Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Rosette_Carillon    08/08/2022    1 recensioni
Una sera di fine agosto, una grande villa immersa fra le colline e due donne innamorate.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Il convento di Santa Scolastica'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                                                                                                                           
   
                                                                                                         Villa Serena











 
 
 
Risate allegre riecheggiano nella vecchia villa, due donne si rincorrono e scherzano.
Mani si allungano per afferra lunghe maniche, gonne che si gonfiano sollevate dal fresco vento di fine agosto.
La suora mancata e la pazza.
Hanno i capelli slegati. Entrambe. Se li scostano dal volto con gesti composti, o movimenti secchi della mano.
I lunghi capelli corvini di una le danzano attorno in morbide onde, quelli castani dell’altra, invece, la circondano come un’ordinata criniera leonina.
Hildegard ride forte, si allontana evitando le mani che si tendono per afferrarla, e ride ancora vittoriosa.
Ophelia la lascia vincere: dopotutto, le basta sentire la sua risata allegra per essere soddisfatta. È davvero un bel suono. Quella risata è contagiosa, e le mette addosso un’allegria che non avrebbe mai pensato di poter sperimentare.
Il sole comincia a tramontare dietro le colline, e le ombre si allungano sui pavimenti in marmo della villa.
Un’improvvisa folata di vento, più forte delle altre, entra dalle alte finestre gonfiando le tende.
La fine dell’estate si avvicina, e l’autunno porterà con sé tante felici novità perché quei mesi tiepidi possano essere rimpianti. L’unico timore è quello di dover rinunciare a quell’intimità che hanno imparato ad amare.
<< Quanto tempo abbiamo? >>
Hildegard si ferma, e la preoccupazione che vede nel volto dell’altra donna congela il sorriso che le aveva illuminato il volto. << Chi può saperlo? >> dice poi volteggiando in mezzo alla sala. Si ferma davanti a Ophelia e sorride << non possiamo sapere quanto tempo ci è dato vivere su questa terra, ma possiamo goderne fino all’ultimo istante. >>
Eccola, la suora mancata.
Silenziosa e stanca del mondo abbastanza da rifugiarsi nel convento che l’aveva accolta da bambina, salvandola.
Religiosa e remissiva abbastanza da cambiare nome, pregare con le suore a tutte le ore e invocare lo Spirito Santo per concederle il dono della vocazione religiosa, per chiudersi definitivamente fra le antiche mura del Convento di Santa Scolastica, la testa coperta da un velo, a insegnare alle bambine sordomute.
Non abbastanza, però.
I voti non li aveva mai presi e, nonostante avesse cambiato il suo nome, era rimasta una semplice insegnante.
Ophelia si guarda attorno, e si ferma rivolgendo lo sguardo verso una delle grandi finestre. Davanti a lei ci sono verdi colline, un giardino fiorito, e il silenzio della sera.
Poco più di due anni prima la prospettiva più rosea che aveva era il suicidio per avvelenamento: tutto sarebbe stato meglio, piuttosto che la follia in cui la sua matrigna l’aveva spinta lentamente e crudelmente.
Non vuole più dover rinunciare a nulla.
Hildegard la abbraccia da dietro. << Immagino che la tua domanda fosse più concreta, >> mormora dolcemente << non abbiamo ancora un telefono… domani scriverò a suor Agnes per sapere quando le altre suore ci raggiungeranno con le bambine. >> Sarà in autunno, lo sanno già, ma sperano sarà nel mese di ottobre. Il più tardi possibile. << Sei davvero sicura di voler dare questa bella villa al convento? >>
<< Non la sto dando a un convento, la sto dando a delle bambine orfane, sordomute, >> raggiunge le mani dell’altra donna e le stringe delicatamente con le sue, << che hanno bisogno di una casa, e di un luogo in cui possano imparare a comunicare col mondo, >> si volta in quell’abbraccio gentile, e le sue mani si allungano verso i fianchi di Hildegard. << Sempre che comunicare sia ciò che vogliono, >> termina con uno sguardo eloquente.
L’altra scioglie l’abbraccio e si allontana per chiudere le finestre << sono stata una stupida. >> Con una mano si tiene i capelli, mentre la gonna del vestito danza attorno a lei.
Ophelia la ferma. Le prende una mano, per attirare la sua attenzione, e non la lascia più andare tenendola fra le sue << il silenzio era un tuo diritto. >>
Il grande orologio a pendolo batte le ore, e dalla valle arriva il suono solenne delle campane.
È l’ora dei Vespri, la giornata è quasi terminata.
<< Pregherai con me, Ophelia? >>
<< Pregare non fa davvero per me >> con sguardo colpevole solleva una mano e le accarezza piano una guancia << ma ti ascolterò. Forse la tua voce, le tue preghiere e i tuoi canti mi schiariranno le idee. >>
Hildegard non dice nulla, sorride e si allontana per chiudere le finestre prima di lasciare la stanza. Ophelia la segue fuori, lungo il corridoio, in quella che è stata da poco trasformata in una piccola cappella.
Hildegard si inginocchia all’inginocchiatoio in legno, sul gradino imbottito. Apre il breviario che aveva lasciato lì sopra, e inizia a recitare.
È ormai da due settimane che fanno così, da quando hanno lasciato il convento di Santa Scolastica per trasferirsi assieme in quella villa fra le colline.
Le suore che si trasferiranno lì in autunno hanno deciso di ribattezzarla Villa Serena: un nome che porta con sé un augurio per i tempi che verranno.
Il convento di Santa Scolastica diventerà un semplice convento, e la Villa sarà una scuola e un pensionato. Una casa per le suore che insegneranno lì, per lei e per Ophelia.
È lei che devono ringraziare per quella villa: era sua. Era l’eredità lasciatale dal padre, quel padre che, pur adottivo, l’aveva amata incondizionatamente.
Hildegard la ricordava sempre nelle sue preghiere, e ringrazia il Signore per averle fatte incontrare.
<< Eulalie. >>
La donna solleva la testa dal breviario, resta in ginocchiata e si volta a guardare l’altra donna che, sentendosi in colpa per aver interrotto la preghiera, si stringe nelle spalle come per farsi piccola e potersi nascondere. << Era il mio nome, >> si sente in dovere di rispondere allo sguardo interrogativo dell’altra << prima che la signora Rosier me lo cambiasse, quando mi ha adottata. >>
La signora Rosier…tanto crudele quanto suo marito era stato buono. Hildegard non la ricordava mai nelle sue preghiere, perché ancora non era riuscita a perdonarla, e sperava solo che all’inferno avrebbe ricevuto la giusta punizione.
Eulalie.
Annuisce, e riprende a pregare.
Hildegard non è il suo vero nome, l’aveva scelto lei, in onore della santa di Bingen, ma ricorda ancora il tempo in cui la chiamavano Nova.
Non vuole indietro quel nome pagano, le va bene quello nuovo.
Mentre canta, sente Ophe-Eulalie avvicinarsi, allora si scosta di lato come può, e le fa spazio nell’inginocchiatoio. Continua a pregare con la donna al suo fianco.
Quella piacevole intimità finirà presto. Oppure no…non sa davvero cosa il futuro riserverà loro.
Dovrebbero essere contente per quelle settimane che hanno avuto, e lo sono, ma la paura di doversi nascondere è tanta.
Hildegard canta, la sua voce riempie la stanza. Eulalie, che ora le tiene una mano, immagina quel suono riecheggiare fra le colline.
Quando si erano conosciute, Hildegard era muta. Aveva deciso di rifugiarsi nel silenzio, incapace di trovare le parole dopo ciò che la vita le aveva fatto affrontare.
Solo le persone più vicine a lei sapevano che, facendo attenzione, la sua voce poteva ancora essere udita alle prima luci dell’alba, quando si cantavano le lodi, o durante le ore successive, fino ai vespri del tramonto, ma solo per cantare preghiere a quel dio in cui non aveva mai perso la fiducia.
Erano tante le persone, le suore, che l’avevano creduta sordomuta, e che erano rimaste stupite nel sentire la sua voce quando, pochi mesi prima, aveva deciso che quel silenzio in cui si era chiusa stava cominciando a soffocarla.
La prima a udire la sua voce era stata Eulalie, che aveva creduto di esserselo sognata, e non aveva detto nulla, perché quella voce l’aveva udita mentre pregava, e si era vergognata di essere stata spettatrice silenziosa di quel momento privato.
Quella preghiera si era trasformata in una supplica disperata all’arrivo di suor Agnes, che aveva cercato di convincere Hildegard ad alzarsi e lasciare la cappella.
Quei giorni era morta una suora, ma il dolore della donna non era quello del semplice lutto.
<< Ho una maestra che percepisce la morte, >> le aveva spiegato la suora con noncuranza, quella sera, dopo che erano riuscite ad accompagnare Hildegard nella sua stanza e a calmarla abbastanza perché si addormentasse.
<< Prego? >>
La suora si era stretta nelle spalle << quando una persona vicina a lei sta per morire, lei lo sa. Qualche volta sa anche quanto tempo resti da vivere a quella persona. Pochi giorni…una settimana…e per lei comincia l’agonia che termina con lunghe preghiere per chiedere il perdono per chissà cosa… È già successo, me l’ha confidato fin da subito temendo fosse opera del diavolo.  non posso dirvi altro. Non so altro. Non è pazza, e non è nemmeno una maledizione, come teme lei, >> aveva continuato, accennando con la testa alla donna che dormiva nel letto. << Di certo non lo definirei un dono…credo si tratti semplicemente di una qualche sensibilità. Non sono una donna di scienza, né conosco i misteri della mente umana. Lei non l’ha mai accettato e, sinceramente, credo che non ce la farei nemmeno io. >> Era rimasta in silenzio per un lungo momento, poi si era rivolta nuovamente a Eulalie << grazie. Quando entra in quello stato di agitazione e comincia a pregare senza sosta è davvero difficile farla ragionare e calmarla. Credo proprio…credo proprio che vi abbia presa in simpatia. >>
Oh, sì, in simpatia…chissà se la suora aveva davvero capito quando era forte quella simpatia.
Forse sì, forse aveva capito, altrimenti non le avrebbe mandate da sole, fra le colline, per iniziare a sistemare la villa.
Hildegard tace. Ha terminato di pregare. Chiude il breviario, e si mette in piedi, una mano avvolta ancora fra quelle di Eulalie. << Andiamo a preparare la cena. >>
L’altra annuisce in silenzio.
Suo padre le aveva lasciato quella villa immaginando vi si sarebbe trasferita dopo il matrimonio. Chissà cosa penserebbe di lei, se la vedesse ora. E tuttavia lui le aveva sempre detto che si sarebbe dovuta sposare per amore.
Non si era sposata, non era con un uomo, ma l’amore l’aveva trovato. Dopotutto andava bene anche così, no?
Probabilmente la signora Rosier avrebbe trovato un altro motivo valido per accusarla di essere pazza, avrebbe cercato nuovamente di convincerla che l’unico posto adatto a lei fosse il manicomio.
C’era quasi riuscita una volta...
Però c’era stato Thomas a salvarla. Era sempre stato un bravo fratello maggiore, e la sua presenza le era mancata infinitamente quando lui si era sposato ed era andato via di casa.
Si era sempre preso cura di lei, però, e non aveva esitato a denunciare la sua stessa madre.
Le mani di Hildegard sul suo volto la riportano al presente << ti preparo della camomilla dopocena? Lavanda? Fiori d’arancio? Questa notte ti sei agitata nel sonno, hai fatto dei brutti sogni? >>
Dormire assieme è, quasi certamente, una di quelle cose a cui dovranno rinunciare.
<< Fiori d’arancio… >> le prende le mani fra le sue << i fiori delle spose…mi vuoi chiedere qualcosa?  >>
Hildegard sbuffa << come se potessimo… >>
Si avvicinano in silenzio, nel buio della sera, l’una con la fronte contro quella dell’altra.
 
 

 
 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Rosette_Carillon