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Autore: Mariusgon    06/08/2022    1 recensioni
La Storia narra le vicende svoltesi nell'arco di una notte in cui i Guerrieri Z hanno dovuto affrontare l'Uomo Nero.
DAL TESTO:
La vista gli si annebbiò ma ben presto cominciò a vedere cose assurde: entità, esseri dalle forme inconcepibili e tutte loro erano radunate intorno ad un enorme essere oscuro, con un solo enorme e spaventoso occhio.
«Io… ti… vedo.» disse una voce nella testa di Melanzo, dopodiché non sentì e vide più nulla.
Genere: Dark, Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Majin Bu, Nuovo personaggio, Ub
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball: Dark Trilogy'
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DRAGON BALL – BOOGEYMAN

 
Capitolo 1: Una brutta giornata

 

7 maggio Anno 795,  Terra
Un uomo dai capelli viola, molto muscoloso e grosso quanto un armadio, stava cercando di colpire una piccola e minuta ragazzina dai capelli corvini a suon di pugni, ma ella schivava ogni suo colpo come se nulla fosse.
L’aveva osservata durante le prime fasi del torneo perché sapeva fin dall’inizio della competizione che lei, Pan la nipote di Mister Satan, Campione del Mondo di Arti Marziali e Giustiziere del mostruoso Cell, sarebbe stata una vera minaccia.
Ma mai e poi mai avrebbe pensato che quella ragazzina fosse talmente abile e rapida da evitare ogni suo colpo.
«Dai forza, Melanzo! Manda al tappeto quella stramaledetta mocciosa e vedi di arrivare in semifinale!» sbraitò all’improvviso un vecchio dagli spalti dell’arena in sua direzione.
Melanzo si voltò e vide il suo vecchio padre con un’espressione sul viso che lasciava trasparire la sua solita rabbia ma anche frustrazione e delusione.
Intorno al vecchio, tante altre persone urlavano incitamenti ai due combattenti sul ring nel centro dell’arena. Alcuni di loro facevano il tifo per Melanzo, mentre altri sostenevano la sua avversaria.
«Senti, io mi sto annoiando.» disse all’improvviso la ragazzina, richiamando l’attenzione di Melanzo.
«Come?» domandò l’uomo.
«Partecipando a questo torneo speravo di trovare qualcuno alla mia altezza, ma devo dire che tu e tutti gli altri mi avete davvero deluso.»
«Vorresti dire che non sono un avversario serio per te?!» chiese Melanzo, visibilmente ferito nell’orgoglio.
«Beh… sì?» disse Pan incerta, pensando che in realtà la risposta fosse abbastanza ovvia.
«Impertinente di una ragazzina, ti insegno io a portare rispetto a chi è più grande di te!» urlò allora Melanzo, lanciandosi ancora una volta verso l’avversaria.
Pan stavolta non volle evitare il poderoso pugno del rivale, ma lo prese in pieno viso senza neanche battere ciglio. Al contrario, Melanzo ritirò subito il pugno dopo che ebbe colpito Pan: gli faceva male e gli sembrava di aver colpito un muro d’acciaio.
«Te l’ho detto: non sei alla mia altezza.» disse Pan, per poi assestargli un pugno un pieno petto.
Melanzo volò via fino a schiantarsi su un muro all’esterno del ring. Appena ci fu l’impatto, l’uomo perse i sensi.
 
Si risvegliò disteso su un letto.
Gli doleva la testa, ma il suo primo pensiero andò subito al combattimento e alla sua odiosa avversaria.
«D-D-Dov…D-Dov’è!!» esclamò rialzandosi a fatica dal letto. Si guardò in torno e si rese conto di essere in una specie di infermeria.
Un uomo col kimono color arancia sbucò fuori dal nulla e lo aiutò a tenersi in piedi.
«Mio caro Melanzo.» disse l’uomo. «Finalmente vi siete svegliato.»
«Dove mi trovo? Dov’è quella maledetta mocciosa?!» chiese confuso e un po’ adirato all’uomo, prendendolo per il colletto.
«Intende Pan? Signor Melanzo, credo lei non se ne sia reso ancora conto…»
«Reso conto di che?!»
«Lei ha perso, signor Melanzo.» disse schietto l’uomo. «Pan l’ha buttata fuori dal ring e l’ha battuta.»
Melanzo sgranò gli occhi a quella rivelazione, dopodiché lasciò andare l’uomo e si sedette sul letto dal quale si era appena alzato.
«Quindi… ho perso…» disse, abbassando lo sguardo.
«Sì. A dire il vero, il torneo è terminato da un po’.» disse l’uomo.
Melanzo annuì, dopodiché si alzò e se ne andò.
Una volta fuori dall’infermeria sperava di trovare suo padre ad aspettarlo; invece, non trovò altro che un corridoio vuoto.
Uscì quindi dall’edificio e notò che il sole stava tramontando e che l’arena era oramai vuota.
Si diresse verso casa, sapendo perfettamente che al rientro avrebbe subito le angherie del suo vecchio padre senza poter fare nulla.
Dopotutto, Melanzo si era iscritto al Torneo Mondiale di Arti Marziali proprio perché suo padre voleva che egli riuscisse almeno ad arrivare in semifinale per racimolare un po’ di Zeni.
Sia Melanzo che suo padre pensavano che senza Mister Satan e Mister Bu, ritiratosi entrambi da tempo, il torneo potesse essere più abbordabile. Ma non era andata così ed ora l’uomo sapeva perfettamente che il suo vecchio gli avrebbe addossato tutta la colpa, così come aveva sempre fatto.
 
Mentre pensava a ciò Melanzo notò una strana figura incappucciata che lo stava seguendo. In un primo momento non ci fece molto caso, ma dopo che ebbe svoltato un paio di vicoli, si rese conto di essere pedinato.
Pensò si trattasse di un qualche ladruncolo desideroso di spillargli qualche soldo, ma non se ne preoccupò molto: nel caso l’incappucciato avesse fatto qualche mossa avventata, l’avrebbe rimandato a calci nel sedere da dove era venuto.
Arrivò difronte al portone di casa e lo aprì, guardandosi intorno per controllare che la figura non lo seguisse fin dentro casa e fu proprio in quel momento che si rese conto che essa era sparita.
Entrò in casa e, non appena si fu rischiuso la porta dietro di sé, gli arrivò un pugno in pieno stomaco che lo mandò con le ginocchia a terra.
«Così si assesta un pugno, maledetto idiota.» disse suo padre, per poi andare a sedersi su di una poltrona nel centro della stanza.
Melanzo si rialzò a fatica.
«Q-Quella mocciosa… è la nipote di Mister Satan…»
«E quindi? Avresti potuto farla pezzi se l’avessi voluto sul serio, razza di un buono a nulla.»
«Volevo vincere!» esclamò Melanzo. «So bene di averti deluso-»
«E non è la prima volta.» lo interruppe suo padre. «Ma ora non ho voglia di ascoltare le tue patetiche scuse, vai fuori dai piedi.»
Dopodiché, il vecchio prese una birra da un comò lì vicino e cominciò a berla.
«Tsk… non avremmo bisogno di Zeni se la smettessi di bere quella roba e cominciassi a risparmiare…» sussurrò Melanzo, cominciando ad allontanarsi ma, purtroppo per lui, suo padre udì chiaramente ciò che disse.
Il vecchio si alzò di scatto, raggiunse suo figlio e gli spazzò la bottiglia di vetro in testa.
Melanzo cadde a terra. Percepì del liquido caldo colargli lungo tutto il cranio e si rese conto di avere una ferita alla testa.
«Ti insegno io ad essere più rispettoso con chi è più anziano di te, impunito di un figlio…» disse il vecchio, cominciando a malmenare il suo stesso figlio a suon di calci e pugni, non lasciandogli il tempo nemmeno di rialzarsi.
Andò avanti per un minuto intero così, finché il vecchio non si fermò per riprendere fiato.
«Anche tua madre sapeva che buono a nulla sei… perciò se n’è andata… ha preferito abbandonarci piuttosto che rimanere qui con te…» disse il vecchio, alzando un piede verso il cranio di suo figlio, pronto a riprendere a malmenarlo.
Ma a quel punto Melanzo reagì.
Preso da una rabbia inumana che mai aveva provato prima, bloccò il piede del padre e glielo piegò fino a spaccargli la caviglia.
Il vecchio ululò dal dolore e cadde all’indietro e a quel punto Melanzo gli saltò addosso.
Cominciò a colpire suo padre in pieno viso con pugni sempre più forti finché non gli prese la testa tra le mani e cominciò a sbatterla sempre più forte verso il pavimento.
 
Dopo alcuni secondi, Melanzo si rese conto di avere parti le mani completamente imbrattate di sangue e si accorse che buona parte del cervello del suo vecchio era spiaccicata a terra.
Si guardò attorno e non vide altro che il sangue di suo padre su tutto il pavimento.
Guardò la faccia di suo padre completamente spaccata ed irriconoscibile. Per un attimo tentò ingenuamente di rimetterla insieme, ma si rese conto che non sarebbe servito a nulla.
Si alzò, fece qualche passo all’indietro e poi vomitò.
Aveva ucciso suo padre, e l’aveva fatto a dir poco brutalmente.
Doveva andarsene da lì, doveva fuggire e non farsi più vedere in quella città. Corse verso la porta d’uscita e la spalancò ma si ritrovò davanti un ostacolo che gli impedì di abbandonare l’abitazione.
«Buonasera.» disse gioviale una vecchia decrepita incappucciata dalla pella biancastra.
Melanzo arretrò intimorito, anche se non sapeva bene dire il perché quella vecchia lo spaventasse così tanto.
«T-Tu… eri tu! Mi hai inseguito fino a poco fa, non è vero?!» domandò alla vecchia, ma questa non rispose.
Ella si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò lentamente al cadavere del vecchio padre di Melanzo.
«Sembra che tu non abbia avuto una gran bella giornata… non è vero?» gli disse la vecchia.
«Tu chi sei?!» domandò Melanzo, con crescente timore nel corpo.
«Il mio nome è Emilisyr, serva fedele del grande Ghitamir.» disse la vecchia, facendo un inchino per poi tornare a voltarsi verso il cadavere del vecchio a terra.
Appena la vecchia si voltò, Melanzo corse verso la porta e la spalancò. Corse verso l’esterno, ma si ritrovò incredibilmente di nuovo dentro casa. Allora fece inversione e tornò indietro e ancora una volta si ritrovò dentro casa sua.
«C-Che sta succedendo?!» esclamò Melanzo confuso, guardandosi intorno.
«Perdona i miei metodi, ma non posso lasciarti andare.» disse la vecchia, chinandosi sul cadavere del padre di Melanzo ed immergendo due delle sue pallide dita nel sangue a terra.
«Ma cosa vuoi da me?! Perché mi hai inseguito fino in casa mia?!» sbraitò l’uomo.
«Cerco qualcuno che possa unirsi a me.» disse la vecchia, dopo che ebbe finito di disegnare uno strano cerchio col sangue del padre di Melanzo.
«Unirsi a te… per fare cosa?» domandò l’uomo.
Emilisyr gli si avvicinò.
«A liberare quest’universo dalla Luce.» rispose.
«Liberarlo… dalla Luce?» la osservò confuso l’altro.
«Guarda tu stesso.» disse Emilisyr poggiandogli un indice sulla fronte.
Dopo pochi secondi, Melanzo percepì una forte fitta alla testa.
«GHGH…GHAAAAAAAAAAAAAAAA!» urlò l’uomo. Il dolore sempre più forte.
La vista gli si annebbiò ma ben presto cominciò a vedere cose assurde: entità, esseri dalle forme inconcepibili e tutte loro erano radunate intorno ad un enorme essere oscuro, con un solo enorme e spaventoso occhio.
«Io… ti… vedo.» disse una voce nella testa di Melanzo, dopodiché non sentì e vide più nulla.
 
Riaprì gli occhi e si rese conto di essere inginocchiato al centro del simbolo che pochi minuti prima la vecchia Emilisyr aveva disegnato.
«Alzati.» gli ordinò proprio la vecchia ed egli lo fece.
Appena fu in piedi, il suo sguardo cadde su di uno specchio presente nella stanza. Quando vide il suo stesso riflesso Melanzo ci mise qualche secondo a riconoscersi.
Aveva assunto un’aria più grottesca di quanto non lo fosse prima, gli occhi erano iniettati di sangue e sorridendo notò che i suoi denti avevano assunto una forma più appuntita. La sua pella pareva parecchio più scurita ed egli stesso sembrava molto più alto ed imponente.
Ma anche nella sua mente era cambiato qualcosa: ora si sentiva decisamente meglio, ora si sentiva più libero.
«Bene, Melanzo.» disse la vecchia. «Ho bisogno di anime da poter utilizzare affinché il mio obiettivo venga raggiunto.»
«Certo, mia signora. Vi procurerò tutte le anime di cui necessitate.» disse Melanzo, per poi dirigersi verso la porta per uscire.
«Fa attenzione.» lo avvertì Emilisyr, prima che l’uomo abbandonasse la casa. «Ci sono esseri troppo forti su questo pianeta e che sarebbe meglio evitare.»
«E chi sarebbero?»
«Ricordi quella ragazzina che ti ha mandato al tappeto poche ore fa? Lei fa parte di loro.»
A Melanzo formicolarono le mani. Gli sarebbe piaciuto eccome prendersi la sua rivincita su quella stramaledetta mocciosa. La vecchia parve leggergli nella mente e gli si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla.
«Quando avrò adempiuto al mio dovere, avrai la tua occasione per fare di quella ragazzina ciò che vuoi.» disse Emilisyr.
Melanzo annuì, dopodiché fece un inchino alla vecchia e disse: «Per Ghitamir!», per poi uscire dalla porta.
«Per Ghitamir.» ripeté la vecchia, uscendo anch’essa dalla casa.
 

 
ANGOLO AUTORE
 
Ciao!
Dopo aver realizzato una One-Shot Slice of Life su AoT che nessuno si è cagato, torno con la coda fra le gambe nella sezione di DB con questa storiella dalle tinte “horror” (ma neanche tanto).
Non ho mai scritto niente del genere, e sinceramente non ho idea di cosa verrà fuori.
Probabilmente niente di buono.
Comunque sia, spero che a tutti coloro che sono riusciti ad arrivare fino a qui il capitolo sia piaciuto e spero di leggere vostre recensioni al riguardo.
Ah, e prima che qualcuno me lo chieda: questa fanfiction non fa riferimento né agli eventi di Super, né a quelli di GT, né a nessuna altra opera che deriva o che si pone come seguito del primo manga di Dragon Ball.
Fatemi sapere che ne pensate!
Al prossimo capitolo!
 
Mariusgon
   
 
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