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Autore: Ellery    02/08/2022    1 recensioni
“Me le hai lasciate, ricordi? Ho pensato di farne buon uso.”
“Introducendosi in casa mia di nascosto?”
“Non potevo sapere della tua mancanza, non credi?”
“Avrebbe potuto telefonarmi.”
“Sì, ma sarebbe decaduta l’utilità della mia copia di chiavi, allora.”
Storse le labbra, trattenendo un piccolo sbuffo. C’era della logica, in quel discorso, anche se non propriamente condivisibile. In ogni caso, era assurdo continuare a parlarne: Hannibal avrebbe rigirato la frittata continuamente pur di spuntarla; era troppo stanco per stare ad un gioco che non avrebbe saputo vincere.
Genere: Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hannibal Lecter, Will Graham
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cura di sé


Note: Buonasera! In realtà, è la primissima volta che scrivo in questo fandom e, di conseguenza, è anche la prima Hannigram in cui mi cimento. Ho conosciuto la serie solo di recente, quindi sono davvero alle prime armi, abbiate pazienza ... consigli e pareri per migliorare nella caratterizzazione dei personaggi e nella stesura delle prossime storie sono sempre graditissimi *-* 
Grazie!

E'ry

La ff partecipa alla challenge "Vorrei incontrarti tra cent'anni", indetta sul gruppo Hurt/Comfort Italia.
Prompt ricevuti:
Famiglia numerosa - Latte - Convenienza



***

Will aggrottò la fronte al notare la porta di casa accostata. Era uscito dimenticandosi di chiuderla per l’ennesima volta? Cercò di ripercorrere gli attimi frenetici di quella mattina: il cellulare che suona puntuale alle sette e quarantacinque, la voce squillante di Jack che lo butta giù dal letto e richiede immediatamente la sua presenza al dipartimento. La fretta nell’infilarsi i vestiti, lavarsi i denti, fare colazione con un toast imburrato e un sorso d’acqua. Era certo di aver chiuso la porta a doppia mandata, dopo aver rapidamente salutato i cani e promesso loro che sarebbe tornato con qualche leccornia per pranzo.

Lasciò cadere il sacchetto della macelleria, dove riposavano alcune vaschette di trita di manzo. La destra scivolò istintivamente alla fondina, accarezzando il calcio della pistola. Spinse il battente con la punta del piede, scivolando cautamente all’interno della propria abitazione. Ad una prima occhiata, nulla sembrava in disordine – almeno…  in un “disordine” che non fosse il proprio. Con l’eccezione di Winston, che gli regalò un corto uggiolio e un battere della coda, gli altri cani attorniavano, in completa adorazione, una figura nota. L’inatteso ospite indossava un completo tweed e delle oxford in cuoio nero; l’immancabile cravatta di seta circondava il colletto inamidato di una camicia bianca. Le mani strategicamente incrociate dietro la schiena gli regalavano un aspetto quasi colpevole, come uno scolaretto sorpreso a copiare durante una verifica. Un’ aria falsamente innocente, che poco si addiceva a quella figura elegante e composta.

“Dottor Lecter…” mormorò, abbandonando immediatamente ogni precauzione “Cosa ci fa qui?” chiese, senza nascondere una sfumatura perplessa nella voce.

“Sono rientrato in città questa mattina, Will. Ho semplicemente pensato di farti visita.”

La voce, flemmatica come sempre, conteneva una leggera traccia irriverente, come se lo psichiatra trovasse divertente l’intrufolarsi nelle abitazioni altrui mentre il proprietario era assente. Lo scorse frugare con la destra nelle tasche della sua giacca immacolata, e cavarne un mazzo di chiavi.

“Me le hai lasciate, ricordi? Ho pensato di farne buon uso.”

“Introducendosi in casa mia di nascosto?”

“Non potevo sapere della tua mancanza, non credi?”

“Avrebbe potuto telefonarmi.”

“Sì, ma sarebbe decaduta l’utilità della mia copia di chiavi, allora.”

Storse le labbra, trattenendo un piccolo sbuffo. C’era della logica, in quel discorso, anche se non propriamente condivisibile. In ogni caso, era assurdo continuare a parlarne: Hannibal avrebbe rigirato la frittata continuamente pur di spuntarla; era troppo stanco per stare ad un gioco che non avrebbe saputo vincere. Distolse l’attenzione dall’uomo, portando lo sguardo chiaro all’angolo cottura. La pila di stoviglie sporche era svanita, così come gli avanzi della sera precedente. Il burro, dimenticato fuori nella frenesia mattutina, era sicuramente tornato nel frigorifero. Tuttavia, qualcosa stonava in quell’idillio di ordine e pulizia: nel cestino giacevano un cartone di latte vaccino e alcuni fogli di scottex erano macchiati di tracce ematiche. Will si avvicinò, notandone la struttura ancora arricciata, come se fossero stati avvolti attorno a qualcosa di stretto e affusolato.

“Si è tagliato, dottore?” domandò, senza neppure voltarsi “Non mentre lavava i piatti, però. Non ricordo di aver lasciato un coltello nel lavandino, ieri sera.” Impossibile, anzi, visto che aveva frettolosamente cenato con una zuppa in scatola e delle fette di pane tostato “Oppure… ha rotto un bicchiere mentre ripuliva la mia cucina?” chiese, chinandosi per rovistare sotto il lavabo.
Afferrò la cassetta di primo soccorso, accennando al tavolo col mento. Attese che il suo ospite si accomodasse, prima di scivolare sulla seggiola dirimpetto. Aprì la scatola di plastica arancione, disponendo velocemente sul pianale cotone, disinfettante, garze e cerotto a nastro.

“Mi faccia vedere la mano.” Sentenziò, ritrovandosi immediatamente a respingere le dita altrui “L’altra mano. Impugnava il coltello con la destra, quindi…” batté due volte l’indice sul legno, in attesa che il visitatore gli porgesse la mancina.

“Non è nulla di grave.” Il medico curvò le labbra in un placido sorriso “Mi sarei preso cura di me stesso, una volta tornato in studio.”

“Oh, ma lei non voleva affatto prendersi cura di sé stesso, dottore” Will ripeté quelle esatte parole, senza alzare lo sguardo. Si mantenne concentrato sul taglio sottile che correva dalla terza alla prima falange, scheggiando l’unghia e sfregiando l’indice in obliquo. “No, lei ha temporaneamente fermato l’emorragia e ha continuato il suo…”  increspò la fronte, incerto sul termine da usare “… lavoro?” abbozzò.

Bagnò l’ovatta di acqua ossigenata, tamponando delicatamente la ferita, mentre nella sua testa si dipanavano gli scenari più assurdi. Perché Hannibal si era intrufolato in casa sua? Di certo non per rassettargli la cucina; malgrado fosse una persona estremamente ordinata e metodica, non riusciva ad immaginarselo nei panni di un’agguerrita massaia. Tuttavia, era plausibile avesse pulito le stoviglie per dare un rinnovato decoro all’angolo cottura. Perché prendere un coltello, però? Il tagliere era posizionato a lato del lavandino, come se fosse stato sciacquato prima del suo arrivo. Hannibal stava… cucinando. Per lui? Poco probabile: in tavola non c’era niente di commestibile. Certo, non aveva guardato nel frigorifero, ma c’era un dettaglio ulteriore da considerare: i cani. A parte il buon Wiston, gli altri avevano ignorato il suo arrivo, preferendo rimanere concentrati sullo psichiatra. Lo fissavano adoranti, come se fosse il messia canino sceso in terra; o…

“Il signore delle salsicce...” si lasciò sfuggire, ricevendo un’occhiata curiosa dal suo paziente.

“Come?”

“Niente!” borbottò, avvolgendo l’indice in un doppio strato di garze e fermando il tutto con il cerotto a nastro. Osservò la propria opera, per nulla soddisfatto. Il dito sembrava la caricatura di un goffo pupazzo di neve. Sospirò, cercando di recuperare il discorso “Mi tolga una curiosità… perché c’è un cartone di latte, nel cestino dell’immondizia. Non lo uso. Non di quella marca, almeno.”

“Era in offerta.”

“E quindi?” chiese, assalito poi da un dubbio improvviso. Will si alzò di scatto, spalancando il frigorifero. Non lo aveva mai visto così pieno in vita sua: il barattolo semivuoto di burro d’arachidi era stato rimpiazzato da uno nuovo; una doppia fila di uova fresche gli faceva compagnia, mentre delle vaschette di carne erano ordinatamente disposte sul ripiano inferiore; non recavano alcuna etichetta e sembravano incartate a mano. La carta oleosa, tuttavia, mostrava il timbro di una rinomata macelleria del centro. Nello sportello, altre due brick di latte e uno di succo Ace.

Allargò le braccia, incredulo:
“Per… perché diamine mi ha fatto la spesa?”

“Ho semplicemente pensato fosse un modo gentile, per ringraziarti.”

“Di cosa?” si affrettò a correggere la nota stupita nella propria voce.

“Della tua compagnia; è piacevole passare del tempo con te. I nostri discorsi sono spesso interessanti, non trovi? Ebbene, da parecchio non avevo qualcuno con cui intrattenere conversazioni adeguate.”

“Sì, ma… mi ha fatto la spesa!” si rese tristemente conto che stava ripetendo quel concetto per l’ennesima volta, ma non riusciva a capacitarsene; non capiva se quel gesto fosse davvero disinteressato, un ringraziamento sincero oppure nascondesse un secondo fine che ancora non vedeva. Tornò sui propri passi, sforzandosi di incasellare tutte quelle informazioni. “Avrà speso una fortuna. Dovrei contribuire, visto che finirà tutto nel mio stomaco.” Aggiunse, istintivamente cercando il portafogli nella tasca dei pantaloni.

Hannibal, tuttavia, lo fermò con lo sguardo: una occhiata secca, penetrante, capace di raggelarlo sul posto. Un lampo asciutto e deciso, immediatamente sostituito dalla classica cordialità.

“Assolutamente no! Consideralo un regalo.” Un flemmatico cenno d’assenso a sottolineare quelle parole “E poi… ho saputo sfruttar qualche buona offerta. La qualità può essere anche conveniente, se si sa cosa cercare.”

“E immagino che lei lo sappia, dottore.”

Nessuna risposta, solo un sorriso dal sapore enigmatico.

C’era, tuttavia, ancora un dettaglio che non tornava.
Forse più di uno, pensò laconico.

“C’è cartone di latte vuoto nel cestino. Lo ha… bevuto?”

“Non proprio. Lo usato per preparare l’impasto delle salsicce. Lascia la carne morbida e contribuisce ad insaporirla ulteriormente. Quando le cucinerai, ricordati di…”

Will scosse il capo frettolosamente, sollevando le mani per arrestare quel flusso di parole:
“Aspetti! Quali salsicce?”

“Quelle che ho messo nel freezer. Ah, la tua… numerosa tribù pelosa le ha apprezzate particolarmente” lo scorse rivolgere un cenno ai cani “Ho dato loro un piccolo assaggio della farcia. Sembravano affamati. Ti sei ricordato di nutrirli, prima di uscire questa mattina?” No, ovviamente. La risposta era talmente ovvia che non servì altra spiegazione “Dovresti prendertene sempre cura. Sono la tua famiglia, dopo tutto.”

“Lo faccio!” rispose di getto, montando inavvertitamente un’espressione quasi offesa, che l’altro non tardò a cogliere.

“Ho toccato un nervo scoperto, deduco” di nuovo quella cadenza indolente e fiacca, come se volesse mitigare le precedenti affermazioni “Tuttavia, me lo concederai, a volte dai l’impressione che non ti importi abbastanza. Non mi riferisco ai cani, questo no… ma a te stesso; e, di riflesso, loro potrebbero risentirne sul lungo periodo.”
Hannibal si alzò, recuperando il soprabito dall’attaccapanni vicino all’ingresso; lo drappeggiò sulle spalle. Riusciva ad essere elegante anche con un indice rozzamente fasciato e qualche traccia di pelo canino sull’orlo dei pantaloni.
“Ho lasciato delle salsicce anche per loro, nel freezer. Al Jack Russel piacciono molto quelle aromatizzate al timo; le ho messe in un pacchettino a parte.” Concluse, scivolando oltre l’uscio e con un rapido cenno del capo “Arrivederci Will.”

Will Graham rimase sulla soglia in silenzio, osservando il suo ospite salire in macchina e riguadagnare la strada che conduceva in città. Soltanto quando l’auto fu sparita dietro ad una curva, si lasciò sfuggire un sussurro:

“Arrivederci dottor Lecter.”
 

 

 
  
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