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Autore: bambolinarossa98    28/07/2022    0 recensioni
[Seconda storia della serie The Chronicle's of Mafia Family.]
🌟
[Katekyo Hitman Reborn!Crossover]
Gli Anelli Vongola, gli Anelli Mare e i Ciucciotti degli Arcobaleno.
Insieme formano il Trinisette: tre gruppi di sette pietre ciascuno che, si dice, abbiano creato il mondo...

*
[...]Il suo volto era illuminato dalle fiamme che guizzavano nel recipiente di pietra a cui era appoggiato, creando ombre danzanti sul suo viso che lei riusciva a scorgere benissimo... eppure, se doveva soffermarsi sui dettagli, questi le sfuggivano. Come un sogno che si cerca di ricordare mentre quello continua a scivolare via dalla tua mente.
*
[...]Un giorno, in un futuro lontano, potresti guardarti indietro e pensare: ma io ero davvero così? E sarà strano, nostalgico, ma anche buffo e ti scapperà un sorriso perché ti renderai conto di quanto tu sia cresciuta. -
***
Un misterioso bambino venuto dall'Italia.
Uno strano ragazzo venuto dal Giappone.
Un segreto che nasce dagli albori della famiglia mafiosa più potente del mondo.
Il destino di Marinette, ereditato col sangue.
*
[Sequel di The Third Family]
Genere: Azione, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Chronicle's of Mafia Family'
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Titolo: The Lady of the Ring
Capitolo: 21. Al di là di tutto
Fandom: Katekyo Hitman Reborn - Miraculous
Numero Parole: 7.250

 
 
 
 
Colonnello partì due giorni dopo: era passato a casa di Marinette per un saluto veloce a lei e Lal e poi era sparito insieme a Falco, senza dire dove fosse diretto.
Alla ragazza fece uno strano effetto vederlo andare via, nonostante avessero passato poco tempo insieme si era affezionata al bambino e la sua partenza le mise un po' di tristezza; una parte di lei sperava di poterlo reincontrare in futuro, ma l'altra sapeva perfettamente cosa ciò avrebbe comportato. Non era ancora riuscita a trovare una serenità emotiva o anche solo a mandare giù l'intera faccenda, ma la fine degli allenamenti le aveva ridato il tempo libero e le aveva permesso di rilassarsi quanto bastava per raggiungere un proprio equilibrio: stava meglio rispetto ai giorni precedenti e riusciva a tenere a bada lo stress, anche se con l'aiuto di Radi. Ormai non si toglieva più l'anello dal dito se non per dormire tanto necessitava del suo supporto per mantenere una parvenza di sanità mentale, il che non era proprio una cosa positiva.
Aveva ripreso a fare tutto ciò che faceva prima dell'arrivo di Colonnello, eccetto uscire con le ragazze: Alya continuava a premere perché le spiegasse cosa la teneva così tanto occupata da non poter più neanche passare un pomeriggio in sua compagnia e la cosa iniziava a pesarle molto, quindi aveva deliberatamente deciso di evitarla; non poteva dirle nulla ed era chiaro che lei non credeva alle scuse che aveva racimolato fino a quel momento. Sorpendentemente, l'unica persona che sembrava aver capito quanto fosse emotivamente fragile in quel periodo era proprio Chloé che, per quanto insensibile potesse essere di norma, stava chiaramente facendo uno sforzo enorme per comprenderla. Anzi, una volta l'aveva perfino salvata dalle domande insistenti di Alya, anche se era stata abbastanza cattiva nei suoi confronti… come al solito, in effetti.
Le conseguenze di tutto quello, però, si stavano facendo sentire e ben presto Marinette si era ritrovata ad allontanarsi sempre di più dalla sua migliore amica che, ormai stanca di essere presa in giro, aveva iniziato a trattarla con più freddezza. Ma Marinette non era stupida, il messaggio era chiarissimo anche senza bisogno di esternarlo: o le diceva cosa stava accadendo in realtà o poteva definitivamente scordarsi di lei; il che non migliorava per nulla la sua situazione.
Sospirò, giocherellando con i pezzi di frutta che avrebbero dovuto essere il suo pranzo, seduta a gambe incrociate su una delle panchine del cortile: non aveva molta fame ma Lal si sarebbe arrabbiata se non avesse mangiato. A detta sua, la ragazza mangiava poco e male (per questo era così magra) quindi aveva stilato il suo programma nutrizionale in modo che ricevesse anche le giuste calorie che le dessero un peso adeguato; effettivamente, Marinette pesava meno di quanto avrebbe dovuto ma non era mai stato un problema, la differenza era poca e godeva di ottima salute, ma questo non le bastava evidentemente. Anche Colonnello aveva detto che sì, la sua struttra fisica era di base molto esile, ma per la sua altezza avrebbe dovuto avere molta più carne addosso: ciò avrebbe anche migliorato le sue prestazioni in battaglia e Reborn aveva lasciato a Lal carta bianca su quell'argomento, permettendole di fare ciò che riteneva giusto per lei.
Non è che non le piacesse ciò che prevedeva il menù, però a volte avrebbe preferito essere libera di scegliersi un pranzo o una cena da sola o anche di mangiare qualche schifezza ipocalorica; purtroppo, le era concesso di mangiare dolci solo una volta a settimana e solo in una determinata quantità.
Prese un pezzo di mela e stava per portarselo alla bocca quando il telefono iniziò a squillare, facendola sobbalzare. Cercando di riprendersi dallo spavento, lo tirò fuori dalla borsetta e rispose senza neanche leggere il numero.
- Pronto? - domandò un po' stancamente. Ci fu un lungo istante di silenzio, poi un leggero bisbiglio e infine il rumore di qualcosa di molto pesante che si abbatteva su un oggetto vicino al telefono. Udì un sordo gemito di dolore e sgranò gli occhi, non capendo cosa accidenti stesse succedendo.
- Fallo e basta! - esclamò una voce che riconobbe come quella di Reborn e la confusione aumentò ulteriormente finché un'altra voce, a lei stranamente familiare, non parlò. O meglio, biascicò.
- Ehm… salve. Parlo con Marinette? -
Lei rimase stordita per un momento, troppo disorientata per riuscire a rispondere: la voce era molto delicata, quasi femminile, ma apparteneva senza dubbio ad un ragazzo molto giovane e lei era sicura di averla già sentita prima di quel momento. Il suo accento francese era un po' alla buona e suonava decisamente a disagio e in imbarazzo, cosa che la mandò totalmente in tilt. Deglutì.
- Sì, sono io - rispose, senza riuscire a nascondere l'incertezza - Chi mi cerca? -
Il ragazzo si schiarì nervosamente la voce: - Ecco… sono Tsunayoshi Sawada, piacere di conoscerti. -
Per poco Marinette non cadde dalla panchina tanto fu lo shock e lo stupore e rimase a fissare il cortile dinnanzi a sé con un espressione inorridita sul volto: perché il Decimo Boss della Famiglia Vongola era lì al telefono con lei, proprio in quel momento, senza alcun preavviso e non aveva la più pallida idea del perché. Era la prima volta in assoluto che si parlavano e tanto fu il panico che rimase senza voce; letteralmente, non riusciva ad articolare neanche una parola. Ci fu un breve istante di silenzio, prima che il ragazzo riprendesse la parola.
- Sei ancora lì? - domandò sconcertato, non ottenendo alcuna risposta, e Marinette si riscosse con un sussulto, profondamente turbata.
- I-io… ehm… - balbettò, non riuscendo a connettere decentemente il cervello. Che pessima figura che stava facendo, dannazione! Tossì leggermente e cercò di trovare un po' di calma, con scarso successo - S-sì, sono qui. Il piacere è mio - riuscì a mormorare anche se con voce tremante.
Ci fu altro silenzio, poi il ragazzo sospirò stancamente: - Mi dispiace disturbarti, non so neanche che ore sono lì da te, però Reborn mi ha praticamente costretto a farlo quindi cercherò di farti perdere meno tempo possibile - informò e sembrava davvero sentirsi in colpa per quella telefonata improvvisa: era talmente educato e gentile, quasi imbarazzato nel parlare con lei, che Marinette dovette disintegrare tutte le idee che si era fatto di lui. Per un po' aveva creduto che fosse un adulto, il classico boss della mafia che si vede nei telefim con abito gessato, sigaro in mano e aria losca, ma quando Dino le aveva rivelato che era praticamente un suo coetaneo lo aveva immaginato più come un classico teppistello giapponese degli anni '80.
Ora, invece, sentendo la sua voce e il suo modo di porsi non aveva la più pallida idea di che cosa pensare. Era confusa, disorientata, sconvolta, totalmente nel pallone… insomma, non capiva più niente!
Questo è interessante, mormorò Radi e sembrava curioso quanto lei di vedere che tipo fosse questo Tsuna. Le sue parole la riscossero e riprese un po' di contegno.
- N-non preoccuparti, sono in pausa pranzo a scuola, quindi ho del tempo libero - rispose, rassicurata dalla presenza di Radi dentro di sé - Dimmi pure. -
- Oh, bene - esclamò lui, sollevato, e sembrò ritrovare un po' di tranquillità - Anche se non so esattamente come dirtelo, a dire il vero… - ammise nervosamente.
- Diglielo e basta, Tsuna. Non ha tutto il giorno - lo riprese Reborn da poco lontano e il suo tono era molto più duro di tutte le volte in cui lo aveva sentito parlare in sua presenza.
- S-sì, sì, lo sto facendo - rispose lui, frettolosamente, e alla ragazza non piacque quella faccenda: qualunque cosa dovesse dirle era importante, altrimenti non l'avrebbe chiamata proprio lui personalmente, e di sicuro non era niente di buono. Strinse il box di plastica nella mano libera e si preparò a ricevere l'ennesima batosta emotiva (perché solo di quello poteva trattarsi). - Ecco, non so se Dino-sa… cioè, Dino te lo ha accennato, ma Reborn aveva deciso di portarmi lì a Parigi per conoscerti entro la fine del mese e ora ha scelto una data. Volevamo avvisarti per non piombarti sulla porta di casa all'improvviso. -
A Marinette si ghiacciò fino all'ultima goccia di sangue che aveva in corpo e lo stomaco le si strinse dolorosamente, tuttavia non riuscì a proferire neanche un suono, tanto era sconvolta: Reborn aveva deciso di venire lì con Tsuna entro la fine del mese e nessuno le aveva detto niente. Ora capiva perché si comportavano in modo strano e quale fosse la decisione di cui parlavano Lal e Colonnello, eppure le avevano taciuto tutto. DI NUOVO.
Allo shock della notizia si aggiunse anche la rabbia per essere stata tenuta allo scuro della faccenda e dovette stringere i denti per non mettersi a ringhiare. Ignaro del fatto che la ragazza ormai stesse tremando di collera, Tsuna continuò a parlare.
- Saremo lì il 27, verso… le 11? - domandò poi e Reborn sospirò con rassegnazione.
- Mezzogiorno - lo corresse - Faremo un paio di scali. -
- Ah, giusto. Quindi arriveremo proprio all'ora di pranzo, non è maleducato? - chiese preoccupato e Radi si lasciò andare ad una mezza risata.
Più parla e più ci capisco meno di lui, ammise divertito, Sarà davvero interessante conoscerlo.
Se Marinette non fosse stata così infuriata gli avrebbe dato ragione, ma in quel momento aveva ben altri pensieri per la testa, come lanciare un oggetto molto grande e affilato in faccia a Dino il prima possibile.
- Non preoccuparti di questo, pensa solo a fare le valigie - tagliò corto Reborn.
- Ah… se lo dici tu - acconsentì lui, ma era chiaro che avesse ancora dei dubbi a riguardo quando tornò a rivolgersi a lei. - Spero che non sia un problema, non so se hai altri impegni per quel giorno e non vorrei crearti disagi - si premurò di chiedere e, se fino a quel momento Marinette era stata incollerita, dopo aver sentito quelle parole così gentili si sentì svuotata di tutte le emozioni negative che l'avevano invasa e anche di un bel po' delle sue energie. Gli occhi le pizzicarono e dovette mordersi il labbro per non lasciarsi sfuggire un sospiro tremulo: non aveva mai incontrato quel ragazzo, né gli aveva mai neanche parlato prima di allora, eppure era l'unico che si stava preoccupando sinceramente di lei, della sua vita privata e delle sue priorità. Fino a quel momento, le avevano praticamente imposto di mettere in secondo piano tutto ciò che non riguardava i Vongola (Miraculous a parte, ma solo perché causa di forza maggiore), costringendola a rinunciare persino alla sua vita sociale e ai suoi hobby… mentre la prima cosa di cui Tsuna si era voluto assicurare era che il suo arrivo non cozzasse con le sue attività personali.
Proprio lui, il candidato Boss della famiglia, che aveva tutto il diritto di pretendere che lei annullasse ogni altro impegno per incontrarlo essendo letteralmente il suo capo (almeno per il momento). E Marinette capì che era questo ciò di cui aveva bisogno: qualcuno che non la trattasse come una pedina da istruire, ma come una persona in tutta la sua interezza da rispettare in quanto tale. Sbatté le palpebre un paio di volte, cercando di trattenere le lacrime, e scosse il capo incurante che lui non potesse vederla.
- No, nessun problema - mormorò e si rese conto troppo tardi di quanta dolcezza avesse messo nella voce, ma non le importò - Sarà un piacere incontrati di persona. -
Tsuna ridacchiò con evidente imbarazzo: - Il piacere sarà mio, Dino non fa altro che tessere le tue lodi quando chiama. -
La voglia di percuotere il ragazzo con un oggetto contundente tornò a farsi spazio dentro di lei e strinse gli occhi con stizza: Dino avrebbe dovuto imparare a tacere con gli altri come faceva con lei, una buona volta. - Dino esagera - rispose a denti stretti e non voleva neanche sapere cosa gli avesse detto.
- Non essere modesta, Marinette, Dino dice solo la verità - la riprese Reborn e la ragazza sentì una piccola fitta di astio anche nei suoi confronti.
- La tua fama ti precede, a quanto pare - scherzò Tsuna, che sembrava molto più a suo agio rispetto a poco prima - Spero di non rimanere deluso. -
L'umore di Marinette precipitò nuovamente e l'ansia le strinse le viscere: nonostante stesse chiaramente scherzando, non riuscì a non prendere seriamente le sue parole. Deluderlo era ciò che non avrebbe dovuto assolutamente fare… o meglio, era ciò che gli altri si aspettavano che non facesse, e quel carico di stress aggiuntivo era l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
- Lo spero anche io - mormorò.
- Ah, ma sto divagando, scusa - sussultò il ragazzo - Non volevo farti perdere tempo. -
Marinette inspirò a fondo: - Tranquillo, nessun problema. -
- Allora… ci vediamo il 27. -
- Certo. Vi aspetto qui. -
- Beh, allora, buona giornata… insomma, ciao! - salutò, tradendo un leggero nervosismo nella voce.
- Ciao. -
Dopo che Tsuna ebbe riagganciato, lei rimase seduta sulla panchina per un lunghissimo minuto elaborando tutte le informazioni appena ricevute. L'ansia e il panico vennero presto sostituiti da rabbia e rancore e decise che non le importava più niente neanche della scuola: in quel momento, voleva solo picchiare Dino. Ne aveva bisogno, per il bene della sua sanità mentale.
Saltò giù dalla panchina e chiuse il box del pranzo, marciando verso la classe: ficcò tutte le sue cose nello zaino, ignorò qualunque domanda le aveva posto Nino e schizzò di nuovo giù dalle scale. Tanto poteva uscire quando voleva, quindi non doveva dare conto a nessuno, e per tutto il tragitto fino a casa non fece altro che pensare ai modi in cui avrebbe potuto malmenare Dino.
C'era un vaso, vicino alla porta d'ingresso, abbastanza grande da fare male ma non troppo per ferire gravemente. Sì, era perfetto.
Oppure un ombrello o il portaombrelli stesso… no, troppo pesante, non sarebbe riuscita ad alzarlo figuriamoci lanciarlo.
Sarebbe potuta passare in negozio a prendere un mattarello. Sì, le piaceva quell'idea. Ma Tom non le avrebbe mai permesso di usare uno dei suoi attrezzi per percuotere qualcuno.
L'indecisione aumentò la sua frustrazione e ormai ribolliva di rabbia quando spalancò la porta del negozio, incurante di chi potesse esserci dentro. Sabine sussultò quando la sentì entrare ed entrambi i suoi genitori sgranarono gli occhi nel vederla rientrare così presto, senza preavviso e livida in volto.
- Tesoro, che succede? - le chiese la donna ma tutto ciò che ottenne in risposta fu un ringhio feroce mentre la ragazza spariva nella porta sul retro e saliva le scale a grandi passi.
- Marinette? -
Ignorò il richiamo di suo padre e salì i gradini a due a due, respingendo in malo modo il tentativo di Radi di calmarla, incurante che i suoi genitori, ormai preoccupati, la stessero seguendo. Da una parte apprezzava il loro interesse e la loro premura nei suoi confronti, dall'altra avrebbe preferito che non fossero presenti quando avrebbe scaricato la sua ira su Dino. Tirò fuori le chiavi dalla borsetta e aprì la porta di casa con violenza, facendo sussultare tutti i presenti. Inquadrò subito il ragazzo seduto sul divano proprio davanti a lei, a darle le spalle, e soffiò dalle narici come un toro infuriato.
Un attimo dopo si era fiondata si di lui, gettandogli lo zaino addosso e colpendolo dritto sull'addome.
- Ah! Ehi! - si lamentò lui, alzando lo sguardo sulla ragazza evidentemente confuso e sconvolto, ma ammutolì quando si ritrovò davanti il suo volto incazzato.
- Lo sai chi mi ha appena chiamato?! - sbraitò e non attese neanche che lui metabolizzasse la domanda per continuare - Tsuna! -
Vide distintamente il suo volto impallidire e i suoi occhi sgranarsi dallo stupore dinnanzi a quella notizia di cui lui, evidentemente, non era al corrente.
- Cosa? - domandarono in coro Bianchi e Squalo dalla cucina, stupiti quanto lui.
- Già! - sputò Marinette, tremando talmente era fuori di sé - Ha voluto gentilmente avvertirmi che lui e Reborn verranno qui il 27! -
- Cosa?! - stavolta l'esclamazione era arrivata da Tom e Sabine, che osservavano la scena inorriditi fermi sulla porta.
- Tu sapevi che avevano intenzione di venire qui entro la fine del mese ma, ovviamente, non hai voluto dirmi niente! - quasi urlò e lo vide ritrarsi un po' nella poltrona - Certo, nessuno di voi mi dice mai niente, e perché dovreste? Sono solo cose che mi riguardano personalmente! - nonostante fosse incazzatissima non riuscì a trattenersi dal fare dell'acido sarcasmo e Radi rinunciò totalmente a tentare di calmarla, ritirandosi dalla sua mente con la coda tra le gambe.
Bianchi si fece avanti, cercando di spiegarsi, anche se era evidentemente turbata - Marinette, ascolta… -
Ma la ragazza ne aveva le ovaie piene: ormai aveva raggiunto il limite e non avrebbe sopportato nient'altro da nessuno, ne andava della sua salute, della sua vita e della sua sanità mentale. Era stanca e stressata e si stava distruggendo per qualcosa con cui non voleva avere niente a che fare. - Oh, andate al diavolo! - sbottò, girando i tacchi e sparendo in camera sua sbattendosi la botola alle spalle. Si sedette sulla chaise-longue, ancora tremante, e dovette fare lunghi respiri profondi per calmarsi.
Non ne poteva più di andare avanti in quel modo e il cellulare che le vibrò nella borsetta non fece che aumentare il suo nervosismo; lo afferrò, tentata dal lanciarlo contro la parete, ma quando lesse il nome sullo schermo la rabbia tornò a travolgerla: Alya. Dopo averla tartassata, stressata e snobbata ora si permetteva pure di chiamarla? Aveva una bella faccia tosta.
- Che vuoi? - rispose a denti stretti senza preoccuparsi minimamente di risultare brusca.
La ragazza rimase in silenzio per qualche istante, infine pigolò uno sconcertato: - Ehm… volevo solo sapere perché te ne sei andata prima della fine delle lezioni. -
Marinette strinse il telefono tra le mani fino a farsi male e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: - Oh, adesso ti preoccupi per me? - sputò acidamente e la sentì sussultare - Perché negli ultimi giorni mi è sembrato che ti interessasse solo ficcare il naso nei fatti miei, senza tenere conto di come potessi sentirmi o anche solo di rispettare la mia privacy! -
Ci fu un gelido mutismo da parte sua che la fece incazzare ancora di più e quando, dopo qualche istante, Alya balbettò un disorientato "I-io…" perse completamente la testa: aveva sopportato tutto, anche essere trattata come la peggiore delle traditrici da quella che considerava la sua migliore amica, ma c'era un limite e Marinette aveva superato il suo da un pezzo. - Oh, va' al diavolo anche tu! - e le chiuse il telefono in faccia, gettandolo sul tappeto.
Non voleva vedere e sentire più nessuno, tanto non c'era davvero qualcuno di cui potesse fidarsi o che davvero si preoccupasse per lei, nemmeno Squalo avrebbe potuto aiutarla in quel momento: per quanto fosse sincero e affidabile, non poteva esserle di alcun supporto vista la sua quasi inesistente sensibilità emotiva.
Era sola. Completamente.
 
 
 
C'erano un sacco di cose che gli studenti della scuola Dupont potevano dire di aver visto nella loro seppur breve esistenza, compresi super cattivi ed eroi dai magici poteri, eppure Chloé Bourgeois che prendeva le parti di Marinette Dupian-Cheng era uno spettacolo più unico che raro. E il fatto che lo stesse facendo con quella che, teoricamente, era la sua migliore amica sarebbe bastato a far venire un infarto ai più deboli di cuore.
- Ti rendi che mi ha mandato al diavolo?! - sbottò la ragazza, ancora sconvolta dalla recente conversazione.
- E te ne stupisci? - sbraitò l'altra, incredula - Hai passato l'ultima settimana a tartassarla di domande a cui lei chiaramente non vuole rispondere! Ma che cavolo, persino io che sono quasi totalmente insensibile ho capito che quella poveretta sta passando un periodaccio e l'ultima cosa che vuole è essere stressata da qualcuno che vuole solo ficcanasare nella sua vita privata! -
Si alzò un coro di "Uuuh" dai presenti e Alya non poté fare altro che incassare il colpo.
- Io… io voglio solo sapere che succede, se ne parlasse si sentirebbe meglio. -
- Ma lei non vuole parlarne! - ripeté Chloé, ormai spazientita - E non tirarmi fuori la storiella che sei preoccupata per lei, perché se davvero lo fossi le saresti stata accanto e basta, invece l'hai persino snobbata negli ultimi giorni! - ricordò e il disprezzo nella sua voce era palese - Ha fatto più che bene a mandarti al diavolo. -
Prima che Alya potesse rispondere, Nino uscì dalla folla e si accostò a Chloé: - A questo giro, sono dalla sua parte - ammise schiettamente - Hai esagerato, Alya, e non è la prima volta che lo fai: questa tua "curiosità"… -
- Mania di voler sapere sempre tutto di tutti - lo corresse acidamente la bionda ma lui preferì non replicare a quello.
- …a volte ti rende insopportabile. -
Alya sgranò gli occhi: - Questo non è vero! -
- Lo è eccome! - s'intromise Alix - Mi hai fatto il terzo grado per quattro giorni affinché ti dicessi della festa a sorpresa che stavamo preparando per mio fratello. -
- E mi sei stata addosso quasi una settimana per scoprire la trama del mio nuovo fumetto - continuò Nathaniel.
- Per non parlare di quando mi tartassavi di messaggi per avere informazioni sul nuovo programma a cui stavo lavorando - rincarò Max.
- Ok, forse un po' più di "a volte" - si corresse Nino, evidentemente preoccupato da quelle rivelazioni - Il punto è che ti sei comportata male con Marinette e il minimo che tu possa fare è scusarti. -
- L'hai stressata così tanto da mandarla allo sfinimento - l'accusò Rose - E' normale che ad una certa abbia perso la pazienza! -
Alya incassò tutte quelle accuse in silenzio e si rese conto che sì, aveva esagerato, non preoccupandosi minimamente di come si sentisse Marinette troppo occupata a soddisfare la propria sete di notizie: a volte la giornalista che era lei prendeva il sopravvento e non sempre se ne accorgeva per tempo. Abbassò lo sguardo, sentendosi d'un tratto incredibilmente in colpa, e sospirò.
- Mi dispiace… - mormorò - Non ho mai pensato di essere snervante con il mio comportamento. -
- Direi molto più di "snervante" - commentò Kim ricevendo una gomitata in una costola da Alix.
Nino sospirò, desideroso solo di mettere fine a quella deprimente faccenda - Per il momento è meglio lasciarla sola, avrà sicuramente i suoi problemi di cui occuparsi - constatò - Ma cerca di riaggiustare le cose, sono sicuro che anche lei sente la tua mancanza. E smettila di fare domande, ne parlerà quando se la sentirà. -
Chloé si esibì in uno "Tsk" sbeffeggiatorio: - Come se bastassero delle scuse a riparare il danno - sbottò - Spera solo che ci voglia ancora parlare con te, dopo questo - e senza aspettare una risposta, girò sui tacchi e uscì dalla classe. Non credeva che un giorno sarebbe arrivata addirittura a prendere le difese di Marinette o provare empatia nei suoi confronti, ma il modo in cui le aveva parlato dopo la sua seconda akumizzazione e i discorsi di Nino l'avevano convinta a dare una possibilità ad una loro possibile "conoscenza". Non si poteva ancora parlare di amicizia, ma non le dispiaceva la piega che stava prendendo la faccenda: avevano scoperto di avere molte più cose in comune di quanto credessero e il deleterio senso di responsabilità di Marinette era quasi contagioso, spingendola a fare cose che prima credeva fuori discussione.
Non voleva cambiare per lei, e di sicuro non stava cambiando grazie a lei, ma qualcosa si era smosso dentro di sé e scalpitava ferocemente reclamando attenzioni, qualcosa a cui non era ancora riuscita a dare un nome o una forma; qualunque cosa fosse, forse poteva prendere in considerazione l'idea di ascoltarlo anche solo per sentire cosa aveva da dire.
 
 
 
La botola che portava al terrazzo si aprì con un cigolio e la testa di Squalo sbucò con circospezione dal pavimento, ma Marinette non ci fece caso, troppo impegnata a fissare il cielo nero con sguardo vacuo: non sapeva che ore fossero e non le importava, anche se aveva sbollito un po' di rabbia era ancora frustrata e offesa e intendeva restare ferma sulla sua posizione.
- Sei rimasta qui tutto il giorno? - domandò il ragazzo, scorgendola sulla sedia a sdraio - Guarda che siamo ancora in inverno, ti verrà qualcosa - le ricordò e, sorprendetemente, era calmo. Non incazzato, mezzo incazzato o un po' incazzato… semplicemente calmo, come una persona normale. Era molto raro vederlo in quel modo e, nonostante tutto, la ragazza non poté fare a meno di stupirsene.
- Che vuoi? - chiese, senza girarci intorno: Squalo era un tipo pratico, giocare ai convenevoli con lui era inutile e lo avrebbe solo innervosito.
- Sapere come stai, mi sembra ovvio - rispose secco, quasi fosse una domanda stupida, avvicinandosi cautamente.
- Non credevo ti importasse - ed era sincera, era davvero convinta che a lui non importasse un bel niente di lei. D'altronde, a Squalo sembrava non importare di niente e di nessuno, quindi perché lei avrebbe dovuto fare eccezione?
- Certo che mi importa, altrimenti non sarei qui ora - sbottò ed era davvero offeso dalla sua insinuazione - VOOI! Credi che avrei lasciato il mio lavoro per settimane intere per fare da babysitter ad una mocciosa qualunque? - rincarò, incrociando le braccia al petto, iniziando ad incazzarsi. La ragazza alzò lo sguardo su di lui e, per una volta, non c'era alcuna emozione sul suo volto, solo tanta stanchezza.
- Non lo so - rispose - Non so neanche perché sei qui. -
Squalo, preso in contropiede da quell'affermazione, distolse lo sguardo evidentemente a disagio: - Te l'ho detto… - ricordò e, dopo qualche istante di esitazione, mormorò un appena udibile - …mi mancavi. -
Marinette si rese conto che forse avrebbe potuto cedere, un pochino, e sciogliere leggermente il suo broncio… ma solo un po'.
- E' questo ciò che hai detto per farti rimandare qui? - le uscì spontaneamente prima che potesse anche solo rendersene conto e non aveva neanche idea di come facesse a saperlo: lui non aveva mai detto in quali circostanze fosse tornato in Francia e lei non gliel'aveva mai chiesto, ma nel momento in cui avevano aperto il discorso si era accorta di sapere esattamente cosa fosse accaduto. Era una sensazione strana e un po' disturbante e, si capiva benissimo, anche Squalo aveva avuto la stessa reazione: non c'era una spiegazione logica a quel fenomeno, lei lo sapeva e basta.
Dopo un attimo di teso silenzio, il ragazzo si strinse nelle spalle con evidente disagio: - Questo… non è di questo che sono venuto a parlare. -
- Lo so di cosa sei venuto a parlare - lo interruppe lei - E non mi interessa. -
- Oh, andiamo, non farmi difendere quell'idiota! - sbottò lui, disgustato alla sola idea - Ma non è tutta colpa sua, lo sai che il marmocchio fa sempre il cazzo che gli pare. -
Il suo tentativo di sistemare le cose era decisamente goffo eppure Marinette sapeva che era vero ciò che diceva, tuttavia non intendeva sottostare un minuto di più a quella situazione: era stanca, sia fisicamente che psicologicamente, e in quel momento tutto ciò che voleva era estraniarsi da tutto quanto e ritrovare un almeno tollerabile equilibrio emotivo.
- E anche se non ti interessa, c'è dell'altro che dovresti sapere - continuò lui, ignorando il suo silenzio. Marinette strinse gli occhi, sfinita: non avrebbe mai avuto pace.
- E cosa? -
Squalo esitò per qualche istante infine sospirò: - E' meglio se te lo fai dire da Dino - ed era chiaro, dal suo tono, che non era niente di buono.
- Non promette per niente bene - ammise. - E non sono sicura di volero sapere. -
Squalo fece una piccola smorfia, facendo scivolare lo sguardo sul balcone semibuio prima di sospirare: - Non ti biasimo ma è meglio che tu lo sappia ora, credimi - borbottò. Marinette non rispose, sentendo già l'ansia e la preoccupazione crescere, e Squalo indugiò per un istante prima di sedersi sulla sdraio accanto a lei. - Senti, mi dispiace per quello che stai passando - disse e sembrava davvero sincero, cosa che la stupì non poco - Immagino avessi altri progetti per il futuro. -
Marinette strinse le labbra e pensò ai vari album da disegno che teneva nel cassetto della scrivania, con le pagine piene di vestiti e accessori: era così felice quando disegnava, fantasticando già di sfilate di mode e atelier che portavano il suo nome, e abbassò lo sguardo sulle proprie mani, guardando i piccoli calli che si era fatta sulle dita a furia di cucire; gli occhi pizzicarono nuovamente: era il suo sogno fin da quando era bambina e ora doveva buttarlo via perché altri avevano deciso così.
Deglutì e ricacciò indietro le lacrima a forza: - Pensavo di iscrivermi all'accademia di design della moda e diventare una stilista… non prepararmi per entrare nella mafia - ammise amaramente.
Ci fu un lungo istante di silenzio nel quale Squalo fissò le mattonelle del balcone con aria assente e, proprio quando Marinette credette che la conversazione fosse finita, lui parlò: - Neanche io volevo farmi coinvolgere dalla mafia - ammise d'un tratto, facendola voltare di scatto verso di lui ad occhi sgranati - Per questo ho lasciato la scuola privata: mio padre gestiva una piccola famiglia alleata dei Vongola e voleva che un giorno prendessi il suo posto, ma a me non interessava. -
La ragazza rimase in silenzio, confusa e stupita da quell'improvvisa confessione: Squalo era sempre riservato sulle sue questioni personali, era la prima volta che parlava della sua famiglia o del suo passato in generale. Quel poco che sapeva su di lui lo aveva appreso da Dino ma neanche lui si era sbilanciato troppo e lei non sapeva come reagire.
Ma Squalo non sembrava aspettarsi una risposta e continuò: - Ho sempre avuto la passione per la scherma e volevo concentrarmi solo su quella, quindi un giorno ho preso e sono partito. Ho viaggiato per circa un anno e mezzo intorno al mondo, cercando tutti i maestri della spada più forti e imparando gli stili di combattimento in cui m'imbattevo - raccontò, totalmente immerso nei suoi ricordi, e Marinette quasi smise di respirare per paura di interromperlo - A quell'epoca non avevo preso una decisione definitiva su ciò che avrei voluto fare dopo, forse mi è venuta una mezza idea di aprire una scuola e prendere qualche allievo una volta perfezionata la mia tecnica, ma poi i Varia vollero reclutarmi e da quel momento fu tutto in discesa. -
Squalo fece una pausa e Marinette attese, senza riuscire a staccare gli occhi dalla sua figura, trepidante di sapere il resto. Perché c'era sicuramente qualcosa che l'avevo spinto ad accettare quella richiesta se da principio non voleva avere niente a che fare con la mafia.
Quando il silenzio divenne insopportabile, non riuscì a trattenersi - E perché accettasti? - domandò cautamente, sperando di non distruggere il momento creato. Lui sembrò risvegliarsi da un pensiero profondo e si voltò verso di lei.
- Per Tyr - rispose come se fosse ovvio. Marinette sbatté le palpebre un paio di volte, confusa.
- Chi? -
- L'Imperatore della Spada - continuò lui e solo in quel momento lei ricordò che lui lo aveva già nominato una volta, subito dopo il loro primo incontro: era lo spadaccino a cui mancava una mano il cui stile di combattimento aveva spinto Squalo a mozzarsi la propria. - Era il Boss dei Varia. Quando l'ho saputo ho pensato di approfittarne e ho accettato di entrare nella squadra solo se avessi potuto battermi con lui.
Il resto è storia. -
Marinette metabolizzò tutte quelle informazioni più velocemente di quanto avesse mai fatto con qualunque altra cosa e la consapevolezza di ciò che Squalo stava cercando di dirle le strinse il cuore in una morsa ferrea. - Sconfiggendo l'Imperatore della Spada hai guadagnato il suo titolo, giusto? - domandò a bassa voce e lui annuì.
- Già. -
- E in quell'occasione hai anche perfezionato la tua tecnica. -
- Sì. -
- Quindi… avevi ottenuto ciò che volevi. -
Questa volta, il ragazzo ci mise un po' a rispondere - …sì. -
Le salì un groppo in gola: - Ma non era abbastanza. -
Squalo abbassò di nuovo lo sguardo: - No - sospirò stancamente e ci fu qualcosa, sul suo viso, che sapeva molto di rimpianto - Passi metà della tua vita a volere disperatamente qualcosa e una volta che l'hai ottenuta ti rendi conto di avere finito. Non avevo più nulla da fare se non completare gli incarichi che mi venivano affidati e neanche l'idea di diventare Boss dei Varia era appagante: non era il mio obbiettivo, non era ciò che volevo, ma ormai ero lì e non potevo più tirarmi indietro.
Poi ho conosciuto Xanxus ed è stato come… -
- …se avessi trovato un nuovo scopo nella vita - concluse lei in un mormorio e il nodo che aveva in gola si fece più stretto.
Squalo strinse le labbra per un istante: - Sì - mormorò - Farlo diventare Boss dei Vongola era il mio nuovo obbiettivo e, anche dopo averlo fallito la prima volta, restava sempre quello. Sapere che un giorno sarebbe uscito dal ghiaccio e si sarebbe preso quella poltrona era l'unica cosa che mi ha fatto andare avanti in questi otto anni, l'unica cosa che mi ha fatto sopportare un ruolo che neanche volevo, e ora che è apparso quel ragazzino… - non finì la frase ma Marinette vide un lampo nei suoi occhi che le gelò il sangue nelle vene: non era semplice rabbia ma qualcosa di molto più profondo e personale, qualcosa più simile a odio e rancore e non verso Tsuna (che aveva spodestato Xanxus) o verso Yamamoto (che lo aveva sconfitto in battaglia) ma verso sé stesso, per non essere riuscito a portare a termine il suo obbiettivo, per aver fallito l'unica cosa che gli aveva donato la forza di vivere un giorno di più. Squalo inspirò e drizzò la schiena: - Però, se quel giorno non avessi accettato, avrei perso tutto ciò che ho fatto in questi anni. Non so se si possa sentire la mancanza di qualcosa che non si ha mai avuto, ma se potessi tornare indietro rifarei le stesse scelte. -
E Marinette si chiese spontaneamente cosa sarebbe successo se non avesse mai ricevuto il Miraculous né l'anello: aveva vissuto esperienze educative nelle vesti di Ladybug che l'avevano aiutata a crescere e grazie a quella storia della mafia aveva conosciuto Radi, scoperto un pezzo di storia della sua famiglia, incontrato Lal, Dino, Bianchi, Squalo, Colonnello… se fosse andata avanti con la propria vita, se avesse perseguito e raggiunto i suoi obbiettivi, si sarebbe sentita appagata o avrebbe provato un senso di vuoto perenne? Avrebbe trovato il modo di rendere utile la sua esistenza?
Non lo sapeva ma di una cosa era certa: le sarebbero mancate quelle esperienze e anche le persone che aveva conosciuto, ma non era ancora sicura di voler andare avanti. Provava sentimenti contrastanti in quel momento ed iniziava a sentirsi confusa.
- A proposito - esclamò lui d'un tratto, infilandosi una mano in tasca e tirando fuori una scatolina di velluto nero. - Ti ho preso una cosa mentre ero in Italia ma non ho trovato il momento adatto per dartelo quindi… beh, tieni - borbottò ficcandoglielo praticamente in mano.
Ancora immersa nei propri pensieri, Marinette sussultò presa alla sprovvista da quel repentino cambio di argomento e guardò allucinata il pacchetto nella propria mano: Squalo non le aveva mai fatto un regalo (a meno che la colazione che le aveva offerto al bar la settimana prima si potesse considerare tale) e dire che fosse sorpresa era un eufemismo. Il motivo le sfuggiva ma glielo aveva preso mentre era in Italia quindi, in un certo senso, aveva pensato a lei quando era lì; se ne rese conto con un po' di imbarazzo ma lo trovò anche incredibilmente tenero.
- Ehm… grazie - mormorò, rigirandolo per poterlo aprire nel verso giusto: per un attimo aveva temuto di trovarci un gioiello o comunque qualcosa di molto costoso e se c'era una cosa in cui Marinette faceva schifo era accettare regali importanti, si sentiva a disagio e in colpa nel sapere che qualcuno aveva speso molti soldi solo per lei. Invece, con sua sorpresa, ciò che si ritrovò davanti fu un braccialetto d'argento intrecciato a dei fili di tessuto azzurri, con uno grande charm a forma di delfino azzurro sul dorsoe e bianco sul torace. Era davvero carino, sebbene l'azzurro non rientrasse nella top cinque dei suoi colori preferiti, e un tenero sorriso le incurvò le labbra.
- E' adorabile - mormorò - Ma perché un delfino? -
Squalò sobbalzò e si voltò verso di lei ad occhi sgranati: - Ma quale delfino? E' uno squalo! - sbottò. Marinette sussultò e avvicinò il gioiello alla fonte di luce più vicina: guardandolo meglio aveva ragione, era proprio uno squalo, si vedevano i denti minuscoli e la branchie. - Ah, è vero - constatò imbarazzata. La domanda, però, persisteva: perché uno squalo?
- Un delfino… bah - borbottò lui che, per qualche ragione, sembrava essersela presa sul serio.
- Scusa. E' buio - cercò di giustificarsi lei - Però grazie, lo apprezzo molto - ammise dolcemente, sentendosi sciogliere dinnanzi a quel gesto: era la cosa più carina che Squalo potesse farle e sapere che aveva avuto un pensiero del genere per lei le invase il petto di un piacevole calore, soffocando momentaneamente i sentimenti negativi che provava.
Nonostante la poca visibilità, Marinette riuscì a vedere distintamente le guance del ragazzo tingersi leggermente di rosa e decise di imprimersi quell'immagine nella mente poiché, quasi sicuramente, non le sarebbe capitato mai più di vederlo in quel modo. Squalo tossì leggermente e si alzò in piedi, provando in tutti i modi a dissimulare il proprio imbarazzo.
- Beh, ho detto a Dino che ti avrei portato di sotto - informò evitando il suo sguardo e, nonostante la visione la intenerisse e divertisse al tempo stesso, una piccola fitta le colpì lo stomaco. Già, c'era ancora dell'altro che doveva sentire e se da una parte non aveva intenzione di ascoltare una parola di più su quella faccenda, dall'altra sentiva il bisogno di sapere cosa stava accadendo (o cosa sarebbe accaduto). Rimuginò per un lungo minuto, infine espirò con rassegnazione e si alzò in piedi, richiudendo la scatola; non sperava neanche più che non fosse nulla di toppo grave, voleva solo togliersi quel pensiero, e il momento appena vissuto l'aveva rilassata un po'.
Scese le scale in silenzio seguendo la scia di Squalo, poggiando il pacchetto sulla chaise-longue mentre vi passava accanto, e arrivò in salotto dove Dino, Bianchi e Lal li aspettavano seduti sul divano, tesi come delle corde di violino; persino la bambina sembrava turbata dalla reazione che lei aveva avuto quella mattina ed era chiaro che ne temessero un'altra simile. Marinette non disse nulla, incrociò le braccia al petto e attese quella che sperava fosse l'ultima batosta della giornata.
- Ok, senti - iniziò Dino, alzandosi, cercando di mantenere una calma che era palese non avesse davvero - Mi dispiace di non averti detto nulla ma Reborn voleva che ti informassimo solo quando avrebbe avuto una data precisa, non avevamo idea che ti avrebbe fatto chiamare direttamente da Tsuna - ammise con un evidente nota di disperazione nella voce, facendo trapelare tutti i sensi di colpa che provava e a Marinette un po' dispiacque di avergli lanciato lo zaino addosso.
Ma solo un po'.
- E a proposito di questo… - il ragazzo esitò, come se stesse valutando seriamente se fosse il caso di dirglielo oppure no, infine sospirò. - Tsuna non verrà qui solo per conoscerti ma anche per presenziare alle prove dei Guardiani - informò - Reborn li farà arrivare dal Giappone il mese prossimo. -
Marinette non aveva avuto alcuna aspettativa riguardo l' "altro" che doveva sapere ma mai parole furono tanto devastanti. Aveva già conosciuto alcuni dei Guardiani di Tsuna, anche se aveva scambiato con loro solo qualche parola, e (eccetto il fratello di Bianchi) erano stati molto gentili nei suoi confronti; ciò che leggeva quotidianamente nella chat della Vongola Famiglia era abbastanza preoccupante, certo, e faceva sembrare tutti degli schizzati con seri problemi emotivi però non la preoccupava doverli incontrare quanto doversi sottoporre alle loro prove di cui, tutt'ora, ignorava completamente le dinamiche.
Era solo un'altra fonte di stress che, aggiunta alla già lunga lista, era decisamente troppo da sopportare.
- E sappi che nessuno di noi era d'accordo con questa decisione - aggiunse Bianchi - Ma Reborn non ha voluto sentire ragioni. -
Saperlo non aiutava neanche un po' a digerire la faccenda ma riuscì a percepire distintamente tutto il disappunto della donna e la disperazione di Dino che la guardava con occhi supplicanti. Non era colpa loro, stavano solo eseguendo degli ordini, ma Marinette non poteva prendersela con Reborn in persona non essendo lì e si vergognò di essersi sfogata su di lui.
- Il problema è che non sappiamo quando arriverrano i ragazzi né in cosa consistono le prove - continuò Dino che sembrava intenzionato a sputare tutti i rospi che aveva in gola pur di farsi perdonare - E Reborn vuole restare qui con Tsuna, quindi dovremo trovare una sistemazione per entrambi. -
Marinette si sbagliava, poteva andare peggio eccome!
- Aspetta… qui? In casa? Tutti e due?! - sbottò incredula: dovevano letteralmente smontare il salotto ogni sera per far dormire Squalo, trovare posto per altre due persone era praticamente impossibile! - E dove? A mapalena ci abbiamo fatto entrare voi. -
- Lo sappiamo - rispose Bianchi.
- Ma di fatto è Reborn il tuo insegnante quindi deve stare vicino ad entrambi - s'intromise Lal - O viene lui qui o ti trasferisci tu alla villa, non abbiamo alternative. -
- Troveremo una soluzione, non devi preoccuparti - continuò Dino.
- Non sono preoccupata, Dino - lo interruppe lei, allo stremo - Sono solo stanca. -
E, senza aspettare oltre, si voltò ritornando nuovamente al piano di sopra. Si sedette sulla chaise-longue con un sospiro e guardò il pacchetto di velluto accanto a sé: ne aveva passate di cotte e di crude solo in quegli ultimi due mesi e il peggio doveva ancora arrivare eppure, guardando quella scatolina, non riuscì a trattenere un fremito. Qualunque cosa avrebbe dovuto affrontare non era costretta a farlo da sola e per quanto a volte potessero risultare un po' esasperanti, i ragazzi c'erano sempre per lei: erano lì al suo fianco, l'aiutavano e la supportavano come meglio potevano regalandole momenti ed esperienze che si sarebbe portata nel cuore per sempre, indipendentemente da come sarebbe finita quella storia.
Accarezzò il pacchetto di velluto e un sorriso agrodolce le increspò il viso: al di là di tutto, si rese conto che se avesse potuto tornare indietro nel tempo avrebbe rifatto le stesse identiche cose per arrivare a quel momento.
 
 
 
 
 

Angolino autrice:
Non credo di aver mai sfornato così tanti capitoli in così poco tempo ma ci avviciniamo al momento clou e sono emozionata. Non vedo l'ora di far apparire Tsuna e tutti gli altri e ho già tantissime scene in mente che fremo dalla voglia di scrivere, potrei esplodere dall'impazienza!
Ma mi ricompongo… per ora.
Ringrazio ancora una volta chiunque segua la storia, i lettori silenziosi e coloro che decidono di lasciare una recensione: sono passati cinque anni da quando ho pubblicato il primo capitolo e, tra alti e bassi, sono riuscita ad arrivare fin qui anche grazie a voi; spero di riuscire a mantenere questa costanza fino alla fine e non deludere più nessuno (me stessa in primis).
Un bacio!
   
 
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