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Autore: moira78    29/07/2022    6 recensioni
Una raccolta di missing moments in ordine cronologico, che ripercorrono momenti del manga e del romanzo appena accennati dall'autrice o mai approfonditi. Una mia personale interpretazione dei capitoli più belli e significativi incentrati sull'evoluzione del rapporto tra Candy e Albert e non solo.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Candice White Andrew (Candy), William Albert Andrew
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Missing Moments'
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Le parole non servono.

Aveva affrontato tanti momenti difficili nella sua vita.

Perdite di persone care, problemi di lavoro, viaggi avventurosi, incluso quello di andata e ritorno in Africa. Era sopravvissuto a un'esplosione su un treno e persino all'attacco di un leone in piena città.

Ma, mentre si aggiustava la cravatta davanti allo specchio come se dovesse presenziare a una riunione con il clan, Albert si ritrovò a pensare che quello che stava per fare avrebbe cambiato la propria vita per sempre.

Tutto dipendeva da una risposta a una sua domanda.

Una risposta per segnare un destino. Suonava quasi come il titolo di un romanzetto da quattro soldi. Un romanzetto nel quale, magari, il Principe azzurro di turno andava dalla sua bella per vedere se la scarpetta di cristallo calzava al suo piede, oppure... oppure la baciava per svegliarla da un lungo sonno.

Si congelò di fronte alla propria immagine.

Capelli corti ben pettinati, la frangia di solito indisciplinata accuratamente lisciata da un lato. Il completo color antracite di fattura italiana come le scarpe nere lucide, la cravatta in tono e il panciotto coordinato.

Dove ho la testa?!

Di certo non sulle spalle, o comunque il troppo lavoro doveva aver inficiato sulla memoria come aveva paventato il dottor Martin.

Davvero sto per andare da lei conciato così?! E in giro per i boschi di Lakewood, per giunta?

Con un gemito di frustrazione, si slacciò i bottoni del gilet e si spogliò con gesti secchi girando per la camera con i pantaloni slacciati e la camicia penzoloni frugando in cassetti e armadi, finché non trovò quello che cercava.

Era talmente abituato a trasformarsi in William Ardlay che aveva dimenticato che lei lo amava anche solo come Albert.

Mi ama? Davvero? Gliel'ho mai chiesto?

Si bloccò mentre infilava la camicia nera con il colletto risvoltato, lasciando cadere le braccia. Stava per chiederle di sposarlo e non aveva ancora domandato a Candy se fosse veramente innamorata di lui.

Lo aveva dato per scontato, perché era ciò che si urlavano a gran voce da tempo in quelle lettere e nei loro comportamenti recenti, l'uno verso l'altra. Ma non avevano mai esplicitato quel sentimento.

E lui, che aveva affrontato savane inospitali e leoni, si sentì di nuovo insicuro: c'era davvero bisogno di dirlo ad alta voce o era un certezza simile a quella che portava a cercare sempre il sole a est la mattina e la stella polare a nord di notte?

Dal cassetto, tirò fuori quella lettera, l'ultima che si erano scambiati e ricordò ancora la sensazione che aveva provato dopo averla letta.

"Ringrazio i miei genitori per avermi abbandonata alla Casa di Pony, perché così ho potuto incontrare te".

Alla luce della lampada, nel suo albergo di San Paolo, Albert aveva sentito un calore diffondersi nel petto, mentre il cuore accelerava sollevandogli le labbra in un sorriso che si era spento quasi subito, mentre rifletteva più a fondo su quelle parole. L'implicazione di quella frase gli parve enorme e ne avvertì il peso tra le sue stesse mani: Candy non aveva parlato di Miss Pony o Suor Lane, pur se era certo del suo amore incondizionato per loro, né di Annie o di altre persone.

Aveva parlato di lui.

Aveva benedetto un momento triste e tragico come quello dell'abbandono perché i suoi genitori, nell'istante in cui avevano segnato per sempre il suo destino, le avevano permesso di incontrare il signor Albert.

Gli occhi gli si erano riempiti di lacrime e avrebbe voluto essere con lei per abbracciarla forte. Donarle almeno parte di quella felicità che le aveva promesso. Sperava di non essersi sbagliato, perché quel sentimento altruistico verso Candy era diventato sempre più egoistico: la sua stessa felicità era legata a lei, adesso.

Con un sospiro, chiuse gli occhi a quel ricordo, sentendosi profondamente commosso come ogni volta che la rileggeva. Portò alle labbra quella lettera avvertendo il profumo di Candy sulla carta e la rimise con cura al suo posto.

Finì di vestirsi imponendosi di tornare padrone di se stesso e di smettere di tremare come un ragazzino, per l'amor di Dio! A malapena riuscì a chiudere tutti i bottoni della camicia.

Infilò i pantaloni color crema e un paio di scarpe comode, quindi fece per allontanarsi dallo specchio imponendosi un minimo di calma.

Mentre era con la mano sulla porta, si ricordò di qualcosa di fondamentale che aveva lasciato nella tasca degli altri pantaloni e rovesciò la testa all'indietro risucchiando aria tra i denti con un sibilo di disappunto.

Si insultò da solo e recuperò ciò che gli serviva, facendolo scivolare nella tasca giusta, quindi ci ripensò e tornò allo specchio. Socchiuse le palpebre, guardandosi critico, quindi passò una mano tra i capelli spettinandoli abbastanza da darsi un'aria più spensierata.

Annuì verso se stesso, sentendosi un po' sciocco, e mormorò: "Così va meglio".

Ora sì che Candy lo avrebbe riconosciuto!

 
- § -
 
 
Candy lo stava aspettando da quasi mezz'ora.

La prossima volta che qualcuno mi dice che siamo noi donne a far aspettare gli rido in faccia!

Sapeva che Albert aveva un impegno di lavoro e che molto probabilmente lo stava portando a termine, ma proprio non riusciva a stare ferma mentre lo attendeva!

Il suo ultimo viaggio era durato più di un mese e si erano a malapena visti la sera prima a cena, dandosi la buonanotte sotto gli sguardi attenti della zia Elroy e con la servitù intorno.

E lei voleva stare da sola con Albert.

Incapace di rimanere ferma, decise che poteva arrampicarsi sull'albero al quale aveva poggiato la schiena, seduta sull'erba fresca di fronte al lago. I movimenti, fluidi e automatici, la portarono in breve su uno dei rami più alti, che saggiò per accertarsi che potesse sostenere il suo peso.

Ormai non aveva più sei o dieci anni, ma era una donna. Una donna con un cuore e un nuovo sogno da realizzare.

Sarà mai possibile?

Albert le aveva restituito il suo diario di gioventù, quello in cui confessava i propri sentimenti al prozio William. Quelle pagine erano piene di Terry, ma contenevano anche i suoi sogni spezzati con Anthony.

Rappresentavano il suo passato.

Quel passato che lui aveva voluto restituirle come fossero ricordi preziosi da tenere sempre accanto. Ma che lei conservava già nella memoria e nel cuore: non aveva bisogno di quelle pagine, perché se era diventata quel che era lo doveva anche a tutte le esperienze dolorose.

Grazie a quel dolore aveva scoperto di avere la cosa più preziosa al proprio fianco, anche quando non era fisicamente con lei.

Grazie a quel dolore oggi comprendeva quanto fosse riuscita ad andare avanti, sì, con le proprie forze, ma anche grazie al sostegno continuo di Albert.

La consapevolezza la colpì come un vento impetuoso, mentre si raddrizzava sul ramo e sentiva dei passi sull'erba.

I suoi passi.

Col cuore in gola, Candy si mosse in maniera scomposta cercando di scendere sul ramo più basso per tornare giù e volare fra le sue braccia, ma il rumore del legno che si spezzava le indicò che stava per precipitare.

 
- § -
 
 
Restò per qualche istante in mezzo agli alberi, guardandosi intorno con aria interrogativa, finché non sentì un fruscio fra le foglie di una quercia alle sue spalle. Incuriosito, e con un sospetto che cominciava a farsi strada nella mente, Albert si girò di scatto e guardò in su.

Ebbe appena il tempo di spalancare gli occhi in un'espressione di stupore e orrore, che udì il grido di Candy. D'istinto, allargò le braccia e si preparò a prenderla al volo, ma non aveva fatto i conti con l'altezza alla quale doveva essersi arrampicata, perché lei caracollò giù a una velocità tale che fu sbalzato a terra.

Cadde di schiena e l'aria gli uscì dai polmoni violentemente, in un verso strozzato di dolore, col peso di Candy che gli schiacciava le costole e gravava su di lui.

Quando non cade dagli alberi è più leggera...

Restò per un attimo stordito, chiedendosi se non si fosse rotto qualcosa nel tentativo di attutire il colpo a lei e se anche Candy fosse illesa.

Gli ci vollero alcuni istanti per appurare che, a parte forse qualche livido, lui era tutto intero e lei solo spaventata. E ce ne vollero solo una manciata in più per prendere coscienza del suo piccolo e ora leggero corpo tremante rannicchiato contro il proprio.

Volevo chiederle la mano e me la ritrovo praticamente addosso. Da capogiro...

Candy alzò piano la testa per guardarlo, gli occhi sembravano enormi mentre li spalancava e Albert desiderò solo baciarla, tanto era bella tutta piena di foglie fra i capelli spettinati e quasi del tutto sciolti.

"Oh, Dio, Albert! Stai bene?! Rispondimi, ti prego!". Si puntellò con le mani sul suo petto senza dare accenno di volersi spostare da quella posizione e lui chiuse gli occhi.

Li riaprì, fissandola e alzando un poco il busto per poggiarsi sui gomiti, quindi le chiese con l'aria più seria che poté: "E tu chi sei?".

La faccia di Candy si trasformò in modo così repentino che dovette reprimere a fatica l'impulso di ridere: sembrava disperata e la bocca si spalancò: "Oh, no! Albert, sono io, sono Candy! Hai di nuovo perso la memoria per colpa mia?! Mi dispiace! Ti prego, guardami, mi riconosci?".

Riconoscerla? E perché avrebbe dovuto darle cenno di riconoscerla quando era così preoccupata da prendergli il viso tra le mani, avvicinando il suo a distanza di bacio? E tutto senza spostarsi neanche di un pollice dalla sua posizione.

Albert pensò che avrebbe potuto mandare avanti il gioco ancora per un bel po', ma era innanzitutto un gentiluomo e pensò che, se fossero rimasti così a lungo, la sua memoria avrebbe potuto davvero difettare facendogli dimenticare la ragione. E mandando a benedire ogni regola di buona creanza.

Rispettava Candy, ma era pur sempre un uomo in carne e ossa con una donna sdraiata addosso. E innamorato, per giunta.

Così, a malincuore, decise di mettere un po' di sana distanza tra loro, scostandosi e rispondendo con un occhiolino: "Beh, magari con un bacio potrei anche ricordare qualcosa". Sapeva di aver esagerato e di essersi spinto già oltre il loro limite consueto, ma la sua uscita servì a far scendere Candy da lui, facendogli provare un misto di sollievo e disappunto.

Lei si accigliò, ritirando anche le mani dal suo volto: "Albert!", lo rimproverò e finalmente poté scoppiare a ridere. "Non è divertente!", s'infuriò lei, "ero davvero preoccupata! Non si scherza su queste cose!".

Il suo sollievo più grande fu che non fosse arrabbiata per aver osato nominare un bacio.

"Scusami, Candy, volevo solo giocare con te! Stai bene, piuttosto? Mi sei letteralmente volata fra le braccia stavolta!", chiese sorridendo e mettendosi seduto accanto a lei, che si stava sistemando i capelli.

"Io sì, ma tu hai preso un colpo molto forte! Fammi vedere la schiena e la testa, per favore". L'infermiera stava già prendendo il sopravvento.

"Non preoccuparti, sto bene. Non ho niente di rotto", dichiarò mostrando il muscolo del braccio.

"Poche storie, girati e non fare il bambino!". Senza attendere oltre, si posizionò alle sue spalle e gli sollevò la camicia, cominciando a toccargli la schiena nuda per cercare qualcosa di rotto o forse solo qualche muscolo irrigidito.

Per la prima volta, Albert si sentì a disagio.

Ancora non le ho chiesto di sposarmi e prima mi cade praticamente fra le braccia, poi mi tocca con disinvoltura. E io che avevo paura di non essere un gentiluomo!

Quando gli aveva fasciato la ferita causata del leone non si era sentito così in imbarazzo, anche perché non erano soli e si trovavano a un punto della loro relazione mille miglia lontano da quello attuale.

Ora, il tocco delle sue mani gli fece solo desiderare di stringerla fra le braccia e non lasciarla più andare.

Candy si ritrasse, dichiarando che avrebbe dovuto mettere un po' di ghiaccio su un livido, appena rientrati. Le sue dita avevano indugiato su quel punto poco sotto la scapola destra mandandogli brividi lungo tutta la schiena e sperò che non si fosse accorta che aveva la pelle d'oca.

Ringraziandola per la sua puntuale diagnosi, Albert la indusse ad appoggiarsi al tronco assieme a lui.

 
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Toccare la pelle di Albert, seppure con occhio clinico, le aveva trasmesso emozioni che non aveva mai provato.

Candy sentì che qualcosa tra loro era cambiato, modificandosi in maniera lenta ma inesorabile ogni volta che si vedevano. Persino le loro lettere erano permeate da sentimenti nuovi, ai quali ancora non aveva osato dare un nome.

Ma era così evidente che le cose fossero diverse!

A partire da quel momento sulla Collina di Pony, quando il cerchio si era chiuso e aveva ritrovato in Albert il suo principe di quando aveva sei anni. No, non era corretto: il cambiamento era iniziato mentre vivevano assieme, alla Casa della Magnolia.

Spalancando le palpebre, con la schiena appoggiata al tronco, Candy si sorprese a fissare Albert negli occhi, il quale le restituì un'occhiata perplessa: "Cosa c'è? Ho qualcosa in faccia?", domandò lui toccandosi il viso.

Mi ha fatto una domanda simile a Miami, allora stavo fissando le sue labbra...

Con la bocca socchiusa dal proprio stupore, Candy scosse la testa e si sorprese a tornare sempre più indietro con i ricordi.

Albert era sempre stato speciale per lei. Fin da quando era una bambina, ma ciò che provava per lui somigliava quasi al fragile bocciolo di un fiore che, negli anni, si era schiuso fino a diventare ciò che era oggi.

Pensava davvero di aver amato Terence? Persino mentre il suo cuore batteva per lui si ritrovava felice di potersi recare al Blue River per visitare il suo amico di sempre e quando aveva ricevuto la sua lettera dall'Africa aveva provato una fitta di nostalgia mentre lo raccontava allo stesso Terry.

C'era stato un momento, nella sua vita, in cui la distanza dal ragazzo ribelle che le aveva fatto superare la morte di Anthony l'aveva indotta a fuggire da scuola. Ma aveva sempre saputo che, a muoverla in modo così deciso, non era stato tanto il desiderio di riunirsi a lui in America, quanto quello di proseguire la vita con le proprie forze.

Certo, mentre decideva che voleva fare l'infermiera aveva desiderato davvero poter ritrovare Terence e aveva sofferto quando il destino era parso accanirsi contro di loro per non farli incontrare.

Ma poi la sua priorità era tornata ad essere Albert. Albert, trasportato senza memoria nell'ospedale dove lavorava. Albert, così fragile come non lo aveva mai visto. Albert, che l'aveva indotta a diplomarsi con maggior impegno. Albert, che ora le stava portando una mano al viso con aria interrogativa.

"Stavo solo pensando... a quanto sono cambiate le cose, in questi ultimi anni", rispose sincera. Non osò spiegargli di più, d'altronde quante cose non dette si erano già confessati? Non era stato Albert stesso, solo pochi minuti prima, a chiederle un bacio come se fosse lo scherzo più naturale del mondo? E lei non si era scomposta più di tanto.

Perché il suo cuore già sapeva.

Sapeva ciò che le parole avrebbero ribadito divenendo superflue. Eppure, Candy si ritrovò a desiderare una conferma. Proprio lì, in quel momento così intimo nel quale il pollice di Albert si muoveva in leggeri tocchi sullo zigomo, il palmo caldo premuto dolcemente sulla guancia.

Oh, come vorrei che mi baciasse, ora!

Voleva davvero unire le proprie labbra alle sue e d'istinto se le leccò con la punta della lingua, ma voleva anche sentirlo pronunciare quella frase mai detta di cui ora anelava il suono.

Avrebbe dovuto dirlo prima lei? E se si fosse sbagliata? No, non era possibile, però non poteva nemmeno fare il primo passo.

Gli occhi di Albert si restrinsero un poco, sembravano quasi più scuri e la sua espressione divenne così seria che lei smise di respirare.

Sta per baciarmi o per parlarmi?

Dentro di sé, Candy si ritrovò quasi a supplicarlo di fare una delle due cose, qualsiasi cosa che non fosse restare in silenzio. E, allo stesso tempo, si sentì così calamitata verso le sue belle labbra piene e maschili che si mosse senza accorgersene, in maniera impercettibile, verso di lui.

Il respirò accelerò come il cuore e sentì anche quello di Albert, tiepido e irregolare, arrivarle sulle labbra. Erano così vicini! Le sembrava di fluttuare nel cielo eppure sentiva tutta la solidità della sua presenza.

Quando Albert parlò, con una voce vibrante di emozione che gli aveva sentito solo alla confessione di essere il suo Principe della Collina, Candy avvertì le lacrime salirle agli occhi.

Perché sapeva di aspettarselo, ma sentirlo pronunciare quel "ti amo Candy", in modo tanto dolce e appassionato, la fece esplodere di gioia sublime.

Emise un risolino mentre le lacrime cadevano sulle guance e lui le raccoglieva con le dita, premuroso e tenero. Portò la mano sulla sua, che non le aveva lasciato il viso e lo guardò dritto negli occhi, rispondendo in modo semplice: "Ti amo anche io, Albert, tanto!".

E, finalmente, le labbra di lui si incurvarono in un sorriso sincero e, sospettò, liberatorio. Temeva forse che non lo ricambiasse? Era davvero così felice che i suoi occhi azzurro cielo stavano cominciando a brillare come se anche lui stesse per piangere?

Candy non poté scoprirlo, perché si ritrovò stretta nel suo abbraccio, affondò il viso nel petto ampio dove il cuore le martellava contro l'orecchio e allacciò le proprie braccia attorno alla schiena di Albert.

Lo udì prendere un lungo respiro tra i suoi capelli, come se si stesse inebriando del loro profumo, ma non disse nulla. Lei stessa non aveva altre parole: quelle più importanti, seppure in parte scontate, erano appena state dette e non occorreva aggiungere altro oltre quell'abbraccio.

Candy lasciò fluire le proprie emozioni, sorridendo nel pianto, e le vide riflesse sul volto di Albert e nei suoi occhi un po' arrossati e umidi quando si staccò per guardarla.
Si sorrisero, le braccia ancora strette intorno ai rispettivi corpi, prendendo coscienza di quel sentimento reciproco alfine svelato con tanta semplicità. Le fronti si unirono e i nasi si sfiorarono giocosamente.

Di nuovo, non ci fu bisogno di parlare. Con uno sguardo, capirono che era arrivato il momento di suggellare quell'amore come volevano entrambi. Albert le portò, stavolta, entrambe le mani alle guance, inclinando un poco la testa mentre le accarezzava piano.

Candy chiuse gli occhi e prese un respiro tremulo, godendosi quel momento sospeso, ma li riaprì quasi subito per trasmettergli con uno sguardo la sua piena partecipazione.
Lui parve capirla perché schiuse le labbra in un gesto così sensuale che le parve d'improvviso un uomo maturo e diverso dal solito Albert. Eppure era lo stesso di quasi quindici anni prima. Eppure non era cambiato fino a pochi istanti fa.

Ma il confine era appena stato tracciato e Candy varcò il successivo con glorioso abbandono, inclinando anche lei il capo, abbassando le palpebre e incontrando finalmente la morbidezza della sua bocca.

Era il suo primo bacio.

Sì, quello che le aveva rubato Terry quasi non lo ricordava ed era stato più una costrizione improvvisa che un gesto d'amore. Lei non aveva affatto partecipato.

Le labbra di Albert erano morbide e tiepide, leggermente umide, chiuse sulle proprie in una carezza che divenne una pressione più esigente quasi subito. D'istinto, e nello stesso momento in cui lo fece lui, aprì la bocca per sentirle meglio e fu travolta da un'ondata di sensazioni così forti e nuove che dovette aggrapparsi alle sue braccia per non cadere, nonostante fosse seduta.

Le loro bocche si aprirono e si chiusero una sull'altra un paio di volte, prima che Albert prendesse un respiro tremulo e sporgesse la punta della lingua fino a sfiorarle il labbro inferiore. Gemendo per la sorpresa, si irrigidì un solo istante e lui si ritrasse come se si fosse scottato.

"S... scusami Candy, io... mi sono lasciato trasportare...", fece un risolino affettato passandosi la mano tra i capelli e lei capì che doveva rassicurarlo.

Ma come dirgli che la sensazione era stata così elettrizzante che desiderava ripetesse quel gesto ardito? Poté solo portarsi una mano al petto, dove il cuore sembrava voler volare via e librarsi in aria.

"Non scusarti", rispose solamente, prendendogli una mano fra le sue.

L'espressione di Albert si ammorbidì mentre usava il dorso dell'altra mano per accarezzarle il viso: "Candy, lo so che forse sto affrettando un po' le cose perché abbiamo appena confessato i nostri sentimenti. Ma sento che è inutile attendere oltre: mi hai confermato che i nostri cuori erano uniti ancor prima che parlassimo".

Candy chiuse gli occhi, stringendo tra le proprie le dita di Albert: "Allora non indugiare oltre. Non stai affrettando le cose. Io... io sono pronta", mormorò protendendo il volto verso di lui, sentendo le guance prendere quasi fuoco sotto al calore del sangue che ribolliva.

Nonostante lo conoscesse da tanti anni, si sentì in imbarazzo a concedersi così sfacciatamente. Ma voleva... oh, Dio, anelava un altro bacio da Albert! E che riprendesse esattamente da dove lo aveva interrotto. Aveva ragione a dire che era inutile attendere ancora.

Sentì il respiro di lui spezzarsi all'improvviso, poi la mano che la stava sfiorando ricadde e le foggiò a coppa il volto, facendole schiudere ancora le labbra d'istinto.

Stavolta l'unione fu subito profonda ed entrambi rilasciarono l'aria dal naso per riprenderla una nella bocca dell'altro, lasciando uno spazio appena sufficiente a farla penetrare.
Quindi non ci furono più spazi, ma solo l'invasione calda e umida della lingua di Albert che, con discrezione le carezzava la propria posizionandosi ora sulle labbra, ora nella parte interna delle guance.

E lei lo emulò, inebriandosi di quel sapore maschile che aveva un leggero retrogusto di caffè.

Come avrebbe potuto farne a meno, adesso? Era un tripudio di sensazioni diverse che passavano per tutti e cinque i sensi: il gusto, il tatto, l'odorato, l'udito che coglieva il sussurro dei respiri e delle labbra in movimento e la vista, che le restituì la visione degli occhi annebbiati dall'amore di Albert quando li socchiuse per guardarlo.

Si divisero per riprendere fiato e si ripresero, brevemente, ma lui non lasciò mai la presa delicata e ferma sul suo volto.

La testa le girava, non avrebbe mai smesso.

Era tutto nuovo e tutto così giusto che sorrise, provocando la medesima reazione sul viso di Albert. Quel viso bello e virile che ora era a una certa distanza ma teneva lo sguardo fisso su di lei, lasciando ricadere la mani solo per prendere le proprie e baciarle, con devota dolcezza.

"Ti amo, Candy. Credo che adesso non riuscirò più a finire di ripeterlo. Per tanto tempo mi sono chiesto se lasciare che il mio cuore si riempisse di questo sentimento fosse corretto, e mi sono reso conto che non era comunque una cosa che potessi controllare. È accaduto e basta. Nonostante scherzassi sul fatto che tu fossi... mia figlia o la mia sorellina. Non ti ho mai considerata tale. Beh, l'ho fatto quando eri solo una bambina. Allora volevo proteggerti, rendere serena e felice la tua esistenza. Ma poi ti ho vista diventare donna e io... io non avrei mai potuto essere davvero tuo padre". Albert parlava con voce bassa e appassionata e Candy capì quanto gli fosse costato orientarsi in quell'amore che alla società poteva quasi apparire come proibito.

Stringendo a sua volta le mani di lui nelle proprie, cercò le parole per spiegarsi: "Neanche io ti ho mai visto come prozio William, anche perché... beh, non lo sapevo!". Risero insieme. "E quando l'ho saputo non mi capacitavo che il mio benefattore, che credevo anziano e con i capelli bianchi, fosse invece un giovane affascinante di poco più grande di me. Ma soprattutto, che si trattasse della stessa persona che è stata una costante nella mia vita. Penso che il nostro percorso sia stato molto simile e ci siamo trovati a metà strada ora che sono cresciuta: anche tu per me eri quasi un fratello maggiore, un amico fidato. Tuttavia il cuore di una donna vola più avanti e la mia prima cotta col Principe della Collina risale ai miei sei anni. Per questo posso dirti, senza vergogna, che a modo mio ti ho sempre amato, Albert, anche se ora è un sentimento più maturo e consapevole".

I lineamenti di Albert si rilassarono e poté vedere nella sua espressione felice quanto fosse toccato da quella confessione.

"Quindi, non pensi che io sia troppo... grande per te?", domandò come se volesse sentire da lei anche quell'ultima conferma.

Lei scosse la testa con vigore, portandogli una mano al viso: "Oh, no! Non sarà l'età anagrafica a dividerci! Albert, ci separano solo undici anni e ora sono molto meno evidenti. Tu sembri più giovane della tua età, casomai sono io a non essere abbastanza... signora per te", concluse guardando in basso.

Lo sentì ridacchiare piano: "Sciocchina, se fosse così non avrei avuto l'ardire di baciarti in quel modo. In realtà temevo di spaventarti, ma mi sembra che tu abbia risposto proprio come una donna. Una donna innamorata".

Candy rimase scioccata e imbarazzata da quelle parole: credeva di spaventarla precorrendo i tempi con un bacio vero? E lei che credeva si facesse scrupoli solo per via della loro confessione troppo recente!

"Allora, da oggi in poi facciamo un patto, signor Albert!", dichiarò diventando solenne e usando apposta quell'appellativo solo per vedere la sua espressione divenire quasi sconvolta. "Io non scherzerò più firmandomi 'figlia adottiva' o chiamandoti prozio. Ma tu dovrai trattarmi come una vera donna senza più vedermi come una bambina indifesa. Ho compiuto ventuno anni, la maggiore età, e non sono più sotto la tua tutela diretta già da un po', se non sbaglio".

Albert annuì: "Direi che è una richiesta più che legittima. Sarò felice di assecondarla", dichiarò facendole un baciamano elegante ben lontano dal bacio vero di poco prima.
"Ma consentimi di chiamarti Principe della Collina". E di baciarci ancora come abbiamo fatto, avrebbe voluto aggiungere, ma non trovando altro coraggio.

Gli occhi si spalancarono mentre era ancora chinato sulla mano e le labbra la sfioravano mandandole piacevoli scosse lungo il braccio. Alzò su di lei le iridi chiare con espressione perplessa: "Devo proprio?".

Candy mise il broncio: "Davvero non ti piace tanto da farti venire i brividi?", chiese citando le sue parole in una delle lettere. Da allora non avevano più toccato quell'argomento.

Albert parve rifletterci per qualche istante, poi sospirò inarcando un sopracciglio: "Preferirei essere definito con termini più concreti da te, Candy. Un principe può esistere in una favola, mentre io voglio essere con te qui, in questa meravigliosa realtà. Come fidanzato, come... marito". Il suo sguardo era così intenso che Candy arrossì.

Le cose stavano accelerando in maniera deliziosamente vertiginosa.

"Hai ragione, ma lascia che lo faccia, solo ogni tanto... sì?", lo pregò.

Lui rise piano: "E va bene, ma che non diventi un'abitudine", la ammonì alzando un dito.

Candy scosse la testa: "Te lo prometto, e per dimostrarti che ti vedo proprio come hai detto tu... vorrei finalmente riconsegnarti una cosa che non voglio più tenere". Prima che lui potesse ribattere, si alzò in piedi spazzolandosi la gonna con le mani e disse: "Aspettami qui, tornerò in men che non si dica!".

Corse via, sapendo che lui l'avrebbe aspettata. Non doveva fare altro che andare nella propria stanza, aprire il cassetto del comodino e consegnarglielo.

D'ora in avanti, sarebbe stato fra le mani di Albert. Totalmente.

 
- § -
 
 
Albert attese il ritorno di Candy giocherellando con uno stelo d'erba. Lo girava e lo rigirava tra pollice e indice senza staccare gli occhi dal suo oscillare ipnotico.

Fin da quando era piccolo adorava sdraiarsi sui prati e sentire il sussurro del vento tra i fiori e l'erba, gli evocavano sempre una sensazione di calma che gli colmava l'anima.
A quanto pare non aveva perso questa abitudine, ma quel giorno, mentre aspettava che lei ritornasse dalla villa dove era andata a prendere qualcosa di molto importante, a sua detta, si ritrovò a tormentare quello stelo come se potesse imprimervi tutte le emozioni che traboccavano dal suo cuore.

Era felice. Era ansioso. Era indeciso. Era impaziente. Era trepidante!

Un insieme di sentimenti che non gli consentivano certo di rilassarsi. Confessarle il proprio amore era stato liberatorio, ma ascoltare la sua risposta era stato catartico.
Aveva mai pianto di gioia, in vita sua?

Da quel che ricordava, le poche volte che gli era capitato di piangere era stato solo a seguito di eventi luttuosi e, dopo gli otto anni, rigorosamente di nascosto.
Candy era stata l'unica a cui si era permesso di mostrare le sue emozioni, quelle negative e quelle positive. E non si vergognava di certo di essersi commosso con lei dopo la dichiarazione reciproca, così come era accaduto sulla loro collina.

E baciarla... assaporare alfine quelle labbra che aveva spesso creduto proibite era stato come aver avuto sempre sete nel deserto africano e bere calmando un'arsura altrimenti inestinguibile.

Sospirò quando lo stelo d'erba, che aveva cercato di annodare, si spezzò tra le dita.

Decise di assumere la sua solita postura rilassata, sdraiandosi con le mani intrecciate dietro alla nuca e ripensò al secondo bacio.

Stava per darle l'anello che aveva in tasca, esprimendo i suoi dubbi, cercando di comunicarle che forse non era troppo presto per loro... invece lei si era detta pronta a incontrare di nuovo le sue labbra.

E chi era lui per deludere le sue aspettative?

Indovinando i suoi desideri che erano lo specchio dei propri, si arrese a una fervente esplorazione reciproca, consegnandole il cuore il quel gesto d'amore e ricevendo altrettanto.

Sublime. Delizioso. Non aveva termini corretti per descriverlo meglio: se fosse stato un poeta o uno scrittore non era comunque certo di poterlo definire. Se fosse stato un pittore non avrebbe avuto sulla tavolozza colori sufficienti a rappresentarlo. Se fosse stato uno scultore non avrebbe saputo ricreare le medesime linee morbide.
Quel bacio era il preludio a una vita che lo abbagliava solo a immaginarla, tanto era intenso il sole che vi splendeva.

Fece un sospiro soddisfatto, certo che il momento dell'anello sarebbe arrivato: di sicuro, la reazione di Candy aveva già cancellato ogni dubbio in merito.
La sentì tornare correndo, i suoi passi frettolosi sull'erba erano inconfondibili.

Si mise a sedere mentre lei faceva altrettanto con il fiato corto per la corsa e, quando vide cosa aveva in mano, capì di aver immaginato bene.

Mi aveva scritto che voleva restituirmelo, ma con questo gesto è come se si chiudesse un altro cerchio.

Il cuore prese a battergli ancora più forte.

Candy gli sorrise, carezzando la copertina in pelle marrone con una mano: "Ho ricevuto questo regalo dal mio prozio William, qualche anno fa", cominciò con voce un po' tremante. "E vi ho scritto tutto quello che mi accadeva, quasi ogni giorno. La maggior parte delle pagine è dedicata a un vecchio amore che per me è stato molto importante e che mi ha aiutata a capire molte cose".

Prese un respiro profondo, chiudendo gli occhi e smettendo di accarezzarlo. Albert non osò interromperla, rimanendo in religioso silenzio, osservandola.

"Non ho mai avuto bisogno di rileggerlo nemmeno una volta, neanche quando il prozio me lo ha restituito, dichiarando che per me era qualcosa di molto importante. Perché aveva ragione! Lo era così tanto che potrei quasi recitarlo a memoria. Ogni singolo pensiero, ogni singola sensazione, ogni singolo giorno". Fece una pausa, come raccogliendo i pensieri.

Poi continuò.

"Penso di essere maturata proprio in quel periodo in cui ho provato un'attrazione violenta per Terence. Innamorarmi di lui mi ha fatto comprendere i limiti della vita".
Era una stilettata ghiacciata che gli aveva appena attraversato l'anima? Albert sapeva che Candy non aveva ancora finito di esprimersi e che le lacrime nascenti nei suoi occhi raccontavano di una sofferenza ormai terminata, ma sentirla parlare di Terence non gli fu affatto indifferente. D'altronde, anche lui era umano...

E un nuovo sentimento che riconobbe subito come gelosia gli annodò le viscere, facendolo sentire sciocco eppure giustificato.

"Ho capito che nella vita le persone care spesso ci devono lasciare, morendo come il caro Anthony o allontanandosi come Terry", riprese Candy inclinando un poco il capo e sfiorando di nuovo la copertina per ogni nome che pronunciava. Una lacrima tracciò una scia sulla sua guancia e Albert dovette reprimere l'impulso di asciugarla con le dita per non interromperla.

Un nodo gli strinse la gola.

"Ma ho anche capito che spesso si è ciechi senza volerlo". Il sorriso le riaffiorò sulle labbra e lui sentì un peso che gli veniva tolto dalle spalle. "In molte delle pagine in cui racconto al prozio William di Terence compare Albert. Di come l'ho incontrato a Londra, una notte, sentendomi sorpresa e felice. Di come fossi scappata dalla scuola solo per andarlo a trovare allo zoo dove lavorava. E di come fossi rimasta delusa nel sapere che non l'avrei rivisto per molto tempo, perché era partito per l'Africa: ricordo che quel giorno mostrai la lettera persino a Terry".

Albert continuò a tacere, assorbendo il senso di ciò che Candy stava dicendo come fossero stille dell'ambrosia più dolce che esistesse. Prese un respiro tremulo, in attesa che continuasse.

E lo fece, voltandosi a guardarlo negli occhi, tendendogli il diario perché lo prendesse: "Il resto della storia non te lo racconto, lo abbiamo vissuto assieme giorno dopo giorno fino ad oggi", disse sbattendo le ciglia e facendo cadere altre lacrime. "Questo è il mio vecchio cuore racchiuso in un diario, mentre questo", aggiunse chiudendo gli occhi e portandosi una mano al petto, "è il mio cuore nuovo di zecca che ti appartiene da qui all'eternità".

Di nuovo, lo fissò tra le lacrime e finalmente Albert allungò un braccio per toccarle con le dita: "Prendili entrambi, sono tuoi", terminò sorridendo mentre piangeva.
Lui fece come le chiedeva.

Prese il diario con una mano, mentre l'altra era ancora impegnata ad asciugarle il viso e lo strinse al proprio, di cuore. Si accertò che Candy lo guardasse mentre lo faceva.

Io, William Albert Ardlay, accetto il tuo cuore di ragazzina, perché è parte di te. E lo amo e lo rispetto.

Lo posò sull'erba come fosse una reliquia preziosa per avere entrambe le braccia libere e abbracciò il suo corpo tremante.

E accetto con gioia te, Candy, con questo cuore innamorato che ora batte assieme al mio.

Mentre lei singhiozzava piano in quell'abbraccio, Albert affondò il viso tra i suoi capelli, ubriacandosi del loro profumo come aveva sognato di fare tante volte.

E le sussurrò in un orecchio: "Ora anche io devo darti una cosa, Candy...". Si separò con delicatezza da lei, premurandosi di asciugarle prima le ultime lacrime e mise una mano in tasca, tirandone fuori l'anello che voleva darle fin dall'inizio.

"Vuoi diventare mia moglie?".

Candy non gli disse subito di sì, ma la sua reazione gli confermò, ancora una volta, che le parole, tra loro, erano davvero superflue.

Quello che contava erano i gesti, gli abbracci, i baci e le lacrime di felicità.  
 
 
Attenzione, i missing moments non sono finiti! Ce n'è ancora qualcuno per le prossime settimane ;-)
   
 
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