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Autore: eeuphoria    11/08/2022    0 recensioni
[semishira]
Quando arriva il freddo, il viso pallido di Shirabu acquista colore. Le guance paiono pesche, così tonde e rosee, e la punta perfetta di quel naso piccolo e carino si tinge di un rosso delicato. Eita va fuori di testa.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eita Semi, Hayato Yamagata, Kenjiro Shirabu, Tendo Satori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando arriva il freddo, il viso pallido di Shirabu acquista colore. Le guance paiono pesche, così tonde e rosee, e la punta perfetta di quel naso piccolo e carino si tinge di un rosso delicato. Eita va fuori di testa.

Se Shirabu fosse suo riempirebbe quel viso bellissimo di baci. Con le labbra sfiorerebbe ogni singolo millimetro di pelle; ne assaporerebbe la morbidezza e il calore, beandosi del profumo sublime -quell’odore fresco che lo avvolge e si lascia alle spalle dopo ogni passo. E il sapore. Quale sapore avrà la sua pelle? è il pensiero con cui Eita si addormenta la sera, la più dolce delle tentazioni che lo perseguita nel sonno, il desiderio che lo porta ad aprir gli occhi la mattina.

Un giorno -per caso e all’improvviso- le cose tra loro due potrebbero cambiare, e allora forse scoprirebbe la risposta alla sua domanda. E riempirebbe il viso che tanto ama di baci.

Non è altro che una bugia che racconta a sé stesso, camuffandola da vana speranza, solo un castello per aria che ha costruito con mattoni di sogni ad occhi aperti. E, mattone dopo mattone, il castello è ormai una reggia e tra le sue mura Eita si rifugia di continuo.

Lontano dalle fantasie su quella pelle morbida e profumata, nella vita reale, Shirabu lo odia.

Anche lui vorrebbe odiarlo. Vorrebbe odiarlo di nuovo, come all’inizio. Era molto più facile allora, prima che il suo cuore si ubriacasse di quel ragazzo; gli occhi chiari non significavano nulla, la frangetta irregolare era solo strana e non adorabile, e alla pelle e al profumo non faceva caso.

Ma ora osserva la figura nel cortile della scuola -il bel viso nascosto per metà da una sciarpa grigia- e pensa che non è possibile. Non può odiare Shirabu Kenjiro; e se davvero c’è stato un tempo in cui l’ha fatto, allora deve essere stato cieco e folle.

«Lo stai fissando» Tendo lo trascina con la forza lontano dai suoi pensieri, costringendolo alla realtà.

Affacciato alla finestra della sua classe, Eita sente il viso congelato dall’aria di dicembre.

Si passa con poca eleganza un dito sul naso infreddolito (la sua attenzione è rivolta ad un altro, di naso, molto più carino del suo).

«Lo so» sbuffa.

Non ha bisogno del suo amico che gli ricordi di quanto sia patetica tutta quella situazione, lo sa già. I suoi occhi sono continuamente alla ricerca di Shirabu, e vive della sua immagine.

«Se n’è accorto»

«Merda»

Due piani più sotto, uno sguardo ben più gelido di dicembre è puntato verso di lui. Eita si allontana dalla finestra come nulla fosse, fa due passi indietro, va a sbattere contro un banco.

«Non sei per niente discreto» Tendo ride, malizioso. «E prima o poi il nostro caro Bubu collegherà tutti i puntini»

«No, invece, è esattamente il contrario. Pensa che io lo odi»

Lancia un’occhiata fugace al giardino; Shirabu si allontana. Non merita la sua attenzione, uno come Semi Eita, non per più di uno sguardo.

Lo segue con gli occhi finché non scompare dentro l’edificio; un istante prima di perderlo di vista, scorge una chioma bionda al suo fianco. L’invidia gli sbrana lo stomaco.

Shirabu passa tantissimo tempo con Kawanishi. Condividono la stanza in dormitorio, li vede sempre insieme durante le pause, agli allenamenti del club sono spesso in disparte a confabulare tra loro.

Eita sa di non averne alcun diritto, ma è geloso. Geloso da morire. Kawanishi conosce tutto di Shirabu; ha la sua fiducia, la sua attenzione, il suo affetto. Condividono un mondo tutto loro ed Eita non è altro che un estraneo. Shirabu -con quel viso bellissimo, la punta rossa del naso, la pelle invitante- non gli appartiene.

Torna al suo banco. Ora che non ha più ragione per stare alla finestra sente il freddo che si infila, meschino, sotto la divisa e non lo sopporta. Tendo lo segue, si appoggia al bordo del banco e lo fissa in silenzio per qualche secondo.

«Se posso esprimere il mio modesto parere…»

«Non puoi» lo interrompe. «Forse è meglio così» dice in un sospiro -che non è rivolto proprio a se stesso, ma neanche al suo amico.

Se Shirabu scoprisse la verità, lui che già non gli riserva altro che disprezzo, chissà cosa potrebbe succedere. Eita è un po’ un codardo, e non vuole saperlo.

Continuerà ad osservarlo da lontano, mentre l’ultimo inverno si trasforma nell’ultima primavera, e quando avrà concluso l’anno e sarà lontano da quella scuola forse riuscirà finalmente a liberarsi dalla sua maledizione. Ancora pochi mesi, si dice. Poi non lo rivedrà mai più. Suona un po’ come una minaccia, a dire il vero.

«Sei crudele, a lamentarti delle tue pene d’amore con quella in mano» Tendo ammicca alla lettera che le sue dita stanno torturando mentre i suoi pensieri torturano lui.

«Non dovresti tornare alla tua sezione?» sbotta.

«La pausa non è ancora finita, non ti libererai di me così facilmente»

«Sfortunatamente, lo so»

La busta è di una carta particolare, delicata e morbida al tatto, ma lui l’ha tutta spiegazzata, rovinata, distrutta.

La compagna di classe che gliel’ha fatta avere ha detto che è da parte di una studentessa di seconda. Gli ha detto anche il nome, ma l’ha già dimenticato.

Alle ragazze Semi piace, ma a Semi le ragazze non piacciono. Gli piacevano, prima di Shirabu. Gli piacciono ancora, forse, solo non quanto Shirabu. Shirabu gli piace più di qualsiasi altra cosa al mondo (c’è da impazzire).

Aprendo la busta la carta si strappa. Ha rovinato qualcosa che è stato preparato con cura solo per lui, una lettera che, sa, custodisce sentimenti intimi e profondi. È questo che Eita fa, rovina tutto ciò che tocca.

Farebbe bene a stare lontano da Shirabu, se non vuole distruggere anche qualcosa di tanto perfetto -ma è troppo egoista per compiere un sacrificio del genere.

Impedisce a Tendo di sbirciare quel foglio, sarebbe come violare le confessioni che racchiude. Una ragazza che non conosce lo ha scelto come confidente dei suoi segreti, nonostante Eita sia un distruttore. Farà il possibile per preservare quel cuore innocente che gli viene offerto su di un piatto d’argento e che sicuramente lui non merita.

Trascorre il resto della pausa a leggere quelle parole, studiarle con attenzione -tanto immerso nei propri pensieri, non nota neanche il momento in cui Tendo se ne va.

È frustrante: in quei sentimenti brucianti rivede se stesso.


 

 *

 

 La neve inizia a cadere al suono della campana, si appropria del giardino ormai vuoto mentre gli studenti riempiono le classi.

Kenjiro fissa il libro di matematica e il quaderno degli appunti allineati in ordine sul suo banco. Le dita giocano con la penna e aspetta solo l’inizio delle lezioni del pomeriggio, che lo distraggano dal casino che ha preso forma nella sua testa. Ha bisogno distogliere la mente da pensieri indiscreti e per qualche ora far finta che non esistano.

Aveva una lettera d’amore in mano. Kenjiro l’ha vista bene, nonostante la distanza.

Non che ne sia sorpreso, Semi è popolare. Come potrebbe non esserlo? Ha quei capelli disordinati, color biondo cenere, che sembrano così morbidi e per cui Shirabu sarebbe disposto a dare qualsiasi cosa, pur di poterci immergere le mani una volta sola. E ha gli occhi scuri che quando brillano sono un incanto, e un corpo atletico e bello che tante volte ha sbirciato di nascosto, nello spogliatoio del club, pregando che nessuno lo notasse. E poi è un musicista, canta e sa suonare la chitarra; sono cose che alle ragazze piacciono (la sua voce farebbe impallidire le sirene).

È irrealistico che un ragazzo come lui passi inosservato. Kenjiro lo vorrebbe tutto per sé, almeno.

Nevica, eppure c’è il sole. Il cielo è così azzurro che potrebbe essere estate, ma quel colore limpido ha una sfumatura strana; dà una sensazione di gelo.

Shirabu non si direbbe un amante del freddo, eppure il gelo che si insinua fin nelle ossa e gli fa sentire la vita… quella sensazione gli piace. Quando l’inverno tinge il mondo di un colore talmente chiaro che viene da pensare non sia vero, i brividi sulla pelle sono promemoria della realtà. Allo stesso modo Semi Eita, quel ragazzo che pare figlio di un sogno -come il principe uscito da una fiaba per divertirsi a giocare con il suo cuore- anche lui è reale.

La neve continua ad accumularsi agli angoli del cortile, sul tetto, sulle cornici delle finestre, e poi cessa. L’accademia Shiratorizawa si veste di un manto bianco all’altezza del suo nome.

Poco prima che la campana suoni l’occhio di Kenjiro cade sul cortile. Errore fatale. C’è un ragazzo che deve aver chiesto il permesso per uscire prima della fine dell’ora, si aggira solitario tra la neve e gli edifici, scompare dietro la mensa. I pensieri che ha tenuto a freno con tanta fatica esplodono all’improvviso.

La campana suona cinque minuti esatti più tardi, Kenjiro si precipita fuori dalla classe con una foga che non gli appartiene -a lui che è sempre così educato e composto- giù per il corridoio e le rampe di scale. E pazienza Taichi con cui avrebbe dovuto andare agli allenamenti e che invece ha lasciato da solo senza neanche avvisare, dentro di lui infuria una sensazione che non è in grado controllare.

Raggiunge l’edificio della mensa e si nasconde dietro lo stesso angolo dove Semi è scomparso. Respirando piano, tende le orecchie per origliare una conversazione che non lo riguarda. L’ultima parte razionale del suo cervello gli sussurra che forse è finalmente impazzito del tutto.

Le lezioni sono finite. Nel cortile della scuola, immerso nel candore della neve, Shirabu assiste a una confessione.


 

 * 




«Non posso accettare i tuoi sentimenti, mi dispiace»

Il freddo che si insinua sotto la divisa gli fa tremare la voce e rimpiangere di aver dimenticato la giacca in classe.

Quella ragazza di seconda è davvero carina; ha due trecce di capelli scuri e le guance rosse d’imbarazzo. Tiene lo sguardo basso, un po’ pare terrorizzata -e sì che l’ha invitato lei dietro la mensa alla fine delle lezioni, nei pochi minuti prima dell’inizio dei club, ma forse quello era davvero tutto il coraggio che aveva a disposizione e ora l’ha esaurito. Eita cercherebbe di calmarla, ma sa benissimo di essere lui la causa di quella situazione.

All’improvviso si rende conto di quanto sia cresciuto da che ha messo piede al liceo per la prima volta. Allora non avrebbe rifiutato un invito (o forse sì, ma solo per puro compiacimento personale, per sentirsi ancora più desiderato -un grandissimo bastardo).

Ha sempre amato essere popolare, ricevere le attenzioni delle ragazze e l’invidia dei compagni. È fatto così, lui che sente di essere nato per stare sotto i riflettori, brama l’attenzione su di sé. Ma conoscere Shirabu, e innamorarsene… ora che ci pensa bene gli ha davvero cambiato la vita.

È stato come ricevere uno schiaffo, in pieno volto e abbastanza forte da inculcargli un po’ di senno in testa. È andato a sbattere contro un tipo di dolore di cui sapeva l’esistenza, ma che non aveva mai provato sulla sua pelle. Ha scoperto sentimenti mai provati prima, ardenti con un’intensità spaventosa, e il sapore amaro dell’amore. In qualche modo è maturato.

Per questo, solo per questo -solo per merito di Shirabu- ora sta parlando ad una ragazza scossa dai singhiozzi con la voce più gentile che gli riesca; e desidererebbe potersi cancellare dalla sua memoria per non farla soffrire più di così.

«Ecco… c’è già qualcuno che mi piace» aggiunge, come se in qualche modo potesse consolarla. (Ha l’impressione di star riducendo Shirabu e tutto ciò che significa per lui ad una mera giustificazione).

Lei risponde confusamente, ringrazia, si scusa, con la voce stridula e rotta e gli occhi pieni di lacrime. Poi se ne va, in fretta e a testa bassa.

Eita la guarda allontanarsi e sospira. Sapeva che non sarebbe potuta finire altrimenti, ma sa anche di non valere quelle lacrime, né quei sentimenti. Quella ragazza meriterebbe molto di più.

Si passa le mani tra i cappelli come se già non fossero abbastanza disordinati. Tra cinque minuti farà meglio ad affrettarsi e raggiungere la palestra per gli allenamenti pomeridiani, e poi dovrà resistere tre ore alla presenza di Shirabu Kenjiro. Gli servono, quei cinque minuti.

Rumore di passi alle sue spalle; prima ancora che possa voltarsi, Yamagata lo affianca con una scatola di pocky in mano e tre in bocca.

«Che spezzacuori» commenta ridendo, ma gli posa una mano sulla spalla ed Eita sa che quella presa decisa è il suo modo di confortarlo.

«Cosa ci fai tu qui?»

«Merenda prima del club» i pocky tra i denti scompaiono in un istante e vengono sostituiti altrettanto in fretta. «Ok che se arriviamo in ritardo il coach ci scanna, ma la poverina è in lacrime. Non la segui neanche?»

Gli occhi del libero si spostano dalla direzione in cui la ragazza si è allontanata a Semi.

«Peggiorerei la situazione e basta, probabilmente»

«Mmh… sì, probabilmente» ripete, e gli offre un pocky. «L’hai rifiutata perché sei troppo impegnato a morire dietro a Shirabu?»

La domanda lo coglie alla sprovvista per un secondo soltanto, ma un attimo dopo ha già capito: «Te l’ha detto Satori»

«Nah, si nota. Satori l’ha detto solo a Wakatoshi che non ci era arrivato»

Si nota, ha detto Yamagata. Eita si sente tradito da se stesso; dai suoi occhi che probabilmente cadono su Shirabu un po’ troppo spesso e dalla sua mente che proprio non pensa ad altro.

«Chi altri lo sa?»

«Del terzo anno tutti, e pure Taichi, Tsutomu non sono sicuro»

Adesso vorrebbe seppellirsi. Prende un altro pocky e lo morde con forza, come se in qualche modo lo aiutasse a calmarsi.

«Perché non provi a uscire con altra gente?» Eita capisce di aver fatto un’espressione strana quando Hayato si affretta ad aggiungere: «Intendo… cambiare un po’ aria, conoscere gente nuova, così magari te lo togli dalla testa»

«Se fosse così semplice l’avrei già fatto tempo fa» risponde irritato. Come può anche solo pensare che esista qualcuno in grado di fargli dimenticare Shirabu? «Ho dei gusti terribili»

«In fatto di ragazzi?»

«Intendevo in fatto di amici… ma sì, direi anche in fatto di ragazzi»

«Ma davvero, Semi-san?» e il freddo scompare all’improvviso, perché basta quella voce da sola per farlo gelare sul posto.

Shirabu sbuca da dietro l’angolo, le braccia incrociate e un cipiglio superbo appena accennato sul viso perfetto -il suo subdolo modo per ridere di lui. Il cuore di Eita fa qualche acrobazia e poi gli si incastra in gola.

«Ah cazzo si è fatto tardi addio» e Yamagata si dilegua, lasciandoli soli.

Nel silenzio, Semi fissa la metà del pocky che ancora tiene tra le dita e di cui si era quasi dimenticato. Sente lo sguardo di Shirabu addosso e forse per la prima volta nella sua vita si scopre incredibilmente timido.

«Da quanto tempo sei lì?» domanda (ma non ci spera neanche lui, che non abbia sentito quella conversazione).

«Vediamo…» finge di pensarci -si deve star divertendo un mondo, a vederlo tanto in difficoltà. «Più o meno dal “mi piaci, Semi-senpai, per favore esci con me”»

Quindi proprio dall’inizio, si è perso solo i primi minuti di imbarazzo e l’accenno alle cose scritte nella lettera. Ma che cosa ci faceva, Shirabu che è lo studente più brillante di seconda, perfetto sotto ogni punto di vista, nascosto ad origliare la dichiarazione di una ragazza? E per aver sentito quasi tutto, non significa forse che deve essere corso direttamente lì, appena finita l’ultima ora?

La mente di Eita è un vortice di pensieri talmente veloci che non riesce a trattenerne nemmeno uno, ma a quello si aggrappa disperatamente. Shirabu lo ha visto attraversare il cortile e per qualche ragione gli è corso dietro senza perdere tempo. L’intera situazione si illumina di una nuova prospettiva.

Eita alza lo sguardo.

A guardarlo bene c’è un dito che picchietta insistentemente sul braccio, e quel cipiglio canzonatorio forse sta celando dell’imbarazzo, e forse è davvero gelosia, quella che gli è parsa di sentire nella sua voce (perché proprio non si sarebbe mai aspettato di vederlo fare il verso -così immaturo e per cosa?).

Le iridi di Shirabu paiono ambra, vi brillano i raggi morenti del sole d’inverno. È una visione sufficiente per animare Eita di un coraggio che non pensava di avere.

All’improvviso non sente più l’imbarazzo. Ridacchia: «Be’, se insisti»

Come aveva immaginato, la maschera di calma apparente di Shirabu cade.

«Non intendevo… stavo solo…» biascica, mentre le guance si tingono sempre più di rosso. «Faremo tardi agli allenamenti»

«Quanta fretta!» è impossibile trattenere un sorriso davanti all’espressione nervosa sul bel viso di Shirabu. «Posso almeno chiederti se hai qualcosa da fare stasera?»

«Devo studiare. A differenza tua, io ci tengo alla mia media» si zittisce e per un istante soltanto Eita sprofonda nello sconforto. Ma poi dice: «Sabato sono libero»

E sulle labbra ha un sorriso sottile che Eita non capisce bene se sia sincero o stia ridendo di lui (perché l’ha notata di sicuro, la sua espressione quando ha creduto di essere stato rifiutato), ma poco importa perché il suo cuore sembra che stia per esplodere e non crede di essersi mai sentito più felice di così.

«È un appuntamento, allora»

«Lo spero bene, Semi-san»

E allora Eita scatta in avanti e gli prende il bel volto tra le mani, e poi chiude gli occhi e posa le labbra sulla punta di quel naso rosso e gelido che assolutamente adora ed è cento, mille volte meglio di qualsiasi sogno ad occhi aperti abbia mai avuto.

E il modo in cui Shirabu lo sta fissando, quando si allontana e riapre gli occhi, quello sguardo non varrebbe tutto l’oro del mondo.

   
 
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