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Autore: Doctor Nowhere    29/07/2022    3 recensioni
Carlo Mancini, un ragazzo disoccupato e fuoricorso, si imbatte in un demone, Sorieno, in grado di soddisfare qualsiasi suo desiderio senza volere nulla in cambio. Cosa potrà mai andare storto?
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Bip… bip… bip…”

Una sveglia? Ma davvero l’aveva impostata?

E da quando aveva quella suoneria?

Carlo mugugnò, e si portò una mano sulla fronte. Gemette. Era come se qualcuno lo stesse prendendo a martellate non-stop.

Gli sfuggì un rutto che sapeva di alcol. Il suo stomaco bruciava, e si ribellava con foga a tutto quello che aveva tracannato la sera precedente.

Sbadigliò. Non si era ancora svegliato del tutto e già era esausto.

Deglutì, ma al solo tentativo la sua gola secca si infiammò. Ci voleva un bicchiere d’acqua. E una tazza di caffè. Molto, molto forte. Poi tornare a letto. Semplice e geniale.

Aprì gli occhi, ma la forte luce lo accecò, e li dovette richiudere.

Se li stropicciò per benino e sollevò giusto una fessura delle ciglia.

Con tremenda lentezza le sagome davanti a lui presero una forma definita. La libreria mezza vuota, la scrivania troppo piena, la sedia sommersa di vestiti usati, il computer inondato di post-it e un bizzarro individuo che lo fissava con un sinistro sorriso. Carlo sobbalzò per la sorpresa. «Che… che diavolo?»

L’intruso era alto, molto alto. Vestiva un completo nero, camicia nera e cravatta rossa. La sua pelle era candida e lattiginosa. Portava dei baffetti neri molto curati, e un pizzetto appuntito. Era proteso in avanti, appoggiato a un bastone da passeggio.

A Carlo mancò il fiato. Scattò per alzarsi, ma scivolò sulle lenzuola e ruzzolò giù dal letto su una pila di vestiti sparpagliati. Quantomeno attutirono un po' la caduta. Fece forza sulle mani per rialzarsi, ma un giramento di testa gli impedì di tirarsi in piedi.

Il “bip bip”, meccanico e ripetitivo, continuava imperterrito. Carlo si tappò le orecchie. La testa gli faceva tanto male.

Forse si era ingannato? Possibile che avesse soltanto immaginato… rialzò la testa. No, no, quel coso era reale.

La figura, silenziosa e ghignante, torreggiava su di lui. Stava… galleggiando nell’aria. Solo il suo bastone toccava il pavimento. Carlo sgranò gli occhi. Assurdo! Non era possibile restare in equilibrio in quella posa.
Carlo tremò. Doveva calmarsi, doveva calmarsi! Inspirò. «Chi sei?»

Doveva mostrarsi sicuro di sé, padrone della situazione. Si asciugò un rivolo di bava. Certo, era un po' impossibile risultare intimidatorio quando ci si è appena svegliati, con ancora indosso i vestiti sudati della sera prima.

La figura sogghignò, e fecero capolino dei denti bianchi e appuntiti. Sollevò il cappello e si inginocchiò «Oh mio gentile signore, io sono Sorieno, della stirpe dei demoni, al vostro umile servizio». Che strane orecchie aveva, appuntite e pelose. Da pipistrello.

Carlo restò immobile, con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Non aveva senso. C’era una spiegazione, doveva esserci. Si grattò la nuca, poi strinse gli occhi. Ma quanto era difficile pensare tra il mal di testa, il senso di nausea e quel maledetto suono elettronico che si ripeteva all’infinito!

Il sedicente demone allungò le braccia e si stiracchiò «È tutto a posto, mio buon signore?» la sua voce era melliflua, cortese e sibilante «Vi è forse qualcosa che potrei fare per darvi giovamento?».

«Che cosa… vuoi da me?» disse Carlo a mezza voce.

L’intruso ridacchiò, e dietro di lui guizzò una sagoma nera. «Come potrei esprimermi nella maniera più appropriata…» Era una coda! Nera, lunga e nodosa come quella di uno scorpione «Direi che sono qui per rendervi un atto di giustizia, mio eccelso signore».

Carlo inclinò la testa.

«Sì, mio intrepido signore, giustizia. “Nel mondo reale non puoi ottenere tutto ciò che vuoi”, sono parole vostre, nevvero?» si arricciò un ciuffo di capelli corvini «Ebbene, io sono qui per offrirvi esattamente questo. Tutto ciò che volete.»

«È che… io...» Carlo si strinse il petto e represse un conato di vomito «Vorrei… vorrei solo riuscire a… a pensare lucidamente. Senza… il mal di testa e… e anche questo bip, bip… vorrei che passasse tutto»

Il sorriso sul volto di Sorieno divenne ancora più ampio e smagliante. L’elegantone agitò la mano in un movimento cuneiforme e schioccò le dita. Risuonò in lontananza il tintinnio di un piccolo campanello.

La testa di Carlo si alleggerì e la sua nausea si dissolse. Era come se qualcuno avesse passato un panno su tutta la sporcizia che aveva dentro, facendo sparire tutto in un istante. «Oh» mormorò. Anche quel bizzarro rumore di sottofondo era scomparso. Tirò un sospiro di sollievo, e infine si alzò in piedi. Anzi, era persino più tonico ed energico del solito. «Oh».

Il demone si profuse in un inchino esagerato: «Ogni vostro desiderio è un ordine per me, mio signore».

Carlo arricciò il naso. Ora che era più lucido sentiva meglio anche la puzza di bruciato: «Intanto, potresti scendere da lì sopra? Mi fai venire le vertigini»

Il demone scrollò le spalle e fluttuò verso il basso fino ad appoggiare i piedi al pavimento.

Gli orli del suo abito rimasero sospesi. Il demone si diede due colpetti sulla spalla, ed il completo ricadde lungo i suoi fianchi. «Va meglio così, mio signore?».

Il ragazzo annuì: «Molto meglio, grazie. Ora, se non ti dispiace, mi servirebbe un momento».

La figura elegante alzò le mani. Una volta a terra la sua statura si rivelava piuttosto minuta. Era molto più basso di Carlo, gli arrivava sì e no all’addome. Il demone iniziò a passeggiare avanti e indietro.. Prese a scodinzolare. Il suo pungiglione si attorcigliava e si rilassava di continuo, come se fosse sempre sul punto di scattare. Roteò il bastone da passeggiò, dal pomolo argentato a forma di testa di coccodrillo

Carlo afferrò la sedia, rovesciò per terra la pila di vestiti stropicciati e si sedette. Indicò la coda del suo ospite «Per incominciare, mi vuoi dire che cosa è quella? A che ti serve?»

«Oh, questa?» il demone picchiettò sulla coda con la punta del bastone «Non vogliate farci caso, mio signore. A noi demoni non è consentito mantenere un aspetto completamente umano. Abbiamo bisogno di qualche… elemento di differenziazione» spalancò le fauci da cui comparvero i denti appuntiti di uno squalo e la lingua nera biforcuta da serpente.

Carlo rabbrividì. I dubbi sulla reale natura del mostro si facevano sempre più fievoli. Non poteva essere una burla. Lo scherzo più elaborato del mondo, fosse anche un’allucinazione, non era in grado di far sparire il doposbornia.

Restavano ancora da capire le sue reali intenzioni. Carlo fece un respiro profondo: «Hai detto che sei qui per esaudire i miei desideri? E in cambio di cosa?»

Sorieno ruotò gli occhi e sibilò «In cambio di cosa? Beh di un po' di sano divertimento, mi pare ovvio.» gli strizzò l’occhio «Non sono il primo e non sarò l’ultimo della mia specie a mettermi al servizio di un umano.»

Carlo incrociò le braccia. Qui arrivava la fregatura, per forza «Si tratta di una specie di patto col diavolo, no? Cioè, tu stai qui a lavorare per me in cambio della mia anima, o di quello che è? Perché se è così ti dico subito di no.» fece una pausa, ma prima che l’altro potesse rispondere aggiunse «Ovviamente voglio che tu risponda con la verità alle mie domande». Sarebbe servito a qualcosa? Probabilmente no, ma tanto valeva tentare.

La lunga lingua del demone vibrò nell’aria. Il mostro si accarezzò i baffetti: «No. No, per niente. Posso garantirvi sul mio onore che, a prescindere da quanti desideri io possa esaudire, ciò che sarà della vostra anima dipende esclusivamente da voi» si strinse nelle spalle «Non so bene cosa sappiate voi umani sui demoni. Io non ho alcun potere sulle anime umane. Per divorarne una mi servirebbe il permesso del suo proprietario»

Carlo sbarrò gli occhi «Nessuno accetterebbe qualcosa di simile!»

Sorieno socchiuse gli occhi, chiari e freddi ghiaccio, e ridacchiò «Mai dire mai, mio signore… il mondo è bello perché è vario, chi siamo noi per giudicare? Ad ogni modo, i termini dell’accordo, se proprio vogliamo chiamarlo così, sono molto chiari.» sollevò l’indice «In primis, io non posso fare alcunché senza che voi esprimiate chiaramente un desiderio al riguardo.» poi il medio «In secundis, se in un qualsiasi momento voi doveste desiderare che io me ne vada… beh» aprì di scatto le mani, da cui uscirono due nuvolette di fumo rosso con uno sbuffo «Puf!».

Carlo si alzò in piedi, per poter guardare il demone dall’alto. Si inumidì le labbra, e passò il peso del corpo da un piede all’altro «Ma se posso mandarti via anche adesso, semplicemente chiedendoti di sparire… perché non dovrei farlo?»

Il demone prese a sistemarsi i polsini della camicia «Nulla vi impedisce di congedarmi, se proprio ci tenete a dare un calcio alla fortuna… c’è solo una piccola controindicazione.» si sollevò da terra, fino a che i suoi occhi non furono alla stessa altezza di quelli di Carlo «Se io me ne vado, mio signore, tutti i desideri che ho esaudito vengono via con me. Se mi congedaste adesso, ritornerebbero in un istante il voltastomaco, l’emicrania e tutti quegli altri detestabili effetti collaterali della serata di ieri. La scelta è soltanto vostra, mio signore.»

Carlo si accarezzò il mento. Non poteva dire di trovarsi a suo agio con quell’essere accanto, ma l’ultima cosa di cui aveva bisogno era di ritrovarsi devastato dal post-sbornia. Aveva un paio di cose da fare, e piuttosto urgenti. La questione del demone poteva aspettare, almeno un po'. Magari giusto una cosetta. «Senti, Sor… Sorieno, giusto?»

Il demone annuì.

«Non è che potresti fare in modo che tutto l’incidente di ieri… insomma, vorrei che… che la mia macchina sia a posto»

Il demone si sedette a mezz’aria, le gambe incrociate «Niente di più facile, mio signore».

Schioccò le dita, e di nuovo echeggiò il campanellino.

   
 
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