la presenza di almeno due ingorghi più avanti. “Spero ne valga la pena” commentò.
“Aww, il mio raggio di sole!” rise Oriana, rassegnata all’atteggiamento perennemente pessimista del suo compagno, poi gli poggiò una mano sulla coscia, notando con sollievo che lui gliela strinse, ricambiando il gesto affettuoso.

Quaranta minuti dopo, la coppia si dirigeva verso un negozio che Kolyat non aveva mai visitato, ma che aveva tutta l’aria di non portare buone notizie, stando a ciò che riportava l’insegna.
“Ori” ammonì il Drell, fermandosi ad un passo dall’entrata, le braccia conserte.
“Che c’è?”
“Che intenzioni hai?”
“Fidati di me, sarà un Natale indimenticabile!”
Kolyat si passò una mano sul viso, poi si fece trascinare all’interno da lei. “Questo è poco ma sicuro” mugugnò fra sé e sé.
Un coro di “miao” e “woof” li accolse all’interno del negozio, dove vetrine ampie e curate ospitavano animali provenienti specialmente dalla Terra, con qualche eccezione nella sezione uccelli, particolarmente in voga fra i Salarian. Oriana avrebbe preferito adottare un randagio, ma l’unico rifugio per animali sulla Cittadella era attualmente a corto di gatti.
L’Umana si avvicinò ad una delle vetrine dove una coppia di gattini giocavano fra loro. Uno di essi era particolarmente adorabile, bianco e nero con un’accenno di bianco su tutte e quattro le zampette e sulla punta della coda. “Non è carinissimo?” fece, in direzione di Kolyat.
“Sì, è carinissimo, ma mi spieghi cosa siamo venuti a fare? Non possiamo permetterci un altro gatto, il permesso per il terzo animale costa troppo e ci sarebbero sucuramente mesi da aspettare.”
“Ma scemo, non è mica per noi!”
“E per chi…” Kolyat si fermò a fissarla, poi aggiunse “Oriana Lawson, sei impazzita?”
“Perchè mai? Non è un’idea fantastica?”
Il Drell sospirò rumorosamente. “Non puoi regalare gatti a destra e a manca, che succede se non è gradito?”
“Ma dai, l’hai visto?” domandò, indicando il felino, “Nessuno potrebbe resistere a tanta dolcezza.”
“Ok, ma se davvero non fosse gradito? Ci hai pensato?”
“Certo che ci ho pensato. Lo terremmo noi.”
“E il permesso?”
“Non dirmi che tu non puoi cercare di velocizzare il processo, vista la tua posizione allo C-Sec…”
“Non ho intenzione di chiedere favori per un gatto.”
“E va bene, faremo alla vecchia maniera.”
“Ori, pensaci bene.”
“Ci ho pensato e continuo a sostenere che sia un’idea originale e adorabile. Shepard ha un debole per le bestiole, me l’hai detto tu che adora Giza.”
“Ti ho detto che quando è venuta a trovarmi assieme a mio padre hanno detto che era molto carina, tutto qui.”
“Mi hai anche detto che non smettevano di accarezzarla.”
“A furia di frequentarmi stai sviluppando una memoria eiedetica anche tu?”
“Per forza.”
“E va bene, ma se per qualche motivo non dovesse andare la responsabilità è tua.”
Oriana finalmente riuscì ad esultare, e l’attimo dopo stava già chiamando il commesso Volus.


 

Amici



“Shepard! Da quanto tempo, come stai?” la voce di Karin Chakwas risuonò squillante nell’orecchio del Comandante, che aveva poco prima avviato la chiamata tramite factotum.
“Non c’è male, dottoressa. E lei che mi dice?”
“Mi godo la pensione, finalmente. Sono arrivata sulla Terra tre giorni fa.”
“Dove si trova di bello?”
“Sydney. Ho sempre desiderato festeggiare un Natale in spiaggia,” la donna rise, poi aggiunse “sulla Cittadella si sente lo spirito natalizio quest’anno?”
“Eccome, hanno persino creato della neve artificiale. A tal proposito dottoressa… Thane non sta molto bene.”
“Volevo giusto chiederti di lui. Che succede, Ann?”
“E’ tornato a casa praticamente congelato, credo abbia preso troppo freddo.”
“In questi giorni ha fatto basking?”
“Non che io sappia.”
La dottoressa Chakwas esalò un sospirò. “Vedo che alcune cose non cambiano. Thane è testardo come un mulo, Shepard. Puntagli una lampada addosso se proprio devi, ma come tutti i Drell ha bisogno di assorbire calore e non una volta al mese.”
“Ricevuto, dottoressa. Nel frattempo, c’è qualcosa che posso fare nell’immediato? E’ praticamente letargico.”
“Beh, utilizza le tue conoscenze di sopravvivenza in climi estremi e non dovrebbe essere un problema arrivarci.” Shepard potè quasi sentirla ammiccare al di là dell’auricolare.
Diede una breve risata, prima di ringraziarla e augurarle buone feste.
“Grazie a te Shepard, e Buon Natale!”

Ann fece gli scalini a due a due per arrivare in camera da letto, dove Thane era immobile, ancora quasi totalmente coperto dal piumone.
“Spogliati” ordinò lei, suscitando una reazione. Thane riuscì appena a mettersi sui gomiti, per osservarla con aria inquisitiva.
“Mi hai appena costretto a mettere il… pigiama.”
“Ho sbagliato” rispose lei, iniziando a lanciare i suoi vestiti alla rinfusa per terra.
Thane diede un impercettibile cenno di approvazione, prima di obbedire. Poi Shepard si infilò nel letto e fece aderire il suo corpo a quello del Drell, senza riuscire a reprimere un “maledizione, sei un ghiacciolo!”
“Sto bene, Shepard.”
“Non secondo la dottoressa Chakwas.”
Thane si discostò da lei quel tanto che bastava per farle capire che era scocciato. “Perchè l’hai chiamata? Ti ho detto che sto bene.”
“Da quanti giorni non fai una lampada?”
Thane non rispose, improvvisamente colpevole.
“Ecco.”
“Non pensavo avrei trovato temperature intorno allo zero oggi.”
“Non cercare di arrampicarti sugli specchi.”
“D’accordo. Hai ragione, ho rimandato troppo e adesso…” improvvisamente si zittì, più interessato a capire cosa stava cercando di fare lei con le sue mani.
“Hai perso le parole?” sorrise lei.
Thane le accarezzò il mento con una mano, prima di tirarla verso di sé e baciarla sulle labbra, certo che di lì a poco non avrebbe più avuto bisogno di coperte o… pigiami.


 

Generosità


“Css- fanno cinquecento crediti, miss…?”
“Lawson.” Oriana avvicinò il factotum al dispositivo di pagamento. Il Volus si sporse da dietro la cassa per finalizzare l’acquisto, poi con un piccolo balzo scese giù dalla cassetta sulla quale era appollaiato e fece il giro per fronteggiarli. “Seguitemi -css.”
Oriana e Kolyat partirono a ruota, dovendo però mantenere breve il passo per evitare di finire addosso al commesso che aveva un’andatura decisamente meno celere della loro. Una volta arrivati di fronte alla vetrina giusta, il Volus fece cenno ad una giovane commessa Batarian di avvicinarsi per aiutarlo. Evidentemente non voleva rischiare che il felino potesse danneggiargli la tuta con gli artigli. La ragazza, che sembrava essere lì solo per maneggiare gli animali, arrivò a passo spedito e si infilò un paio di guanti spessi prima di chiedere quale dei due gatti doveva prendere.
“Quello nero e bianco” disse Oriana, impaziente.
“Vi serve un trasportino?” domandò il Volus.
“Magari, grazie. Il gattino sarà un regalo.”
“Ottimo, -css, abbiamo un nuovissimo modello appena arrivato con lettiera autopulente incorporata.”
“E quanto viene?”
“Solo per lei, miss Lawson -css, oggi è in promozione a soli 399 crediti.”
Oriana si stampò un’espressione carica di disappunto sul viso. “Non ha qualcosa di meno…”
Kolyat la interruppe prima che potesse finire la frase. “Lo prendiamo” rispose, suscitando nell’Umana un sorriso a trentadue denti.
Il Volus battè le mani una sola volta, soddisfatto con sé stesso. “Perfetto signori. Avete bisogno di qualcos’altro?”
Oriana cercò Kolyat con lo sguardo, prima di dire “ci servirebbero due ciotole e del cibo per cuccioli di ottima qualità.”
“Certamente -css- miss Lawson.”
Nel frattempo, con la coda dell’occhio, Oriana osservava la commessa Batarian posizionare il micetto dentro il nuovo trasportino, desiderando quasi che quel gatto fosse suo. Si ricordava ancora del giorno che aveva ricevuto Queequeg come regalo da Miranda come uno dei più belli della sua vita. Era questo che voleva donare al padre di Kolyat e a colei che le aveva riportato la sorella sana e salva: un ricordo indelebile e un compagno fedele per molti anni a venire.



 

Regali




Shepard riemerse dalle coperte con un sorriso soddisfatto stampato sulle labbra. Thane la osservò abbandonare il letto con un sorriso altrettanto soddisfatto.
“Dove vai?” le domandò poi, mentre lei si rivestiva davanti allo specchio.
“Ho ancora dei regali da comprare.”
“Non avevi organizzato tutto nei minimi dettagli?” Thane alzò un arcata sopraccigliare.
Shepard lo guardò attraverso lo specchio, aggrottando le sopracciglia a sua volta e scuotendo il capo per mimare disappunto.
“Posso fare qualcosa per aiutarti?” tentò nuovamente il Drell.
“In effetti qualcosa ci sarebbe” fece lei, indossando una giacca pesante appena riesumata dall’armadio.
“Cosa?” Thane si mise a sedere sul letto, speranzoso.
“Devi fare una dannata lampada!”

Quando Shepard finalmente lasciò l’appartamento si rese conto di essere leggermente delusa dal fatto che questa prima passeggiata sulla neve artificiale non la stessero facendo assieme. Le era bastato affacciarsi dalla finestra quella mattina per pianificare già ogni minuto di quella giornata. Thane sarebbe tornato a casa con la colazione, poi sarebbero usciti fuori a fare le ultime compere e infine si sarebbero fermati a quel bistrot di gestione Elcor che avevano scoperto da poco e che amavano così tanto perché era l’unico ristorante sulla Cittadella a proporre la rivisitazione di una sorta di gulash di tradizione Drell. Thane diceva che la spezia originale prevista dalla ricetta era ormai rarissima di quei tempi, ma il sapore si avvicinava molto a quello che da bambino mangiava alla mensa dell’accademia dove fu addestrato. Shepard in quell’occasione si domandò se un simile ricordo potesse suscitargli emozioni negative, ma lui aveva spiegato pazientemente che ricordava con piacere quegli anni. Raccontò di sé stesso come un bambino molto socievole e disposto ad aiutare il prossimo. In un primo momento lei aveva fatto fatica ad immaginarselo così, data la natura schiva che lui stesso aveva deciso di mostrarle una volta salito a bordo della Normandy, poi man mano che aveva conosciuto la sua storia si era resa conto che tutta la sua vita era in realtà permeata di coerenza. Thane bambino che sopravvive all’asprezza degli insegnamenti facendo gruppo, Thane adolescente che stringe legami di amicizia con quelli che dovevano essere suoi competitori, Thane ragazzo che si innamora della Pietà fatta persona, Thane uomo che in seguito alla perdita decide di perdere sé stesso. Thane, oggi, che riesce a perdonarsi e a guardare alla vita con positività e a lei con assoluta devozione.
In occasione di quella chiacchierata Shepard si era dovuta assentare un attimo con la scusa di dover andare in bagno perché non voleva mostrargli che i suoi racconti le mettevano addosso una malinconia inaudita. Era commossa, sì, all’ascolto di ciò che lui aveva vissuto da piccolo, forse perché le loro storie in qualche modo si assomigliavano. E nonostante sapesse che non ci sarebbe stato niente di male nel farsi vedere vulnerabile davanti a lui, le sarebbe dispiaciuto se lui avesse interpretato i suoi occhi lucidi come compassione. Al contrario, tutto ciò che lei provava nei suoi confronti era una sincera ammirazione e un profondo rispetto.

Nonostante la mattinata non fosse andata esattamente secondo i suoi piani, Shepard continuava ad essere di buon umore. Era comunque riuscita a passare del tempo con lui, il servizio di catering le aveva confermato l’orario previsto per la consegna della cena e non le restava altro che ultimare le compere. A passo svelto si diresse verso l’edificio che fungeva da parcheggio astroauto e con l’ascensore raggiunse il dodicesimo livello. Il velivolo che aveva acquistato qualche mese fa era di manifattura Volus, l’esterno della carrozzeria era di un nero opaco molto elegante e gli interni rossi. Thane si era permesso di osservare come la combinazione potesse risultare ai più, per così dire, pacchiana, ma lei non aveva voluto sentire ragioni. La macchina le ricordava i colori N7 e tanto le bastava. L’unica persona che si era complimentata con lei era stato James Vega, la restante porzione delle sue conoscenze si era astenuta.

Era ormai quasi ora di pranzo quando Shepard mise in moto e si diresse verso i grandi magazzini Sanassi, nel distretto commerciale Zakera. Nato come piccolo negozio di souvenir, oggi era diventato un punto di riferimento anche per gadget di diverso tipo e antiquariato multispecie. Quel giorno il negozio brulicava di individui di tutte le specie, la stragrande maggioranza indossava abiti più coprenti del solito ed era impacciata fra guanti, cappelli e stivali invernali. I Turian sembravano soffrire particolarmente la presenza della neve, difatti erano quelli più imbottiti, con grossi mantelli pesanti che li avvolgevano da capo a piedi sopra le spesse corazze. Shepard si diresse a passo spedito verso la sezione terrestre dove trovò una dozzina di Umani a curiosare tra gli scaffali ed un paio di Asari, note per avere uno spiccato interesse per tutto ciò che fosse diverso e vintage. I volumi presenti, libri cartacei vecchi oltre un secolo in alcuni casi, erano custoditi all’interno di un campo biotico gestito in maniera totalmente automatizzata da una IA che fluttuava a mò di piccolo drone. Il piccolo robot si piazzò davanti a Shepard, scansionandole brevemente i lineamenti.
“Andromeda Shepard, Umana. Come posso aiutarla?” fece, attirandosì lo sguardo del Comandante.
“Cercavo… umh… c’è qualcosa di filosofia Umana?”
L’IA emise un piccolo bip, poi iniziò a scansionare. “La prego di accettare la comunicazione sul suo factotum. Il codice da digitare è 7865. Riceverà un elenco completo dei volumi a disposizione.”
Shepard fece come richiesto, poi iniziò a sfogliare la lista mentre l’IA continuava il suo giro di ricognizione affiancando nuovi clienti.
Dopo un paio di minuti di attenta lettura, Shepard decise quale sarebbe stato il regalo perfetto per Thane.

“Il volume le verrà recapitato all’uscita, cassa automatizzata numero sette. Si prega di scegliere l’incarto da questa lista” parlò l’IA, mostrando al Comandante una lista illustrata di carte da regalo. Shepard ne scelse una di dubbio gusto che ritraeva in un pattern fitto miniature dei Custodi della Cittadella vestiti come elfi natalizi. “Andromeda Shepard, ha selezionato ‘carta regalo raffigurante custodi della cittadella in uniforme da elfi di natale, festività terrestre, natale di custodi, festa di custodi, custodi’,” recitò. “Conferma la sua scelta?”
Shepard non riuscì a trattenere un sorriso per quella traduzione totalmente sconclusionata. “Confermo.”
“Sono 800 crediti. Può scegliere di pagare adesso o alla cassa automatizzata numero sette. Si prega di pagare con valuta corrente.”
“Pagherò alla cassa, devo fare altri acquisti.”
“Grazie, Andromeda Shepard. Buone feste.”

Ann si diresse quindi verso la zona successiva, quella che trattava pezzi d’antiquariato. Questa era decisamente più affollata, in particolare da Asari, ma anche da Salarian che sembravano volersi portare dietro tutto, specialmente se proveniente da Sur’Kesh. Anzichè fare da sé, cercò anche questa volta di richiamare l’attenzione dell’IA addetta a questo reparto, che prontamente fu subito da lei.
“Sto cercando uno strumento musicale terrestre, un violino” disse. Dopo qualche attimo dovuto alla scansione del database, il piccolo drone iniziò a lampeggiare, indicandole di seguirlo. Arrivarono ad uno scaffale molto grande contenente diversi e maestosi strumenti musicali antichi, bellissimi e costruiti con materiali che ormai era parecchio difficile reperire, specialmente a basso costo. Il violino che l’IA le mostrò non era molto vecchio, in quanto datato appena 2024, però era molto particolare. L’abete massello che ne costituiva il corpo centrale era stato dipinto di viola, un colore che Shepard pensò potesse sposarsi bene con i colori di Oriana. Non aveva idea se la ragazza avrebbe gradito o meno il regalo, però l’aveva sempre vista esercitarsi con degli strumenti di nuovissima fattura, ma poco personali. Sperò che avrebbe potuto farle piacere avere qualcosa di unico e con una storia alle spalle. Stavolta per la carta regalo ne scelse una costellata da piccoli Krogan che giocavano con palline di Natale colorate, poi si incamminò verso la cassa designata per ritirare entrambi i pacchi.

Le neve aveva iniziato a fioccare di nuovo quando Shepard uscì dai magazzini per raggiungere la sua vettura. Rivolse gli occhi verso l’alto, sperando ingenuamente di vedere il cielo e la neve cadere a fiocchi paffuti dalle nuvole, ma in realtà era solo un sistema di diffusione ben progettato e nascosto abilmente fra il paesaggio. Le mancava stare su un vero pianeta; non poteva dire che le mancasse Mindoir perché quela ferita non si era ancora rimarginata e forse non l’avrebbe mai fatto, ma le mancava la Terra. Quella Terra che aveva conosciuto così bene durante i mesi di reclusione forzata nelle campagne inglesi, ma che non aveva potuto vivere ampiamente. Quella Terra che le aveva regalato una delle vacanze più belle della sua vita. Era ancora troppo presto per lasciare la Cittadella, c’era ancora tanto da fare e lei era ancora troppo importante per decidere di ritirarsi, ma prima o poi avrebbe voluto farlo, insieme a Thane.


 

Costumi



Oriana e Kolyat si diressero verso l’appartamento del Drell, accompagnati dal miagolio acuto e insistente del cucciolo di gatto che li osservava spaventato dal sedile posteriore. L’Umana di tanto in tanto allungava una mano affusolata verso di lui, ma il piccolo si ritraeva cercando conforto nell’ombra della cuccia. La ragazza sapeva che questo era solo un rito di passaggio, seppur spiacevole, e presto avrebbe avuto un appartamento enorme a sua disposizione e l’affetto di due padroni, ma non riusciva a fare a meno di provare compassione per quell’esserino ignaro e spaventato.
Quando arrivarono all’appartamento si resero conto di avere giusto il tempo di prepararsi prima di dover raggiungere Shepard e Thane alle Torri Tiberius. Oriana si diresse a passo spedito verso il bagno, mentre Kolyat cercava di fare amicizia col micio, accovacciato per terra in corridoio.
L’Umana aprì la solita borsa eccessivamente grande che si portava sempre dietro ed estrasse un completo dall’aspetto insolito. Si spogliò ed iniziò a vestirsi con i nuovi abiti, infilando prima le parigine a righe bianche e rosse, poi una gonna voluminosa di velluto verde bosco corta poco sopra il ginocchio e infine un top di velluto rosso e bianco. Per completare il look, un cappello dello stesso colore della gonna con del pellicciotto bianco intorno e un pom pom in cima. Guardandosi allo specchio decise di estrarre il suo rossetto rosso preferito e applicarlo sulle labbra, acquistando subito un po' di colorito. Leggermente intimorita dal giudizio di Kolyat, uscì dal bagno dirigendosi verso di lui. Il Drell era ormai completamente steso sul pavimento del corridoio e una piccola palla di pelo nera e bianca gli camminava sull’addome.
Ori sorrise di gusto a quella vista e il compagno le rivolse uno sguardo dapprima neutro, poi sempre più indecifrabile.
“Allora? Che ne pensi?” domandò l’Umana, facendo una piroetta.
“Sto cercando le parole” mugugnò il Drell, spostando poi lo sguardo sul micio. Lo afferrò delicatamente con entrambe le mani e lo ripose di nuovo nella sua cuccia, tornando poi a spostare lo sguardo su Oriana.
Dopo qualche istante di silenzio si alzò con uno slancio e le andrò incontro, squadrandola ulteriormente dalla testa ai piedi.
“Sembro ridicola?”
“Vorrei poterti dire di sì.”
“E allora?”
“Sto cercando di capire come farò ad affrontare la cena con te accanto a me, vestita in questo modo.”
Oriana stavolta sorrise, poggiando le mani sul suo petto, accorciando così le distanze.
“Abbiamo ancora dieci minuti.”
“E dieci minuti siano.”


 

Cenone



I dieci minuti diventarono venticinque, a dire il vero, perché Oriana era sempre stata una persona dalle idee molto chiare e Kolyat di solito era quello che ne faceva le spese. Quando uscirono di casa, sotto ai pesanti giubbotti invernali, anche Kolyat adesso sfoggiava un completo inusuale, rosso e bianco come prevedevano i costumi umani per questa festività – almeno questo era ciò che gli aveva speigato Oriana. Alla domanda sul perché avrebbe dovuto indossare anche una finta barba bianca, invece, Oriana rispose che sarebbe stato irrispettoso nei confronti della tradizione non portarne una, in quanto simbolo di rispetto e saggezza. Kolyat era scettico, non era la prima volta che Oriana lo prendeva in giro pur di farsi assecondare, ma una cosa doveva ammetterla: sapeva sempre come conquistarlo o come farsi perdonare, e tanto gli bastava.

Shepard si precipitò alla porta d’ingresso non appena sentì il campanello suonare. Il servizio di catering era in ritardo di una quindicina di minuti, ma vista la giornata particolare c’era da aspettarselo. Quando aprì si ritrovò davanti tre ragazzotti Krogan, le creste frontali ancora acerbe e lo sguardo spaesato da cuccioli di foca. Tutti e tre indossavano la divisa del servizio di delivery dal quale Shepard aveva ordinato la cena e sfoggiavano un grembiule rosso di almeno sei taglie più piccolo che riportava un grosso “Urz Eat” ricamato sul davanti. Il più intraprendente dei tre si fece avanti ed estrasse un minuscolo taccuino dalla tasca del suddetto grembiule, cercando su di esso il nome della cliente.
“Shepurd?” domandò, gli occhi fissi sullo scarabocchio.
“Sono io” lo intercettò lei con un sorriso, rendendosi disponibile a ricevere le numerose buste di cibo che gli altri due Krogan tenevano in mano. Pochi istanti dopo fu raggiunta alle spalle da Thane, il quale la aiutò a portare il cibo all’interno, salutando con un cordiale “buonasera”. I tre Krogan sembravano a dir poco intimiditi, nonostante vantassero una stazza notevolmente superiore, e non attesero neppure che Shepard desse loro la mancia tramite factotum prima di precipitarsi in fondo all’atrio, verso l’ascensore.
Shepard e Thane si scambiarono uno sguardo perplesso, poi fecero spallucce e procedettero a tirare fuori le confezioni di cibo dai sacchetti, una volta poggiati sull’isola della cucina. Un aroma caldo e familiare si diffuse nell’ambiente, mescolandosi con quello natalizio, a base di cannella e zenzero, delle candele che Shepard aveva comprato per l’occasione e piazzato in alcuni punti strategici dell’appartamento.
Shepard diede un veloce sguardo all’orologio, constatando che i ragazzi fossero leggermente in ritardo.
“Notizie di Kolyat?” domandò, nell’atto di versare il purè dal contenitore monouso ad una ciotola di ceramica bianca.
Thane osservò il suo factotum, scuotendo il capo. “No, nessuna.” Poi aprì una bottiglia di vino rosso che qualche settimana prima aveva fatto recapitare loro Miranda e andò a recuperare due calici dal pensile della cucina. “Avranno trovato traffico,” aggiunse poi, versando il vino nei due bicchieri. Ne porse uno a Shepard, che nel frattempo aveva scartato la confezione delle patate al forno e ne stava masticando tre pezzi contemporaneamente. Portò una mano alla bocca, trattenendosi dal ridere perché sapeva di assomigliare ad un Vorcha affamato e questo si leggeva palesemente nello sguardo divertito del compagno. Poi deglutì il boccone e fece scontrare il suo bicchiere con quello di Thane.
“A questo Natale” sorrise, dando un sorso. Thane le fece eco e bevve a sua volta.
Ebbero giusto il tempo di sistemare tutte le pietanze su piatti e stoviglie che non fossero di carta o alluminio quando il suono del campanello richiamò la loro attenzione.
“Vado io” fece il Drell, abbandonando il bicchiere ormai quasi vuoto sul bancone della cucina.
Shepard iniziò a portare a tavola gli antipasti con un sorriso che non voleva proprio abbandonare le sue labbra.

La prima a parlare fu Oriana, gesticolando nervosamente con le mani in quello che doveva essere un saluto entusiasta. “Ciaaao!” esclamò, avendo abbandonato i convenevoli già da tempo. Battè gli stivali un paio di volte sul tappeto di ingresso che ogni volta le strappava una risata, perché riportava a lettere cubitali la scritta “my idea of help from above is a sniper on the roof”, poi si fece strada all’interno mentre Thane si offriva di aiutare Kolyat liberandolo da un grosso contenitore ricoperto da un ampio lembo di stoffa rosso.
Suo figlio si scansò, accennando un sorriso accompagnato da un “tranquillo padre, faccio io”, poi andò ad appoggiare l’oggetto misterioso in un angolo della stanza. Thane non volle fare domande per non sembrare eccessivamente impiccione. Gli andò incontro ed aprì le braccia per offrirgli un abbraccio. Il Drell più giovane accettò per quel poco che bastava per poterlo definire un saluto, poi si allontanò.
Shepard li raggiunse e diede un abbraccio poco invadente a Kolyat e uno più umano ad Oriana, poi li accompagnò a togliersi i soprabiti. La faccia che fece non appena vide i loro vestiti – e soprattuto Kolyat che estraeva una barba finta dalla giacca per indossarla – fu impagabile. “Ma siete stupendi” commentò, ridendosela a crepapelle. “Thane vieni qui” chiamò divertita. Oriana indirizzò uno sguardo carico di orgoglio verso Kolyat, ancora incredula che avesse accolto così di buon grado la sua strana richiesta. Lui, imbarazzatissimo e con le guance di almeno due sfumature più scure, sembrava avere fretta di scolarsi quella bottiglia di Prosecco che aveva adocchiato già poco prima. Shepard non gli diede neanche il tempo di fare un passo in direzione della cucina che attivò il factotum e gli disse di mettersi in posa perché voleva assolutamente immortalare il momento. Thane arrivò poco dopo, sorridendo bonariamente, leggermente confuso su quello che stava vedendo.
“E’ un’altra usanza terrestre per il Natale?” domandò.
“Diciamo di sì” si affrettò a rispondere Oriana.
“In che senso ‘diciamo di sì?’” incalzò Kolyat, guardandola con sospetto.
“Andiamo amore, o si fredda la cena!” fece lei per tutta risposta, prendendolo per mano e conducendolo al tavolo.

Kolyat, che per i successivi venti minuti non fece altro che ripensare alla parola che gli era appena stata affibbiata, non riusciva a staccarsi dal proprio calice per più di trenta secondi di seguito; col risultato che ad antipasto terminato si era già scolato due bicchieri di Prosecco.
Stavano discutendo dell’argomento più attuale del giorno, ovvero la neve artificiale, quando Thane adagiò sul tavolo il tovagliolo di stoffa che aveva precedentemente appoggiato sulle gambe e si alzò, guardandosi intorno e attirandosi lo sguardo inquisitorio della sua compagna.
“Che succede?”
“Ho sentito uno strano rumore.”
Shepard, dal canto suo, aveva appena iniziato a mangiare una squisita porzione di cannelloni e riusciva a sentire unicamente la melodia natalizia selezionata ad hoc che si diffondeva dagli altoparlanti e la sinfonia del ragù e della besciamella che si mescolavano amabilmente sul suo palato.
“Che rumore?” domandò praticamente con la bocca piena.
“Sì, tipo un pyjack.”
“Forse fa parte della canzone,” provò a dire Oriana. Kolyat si sporse verso di lei, sussurrandole in un orecchio che i Drell ci sentono due volte più degli umani.
Thane prese nuovamente posto, domandandosi se non stesse diventando vecchio, dopotutto.
“Un momento…” interruppe Shepard, “l’ho sentito anche io!” Stavolta fu lei ad alzarsi, iniziando a passare in rassegna la stanza con lo sguardo. “Cos’è quello?” chiese, indicando un oggetto non bene identificato all’angolo del salone.
Non diede loro neanche il tempo di rispondere che stava già camminando verso di esso, convinta che effettivamente il suono provenisse da lì. Kolyat e Oriana non riuscirono a fermarla in tempo, anche perché non avrebbero saputo che scusa accampare. Quando Shepard sollevò il lembo della stoffa si inginocchiò immediatamente di fronte al trasportino, sbirciando all’interno. Thane le fu subito a fianco, concedendosi solo un istante per lanciare uno sguardo perplesso al figlio.
“Per tutti gli astri,” esalò Ann, “ma cos’è questa meraviglia?”
Si voltò immediatamente verso i due ragazzi, chiedendo conferma con lo sguardo.
“Doveva essere una sorpresa, volevamo darvelo all’apertura dei regali” sorrise Oriana, lievemente delusa.
“Emh… Sorpresa!” esclamò teatralmente Kolyat, già palesemente brillo.
Shepard rise con trasporto, invitando Thane a raggiungerla sul pavimento mentre iniziava a fare amicizia col cucciolo, avvicinando una mano per farsi annusare.
“Non so che dire” commentò, cercando Oriana con lo sguardo. “E’ stupendo!”
“Abbiamo pensato potesse farvi piacere avere un gatto in giro per casa, ormai noi non riusciamo ad immaginare la nostra vita senza Giza e Queequeg.”
“E’ un regalo molto gradito” disse Thane placidamente, cercando a sua volta il contatto col micio.
“C’è solo un problema” interruppe Shepard. “Non penso che riuscirò più a staccarmi da lui.”

Cinque minuti dopo, lo spazio intorno a loro si era riempito di piatti, bicchieri e bottiglie varie, avendo traslato effettivamente il banchetto sul pavimento. Il piccolo esserino sembrava essersi preso di coraggio perché aveva iniziato ad esplorare i quattro individui seduti in cerchio fuori dal suo trasportino. Timidamente si avvicinava anche ai piatti, annusando qua e là per stabilire se ci fosse qualcosa di suo gradimento. La codina ritta per aria e le orecchie atte a captare ogni minimo rumore insolito, il piccolo micio sembrava sentirsi già a casa.
“Allora, avete già in mente un nome?” azzardò Oriana.
“E’ maschio o femmina?” chiese Thane di rimando.
“Ah, già… E’ un maschietto.”
Shepard aveva lo sguardo fisso sul nuovo animale domestico che era intento ad annusare la sua fetta di pandoro.
“Pandoro!” esclamò, sorridendo.
“Pan-doro?”
“Questa è una fetta di pandoro,” spiegò a Kolyat, che le aveva posto la domanda. “Assaggia pure.”
Il Drell non se lo fece ripetere due volte e con un pollice in su fece capire che ne approvava il gusto.
“Oltretutto assomiglia anche ad un panda, vedi?” incalzò Shepard, indicandolo a Thane.
“Mi hai perso, Siha.”
“Un panda. Ricordi, il documentario dell’altra sera?”
“Non mi sembra gli assomigli, quella specie non vive nell’oceano?”
“Non una manta, un panda!” Shepard gli avvicinò il factotum, digitando velocemente “panda” sulla barra di ricerca.
“Ah, un panda.” Thane si accarezzò il mento, pensieroso. “Quindi… Panda?”
“No, Pandoro.”
“E cosa c’entra il panda?”
Shepard si arrese, cercando lo sguardo altrettanto attonito di Oriana. “Cosa c’era in quel Prosecco?” le domandò, suscitando l’ilarità della ragazza.


 

Amore



Shepard non si era fatta particolari aspettative per il cenone di Natale, certo, ma non avrebbe mai immaginato sarebbero finiti a mangiare sul pavimento in compagnia di un cucciolo di gatto. E non poteva credere di essere padrona di un animale domestico, perché in fondo tutto ciò che era casa e routine non aveva mai fatto parte della sua vita e per lei aveva sempre rappresentato una sorta di Sacro Graal.
Mentre giocava col cucciolo, facendogli rincorrere un lembo di tovagliolo che strusciava a zig zag per terra, sentì gli occhi riempirsi di lacrime. La serata non era ancora finita, ma era già così perfetta. Kolyat e Oriana vestiti da Babbo Natale e la sua aiutante, Thane rapito quanto lei dalla creaturina, Pandoro giocoso e pieno di energie che aveva già abbassato le difese. Non avrebbe potuto chiedere di più neanche se ci avesse provato. Eppure quel di più arrivò lo stesso.

Una volta terminata quella cena inusuale Thane propose di procedere con l’apertura dei regali. Aveva iniziato a vedere i primi sbadigli sul viso dei suoi ospiti e immaginato che avessero avuto una lunga giornata. Si spostarono tutti accanto all’albero di Natale, prendendo posto ai suoi piedi. Pandoro iniziò immediatamente l’esplorazione, tanto che qualche istante dopo era già appeso ad un Volus mentre cercava di raggiungere la Normandy, tra le risate generali.
“Chi vuole iniziare per primo?” domandò Shepard, battendo le mani con anticipazione. Dato che nessuno si affrettò a rispondere, ne approfittò prelevando una busta da sotto l’albero e consegnando due pacchi di dimensioni considerevoli rispettivamente ad Oriana e Kolyat. Ann non aveva avuto chissà quante occasioni per fare regali durante la sua vita, non avendo quasi mai l’opportunità di festeggiare delle ricorrenze, ma stavolta era stata una delle attività che le era piaciuto maggiormente organizzare. Vedere i due ragazzi scartare i due pacchi le diede una grande gioia colma di anticipazione. Per Kolyat aveva acquistato giorni addietro un cavalletto e dei colori ad olio tradizionali di una marca terrestre molto pregiata, Oriana sembrava estasiata alla vista del suo violino antico. “Non so cosa dire… Ti sarà costato una fortuna! E’ stupendo” esclamò impugnandolo e tracciandone i contorni con le dita.
“Grazie” accennò Kolyat col capo, imbarazzato ma palesemente contento perché non riusciva a ricacciare indietro il sorriso. Si appuntò mentalmente che se fosse riuscito a completare il dipinto che aveva in cantiere già da un po' – posto che non gli avesse fatto troppo schifo - lo avrebbe regalato a loro con piacere.
Poi fu il turno di Shepard di ricevere il regalo di Thane, confezionato con cura in un contenitore che sembrava pesare quintali.
Impaziente di scoprire cosa fosse, procedette con la rimozione della carta da regalo color panna. Al di sotto, una scatola in ebano lucido che conteneva, oltre ad una stupenda rosa rossa, qualcosa che la lasciò completamente a bocca aperta. Una bellissima N7 Eagle personalizzata, dal corpo totalmente nero come la scatola e il simbolo N7 in metallo opaco inciso su un lato. Proprio lì, accanto, un’iscrizione argentea delicata in un’alfabeto che non aveva ancora imparato a decifrare.
Thane precedette la sua domanda, spiegandole il significato. “Nella vostra lingua si traduce più o meno così: dove è la tua anima, io sarò.”
Ann ripose con cura l’arma nella sua custodia, dopo averla soppesata e ammirata per diversi secondi, e poi gli gettò le braccia al collo, stampandogli un bacio sulle labbra. “E’ perfetta, grazie!” Si asciugò una lacrima furtiva con la manica della maglietta e fece per prendere il regalo per lui. “Non è la stessa cosa, ma…”
“E’ il pensiero quello che conta, no? L’ho letto su Extranet.”
“Precisamente” rise lei.
Thane scartò il suo regalo, scoprendo un bellissimo volume cartaceo di un filosofo terrestre che conosceva già, Nietzsche. L’opera era intitolata “Umano, troppo umano” e ciò gli suscitò un sorriso spontaneo.
“E’ un’edizione del 1979” spiegò lei, “ah… non esistono più i filosofi di una volta” scherzò.
“Grazie Siha, sono davvero impaziente di leggerlo.”
“Aprilo.”
Thane sollevò un arco sopraccigliare, poi fece come le aveva ordinato. In mezzo alle pagine trovò un involucro di carta e lo sfilò. Aprì la busta e all’interno trovò due codici da scansionare col factotum; cosa che fece immediatamente dopo. La schermata che apparve sullo schermo era degna dell’espressione estasiata che gli provocò. Shepard gli aveva regalato niente meno che una vacanza per due nel resort dove avrebbero dovuto incontrarsi appena dopo il ritorno dal portale di Omega 4, il Desert Rose su Bekenstein. Accanto ai codici, una nota dalla pessima grafia: “stavolta promettimi che ci sarai”.
Lui la ringraziò con un bacio posato sulla fronte e uno sguardo carico di promesse.

“Adesso tocca a me!” esclamò Oriana, porgendo a Kolyat il suo pacchetto. Kolyat ne estrasse dapprima un pacco di caramelle gusto fragola e panna a forma di Hanar, poi un secondo pacco di caramelle ai gusti misti che raffiguravano alcuni tra i più famosi animali terrestri. In seguito, anche lui trovò una busta anonima contenente una lettera. Decise di non leggerla ad alta voce perché, anche se non lo dava a vedere, era una persona molto emotiva, ma registrò tutto quello che lesse come un marchio a fuoco nella sua memoria.

Amore,

Posso chiamarti amore, Kol?
Perchè è questo quello che provo quando ti guardo, imbronciato, mentre fissi un punto lontano dell’orizzonte, perso a scandagliare i tuoi ricordi. Il fatto che anche io ora faccia parte di essi mi riempie di orgoglio. Sarò sempre con te, anche se un giorno deciderai di non volermi più. Ad essere sincera spero che quel giorno non arriverà mai.
Sei l’unica persona che mi spinge costantemente a migliorarmi e ad affrontare i miei problemi a testa alta, senza permettermi di nascondermi dietro a un muro fatto di scuse e auto commiserazione. Apprezzo la tua cruda onestà e la tua sincerità, mi offri una prospettiva unica della quale posso sempre fidarmi.
Tutto questo per dirti che ti amo. Ti amo e mi dispiace che tu debba sgomitare più degli altri per trovare il tuo posto nel mondo. Non dovresti essere tu a farti più stretto, dovrebbe essere il mondo a farti spazio. Perchè ti meriti questo ed altro. Quello che voglio regalarti è un pezzo di casa, dove spero tu possa sentirti a tuo agio e se vorrai, condividere questa esperienza con me.

Buon Natale, amore.

Ori


Kolyat riuscì a tenere a bada le lacrime solo perché il Prosecco l’aveva aiutato notevolmente a smussare gli angoli, sia nel bene che nel male. Allegato alla lettera c’era il depliant, scritto unicamente nella sua lingua natale, di un resort che mostrava le diverse tipologie di camera disponibili (camere con bagni di sabbia e letti sospesi!), le diverse attività da svolgere, tutte prettamente rivolte ad un pubblico Drell, i vari ristoranti e le cucine presenti, rigorosamente tradizionali. “Non riesco a crederci…” commentò estasiato. “Non pensavo esistessero posti del genere.”
“Partiamo fra una settimana, sei contento?”
“Per Arashu… Sì che sono contento!” rispose lui, traendola fra le sue braccia in un abbracciò che sembrò durare in eterno. “Prima però, anche io avrei qualcosa per te.”
Oriana era sorpresa. Non si aspettava di ricevere qualcosa, anche perché Kolyat era sempre stato una frana con questo genere di esternazioni e qualunque cosa lo mettesse sotto ai riflettori, anche solo per dieci secondi, gli dava profondamente fastidio. Per lei era già tanto che avesse acconsentito ad accompagnarla e si fosse vestito da Babbo Natale. Quando le porse una piccola scatola azzurra, esitò per un momento ad aprirla. Si sentiva già al settimo cielo solo così, nell’attesa. Quando finalmente sollevò il coperchio, restò a bocca aperta. All’interno c’era un bellissimo bracciale dorato finemente intarsiato e insieme al bracciale, sul cuscinetto di raso bianco, giaceva una chiave attaccata ad un portachiavi raffigurante Giza e Queequeg.
“Per noi Drell regalare un bracciale è simbolo di un legame che non si spezza. Questo bracciale può essere indossato, ma non si può togliere senza spezzarlo. Lo accetti come simbolo della mia devozione per te?”
Kolyat pronunciò quelle parole ad occhi bassi, ma con determinazione, convinto a portare il discorso fino in fondo anche se gli pesava tonnellate condividere quel momento con altre due persone estranee alla loro relazione.
“Certo!” esclamò Oriana, prendendogli il viso tra le mani per stampargli un bacio sulle labbra con trasporto. “E’ bellissimo, lo adoro Kol!”
Kolyat prese il bracciale e glielo mise intorno al polso, armeggiando sui meccanismi di chiusura.
“E la chiave?” domandò Oriana.
“Quella è la chiave del mio appartamento. Voglio condividerlo con te, se vorrai.”
La risposta di Oriana fu un abbraccio colmo di affetto e una risata cristallina che Kolyat avrebbe ricordato per sempre.


 

Pandoro



“Pandoro ti assomiglia.”
“Mh?”
“Ti assomiglia, dico. Quando arriva furtivo alle spalle e fa uno dei suoi agguati? Tutto suo padre.”
Thane rise, posando un bacio sulla tempia di Andromeda.
Entrambi erano accoccolati sull’enorme divano del salotto, coperti da un plaid che a malapena arrivava loro alle caviglie. Il camino davanti a loro scoppiettava con un fuoco artificiale che emanava lo stesso calore di uno vero.
“Pandino!” Thane chiamò il micio, che si limitò ad osservarlo da lontano e poi scappare su per le scale. “Dimmi se quello non è un atteggiamento da te, invece.”
Ann sorrise, stringendosi maggiormente al suo compagno per assorbirne il tepore.
“Sai, di solito quando passo troppo tempo a idealizzare qualcosa finisco sempre per restare delusa.”
Thane le accarezzò i capelli dolcemente, appoggiando il mento sul suo capo mentre la ascoltava. “A cosa ti riferisci?”
“Mi ero creata tante aspettative per questa serata. Volevo fosse tutto perfetto. Quando ho visto la neve stamattina non riuscivo a crederci.” Cercò la sua mano da sotto le coperte, per percorrerne i contorni con le sue dita e poi stringerla a sé. “Poi ho iniziato a temere il peggio quando ti ho visto stare così male e lì mi sono detta che le cose non sarebbero andate come avevo pensato. Che forse avremmo finito per non festeggiare affatto.”
Thane percepì una singola lacrima bagnare il dorso della sua mano, e con l’altra le accarezzò teneramente una guancia.
“Non sono abituata alle situazioni che eccedono le mie aspettative.” Andromeda tirò su col naso. “Sono sempre pronta al peggio, pronta a dire ‘lo sapevo’ quando le cose non vanno come penso.”
“Mi sento spiazzata” continuò. “Sono così felice che ho bisogno di un pizzicotto per sapere che non sto sognando.”
Thane le diede effettivamente un pizzicotto sul braccio, provocandole una risata. “Non stai sognando. Deve essere la magia del Natale, come dite voi umani.”
“L’hai fatta davvero la ricerca, mi sembra di capire.”
“Certo che l’ho fatta.”
Shepard si sollevò, girandosi per fronteggiarlo, poi gli posò un bacio sulle labbra. “Ci sarebbe un ultimo regalo da scartare, se ne hai voglia.”
Thane le rivolse uno sguardo malizioso. “E’ quello che penso?”
“E’ quello che pensi.”


Quella sera, come volevasi dimostrare, lei finì per vedere Volus in adorabili salopette rosse rincorrersi in giro per la stanza mentre Pandoro faceva già le fusa accoccolato ai piedi del letto.














 



Tra headcanon completamente campati in aria e inaccuratezze varie spero di non sconvolgere troppo chi si è trovato ad aprire questa storia e leggere la parola Natale mentre siamo quasi ad Agosto. 
Sono una persona che lascia spesso le cose a metà e mi sono detta che devo provare ad invertire questa tendenza. Ho una cartella piena di bozze mai completate e questa era una di quelle. 
Non me ne voglia Altariah se ho preso in prestito il nome dei gatti di Ori e Kolyat dalla sua bellissima Folie a Deux - che per me è tipo un punto di riferimento per questa ship e potrei pagare per vederla completata ;_; 
E come sempre un enorme ringraziamento a Johnee che è la personificazione dello sblocco creativo e ha sempre idee geniali e una parola d'incoraggiamento. 
*distribuisce gelati al gusto pandoro e prosecco a tutti*

   
 
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