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Autore: drisinil    06/08/2022    4 recensioni
[kurotsuki] [nospoiler] [canonverse] [long: 2 capitoli/settimana]
«Signor è-solo-un-club sei senza parole?» lo provoca Kuroo. «Vuoi che brindi io per te? Però poi bevi tu!»
«Okay, ma solo se il brindisi mi piace» risponde Kei con arroganza, spingendosi gli occhiali sul naso.
Kuroo storce le labbra e si riprende la bottiglia, strappandola a Kei. «E' una sfida?»
«Se vuoi...»
Kuroo distende lentamente il braccio verso Kei, con la bottiglia in mano. Si schiarisce la voce e tenta di scostarsi dalla fronte il ciuffo di capelli, che però ricade subito al suo posto. «Al muro perfetto, che ferma la palla, la devia, la smorza o la costringe. Obbliga le traiettorie, crea pressione e controlla il gioco.»
Kei sorride, gli strappa la bottiglia e beve d'impeto.
E' il vino più buono che abbia mai bevuto, forse il più buono che berrà mai.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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1 - Quattrocentosette chilometri


6 Ottobre 2012

«Kei, scendi! C'è un tuo amico, qui di sotto!»

La voce arriva attutita dalle scale oltre lo spiraglio della porta socchiusa. Kei si solleva a sedere e abbassa le cuffie intorno al collo. Nell'istante in cui la musica tace, il suo cervello reinizia a girare a pieno ritmo, senza tregua, come sempre.

Un tuo amico. Chi si permette di disturbare il sabato sera a quest'ora? Tadashi avrebbe chiamato, sa perfettamente quanto Kei odi le improvvisate. Bakeyama e Mandarino preferirebbero una pallonata sulla nuca che passare a trovarlo a casa. I senpai non sanno neanche dove abita. I compagni di classe hanno capito già dal primo giorno che devono tenersi alla larga. Dunque chi c'è di sotto?

Mentre si alza in piedi, Kei esplora con la mente gli avvenimenti degli ultimi giorni, ipotizzando conseguenze, mosse e contromosse che avrebbero potuto condurre guai alla porta di casa. Una fulminea partita a shogi con se stesso, del tutto inutile vista la monotonia della sua vita. Niente. Nessun indizio.

Nel frattempo si è ravviato i capelli con la mano e ha indossato un'enorme felpa grigia sopra quella che aveva già addosso. Tira su la zip e si affaccia dal ballatoio.

Sua madre è già sparita dalla circolazione, se possibile ancora più misantropa di lui. In piedi di fronte all'ingresso, ostentando la sua sovrana noncuranza, c'è Kuroo.

Kuroo Tetsurou. In carne e ossa. A... quattrocento chilometri da casa propria.

Quattrocentosette, dice una voce odiosa dal fondo della sua mente. Da stazione a stazione.

Kei ciondola svogliatamente sui gradini.

«Ciao» dice Kuroo, come se non si vedessero da due giorni. Come se fossero vecchi amici. Come se il loro rapporto giustificasse una visita senza preavviso. Come se...

«Ciao?» risponde Kei interrogativo. «Ti sei perso mentre facevi una corsetta? Pessimo senso dell'orientamento...»

Kuroo sorride, sollevando un angolo delle labbra.

«Si può sapere che ci fai qui?» insiste Kei, diffidente.

«A Osaki? Turismo. Passeggiata di salute. Spionaggio del Karasuno. Scegli tu.»

«A casa mia.»

«Hai battuto la testa, Tsukki? Sono venuto a trovarti, non è ovvio?»

«Non chiamarmi Tsukki!»

«E tu non fare domande idiote.»

Kei deve concentrarsi per evitare di lasciarsi sfuggire un sorrisetto. Scruta il capitano del Nekoma da dietro le lenti spesse, in cerca di cambiamenti che non ci sono. La solita imperturbabilità, il solito sguardo affilato, la solita pettinatura da disadattato.

E anche Kuroo lo sta scrutando a sua volta, da capo a piedi. All'improvviso, gli si allargano gli occhi e si riempiono di luce. Dura un attimo, giusto il tempo per Kei di notare la cosa, senza riuscire a decifrarla.

«Allora? dentro o fuori?» incalza Kuroo.

«Io dentro, tu fuori da casa mia» risponde Kei, acido. Se ne pente un secondo dopo.

Ma Kuroo sta ridendo. «Decisamente, ne valeva la pena.»

«Cosa?» Kei lo ha capito, ma vuole sentirlo.

«Venire fin qui» risponde Testurou, deprivando le parole della loro importanza con un tono di banale casualità. E' bravissimo a usare il tono della voce per comunicare emozioni che contrastano con il senso delle parole. E' una trovata efficace e terribilmente irritante.

«Posso insultarti anche per telefono, se ti fa stare bene» ribatte Kei.

«Buono a sapersi, Tsukki. Mi farò meno scrupoli a chiamarti.»

Touche.

«Ti ho detto di non...»

Kuroo alza subito le mani in segno di resa. «Okay, va bene, va bene. Tsukishima. Ti chiamo Tsukishima.»

«Magari puoi evitare direttamente di chiamarmi.»

«No, non credo.»

«Io dico di sì, sei bravino se ti impegni.»

«No, non mi va, è troppo faticoso. A meno che tu non legga nel pensiero. Dovresti provarci: sei bravino, se ti impegni. Ma forse... in questo caso non ti conviene!» Kuroo ride, socchiudendo gli occhi, come un cretino. Un cretino capace di imporsi in modo ingombrante. Ma sempre cretino.

«Coraggio, scegli: dentro o fuori?» insiste Kuroo.

«Fuori» risponde subito Kei. Molte meno insidie.

Testurou annuisce «Perfetto. Metti una giacca e andiamo. Mi piacciono le piccole città. Finisce sempre che si incontrano i vecchi amici...»

Nella mente di Kei si compone la scena da film horror di quel pettegolo di Nishinoya, o quel tonto dell'asso, o Bakeyama e Mandarino, o il coach Ukai, che entrano in un negozio qualsiasi e li beccano lì insieme: Tsukishima Kei e il capitano del Nekoma, che dovrebbe trovarsi a quattrocentosette chilometri di distanza, in un qualche locale di Nerima a fare da balia al nano con la ricrescita.

«Che nei hai fatto del tuo alzatore? Non ce l'hai attaccato alle sottane come al solito?»

«Mai portato sottane. Tu sì?» replica Kuroo, sollevando un sopracciglio.

Keì alza il dito medio con sussiego.

«Comunque, sei gentile a preoccuparti per lui: Kenma se la cava benissimo senza di me» dice Kuroo.

«Ma davvero! E da quando?»

«Da quando...» Kuroo richiude la bocca, lasciando la frase a metà. «E' sabato sera, a quest'ora applepi starà giocando a non-mi-ricordo-più-cosa con la sua squadra di fenomeni della playstation. Non mi vuole mai fra i piedi quando gioca seriamente

«Lui non ti vuole fra i piedi e quindi tu ne approfitti per fare un giretto a quattrocento chilometri di distanza. Una relazione sana, non c'è che dire.»

«Senti chi parla, Yama-qualcosa ti segue anche al cesso. Anzi, mi meraviglio che non sia qui. Dai, sono stanco. Ho voglia di sedermi, bere una cosa calda e fare quattro chiacchiere.»

«E io come rientro in questo piano epicureo?»

Kuroo non è uno che si lasci impressionare dagli aggettivi, per quanto altisonanti. «Vuoi che parli col muro? Neanche gli epicurei lo fanno. Su, muoviti: dentro o fuori?»

«Dentro» sospira Kei.

«Molto saggio. Sapevo che prima o poi ci saresti arrivato.»

«A quanto sei stronzo? Inizio a pensare che dovrei buttarti fuori..»

«Fallo.»

Sanno entrambi che, se Kei avesse voluto cacciarlo, Kuroo si sarebbe trovato la porta sbattuta in faccia dopo quindici secondi.

Kei si volta e si avvia per le scale, senza una parola. Sente i passi di Kuroo che lo seguono.

«Stai uscendo?» la voce di donna proviene da una stanza oltre l'ingresso.

«No, mamma. Saliamo in camera mia» risponde, come se lo stesse facendo di malavoglia.

Nello spazio degli ultimi gradini, Kei fa mente locale a tutto quello che Kuroo Testurou non dovrebbe vedere in camera sua. Passa in rassegna i poster, gli oggetti sulle mensole, le fotografie, i fogli che ha lasciato sparsi sulla scrivania. Tutto a posto, niente di compromettente. Tranne il telefono, che è rimasto sul comodino, ma c'è una password inespugnabile a proteggerlo.

«La metti spesso?» chiede Tetsurou, all'improvviso.

«Cosa?» risponde Kei, voltandosi, con la mano già sulla maniglia della porta.

Kuroo alza le sopracciglia e tira giù la zip della felpa di Kei, con uno strappo secco.

Kei si ribella al gesto e alla prossimità, con una manata violenta. «Vuoi morire? Tieni giù le mani!» Si rende conto troppo tardi che il danno è fatto.

La felpa grigia è aperta fino a metà del torso. Si vede benissimo, sotto, l'altra che indossa. E' rossa. Sulla schiena c'è scritto in caratteri enormi NEKOMA; all'interno, vicino al collo, c'è un'etichetta sbiadita dai lavaggi, dove ancora si legge ancora il nome del proprietario Kuroo Tetsurou.

Non che Kuroo possa vedere il retro della felpa o l'etichetta. Non che ne abbia bisogno.

Tsukishima Kei è indisponente, irritante, malfidente, provocatorio. E' bravo a mentire e a bluffare, bravissimo a non mostrare nulla, o quasi, di se stesso. Ma non è un codardo. Alza lo sguardo e fissa Kuroo dritto negli occhi, attraverso le lenti, mentre tira di nuovo la zip verso l'altro, lentamente. «La metto sempre. E' solo una felpa.»

 
   
 
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