Serie TV > The Handmaid's Tale
Ricorda la storia  |      
Autore: lady capuleti    02/08/2022    1 recensioni
Dopo la morte di Eden, anche le Mogli dei Comandanti iniziano a dubitare di alcune leggi di Gilead.
Anche le più ferme credenti.
Anche la signora Waterford e la signora Putnam.
Dal testo : " Non sono figlia di Gilead ma Gilead mi ha adottata.
Mi ha permesso di saggiare la vita precedente per prepararmi a questa. Mi ha permesso di tracciare il sottile confine tra ciò che sono e ciò che avrei dovuto essere.
Bisogna solo capire quale sia una e quale l’altra" .
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Serena, tesoro che ti succede? Questo silenzio non è da te”
“Sto solo apprezzando la splendida giornata che nostro Signore ha deciso di donarci oggi”

La signora Waterford sorrise, voltandosi in direzione dell’amica mentre spingeva la carrozzina accelerando brevemente il passo.
Naomi Putnam fece lo stesso per non perderla ed insieme attraversarono la stradina che le avrebbe condotte al parco. Il sole splendeva alto nel cielo e, sebbene il clima fosse freddo, quei raggi illuminavano i loro volti pallidi restituendone il chiarore.
Alcune flebili voci spiccavano per le strade di Gilead: le giovani promesse del paese sfilavano in abito rosa parlottando tra loro con l’innocenza di un bambino.
Serena volse loro un’occhiata e si fece scura in volto, le labbra appena dischiuse; fece il suo ingresso nel parco e Naomi fu subito al suo fianco, ma dovettero fermarsi e sedersi su una panchina perché Nichole aveva iniziato a piangere.
 
Un tempo le donne avrebbero scoperto il seno ed allattato il proprio bambino sotto gli occhi di tutti, i cani avrebbero corso liberi lungo i prati e le coppiette si sarebbero tenute per mano.
Un tempo
.
 
Un cane abbaiò in effetti, ma di solito quando lo facevano non era mai un buon segno, e se si mettevano a correre ancor peggio che se si fossero messi a trotterellare.
Serena estrasse il biberon e prese Nichole tra le braccia; quando ebbe trovato la parte in silicone, la bambina smise di piangere e si concentrò sul suo pasto. Sebbene non fosse un’abitudine ricorrente, Serena aveva permesso a Difred di allattarla e questo dopo aver visto come la salute della piccola Angela era migliorata con il contatto di Diwarren, sebbene ella nei fatti non fosse più Diwarren.
“è un angelo” la osservò Naomi mentre cullava la sua bambina rimasta nel passeggino.
“è un dono di Dio” le fece eco Serena mentre un sorriso si apriva ampio sul suo volto.
 
Eden è morta. Non ha commesso alcun peccato.
L’amore ha guidato le sue scelte, ma è un’adultera. Quindi ha peccato.
Non importa quanti anni abbia, il tradimento deve essere punito. Il tradimento nei confronti di Dio.
 
“La mia bambina crescerà sotto il governo del Signore. Egli guiderà tutte le sue azioni, e sarà la sua luce”
“... sia lode” si intromise Naomi ponendo la mano coperta dal guanto turchese sul capo della piccola per farle una carezza.
“A te... sarebbe piaciuto vivere a Gilead?”
“... ci vivo già...”
“... no... intendevo dire... crescere a Gilead... come succederà a loro” e con un cenno del capo la Waterford indicò le due bambine che, ora serene, sembravano ignare di quale rischio stessero correndo per la semplice ragione di essere nate in un luogo come quello.

Un luogo dove la parola libertà era bandita, vietata.
Un luogo dove le donne non possedevano alcun diritto ma molteplici doveri, tra i quali quello di stare in silenzio, obbedire, lavorare a maglia, sorridere, essere gentile, non leggere, non fumare, non bere. Non scopare.
Naomi non rispose, non subito, ma Serena non sembrò affatto sorpresa.
Nella sua mente, la signora Putnam era perfetta nelle vesti di moglie e il ruolo le calzava a pennello; era così maledettamente austera, algida, aristocratica, e aveva quel cazzo di profumo che la faceva odorare disgustosamente come una rosa.
Alcune regole erano fatte per essere infrante, eppure lei era sicura che la trasgressione non fosse una sua prerogativa e riusciva anzi ad immaginarsi la sua faccia sconcertata di fronte ad una possibile prospettiva di essa.

Naomi doveva essere sua amica eppure la sentiva così distante da lei.
Naomi rappresentava il suo lato ligio, ferreo, inflessibile, la sua maschera da brava donna di Gilead che non tradisce i suoi ideali, che non li mette in discussione, che non tenta di rovesciarli. Eppure quel suo tentennamento le procurò non pochi dubbi e si ritrovò a mettere in discussione quel che aveva creduto fino a quel giorno.
“Credo...” cominciò, salvo poi fare marcia indietro per riordinare i pensieri.
Si schiarì la gola mentre Serena rinfoderava il biberon e cullava tra le braccia Nichole restando in silenzio. “Credo che il disegno del Signore fosse chiaro fin da subito. La nostra presenza nel vecchio mondo serviva da anticipazione per questa. Così la vedo io” ma Serena era certa del fatto che non stesse dicendo la verità.
 
Non sono figlia di Gilead ma Gilead mi ha adottata.
Mi ha permesso di saggiare la vita precedente per prepararmi a questa.
Mi ha permesso di tracciare il sottile confine tra ciò che sono e ciò che avrei dovuto essere.

Bisogna solo capire quale sia una e quale l’altra.
 
“Non ti ho mai chiesto nulla della tua... sì insomma... vita precedente”
“Ed io non l’ho mai fatto con te... si vede che a nessuna delle due interessa” fece spallucce Naomi intensificando il movimento della mano nel cullare il passeggino di Angela.
“... probabile. Eppure, senza l’aiuto di... di quella Marta... o di Diwarren... Angela forse non sarebbe qui, oggi”
“... cosa stai cercando di dirmi?”
“Dovremmo avanzare delle proposte. Far sì che le nostre figlie crescano in un ambiente meno... remissivo” quell'ultima parola venne fuori in un sussurro quasi impercettibile.

Naomi la guardava con sospetto, eppure non aveva alcuna intenzione di contraddirla.
Si sporse appena; Angela si era addormentata, dunque interruppe il movimento con la mano ed incrociò le braccia restando in silenzio. Serena, dal canto suo, si sollevò brevemente quel tanto per riportare Nichole nel passeggino, poi tornò a sedersi e guardò la signora Putnam con una punta di curiosità.
Si chiedeva cosa stesse pensando. Si guardava le ginocchia e con le dita torturava le pellicine cercando di scavare più a fondo con le unghie tagliate, pallide, anonime.
“A te... piace lavorare a maglia?” le domandò Serena reclinando lievemente il capo.
“Oh sì... io adoro lavorare a maglia” rispose prontamente Naomi, e Serena non vi colse alcuna ironia, sarcasmo, scherno.
Sembrava sincera, e si ritrovò a chiedersi come faceva a trovarlo stimolante;
in un uggioso e peccaminoso pomeriggio, ricordò di averne parlato con Difred, di averle rivelato quanto odiasse sferruzzare.
“... ero solo una bambina quando mia nonna mi insegnò. Provò anche con il punto croce, ma con quello non ero capace. Per le feste di Natale confezionavo maglioncini, sciarpe, calzini... mi piaceva che tutti potessero trovarli sotto l’albero la mattina del venticinque” raccontò con una punta di malinconia, accompagnando il tutto con un piccolo sorriso che tuttavia non convinse fino in fondo la signora Waterford.
 
Amavo la maglia, adesso la detesto.
Non faccio altro dalla mattina alla sera, e se non è la maglia è la cura della casa. E se non è la cura della casa è la bambina. E il giallo non esiste più. E il rosso è bandito. E il verde non se ne parla.
Esiste solo l’azzurro, in tutte le sue declinazioni.
Che poi a me ha sempre fatto schifo l’azzurro.
 
“Avevi un... lavoro?” si azzardò a chiedere Serena, giungendo le mani all’altezza delle ginocchia e riportando lo sguardo su di lei.
“Assistente sociale” annuì la Putnam.
Non usò giri di parole per dirglielo, lei e Serena erano amiche ma nonostante tutto nessuna delle due sembrava fidarsi completamente dell’altra. Perché Serena non poteva sapere cosa accadesse con Warren, e Naomi non poteva sapere cosa accadesse con Fred.
Nessuna delle due conosceva quale realmente fosse il sentimento dell’altra per il rispettivo marito, quante cose si raccontassero e quali reconditi pensieri covassero nelle loro menti.
Esternamente potevano apparire candide come fiori non colti, ma ciò che albergava nel loro cuore era una vasta distesa di ignoto.
“Hai avuto a che fare con i bambini”
“Già... e con i rispettivi genitori... e con drammi, lacrime, inadeguatezza... non è facile crescere dei figli, al giorno d’oggi”
“Sono...” Serena sospirò, portandosi una mano sulla fronte e strofinandosi gli occhi con due dita. “... sono d’accordo. Ma se... se ti fosse capitato un caso come quello di Diwarren... le avresti concesso l’affidamento di Angela?”
“Angela è mia figlia”
 
No, Angela non è mia figlia.
Diwarren ha donato il suo utero, Warren il suo sperma. Ognuno ha dato il suo contributo tranne me.
E come assistente sociale, non avrei mai allontanato una bambina così piccola da sua madre. Dalla sua madre biologica.

La amo. Amo Angela, la adoro, e non voglio che le accada qualcosa di male.
Ma no. Non è mia figlia.
 
“Naturalmente” si affrettò a rispondere la Waterford serafica, annuendo e sperando che non si fosse fatta strane idee su quella domanda.
Si scrutarono per qualche istante, Naomi aveva appoggiato una mano sfiorando la copertina della piccola Angela e gliel’aveva rimboccata.
Non si fidavano l’una dell’altra, quel mondo le voleva simili ma in costante conflitto con il proprio essere. I loro abiti provenivano dalla medesima sartoria, erano stati fabbricati con la stessa stoffa e distribuiti in tutte le case; fatte con lo stampino, perfino nel loro essere disgustosamente perfette, caste, pure.

La Waterford desiderava una sigaretta, ma fumare davanti a Naomi avrebbe potuto caratterizzare un problema. Non sapeva quale politica seguisse Warren, quanto si servisse al mercato nero; frequentava anche lui quello squallido bordello pensando che sua Moglie non conoscesse le sue abitudini depravate?
Possibile che Naomi facesse di tutto tranne che accettare la realtà?
Possibile che si fosse calata così tanto in quel ruolo da dimenticarsi dell’amore e del rispetto per sé stessa?
Lo avevano fatto. Tutte. E parte della responsabilità era proprio di Serena che, oramai intrappolata in un mondo che lei stessa aveva contribuito a creare, tentava invano di riparare al danno sforzandosi di migliorare quel che poteva. Lì dove poteva.
 
Io adesso ho bisogno di una sigaretta. E di tornare dai miei fiori.
Tu di cosa hai bisogno, Naomi?
Tequila? Un sigaro? Una serata in discoteca? Scoparti tuo marito? O scoparti un altro uomo?
Abbiamo tutti bisogno di qualcosa, Naomi.
E tu mi sei simpatica, quando ti togli quel palo dal culo.
 
Un Occhio passò proprio accanto a loro e Serena lo guardò di sottecchi. Non direttamente negli occhi, per carità, e non nel bel mezzo del parco.
“Si è fatto tardi. Sarà meglio che vada, o Angela potrebbe prendersi un raffreddore” e Naomi si alzò in piedi, afferrando il manico del passeggino con entrambe le mani.
“Posso... fare qualcosa per te?” chiese infine Serena, e voltandosi Naomi intravide quello sguardo da cerbiatta, quelle ciglia lunghe, le labbra leggermente dischiuse e i sottili fili scivolati all’acconciatura mossi da un lieve alito di vento.
“Domani ne parleremo anche con le altre. Sia lode” le sorrise frettolosamente, poi con un sospiro tornò a darle le spalle.
“Sia lode”
 
Sai di cosa avrei bisogno, signora Waterford? Prepara il taccuino, la lista è lunga.
Rivorrei gli abiti bagnati di sudore dopo un pomeriggio trascorso a correre nel parco. Non mi piacciono le scollature troppo profonde, ma nemmeno questi vestiti cuciti da suore cieche.
Ora, grazie a te, oltre a farm schifo l'azzurro odio anche il blu.
Ah, e mi piacerebbe riavere indietro il mio giubbotto di pelle nero, portare i capelli sciolti, tagliarli fino alla base del collo e rimettere quel rossetto che sapeva di ciliegia.

E vorrei un Cosmopolitan, la musica, leggere un giornale senza rischiare di perdere un dito.
E so che ti sembro una snob del cazzo, ma vorrei tornare a far sesso e non solo metaforicamente. Vorrei che Warren tornasse l’uomo che mi ha rimorchiata in quel wine bar, perché se avessimo fatto sesso lui non si sarebbe fissato con quell’Ancella.
E vorrei molto altro, ma adesso non mi viene in mente.

Che tu sia benedetta, Serena. O forse no.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Handmaid's Tale / Vai alla pagina dell'autore: lady capuleti