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Autore: LaNana    27/07/2022    0 recensioni
Liz ha ventidue anni, è solare, spigliata, bella e simpatica. Un giorno il destino le mette sulla strada il suo Mito: Dani Silva, famoso, dannatamente bello, allegro e gioviale, insomma, l'uomo dei sogni. Da lì un susseguirsi di situazioni esilaranti, comiche e nostalgiche. Che ne sarà di loro?
Dal primo capitolo.
Arrivata in corridoio, percorrendolo, incrocio altri due uomini FIFA e lì il mio cuore si ferma. Poi scalpita. Poi si ferma di nuovo. Poi…poi non lo so, so che sono rimasta impalata, bocca spalancata, lingua a terra e occhi fuori dalle orbite. Danilo Ricardo Dias Barros De La Silva. Meglio conosciuto come Dani Silva, portiere del Barcellona e della nazionale brasiliana. Non che il mio più grande sogno erotico, lo ammetto.
- Dani Silva.- bisbiglio più per autoconvincermi che sia lui che per altro. Mi passa a fianco e mi sorride. Sorriso bianco latte a duecentosettantasette denti. Ottantamila punti gratis per lei signor Dani Silva. Lo seguo con lo sguardo. Occhi neri e profondi, capelli corti e sempre spettinati, viso da Maschio, mascella squadrata, un metro e novantadue di muscoli e agilità, e tutto il resto che sbavo solo a pensarci. No non ce la posso fare.
- Ciao.
Mi sta salutando?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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The Chance
Segui il cuore.


Chapter eighteen.
Hard Times part two.

 

Quando vi sentite dire che il tempo passa e guarisce ogni ferita non date retta alla persona che ve lo sta dicendo.
 
Mi aiuto con le mani a sedermi più dritta, ancora inchiodata a questo stramaledetto letto d’ospedale allo Stanmore di Londra.
Sbuffo.
- Buongiorno signorina Hall, come va questa mattina?- il primario di chirurgia ortopedica entra nella stanza insieme agli specializzandi e, senza molti convenevoli, si avvicina alla mia gamba sollevata e controlla che i fissatori siano al loro posto.
- Bene Dottor Evans, ma onestamente non ne posso più.
- Comprensibile Elizabeth, ma vedrai che tra poco tornerai a casa.- continua con la visita e illustra tutti i passaggi agli studenti, su come vada svolto correttamente un controllo postoperatorio, sul perché si sia utilizzato il fissatore di Ilizarov per guarire la mia gamba, su come risulti una lastra prima dell’intervento e dopo che i fissatori sono stati impiantati.
 
Guardo fuori dalla finestra e, nemmeno a dirlo, piove. Il cielo sopra Londra è talmente celebre da averne istituito anche una vasta gamma cromatica di grigi. Siamo quasi a fine aprile eppure la visuale è tutto “Fumo di Londra”, è sempre tutto grigio, quale che sia la stagione.
 
- A che ora hai l’appuntamento con la dottoressa Cane, Elizabeth?- mi volto verso l’infermiera che mi misura la febbre dall’orecchio.
- Alle 11.- mi sorride, mi carezza la fronte e, mentre avvicina il vassoio della colazione, mi avvisa che farà salire il portantino con la sedia a rotelle un quarto d’ora prima dell’appuntamento.
- Bene signorina Hall, ci vedremo domani mattina. Posso già anticiparle che se tutto prosegue in questa maniera per venerdì dovremmo essere in grado di procedere con le sue dimissioni.- il primario mi fa un cenno di assenso, un tentativo di incoraggiamento immagino.
Arrivato alla porta si ferma e si volta a guardarmi.
- Sa Elizabeth, queste brutte cose purtroppo ogni tanto succedono, sta a noi non farci abbattere dal corso degli eventi.- si avvicina al letto e si siede sulla poltroncina alla mia sinistra – Sa benissimo che il decorso sarà lungo, dovremo poi togliere i fissatori, dovrà fare molta fisioterapia, ma non è scritto da nessuna parte che non sarà più in grado di giocare a calcio.- lo guardo negli occhi, cercando di capire se stia facendomi questo discorso perché genuinamente lo pensi, o semplicemente perché a cospetto del suo piccolo manipolo di studenti.
- Suppongo lo vedremo col tempo. Giusto?- mi fa un accenno di sorriso ed esce dalla stanza seguito dagli specializzandi che gli corrono dietro a piccoli passi.
 
- Ciao Elizabeth, come ti senti oggi?- il sorriso caldo e rassicurante della dottoressa Cane mi mette sempre a mio agio.
- Fisicamente un po’ meglio, ma moralmente no, sono stanca.- la testa della donna si abbassa a prendere un breve appunto, poi torna a guardarmi. Sarà a metà strada tra i 50 e i 60, ha gli occhi grigi contornati da un’espressione materna e comprensiva.
- C’è qualcosa di particolare di cui vuoi parlare oggi?- sospiro.
- No, dottoressa. Vorrei soltanto andarmene a casa.- le riferisco le parole del dottor Evans, seppur con poco entusiasmo.
- Bene.- la penna sempre a scattare sul suo blocco – Perché non mi racconti di nuovo dell’incidente?- la fisso negli occhi, seccata dalla richiesta – Lo so che ti ho chiesto di raccontarmelo già molte volte più di quel che reputi necessario, ma ho bisogno di essere certa che la tua mente non ti nasconda niente, che ricordi tutto, così sarai in grado di lasciarti questa brutta esperienza alle spalle a tempo debito.- le sopracciglia increspate, annuisce brevemente incoraggiandomi a parlare.
 
- Era il 27 di dicembre, primo pomeriggio.
Uscivo da casa dei miei genitori a Portsmouth per raggiungere la mia amica Harriett e il resto della compagnia, dovevamo vederci da lei come facciamo tutte le volte per le festività, è una tradizione ormai.
Il tempo che fa in inverno a Portsmouth sa bene quanto me com’è: freddo, neve, ghiaccio, vento. Ovviamente non prendo la macchina perché casa di Harry è vicina, in più con le strade ghiacciate e dopo l’ennesimo pranzo in famiglia non è prudente guidare, nella nostra zona siamo tutti abituati a muoverci con gli stivali da neve per il quartiere. Conti che io abito al 31 di Ebery Grove e Harry all’8 di Marina Grove, siamo divise da nemmeno 200 metri.
Stavo attraversando la strada per fare Jenkins Grove quando ho sentito un suono strano, lì per lì non sono riuscita a capire cosa lo stesse provocando, ma poi ho visto una macchina sbandare sul ghiaccio e il conducente che non riusciva a controllarla. In quel momento ho collegato il rumore alle ruote che scivolavano sul ghiaccio.
Improvvisamente il suv, mi pare che fosse della Ford, ha sbandato nella mia direzione e nonostante abbia cercato di spostarmi dalla traiettoria mi ha comunque investita.- appoggio la testa alla mano destra e con l’altra, ancora fasciata, indico la gamba destra – Mi ha trascinata per qualche metro fino a sbattermi contro la casa dei Langdon, dove la gamba è rimasta incastrata per le tre ore consecutive, finché i paramedici e i vigili del fuoco mi hanno liberata.
Ne sono uscita con due costole incrinate, radio e ulna del braccio sinistro rotte con gesso tenuto per un paio di mesi e adesso almeno altri sei di fisioterapia ed esercizi di propriocezione, sperando che il radio non rimanga deformato chiaramente, trauma cranico, lussazione posteriore dell’anca sinistra, fortunatamente ridotta manualmente e senza altre complicanze.
La gamba destra merita un capitolo a parte.- mi sfugge una risatina.
- Sei nervosa?- guardo la dottoressa e faccio no con la testa.
- No, rassegnata, la mia gamba destra avrà un capitolo tutto suo nella mia biografia.- la dottoressa Cane mi sorride bonariamente e mi accenna a proseguire – Beh, dicevamo. Gamba Destra vanta una lussazione anteriore dell’anca, già di per se’ un caso raro, se calcoliamo che l’anca sinistra si è lussata all’indietro e la destra in avanti va da chiedersi come non si sia rotto niente nel mezzo, ma tant’è. Diafisi del femore fratturata in tre diverse parti, di cui una scomposta. Operazione con placca metallica. Ginocchio lussato, rimesso in sede chirurgicamente. E poi arriva il meglio con tibia e perone fratturati al terzo prossimale, mediano e distale, fratture scomposte e una parzialmente esposta, caviglia lussata e anche lei rimessa in sede chirurgicamente.- sospiro e mi raddrizzo prima di proseguire.
- Ne è seguito un primo ricovero al St James, dove mi hanno ridotto la lussazione dell’anca sinistra e stabilizzato, poi appena possibile mi hanno trasferito qui. Dai racconti di chi mi è stato intorno, l’operazione è durata parecchio, tipo 12 o 13 ore, hanno dovuto ridurre lussazioni, risistemare legamenti e tendini, hanno ricostruito la cartilagine del ginocchio, avvitare e placcare ossa, mettere la Ilizarov. Insomma, un bel daffare.
- Qual è la prima cosa che ti ricordi quando ti sei risvegliata in camera?- chiudo gli occhi scavando nella memoria.
 
- La prima cosa che vidi fu il volto di mia mamma, piangeva e sembrava innaturalmente magra e pallida, dietro di lei mio papà e Matt seduto dietro di loro.
Ricordo che andai nel panico, non sentivo alcun dolore per via della morfina, ma non riuscivo a muovermi, tutto il mio corpo era indolenzito e immobile. È stato davvero un momento orrendo. Poi mia mamma mi ha spiegato tutto l’accaduto e piano, piano ho cominciato a ricordare.
 
Brividi mi percorrono le braccia mentre ripenso a quei momenti.
 
I giorni seguenti sono ancora difficili da rammentare e non credo ne sarò in grado, i medici mi hanno bombardata di farmaci per non sentire dolore, ma per la maggior parte del tempo ero stordita o in dormiveglia.
Quando ero abbastanza lucida da stare sveglia per un paio d’ore era un susseguirsi di facce sorridenti e non, mamma, papà, Matt, Harry, Dani, i genitori di Harry, i nostri amici. Luke.
 
Con la dottoressa Cane in questi mesi abbiamo fatto un bel percorso, abbiamo dovuto affrontare tante cose, più di quante mi aspettassi: abbiamo parlato della mia famiglia, sia quella britannica che quella sudamericana, abbiamo affrontato le amicizie e la lontananza, il trasferimento, i cambiamenti e, ça va sans dire, l’amore.
Abbiamo parlato per un’intera settimana di Luke. L’abbiamo letteralmente dovuto fare dopo che il suo nome è venuto fuori in quasi tutti i contesti che abbiamo affrontato, perfino nelle feste in famiglia.
E lui, come evocato, dopo quella settimana è apparso in ospedale e non se n’è mai andato. Non come Tom Hanks in “The Terminal”, ma inesorabile giorno dopo giorno Luke era lì, a farmi coraggio, ad asciugare le mie lacrime, a farmi sorridere, a tenermi compagnia.
Credo sia lui la ragione che mi ha spinto a non mollare nonostante la prognosi sia, oggettivamente, sconsolante.
 
- Con Danilo come vanno le cose?- la domanda mi distoglie dai pensieri.
- Bene, compatibilmente con la situazione.- lontani, io in ospedale, lui a giocare male in campo.
- Si è scontrato nuovamente con Luke?- sorrido involontariamente.
- No, che mi abbiano raccontato no.
 
Mi viene da ridere ancora a pensare a Danilo che appena avvisato da mio fratello si imbarca sul primo volo, corre, si danna e la società gli concede un mese di stop e passa sulla poltroncina tutti i giorni e le notti a seguire. Poi, sciolta la riserva sulla prognosi, inizio a recuperare e lentamente la salute generale a ristabilizzarsi, a febbraio torna in Spagna e sui campi da gioco.
Ogni tanto riesce a ritagliarsi dei giorni e passare a trovarmi, per trovare ogni volta in stanza Luke.
L’ho visto stringere i denti e rimanere calmo volta dopo volta, ma settimana scorsa è finita a cazzotti in corridoio.
 
- Cosa ti ha detto a riguardo Luke?- la penna corre a scarabocchiare qualcosa sul suo blocco.
- Che comprende i pugni ricevuti, ma li avrebbe incassati più volentieri se almeno fosse riuscito a strapparmi un bacio.- lo sguardo della psicologa incontra il mio, un barlume di divertimento.
- Si fa interessante la questione. Convieni che sia ancora innamorato di te, quindi?- le sorrido annuendo – Bene. E tu cosa provi per lui?
- In che senso?
- Beh, avete condiviso tanto nella vostra vita, siete molto intimi. Non ci sarebbe niente di strano nel sentirsi trascinati verso di lui.- rimango in silenzio a riflettere sulle sue parole – Vuoi che ne parliamo domani con più calma?- annuisco.
 
È finalmente venerdì mattina, le lastre sono buone, il braccio sinistro promette bene, il primario mi sta dando via libera. Chiaro, a patto che faccia ginnastica riabilitativa.
Seduta sul letto con il borsone pronto faccio finalmente la chiamata che non vedevo l’ora di fare da mesi.
Gli squilli mi lasciano in trepidazione.
- Gatinha!- la voce entusiasta di Dani mi fa sorridere a prescindere.
- Mi dimettono!- lo sento riferire ai presenti la bella notizia e in sottofondo esclamazioni, auguri, incitamento – Sono già pronta, tra non molto dovrebbe arrivare il dottor Evans con le ultime raccomandazioni e finalmente il foglio di via.
- Vengono a prenderti vero?- alzo lo sguardo per incontrare gli occhi verdi sorridenti di Luke appena entrato dalla porta, che fa dondolare rumorosamente le chiavi della sua macchina.
- Sì, qualcuno immagino verrà.- osservo il dottor Evans dare a Luke il foglio delle dimissioni mentre lui prende la tracolla del borsone.

Sorrido.

PICCOLO SPAZIO LaNana

Eccoci di nuovo!
Lentamente ma inesorabilmente la nostra storia prende forma con un beh...un grande plot twist! Aspetto vostri commenti e insulti XD
A presto!
LaNana
 
   
 
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