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Autore: Swan_Time_Traveller    06/08/2022    0 recensioni
[Prequel su Eddie Munson, il primo di una trilogia, che presenta la famiglia di origine del personaggio e le vicende che hanno portato alla sua nascita.]
"Andarsene, in un posto lontano. Ovunque, purché i giudizi affilati della gente di Hawkins non la raggiungessero: nella mente di Liz però, quelle parole sarebbero risuonate ugualmente, a prescindere dal suo nuovo inizio. E davvero si parlava di questo, di un capitolo da aprire ex novo? Era tutto nelle sue mani, e tutto dipendeva da lei, inclusa la vita che nove mesi dopo avrebbe cambiato la sua esistenza per sempre: forse era proprio quello il punto, settembre. Il momento in cui quella nascita sarebbe stata concreta, l'attimo in cui sarebbe diventata una madre.
Le incognite erano però troppe, così come la vergogna, le lacrime versate mentre suo padre, Christopher Munson, le ripeteva di non tornare a casa mai più.
Tutto quel di cui Liz era sicura era scappare. Fuggire, allontanarsi per sempre da una cittadina che le aveva voltato le spalle, assieme alla sua intera famiglia."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eddie Munson, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The good, the bad and the caravan 

Nell'ultimo mese, dopo la discussione tagliente avuta in casa coi genitori, Wayne Munson aveva dedicato anima e corpo a rimettere in sesto il caravan che il suo datore di lavoro, con non pochi sforzi, era riuscito a rimediare grazie alcuni contatti del settore.

Erano state giornate letteralmente devastanti, che partivano in officina alle sette del mattino, per il consueto lavoro di manutenzione delle auto dei clienti, per proseguire più o meno tutto il giorno; dopodiché Wayne, sempre meno intenzionato a passare del tempo a casa, portava con sé dei panini o delle verdure già pronte, in modo da poter cenare direttamente in officina per rimettersi al lavoro sulla sua nuova dimora.

“Munson allora ci vediamo domattina. Ricordati di chiudere bene tutto ed il cancello principale, che l'altro giorno hai dimenticato aperto.” Blaterò il suo capo, spegnendo le luci in ufficio e infilandosi il cappotto buono che lasciava sempre piantato sull'attaccapanni: quella sera probabilmente doveva portare a cena sua moglie, ecco il motivo di tale scelta.

Wayne annuì, senza badare troppo al rimprovero che il capo gli aveva srotolato tra le righe: sapeva che gli stava concedendo l'officina a tempo illimitato, anche dopo la chiusura al pubblico di questa. E Wayne era consapevole del fatto che, senza un appoggio e degli strumenti del genere, il recupero del caravan sarebbe stato pressoché lontano e quasi impossibile, a partire dai costi.

Invece tutto sommato, nonostante i modi bruschi che il proprietario del luogo aveva, i favori li faceva volentieri a quei lavoratori che si impegnavano a sistemare le auto a regola d'arte: per quanto Wayne fosse considerato dai colleghi un po' strano, taciturno, poco incline ai commenti o ai pettegolezzi, tutti concordavano sul fatto che fosse un bravissimo meccanico e un attento operaio.

Il caravan era comunque a buon punto: era stato parcheggiato nella parte esterna dell'officina, viste le dimensioni, e dopo settimane di manutenzione sembrava davvero una casa mobile degna di nota. Persino i vetri sembravano nuovi, e con delle tende decenti al suo interno avrebbe certamente fatto ancora più bella figura: a Wayne però non interessava granché far vedere alla cittadina di Hawkins quanto si fosse ben sistemato (anche perché in quel caso avrebbe dovuto trasferirsi in una di quelle villette a schiera che stavano prendendo sempre più piede in zona), bensì lasciarsi alle spalle le quattro mura della casa dove era cresciuto e, se possibile, anche suo padre.

Rimaneva in sé un atteggiamento ambivalente nei confronti della mamma, esattamente come quello che animava Liz: Ella Munson non era mai stata una cattiva donna, anzi. Era in un certo senso l'opposto di suo marito, e ai figli non aveva fatto mai mancare l'affetto e un sorriso: questo però non bastava più, anzi. Con le ultime vicende, Ella non aveva fatto altro che confermare la sua posizione subalterna al marito, che non variava di una virgola nemmeno di fronte all'abbandono di una figlia e da quello prossimo del maggiore dei due.

Dispiaceva a Wayne lasciare sua mamma in balìa di quel maledetto avvocato? Certamente, ma dall'altra parte sapeva che Ella non avrebbe mai accettato di lasciare suo marito da solo, in quella casa. O di andarsene in generale.

 

Per fortuna la primavera ad Hawkins era ormai ben stabile, il che aveva garantito temperature miti anche la sera, permettendo a Wayne di terminare i lavori al caravan all'aperto, senza alcun impiccio metereologico: anzi, in alcuni momenti era necessario per lui fare una pausa, andare nel bagno adiacente all'officina e lavarsi un po' dal sudore che imperlava il viso.

E proprio quella sera, che poteva essere davvero una delle decisive per la realizzazione della sua nuova casa, nel giardino dell'officina fece capolino una sagoma, che Wayne riconobbe illuminata dal lampione principale: Davina Sinclair, accompagnata subito dopo da suo fratello, William.

Wayne salutò con un cenno e, dopo essersi ripulito le mani nell'asciugamano, si alzò e si avvicinò ai due.

“Ciao Munson.” Disse William, mentre Davina abbozzò un sorriso.

“A cosa devo la vostra visita?” Chiese Wayne, accennando un'espressione distesa, ma estremamente seria.

“Io ho accompagnato mia sorella.” Alzò le mani immediatamente William, mentre Davina, dopo averlo fulminato, replicò: “Pensavamo di andare a trovare Liz. Sono riuscita a mettermi in contatto con lei grazie al dottor Halliwell, abbiamo parlato al telefono anche l'altro giorno. Penso abbia bisogno di noi.”

Wayne sospirò e annuì.

“Mi chiedevo se volessi venire anche tu, del resto sei suo fratello e so che le manchi molto.” Aggiunse Davina, con un filo di preoccupazione. Il più grande dei Munson si schiarì la voce e, dopo aver invitato i due fratelli a entrare in ufficio per sedersi, scaldò un po' di caffè e offrendolo, iniziò a spiegare: “Purtroppo per me è fuori discussione, fino a settembre. Ho provato a convincere il capo, ma non c'è stato nulla da fare. In compenso, per la nascita del bambino dovrei essere a Dallas e rimanere un po'. Poi si vedrà.” Fece un respiro profondo, e sorseggiò un po' di caffè.

Davina Sinclair assunse un'espressione dispiaciuta, poi disse: “Certo, capisco. Che peccato però. La cosa buona è che se ci riusciamo ad organizzare, lei non sarà mai da sola. So che ha trovato un buon lavoro, e a casa Halliwell ha un buon rapporto con la signora Eleanor, ma non sono certa che possa essere una soluzione valida anche dopo ... Settembre.”

Wayne appoggiò il bicchiere di caffé e replicò: “Ovviamente no. Per questo sto sistemando il caravan. Non sarà lo spazio ideale per un bambino, ma è grande e possiamo seriamente considerare di trasferirci insieme lì. Elizabeth ancora non lo sa, gliene parlerò.”

William Sinclair commentò: “Considerato che mia mamma lavora nell'ufficio assistenziale, sai che potete confidare sul nostro aiuto. Una volta accertate le condizioni del caravan, e Liz permettendo, non penso sarà un problema far vivere il bambino lì, almeno provvisoriamente.”

Davina annuì ed esclamò: “Certo che io ancora non posso credere che se ne sia andata. Che ...” Si bloccò, dopo aver guardato Wayne negli occhi: non voleva certo puntare il dito contro le persone che, alla fine dei conti, erano comunque i genitori sia della sua migliore amica, sia del ragazzo che aveva davanti a sé. Wayne rise amareggiato e concluse: “Che i miei l'abbiano cacciata fuori come un animale? Già, non ci si può credere finché non si conosce abbastanza quella merda di mio padre.” Le ultime parole vennero quasi sputate da lui, e fecero cadere per qualche minuto il silenzio.

“Quando pensavate di andare a Dallas?” Incalzò Wayne, curioso.

William alzò le spalle e rispose: “Mio padre potrebbe riuscire ad aiutarci coi mezzi per questa estate, a giugno. Appena concludiamo la scuola, sarebbe perfetto. Mi stavo solo chiedendo ...” Davina lo fulminò con lo sguardo, come se avesse già capito cosa balenasse nella testa di quel balordo di suo fratello.

“Ah dacci un taglio Will.” Esclamò lei, con disapprovazione. Wayne continuava a guardare i fratelli Sinclair confuso, perché chiaramente non stava capendo bene la dinamica della conversazione.

Quando i due se ne accorsero, Davina alzò gli occhi al cielo e imprecò: “Dai, chiaramente non sai fare a startene zitto! Parla e spiega, santo cielo.”

“Non posso avere delle perplessità o dei dubbi, scusa?!” Lamentò William, che però decise di andare al sodo vedendo con la coda dell'occhio Munson spazientirsi (non era certo famoso per tollerare più di tanto i giri di parole).

“Da quando è successo... Il tutto, mi sono sentito in qualche modo responsabile. Insomma, la festa era mia e ... Sì dico, so chi ho invitato.”

Wayne aprì le braccia come per incitare Sinclair ad arrivare al punto della faccenda.

“Sta parlando del padre del bambino.” Saltò su Davina, quasi più esasperata di Wayne stesso. Quest'ultimo si richiuse subito in se stesso e, deglutendo, riuscì solo a commentare: “Ah.”

William sospirò e ribatté: “Sì, in senso ... Magari le cose potrebbero prendere una piega diversa se si coinvolgesse anche lui. Insomma, non sa assolutamente niente di quel che è accaduto, essendo anche poco in città non credo si sia accorto che Liz è andata via.”

Davina sbottò: “Ma dai! Quanto puoi essere ingenuo William?! In quale accidente di mondo secondo te sarebbe utile coinvolgere una persona che nemmeno ha un lavoro vero? E poi quello che conta è il volere di Elizabeth, e lei ha espresso chiaramente l'intenzione di non dire proprio un accidente a quello svitato!” 

Wayne sgranò gli occhi: non sapeva se essere più sconvolto dal fatto che i Sinclair sapessero chi fosse il ragazzo col quale sua sorella era stata quella notte, o dal commento che Davina aveva dedicato al tizio in questione. 

“Immagino tu voglia saperne di più.” Disse William, ignorando totalmente lo sfogo di sua sorella e guardando negli occhi Wayne, il quale scosse la testa e rispose: “Penso che meno ne so, meglio sto.” 

Si sentì un verso compiaciuto provenire dalla bocca di Davina, che incrociò le braccia sfoderando un sorriso beffardo che il fratello evitò di osservare, per non aumentare l'irritazione. 

“Però dall'altra parte mi chiedo se questo ... Questa persona, non meriti di sapere la verità. In fin dei conti, se siamo certi che è il padre ...” Ragionò ad alta voce Wayne Munson, cercando quasi istericamente una sigaretta nelle tasche, che trovò e appicciò immediatamente. 

Will abbozzò un sorriso soddisfatto, di rimando a quello sfoderato dalla sorella, la quale invece, totalmente indignata, esclamò: “Ah, ah, no way! Siete impazziti per caso?! A parte che certo che è quello il padre, con quanti altri pensi che sia andata tua sorella, esattamente?” Aspettò un istante per proseguire, ma Wayne non osò rispondere, anche perché non voleva nemmeno entrare nell'argomento, sebbene ci fosse già dentro fino al collo. 

“E comunque, non è questo il punto! Il punto è che il volere di Liz viene al primo posto, e lei ha espressamente detto che non vuole coinvolgerlo! Il primo di voi che prova a farsi venire un'idea diversa passerà le pene dell'inferno. E ve lo garantisco io.” 

 

I Sinclair non tardarono a lasciare l'officina e Wayne al proprio lavoro, ma quest'ultimo fu grato ai due di essere passati, anche se non glielo disse apertamente: il fatto che a giugno sua sorella avrebbe ricevuto una visita di qualcuno tra i suoi affetti più cari, chiaramente lo rendeva felice. 

La conversazione avuta con i Sinclair aveva però sollevato in lui alcune questioni, dubbi e pensieri ai quali difficilmente avrebbe dato pace quella sera: non aveva pensato, fino a quel giorno e quasi paradossalmente, al ragazzo che sua sorella aveva incontrato alla festa del 5 dicembre. Non aveva un volto nei pensieri di Wayne, e ancora nemmeno un nome, perché Davina se n'era guardata bene dal farselo sfuggire. 

Il fatto che però fosse stato definito uno svitato, forse era motivo di preoccupazione? No, nemmeno per sbaglio: quante volte anche Wayne si era sentito apostrofare in quel modo, specialmente a scuola? Innumerevoli. Eppure non si riteneva una brutta persona, anzi. Forse anche il tizio di quella sera non era male e forse ... Davvero avrebbe avuto il desiderio di sapere cos'aveva lasciato dietro sé, inconsapevolmente. 

Wayne cercò di scacciare quelle riflessioni rimettendosi al lavoro sul caravan, e spingendo tutte le sue energie nella realizzazione di quella che poteva davvero diventare il posto felice del nuovo ramo dei Munson. 

 

 

A centinaia di chilometri di distanza, quella sera Elizabeth Munson stava leggendo The Great Gatsby di Scott Fitzgerald: ne aveva sentito così tanto parlare che, nella sua vita di accanita lettrice, non aveva ancora avuto occasione di leggerlo. Le stava proprio piacendo, sebbene avesse qualche dubbio circa il protagonista della storia. 

“Devi dare una possibilità a Gatsby, Elizabeth.” Commentò Edward Halliwell, che quella sera era rimasto a cena dalla zia e aveva deciso di passare il dopo cena in salotto con la giovane ed Eleanor, che aveva già spento e acceso due sigarette, una dietro l'altra. 

Liz abbozzò un sorriso e, chiudendo il libro, replicò: “Non lo so, non riesco ad inquadrarlo. E' un tipo... Strano. Con mille misteri e punti d'ombra. Non mi era ancora capitato di avere a che fare con un soggetto del genere.” 

Eleanor rise e, con voce rauca, commentò: “Il mondo ne è pieno cara! Ne incontrerai parecchi sulla tua strada. E imparerai a conoscerli presto. L'esperienza aiuta.” Liz sogghignò e, con una punta di amarezza, replicò: “Diciamo che finora l'esperienza mi ha dato dei begli schiaffi in faccia ma... Suppongo che ho solo da imparare.” 

Edward scosse la testa e, dopo essersi riempito il bicchiere di whisky, disse: “Mi raccomando, per evitare errori e dimenticanze, ti ricordo la cosa più urgente: prossima settimana visita di controllo. E chissà...” 

Liz sgranò gli occhi ed esclamò: “Dice che finalmente sapremo il sesso del bambino?!” 

Del resto, tra una cosa e l'altra, era davvero arrivato maggio, e teoricamente il controllo prossimo poteva rivelare finalmente ciò che tutti stavano aspettando: Davina aveva litigato con suo fratello William, mentre era al telefono con Liz qualche sera prima, e aveva scommesso sul fatto che sarebbe stata femmina. 

“Mio fratello spera proprio che sia un maschio.” Proseguì Liz, dando voce ai suoi pensieri e generando sia in Eleanor che in Edward, un sorriso genuino. 

“Basta che stia bene, e al momento mi sembra che non ci si debba lamentare. Comunque, staremo a vedere cosa riserva questa visita.” Concluse Edward Halliwell, sorseggiando il whisky e rivolgendo un'occhiata paterna a Elizabeth, che annuì, con un filo di malinconia. 

 

Quando fu il momento di coricarsi, Liz chiuse la porta della camera dietro le spalle, senza tuttavia fare la stessa cosa coi pensieri: il fatto che di lì a poco avrebbe scoperto il sesso della creatura che stava crescendo in lei, stava in qualche modo dando forma a qualcosa che prima o poi sarebbe diventata concreta, e reale. 

Paradossalmente, pur essendo ben conscia di quel che stava accadendo (come non esserlo, dopo aver visto i genitori cacciarla di casa?), la nascita del bambino sembrava qualcosa di talmente lontano da rendere tutto più simile ad un sogno, ad una storia parallela che altro. 

Improvvisamente, infilandosi sotto la coperta, Liz si sentì spaventata: la mente viaggiava così veloce in quel momento da darle addirittura palpitazioni al cuore. 

Deglutì rumorosamente e, nel tentativo di riordinare i pensieri e le immagini, le balzò quella unica ed improvvisa di Robert: era ancora vestito con la sua camicia stropicciata, bianca, che lei gli aveva sfilato ad una velocità unica quella sera. 

Non potevano essere passati già cinque mesi, perché i contorni del 5 dicembre, sulla panchina del lago di Hawkins, erano nitidi e perfettamente fissi nella sua mente. 

Per un attimo, Liz sentì il bisogno di tornare in quel preciso istante, tra quelle braccia, sebbene non fosse amore, ma solo calore e sensazioni intense. 

Scosse la testa, così come per scrollarsi di dosso tutto ciò e, quando chiuse gli occhi, l'immagine di Robert scomparve in un battito di cuore.

   
 
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